Cassazione Penale, Sez. 4, 20 maggio 2021, n. 20092 - Amputazione delle dita con la lama raschiatrice del silos nel mangimificio. Valutazione dei rischi

2021

Fatto




1. La Corte di appello di Brescia, sostituita la pena inflitta a Z.G. con la multa pari ad euro 15.000,00 e revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena, ha nel resto confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Mantova nei confronti di Z.G., in ordine al reato di cui agli artt. 113, 590 e 583, comma 2, n. 3) cod. pen., perché, in qualità di datore di lavoro e di amministratore unico della "Azienda Agricola Boccalina - Società Agricola s.r.l.", aveva cagionato per colpa generica e per colpa specifica, consistita in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, al lavoratore G.S. un'amputazione della falange ungueale III dito e sub amputazione II apice II dito mano sinistra. Costui, infatti, dopo aver ricevuto ordine dal coimputato P.G., responsabile dei lavoratori e referente per il mangimificio, saliva sul piano sopraelevato dell'impianto del silos, essendo l'uscita della tramoggia ingolfata dalla farina di orzo, apriva il foro di ispezione, provvisto di coperchio amovibile manualmente, ed introduceva la mano e l'avanbraccio entrando in contatto con la barra interna in movimento (lama raschiatrice), azionata dallo stesso P.G., il quale non si assicurava che il G.S. fosse in condizioni di sicurezza.
2. In particolare, a Z.G. è contestato: di non avere messo a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee ai fini della sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere, in conformità alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie e ai requisiti di cui all'allegato V d. lgs. 81/2008, in violazione dell'art. 71, comma 1, d. lgs. 81/2008 (l'apertura della tramoggia era sprovvista di griglia o di altro idoneo riparo che impedisse l'ingresso con la mano; il coperchio amovibile era privo di sistema di bloccaggio collegato con gli organi in movimento della lama interna); di non avere individuato e valutato i rischi insiti nelle operazioni di disintasamento della tubazione e la conseguente mancata predisposizione di idonee misure di sicurezza per i lavoratori addetti (in violazione del disposto di cui all'art. 28, comma 2, sub a), b) e), d. lgs.81/2008); di non avere richiesto e preteso l'osservanza da parte dei singoli lavoratori, in particolare di P.G., delle norme vigenti nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza.
3. La Corte territoriale, nel confermare la dichiarazione di responsabilità espressa dal primo giudice, ha evidenziato l'assoluta normalità e frequenza per i lavoratori di salire sulla scala al piano sopraelevato del silos quando la farina dell'orzo non scendeva, anche solo per l'operazione di battitura con il martello di gomma, operazione che, in caso di insuccesso, veniva sostituita dalla diretta apertura del tappo della tubazione della fariniera, con conseguente ispezione visiva e, talvolta, di disintasamento manuale. Si trattava, quindi, a detta del giudice di secondo grado, di condotta prevedibile il cui rischio non era stato, tuttavia, contemplato nel DVR. Aveva, in conseguenza, escluso che la condotta del lavoratore infortunato potesse essere considerata abnorme.
4. Avverso la sentenza di appello ricorre l'imputato, a mezzo del difensore il quale articola cinque motivi con cui deduce:
4.1 Contraddittorietà della motivazione circa la ritenuta "assoluta normalità" dell'operazione di battitura del silos e l'utilizzo della scala cimiteriale. Di siffatta "assoluta normalità" non vi é, tuttavia, traccia in atti. Lo stesso Tribunale si era limitato ad evidenziare come la manovra di "disintasamento manuale" fosse stata effettuata per la prima volta da G.S. in occasione dell'infortunio, dal collega K. ben tre anni prima e dal collega Sc. l'anno prima, sottolineando come gli ultimi due, al pari dell'infortunato, avessero effettuato l'operazione sempre e unicamente su indicazione del P.G.. La Corte territoriale non ha tenuto in conto la doglianza, prospettata nell'atto di appello, relativa alla mancata valutazione (da parte del primo giudice) delle testimonianze del preposto R., del responsabile sanitario dott. B. e del responsabile del servizio prevenzione e protezione R.. Né da queste testimonianze, non valorizzate dalla Corte di appello, né comunque dalle altre, si sarebbe potuto dedurre che l'impaccamento del silos fosse una circostanza "assolutamente normale", risultando questa, al contrario, una evenienza eccezionale e rara. Quanto al DVR, esso non prevedeva e non poteva prevedere il rischio in parola, in quanto lo stesso non era prevedibile giacché il foro di ispezione, oltre a svilupparsi in altezza ad una distanza di oltre tre metri dal piano, e quindi ad una distanza definita sicura dalle norme UNI EN 294, non doveva e non poteva essere utilizzato dagli operai generici. E non era prevedibile anche perché non aveva altra utilità diversa da quella di consentire la visione delle pale interne al silos. Ciò spiega perché il rischio di contatto con le parti rotanti interne fosse dal DVR contemplato solo in caso di attività di manutenzione.
4.2. Omessa motivazione circa la conoscenza, in capo al datore di lavoro, di una prassi che comportasse l'apertura del tappo di ispezione e il contatto con gli organi in movimento. La Corte territoriale deduce dall' asserita "assoluta normalità" dell'operazione di accesso al foro di ispezione, la conoscenza di questa prassi da parte dell'imputato, senza fornire elementi probatori certi e oggettivi o elementi di carattere logico che ne dimostrino la conoscenza o la conoscibilità. Occorre, infatti, tra l'altro, ricordare che il preposto R. ha riferito di non esserne affatto informato (di talché non può averla segnalata al datore di lavoro).

