Cassazione Penale, Sez. 3, 31 gennaio 2022, n. 3329 - Responsabilità in materia di sicurezza e mancata dimostrazione dell'avvenuto pagamento delle sanzioni amministrative
Fatto
1. Con sentenza del 04/12/2020, il Tribunale del L'Aquila dichiarava C.L., nella qualità di amministratore unico della ditta edile Edilmont s.r.l.s., responsabile dei reati di cui agli artt. 80-bis d.lgs 81/2008 (capo a) e 96, comma 1 lett. G d.lgs 81/2008 e la condannava alla pena complessiva di euro 9.000,00.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione C.L., a mezzo del difensore di fiducia, articolando sei motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce nullità della sentenza per mancata assunzione di prova decisiva, lamentando che il Tribunale, dopo aver ammesso i testi della difesa all'udienza del 11.9.2020, rinviava all'udienza del 04.12.2020 per l'escussione dei testi, ma in tale udienza, avendo riscontrato l'assenza dei testi regolarmente citati e non comparsi, revocava l'ordinanza di ammissione dei testi ed invitava le parti a concludere; era evidente la violazione del diritto di difesa della ricorrente che non aveva potuto esercitare il proprio diritto difensivo di escutere i testi a discarico.
Con il secondo motivo deduce travisamento del fatto e travisamento della prova per insussistenza dei reati contestati.
Espone che successivamente alla notifica del verbale di accesso ispettivo e di contestazione e, quindi, l'ottemperanza alle prescrizioni impartite dalla DPL, il successivo pagamento della sanzione amministrativa estingue la contravvenzione; nella specie, all'imputata non era mai stata notificata la comunicazione di ammissione al pagamento della sanzione pecuniaria e, pertanto, i reati contestati erano insussistenti.
Con il terzo motivo deduce violazione dell'art. 546 cod.proc.pen., travisamento del fatto e travisamento della prova in relazione all'affermazione di responsabilità.
Lamenta che il Tribunale aveva ritenuto sussistenti i reati contestati con motivazione carente senza esporre gli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della decisione e senza spiegare perché non riteneva attendibili le prove contrarie addotte dalla difesa.
Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione in relazione all'art. 570 cod.proc.pen., lamentando che la ricorrente era stata tratta a giudizio nella qualità di amministratore della Edilmont S.r.l.s. ed il Tribunale aveva fondato la condanna su ragioni inconsistenti, mentre le risultanze probatorie avrebbero dovuto condurre il giudice ad emettere una sentenza assolutoria con formula ampia.
Con il quinto motivo deduce violazione degli artt. 133 e 62-bis cod.pen. per omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche, lamentando che, pur sussistendone i requisiti di legge, il Tribunale non ne aveva giustificato il diniego.
Con il sesto motivo deduce violazione dell'art. 175 cod.pen. per mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale, lamentando che anche sul punto il Tribunale non aveva giustificato il diniego del beneficio.
Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.
3. Si è proceduto in camera di consiglio senza l'intervento del Procuratore generale e dei difensori delle parti, in base al disposto dell'art. 23, comma 8 d.l. 137/2020, conv. in l. n. 176/2020.
Diritto
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Va ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, è viziata da nullità relativa l'ordinanza con la quale il giudice abbia revocato il provvedimento di ammissione dei testi della difesa in difetto di motivazione sul necessario requisito della loro superfluità, integrando una violazione del diritto della parte di "difendersi provando", stabilito dal comma secondo dell'art. 495 cod. proc. pen., corrispondente al principio della "parità delle armi" sancito dall'art. 6, comma terzo, lett. d), della CEDU, al quale si richiama l'art. 111, comma secondo, della Costituzione in tema di contraddittorio tra le parti.
Ne consegue che una siffatta nullità deve essere immediatamente dedotta dalla parte presente, ai sensi dell'art. 182 comma 2, cod.proc.pen., con la conseguenza che, in caso contrario, essa è sanata.
Infatti, il disposto dell'art. 180 cod.proc.pen., secondo cui la nullità di ordine generale verificatasi nel corso del giudizio è deducibile dalla parte, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo, trova un limite nel disposto dell'art. 182 comma 2, cod.proc.pen., il quale prevede una eccezione alla regola della deducibilità appena illustrata, con riferimento al caso in cui la parte assista al compimento dell'atto nullo. Per tale ipotesi è sancito che la parte, se non può eccepire la nullità prima del compimento dell'atto stesso, deve farlo immediatamente dopo (Cfr.Sez.5, n.2511 del 24/11/2016, dep.18/01/2017, Rv.269050; Sez.5, n.51522 del 30/09/2013, Rv.257892; Sez. 5, n.18351 del 17/02/2012, Rv. 252680, Sez.3, n.8159 del 26/11/2009, dep.02/03/2010, Rv.246255).
