Cassazione Penale, Sez. 4, 19 marzo 2015, n. 11605 - Caduta dal tetto e responsabilità di un dirigente. Non si è esenti da responsabilità qualora si ampli l'area di rischio infortunistico
sul ricorso proposto da:
B.M. N. IL (OMISSIS);
Avverso la sentenza della CORTE D'APPELLO DI VENEZIA in data 24 ottobre 2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI;
sentite le conclusioni del PG in persona del Dott. Enrico Delehaye che ha chiesto il rigetto del ricorso.
E' presente l'avvocato Omissis del foro di Bologna che deposita nomina a sostituto processuale dell'avvocato Omissis difensore di fiducia del ricorrente che conclude riportandosi ai motivi di ricorso ed insistendo per il loro accoglimento.
Fatto
1. Con l'impugnata sentenza resa in data 24 ottobre 2013 la Corte d'Appello di Venezia confermava la sentenza del Tribunale di Treviso in data 22 febbraio 2012 appellata da B.M..
Questi era stato tratto a giudizio e condannato alla pena ritenuta di giustizia per rispondere del reato di cui all'art. 589, comma 3, poichè quale dirigente e responsabile tecnico della G. System S.r.l., cagionava in cooperazione colposa con altri (il Bo. deceduto prima della sentenza di 1^ grado) e S.O., assolto per non aver commesso il fatto, la morte di V.G. e gravi lesioni personali a L.A., entrambi caduti mentre operavano sul tetto del capannone della MB S.r.l. per posizionare una rete ornitologica, a causa del cedimento dei cupolini.
La condotta omissiva, concausa dell'evento, addebitata al B. consisteva nel fatto di aver omesso di accertare la portata e la resistenza delle lastre e dei cupolini per valutare la idoneità a sostenere il peso dei lavoratori e dei materiali impiegati, nel fatto di non avere informato i lavoratori dell'insufficiente portata dei cupolini e, come da contestazione suppletiva, di non aver predisposto apposite reti anticaduta.
2. Avverso tale decisione ricorre a mezzo del difensore di fiducia il B. deducendo la erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta sussistenza del rapporto di causalità tra la pretesa condotta omissiva e l'evento lesivo ex art. 40 c.p., nonchè con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato ex art. 43 c.p. e la manifesta illogicità della motivazione sul medesimo capo della sentenza.
Con un secondo motivo deduce l'erronea applicazione della legge penale con riferimento all'attribuzione all'imputato della qualifica di dirigente prevenzionistico in luogo di quella di preposto figura a cui non sono addebitabili gli obblighi di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 26 e 148, costituenti profili di colpa specifica contestata in imputazione.
Diritto
3. Il ricorso è infondato.
Deve premettersi che, nella verifica della consistenza dei rilievi critici mossi dal ricorrente, la sentenza della Corte territoriale non può essere valutata isolatamente, ma deve essere esaminata in stretta ed essenziale correlazione con la sentenza di primo grado, sviluppandosi entrambe secondo linee logiche e giuridiche pienamente concordanti, di talchè - sulla base di un consolidato indirizzo della giurisprudenza di questa Corte - deve ritenersi che la motivazione della prima si saldi con quella della seconda fino a formare un solo complessivo corpo argomentativo e un tutto unico e inscindibile (Sez. U, n.6682 del 04/02/1992, P.M., Musumeci e altri, Rv. 191229). Deduce il ricorrente di aver effettuato prima dell'intervento nel corso del quale si è verificato il grave infortunio un sopralluogo unitamente agli incaricati della proprietà, all'esito del quale aveva ritenuto la sufficiente capacità portante della copertura del capannone e ravvisando esclusivamente il rischio di caduta laterale dal coperto non protetto da idonei parapetti, prescrivendo conseguentemente l'istallazione di apposite linee vita ed il conseguente obbligo per i lavoratori di agganciarsi alle stesse con le cinture in dotazione di G. Systems.