4.3. Contraddittorietà della motivazione, rispetto agli elementi di prova raccolti, con riferimento al carattere eccentrico della condotta attuata dall'infortunato e dal preposto e conseguente interruzione del nesso causale. P.G., in particolare, ha introdotto nell'ordinaria gestione del silos un rischio del tutto estraneo a tale attività. Z.G., peraltro, aveva fatto affidamento sulla corretta collaborazione di un lavoratore esperto come P.G..
4.4. Mancanza e contraddittorietà della motivazione con riferimento al diniego del riconoscimento delle attenuanti generiche. Deve, infatti, escludersi, per le ragioni dianzi esposte, che la colpa ascritta all'imputato possa essere qualificata grave o rilevante.
4.5. Carenza di motivazione circa l'indicazione dei parametri utilizzati per la determinazione della pena. La Corte territoriale non ha specificato in che cosa consisterebbe la "gravità della condotta" dell'imputato né ha accennato alla sua capacità a delinquere.
5. In data 11/01/21 è pervenuta in cancelleria memoria di replica del difensore.




Diritto




1. Il ricorso è destituito di fondamento e deve, pertanto, essere rigettato.
2. Quanto ai primi due motivi, occorre precisare che la prassi reputata dalla Corte territoriale come «assolutamente normale» non era, come si legge nella sentenza impugnata, quella comportante l'accesso al foro di ispezione, con l'introduzione di un bastone ovvero di un braccio, bensì quella per la quale i lavoratori salivano sulla scala anche solo per l'operazione di battitura con il martello di gomma. Questa «talvolta non aveva successo, tanto che allora si procedeva direttamente all'apertura del tappo della tubazione della fariniera e alle conseguenti operazioni di ispezione visiva ma anche di disintasamento manuale». Si evince, dunque, dal testo letterale della sentenza che, mentre la mera manovra di battitura del silos con il martello di gomma rientrava nella normalità, la manovra di accesso all'interno del silos aveva luogo solo "talvolta", in caso di inefficacia della prima manovra. Detti assunti non contraddicono affatto le dichiarazioni dei testimoni, di cui il ricorrente assume la mancata considerazione da parte dei giudici di merito, atteso che gli stessi hanno manifestato soltanto la eccezionalità dell'intervento "manuale", ma non di quello con il martello di gomma. Il fatto che la manovra di "disintasamento manuale" fosse stata effettuata per la prima volta da G.S. in occasione dell'infortunio e dai colleghi K. e SC. (rispettivamente tre anni prima e l'anno prima) non può certo dirsi configurare una prassi ordinaria nello svolgimento della manovra di disintasamento del silos.
Sgomberato il campo dall’equivoco sulla prassi “assolutamente normale”, la questione si pone, come correttamente afferma la Corte territoriale, sotto il profilo della prevedibilità che i dipendenti non riuscissero a disintasare il tubo del silos con la semplice battitura dall'esterno e che cercassero, quindi, di risolvere il problema in altro modo, come appunto avvenuto con il lavoratore infortunato. Il giudice di secondo grado ha, pertanto, desunto la prevedibilità dell'evento lesivo e, quindi, la colpa dell'imputato per non averlo impedito, non in base alla frequenza degli interventi connotati da modalità analoghe a quelle poste in essere dal G., ma dall'elevata ricorrenza dell’intasamento che avrebbe dovuto indurre il prevenuto a rappresentarsi che i suoi dipendenti, qualora la pratica di battitura esterna non fosse andata a buon fine, sarebbero potuti ricorrere ad altre, più pericolose, manovre. Circostanza, quest'ultima, desumibile anche dalle caratteristiche del silos in questione il quale presentava un tappo di tubazione


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