Nel caso di specie, il difensore dell'imputato era presente all'udienza del giudizio di primo grado del 4.12.2020, nel corso della quale veniva revocata l'ordinanza ammissiva dei testi della difesa, ma non formulava l'eccezione di nullità e all'esito della discussione concludeva nel merito (cfr verbale di udienza del 4.10.2020); ai sensi dell'art.182, comma 2, cod.proc.pen. la parte pregiudicata, presente all'atto era tenuta, invece, a pena di decadenza, ad eccepire la nullità immediatamente dopo il compimento dell'atto nullo.
2. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, tutti afferenti all'affermazione di responsabilità, sono inammissibili.
La prima doglianza è meramente contestativa e priva di specifico confronto critico con le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata (il Tribunale esaminava compiutamente esaminate le risultanze istruttorie e, accertate le condotte contestate, dava atto che il verbale del 22.7.2016 di ammissione al pagamento delle sanzioni in sede amministrativa risultava notificato in data 29.7.2016), confronto doveroso per l'ammissibilità dell'impugnazione, ex art. 581 cod.proc.pen., perché la sua funzione tipica è quella della critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso (Sez.6, n.20377 del 11/03/2009, / Rv.243838; Sez.6, n.22445 del 08/05/2009, Rv.244181).
Le ulteriori doglianze, peraltro genericamente formulate, sollecitano una lettura alternativa del materiale probatorio posto a fondamento della affermazione di responsabilità penale, dilungandosi in considerazioni in punto di fatto, che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità, non essendo demandato alla Corte di cassazione un riesame critico delle risultanze istruttorie.
Il Tribunale, con motivazione congrua e logica, ha correttamente ritenuto integrato i reati di cui all'imputazione, in quanto, accertate le condotte come contestate in aderenza alle risultanze istruttorie e, dando atto che l'imputata aveva attuato le prescrizioni disposte dall'organo ispettivo, rilevava che, invece, difettava la dimostrazione dell'avvenuto pagamento delle correlate sanzioni amministrative.
Va ricordato che, in tema di prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro, per la realizzazione dell'effetto estintivo previsto dall'art. 24 del D.Lgs. 19 dicembre 1994 n. 758 il contravventore deve eliminare la violazione secondo le modalità prescritte dall'organo di vigilanza nel termine assegnatogli e poi provvedere al pagamento della sanzione amministrativa nel termine di giorni trenta. Il mancato rispetto anche di una sola delle due citate condizioni impedisce la realizzazione dell'effetto estintivo (Sez. 3, n. 24418 del 10/03/2016, Rv.267105 - 01, nella quale, in motivazione, si è precisato che la trasformazione dell'illecito penale in illecito amministrativo può essere ammessa, per il suo carattere eccezionale, solo se attuata nei termini previsti e comunque prima dell'esercizio dell'azione penale).
3. Il quinto ed il sesto motivo sono manifestatamente infondati.
Come si evince dalla lettura del verbale di udienza del 4.12.2020 la difesa dell'imputata, nel precisare le conclusioni, non formulava né istanza di applicazione delle circostanze attenuanti generiche né di concessione de beneficio della non menzione della condanna ("assoluzione perché il fatto non sussiste, in subordine ex art 530, comma 2, cpp, in estremo subordine minimo della pena in caso di condanna").
Conseguentemente, alcun obbligo motivazionale sussisteva per il Tribunale.
Va ricordato che il giudice di merito non è tenuto a riconoscere le circostanze attenuanti generiche, né è obbligato a motivarne il diniego, qualora in sede di conclusioni non sia stata formulata specifica istanza, non potendo equivalere la generica richiesta di assoluzione o di condanna al minimo della pena a quella di concessione delle predette attenuanti (cfr Sez.3,n. 11539 del 08/01/2014, Rv.258696 - 01); analogo principio è stato affermato con riferimento alla concedibilità del beneficio della non menzione (cfr Sez.4, n. 43125 del 29/10/2008, Rv. 241370 - 01; Sez. 3, n. 28690 del 09/02/2017, Rv. 270587 - 01).
3. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue anche quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 16/12/2021