La causa della ceduta dei cupolini era da addebitarsi alla loro insufficiente idoneità strutturale e costituiva secondo l'assunto del ricorrente "vizio occulto" evidenziabile solo attraverso specifiche analisi di laboratorio e quindi in alcun modo ravvisabili ed evidenziabili al momento del sopralluogo, anche perchè i cupolini in questione erano comunque stati accompagnati da apposita certificazione di idoneità. Sul punto la Corte territoriale ed ancor prima il giudice di primo grado hanno concordemente osservato come non fosse sufficiente a soddisfare il dovere di accertamento dell'attuale resistenza della struttura di copertura, la constatazione della formale regolarità edilizia dell'immobile e del materiale impiegato specialmente quando la causa dell'intervento richiesto all'impresa appaltatrice sia proprio il rischio di usura della copertura che avrebbe dovuto imporre in re ipsa il dubbio del suo deterioramento. Per l'appunto la MB si era rivolta alla G. System per trovare una soluzione alla infestazione della copertura dal guano dei piccioni che ragionevolmente avrebbe potuto corrodere e deteriorare i cupolini in fibrocemento. E non vi è dubbio che la G. System quale ditta specializzata nelle problematiche relative alla corrosione dei tetti non fosse solo tenuta ad una approfondita ispezione del manto, ma anche a non escludere che gli agenti chimici sedimentati potessero essersi insinuati anche solo in alcuni punti della copertura e non in altri non ictu oculi visibili. Va peraltro osservato che nel libretto di uso e manutenzione della ditta "S.B." che aveva costruito il prefabbricato era espressamente contemplato il divieto di camminare sulla struttura, il che rendeva vieppiù necessaria una particolare attenzione alla tenuta della struttura allorchè questa sia pure per un fatto contingente doveva essere calpestata.
Va ulteriormente ricordato come questa Corte ha avuto modo di precisare che il rilascio delle certificazioni richieste per immettere i prodotti nel mercato, non escludono ulteriori profili in cui si possa sostanziare il complessivo dovere di garanzia nei confronti dei lavoratori, non potendo costituire motivo di esonero della responsabilità l'aver ottenuto la certificazione e aver rispettato le prescrizioni a tal fine necessarie. Ciò in relazione al generale obbligo incombente sul datore di lavoro e sugli altri soggetti titolari di una posizione di garanzia di adottare le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori; quest'ultimo è, infatti, un obbligo assoluto che non consente la permanenza di situazioni di pericolo per la sicurezza e la salute dei lavoratori (Sez. 3, n. 47234 del 4/11/2005, Carosella, Rv. 233191), indipendentemente da eventuali responsabilità del costruttore. Detti soggetti non possono ritenersi esenti da responsabilità qualora si siano posti, nella condizione di ampliare l'area di rischio infortunistico, posto che in tale situazione emerge con chiarezza la sussistenza di quel concreto elemento che rende prevedibile l'evento, con ciò risultando inconferente il richiamo alla natura "occulta" della pericolosità della situazione suggerita nel ricorso. E' utile a questo proposito ricordare la nozione che della prevedibilità dell'evento è stata elaborata dalla giurisprudenza di legittimità.
Valutando la prevedibilità di un evento, il giudice si pone, in sostanza, il problema delle conseguenze di una certa condotta commissiva od omissiva avendo presente il modello di agente, ossia il modello dell'uomo che svolge paradigmaticamente una determinata attività che importa l'assunzione di certe responsabilità nella comunità, la quale esige che l'operatore concreto si ispiri a quel modello facendo tutto ciò che da questo ci si aspetta (Sez.4, n.31462 del 26/05/2006, Capobianchi, Rv.235423).
Quanto all'elemento soggettivo, i giudici di merito hanno, con motivazione esente da illogicità, ritenuto configurabile l'elemento psicologico del reato contestato muovendo dal presupposto della sussistenza a carico dell'imputato della posizione di garanzia nella sua qualità di responsabile tecnico e dirigente della G. System.
Non è quindi validamente sostenibile che il ricorrente fosse un comune dipendente della G. System, essendo peraltro emerso che il B. dal 2008 era anche Consigliere del C.d.A. Decisiva appare in ogni caso la circostanza che fu proprio l'odierno ricorrente - come dallo stesso ricordato - ad effettuare il sopralluogo, a verificare le condizioni della copertura, ad impartire disposizioni antinfortunistiche. Ne consegue che - come correttamente ritenuto da entrambi i giudici di merito - se l'imputato avesse rispettato le norme di diligenza e adottato le opportune opere provvisionali, l'evento non si sarebbe verificato.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere rigettato. Ne consegue ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 ottobre 2014.
Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2015