Cassazione Penale, Sez. 4, 07 novembre 2019, n. 45197 - Infortunio con una macchina taglierina e formazione. Se la sentenza impugnata non definisce la condotta rimproverabile va annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste
Fatto
1. Con sentenza del 2 luglio 2018 la Corte di Appello di Venezia ha riformato, su appello proposto dal Procuratore generale, la sentenza del Tribunale di Belluno con la quale F.C. era stato assolto con la formula 'perché il fatto non sussiste', affermando la penale responsabilità dell'imputato in ordine reato di cui all'art. 590, comma 1A e 3^ cod. pen., per avere, nella sua qualità di direttore responsabile dello stabilimento di San Giustina Bellunese della Cartiera Reno de Medici s.p.a., società datrice di lavoro di E.D.L., operaio addetto alla taglierina, cagionato al medesimo lesioni personali gravi, con colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché nella violazione dell'art. 2087 cod. civ. e degli artt. 28 e 37 del d.lgs. 81/2008 per non essersi assicurato che il lavoratore ricevesse una formazione sufficiente ed adeguata in materia di rischi relativi alla mansioni specifiche svolte, nonché alla misure e procedure da adottare per la gestione ed il controllo del macchinario denominato OC-.C.A.P.-08. La Corte di appello, inoltre, ha confermato la sentenza di assoluzione della Reno de Medici s.p.a., dall'illecito amministrativo di cui all'art. 25 septies d.lgs. 231/2001.
2. Il fatto, per come descritto dalla sentenza impugnata può essere così riassunto: in data 18 gennaio 2012, l'operaio E.D.L., con mansioni di aiutante e conduttore della macchina taglierina OC-.C.A.P.-08, a seguito del blocco di un pallet incastratosi sulle rulliere, nel tentativo di risolvere il problema tecnico sulle rulliere, senza selezionare la modalità manuale di arresto, che avrebbe impedito l'immissione di altri pallet, rimaneva incastrato con il piede sinistro tra due rulli, mentre il pallet sopraggiungente, che si era inserito automaticamente nella posizione di carico, lo colpiva alla gamba provocandogli la frattura del malleolo tibiale esterno destro, da cui era derivata una malattia di 74 giorni.
3. Avverso la sentenza della Corte d'appello propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore, affidandolo a tre motivi.
4. Con la prima doglianza fa valere il vizio di motivazione per avere la Corte di appello, benché sollecitata con una memoria della difesa, omesso di esaminare le prove acquisite nel giudizio di primo grado, nonché per avere contraddittoriamente sostenuto la responsabilità dell'imputato, senza far ricorso alla necessaria motivazione rafforzata, resa obbligatoria dalla riforma della pronuncia assolutoria. Osserva che la Corte territoriale si è limitata ad escludere che il comportamento del lavoratore fosse abnorme o eccezionale, assumendo che l'incidente occorsogli fosse derivato dalla mancata predisposizione di una procedura di disattivazione dell'automatismo che faceva avanzare i bancali e dalla mancata formazione del lavoratore sui rischi della macchina. L'evento, secondo il Collegio, sarebbe stato prevedibile ed evitabile, essendosi verificati nello stabilimento una pluralità di infortuni del medesimo genere. Rileva che, tuttavia, con siffatta affermazione si omette del tutto di dare conto del nesso causale fra la violazione della regola di condotta da parte dell'imputato relativa all'adozione della procedura per la fase lavorativa, e l'evento. Sostiene che alcune risultanze probatorie, su cui si soffermava la memoria dell'imputato depositata in appello (ed allegata al ricorso), sono state ignorate dalla Corte. In particolare, la lettura del manuale del macchinario OC-C.A.P. 0-8 (ff. 130-155), o confezionatrice o taglierina o spingi-palette -a disposizione dei lavoratori- nel quale al punto 11) era già inserita la procedura prescritta dallo SPISAL dopo l'infortunio in esame e che i lavoratori operanti su detto macchinario -e così E.D.L.