Cassazione Penale, Sez. 7, 20 maggio 2021, n. 20017 - Pluralità di violazioni antinfortunistiche nel cantiere
FattoDiritto
1. S.M., tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto appello, convertito in ricorso per cassazione, avverso la sentenza del 1° ottobre 2019, con cui il Tribunale di Frosinone lo aveva condannato alla pena di 5.000 euro di ammenda, in quanto ritenuto colpevole dei reati, unificati sotto il vincolo del concorso formale, di cui agli art. 96 comma 1 lett. a), 108, 113 comma 5, 113 comma 6, 122, 134 e 147 comma 1 del d. lgs. n. 81 del 2008, reati a lui contestati con riferimento a una pluralità di violazioni antinfortunistiche riscontrate nel cantiere nel quale operata la ditta di cui egli era titolare; fatti accertati in Paliano, via Mole n. 1, il 28 febbraio 2014.
2. Il ricorso è affidato a due motivi.
Con il primo, la difesa deduce l'invalidità del verbale di contestazione delle violazioni, in quanto notificato in via postuma all'imputato, senza che dallo stesso si potesse evincere alcunchè circa le ragioni della mancata contestazione immediata o della sua particolare difficoltà.
Con il secondo motivo, viene infine contestato il giudizio di colpevolezza dell'imputato, rilevandosi come dall'escussione dei testi sia emerso l'effettivo stato dei luoghi, risultando cioè gli ambienti di lavoro regolarmente tenuti e conformi alle prescrizioni dettate dalla normativa di settore, avendo i testi della difesa, la cui attendibilità non poteva ritenersi inferiore rispetto a quella del teste di P.G., confutato in maniera precisa e lineare gli assunti della Procura, smentendo inoltre l'assunto che l'imputato si fosse allontanato dal cantiere.
3. Orbene, il ricorso risulta inammissibile, perché manifestamente infondato.
3.1. La prima doglianza censura un aspetto, la mancata contestazione immediata delle violazioni, che, oltre a non aver formato oggetto di adeguata allegazione, è comunque destituito di fondamento, atteso che, come si desume dalla deposizione del funzionario della Direzione Provinciale del Lavoro G.R., diffusamente riportata nella sentenza impugnata, le contestazioni sono state validamente formulate all'esito dell'accesso ispettivo del 28 febbraio 2014, nel corso del quale l'imputato ha abbandonato il cantiere, rendendo così impossibile la contestazione immediata, fermo restando che, nello sviluppo dell'iter procedimentale, mediante notifica del verbale avvenuta in data 7 marzo 2014 nei confronti dell'interessato, è stata comunque concessa a S.M. la possibilità, poi fruita solo parzialmente, di regolarizzare le violazioni riscontrate, per cui alcuna menomazi ne delle prerogative difensive appare ravvisabile.
3.2. Passando al secondo motivo, deve osservarsi che l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato non presenta alcun vizio di legittimità. Il giudice monocratico, infatti, ha operato un'adeguata disamina del materiale probatorio acquisito, valorizzando proprio gli esiti del sopralluogo compiuto dal personale della Direzione Provinciale del Lavoro, da cui sono emerse varie carenze nell'organizzazione del cantiere predisposto dalla ditta di M., non essendovi in particolare le necessarie condizioni di sicurezza per gli operai coinvolti rispetto all'esecuzione dei lavori di ristrutturazione di un fabbricato adibito a civile abitazione di cui era proprietario tale E.R., non desumendosi elementi contrari alla prospettazione accusatoria da parte dei testi della difesa, i quali, a prescindere dalla considerazione dei loro legami parentali o lavorativi con il ricorrente, risultano in ogni caso aver smentito l'esito degli accertamenti svolti con affermazioni non adeguatamente specifiche, soffermandosi inoltre sul comportamento tenuto da M. al momento del sopralluogo, circostanza questa contrastata dal verbale ispettivo e in ogni caso non dirimente nell'ottica del giudizio sulla configurabilità del reato contestato, fondato invece su una verifica attenta dell'organizzazione del cantiere edile.
In definitiva, la motivazione della sentenza di condanna resiste alle obiezioni difensive, che, peraltro con frequenti richiami fattuali e con evidenti limiti di autosufficienza, si articolano nella sostanziale proposta di una lettura alternativa del materiale probatorio, operazione non consentita in sede di legittimità, a fronte di un apparato argomentativo rivelatosi privo di aspetti di irrazionalità.
4. In conclusione, stante la manifesta infondatezza delle doglianze sollevate, il ricorso proposto nell'interesse di M. deve essere quindi dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2021