Cassazione Penale, Sez. 7, 30 settembre 2020, n. 27197 - Reati afferenti la sicurezza sul lavoro. Conversione della pena pecuniaria
Con ordinanza del 6 dicembre 2019 il Magistrato di sorveglianza di Bari ha disposto la conversione della pena pecuniaria di 3.000,00 euro, inflitta a M.G. in relazione a reati afferenti alla sicurezza sul lavoro, in quella della libertà controllata per dodici giorni e stabilito le conseguenti prescrizioni.
2. M.G. propone, con il ministero dell'avv. Donato Carlucci, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale eccepisce violazione di legge per non avere il Magistrato di sorveglianza debitamente accertato la sussistenza della condizione di insolvibilità che costituisce imprescindibile presupposto per la disposta conversione.
3. Il ricorso è inammissibile perché vertente su motivo manifestamente infondato.
La ricorrente, invero - oltre ad introdurre argomenti relativi alla sua responsabilità in ordine ai reati accertati ed allo svolgimento del processo in esito al quale è stata irrogata la pena pecuniaria de qua agitur e, pertanto, del tutto eccentrici rispetto alla materia del contendere - deduce che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, sulla base della cui comunicazione il provvedimento impugnato è stato emesso, avrebbe trascurato di considerare che, ella è titolare di trattamento pensionistico, regolarmente accreditato sul conto corrente a lei intestato, e proprietaria dei mobili che arredano la sua abitazione, ciò che dimostra come ella sarebbe stata in grado di pagare la sanzione pecuniaria.
Tali asserzioni sono, tuttavia, sfornite di qualsivoglia supporto probatorio, non avendo la ricorrente esibito documentazione attestante quanto affermato; né, va opportunamente aggiunto, ella si è avvalsa della facoltà, prevista dall'art. 102, quarto comma, legge 24 novembre 1981, n. 689, ed espressamente richiamata dal Magistrato di sorveglianza nell'ordinanza impugnata, di far cessare la pena sostitutiva, la cui esecuzione è rimasta sospesa in pendenza di ricorso per cassazione, pagando la multa o l'ammenda.
4. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 16/07/2020