- erano stati specificamente formati sul punto. Sottolinea che, essendo detta modalità di intervento sul macchinario già in vigore in reparto, nulla avrebbe mutato il suo inserimento in una procedura. Deduce che la Corte non si premura, in tutta la sentenza, di chiarire in che cosa sarebbe dovuta consistere detta procedura e non effettua, in alcun modo, il giudizio controfattuale indispensabile per ravvisare la sussistenza della causalità della condotta contestata in ordine al prodursi dell'evento. Deduce la mancata considerazione da parte del giudice del gravame sia dei documenti da cui risulta la partecipazione del lavoratore infortunato numerosi corsi di formazione in ordine la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, che della deposizione resa dalla testimone C., da cui emerge come la formazione ricevuta dalla parte offesa non fosse né generica, né carente. Parimenti rileva la gratuità dell'affermazione da parte della Corte d'appello circa la sussistenza di una prassi interna autorizzativa del comportamento di E.D.L., essendo, al contrario, provato in giudizio che il lavoratore era stato sanzionato disciplinarmente per la sua abitudine di disattendere le norme di sicurezza e le disposizioni dei superiori gerarchici. D'altro canto, persona offesa non era stata in precedenza vittima di alcuni infortunio, mentre quelli annotati sul registro degli infortuni, in data precedente al 18 gennaio 2012, non erano avvenuti sul medesimo macchinario. Osserva che la Corte ha omesso qualsivoglia riferimento alla relazione del consulente della difesa, prof. B., da cui è emerso che il sistema automatico di caricamento era dotato dei più elevati standard di sicurezza, che permettevano l'operatore sia di arrestare la macchina in emergenza, sia di commutare il suo funzionamento da 'automatico' in 'manuale', bloccando lo spingi palette, come dimostrato anche dalla deposizione del teste M., richiamata nella memoria difensiva. Sostiene che, ciononostante, la sentenza non fa riferimento ai sistemi di sicurezza di cui era provvista la macchina spingi-palette, riferendo la causa dell'evento alla sola mancata adozione di sensori o strumenti atti all'esclusione immediata di automatismi in presenza di contatti anomali, asseritamente non adottate al fine di evitare l'allungamento dei tempi di produzione, provocato dal completo arresto della macchina da parte del lavoratore, su quella operante. E ciò, benché il consulente di parte avesse precisato che nessun allungamento dei tempi di produzione sarebbe potuto derivare dall'arresto automatico del caricamento dei pallet. Ricorda che il consulente ha precisato come sia la porzione superiore della confezionatrice (taglierina) che la porzione inferiore (via a rulli e sistema di carico palette) lavorino normalmente in modalità automatica coordinata tra loro. E tuttavia, il loro funzionamento è indipendente, come accade nei sistemi complessi, allo scopo di permettere un agevole intervento su una delle due parti senza bloccare il funzionamento dell'altra e senza alterare la produttività del macchinario nel suo complesso. Questo significa che la manovra posta in essere da E.D.L. non può essere stata dettata dall'esigenza di assicurare un risparmio di spesa o una più veloce produzione, in quanto egli non sarebbe potuto intervenire per accelerare i tempi della macchina. Il tempo macchina, infatti, è pari a 15 minuti ed è superiore al tempo necessario a permettere l'evacuazione di palle carichi fogli, lungo la via dei rulli. Sicché qualunque anomalia sulla via dei rulli non modifica la produttività della confezionatrice. Ne consegue che il giudizio di prevedibilità inevitabilità dell'evento è stato formulato dalla sentenza di secondo grado sulla base di dati di fatto incompleti ed erronei, in assenza del doveroso giudizio controfattuale sulla derivazione causale, con grave illogicità e contraddittorietà della motivazione.
5. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l'erronea applicazione dell'art. 28 d.lgs. 81/2008. La norma, infatti, non detta, come ritenuto dalla Corte territoriale, l'obbligo di introdurre procedure scritte per disciplinare ogni fase di lavorazione, ma indica i criteri generali che il datore di lavoro deve seguire nella formazione del documento di valutazione dei rischi, anche con l'obbligatoria indicazione delle procedure adottate per attuare le misure di prevenzione e protezione individuale da realizzare [lett. d)]. Nel caso di specie il documento di valutazione dei rischi prevedeva specificamente il rischio da schiacciamento per gli aiutanti addetti alle macchine taglierine, nelle fasi lavorative di loro competenza, individuando le misure dirette a prevenire tale rischio, con particolare riferimento alle macchine presenti nella Macroarea 5, corrispondente al Reparto Allestimento. Erano, pertanto, previsti, la 'protezione degli organi mobili. Informazione e formazione del personale sui rischi specifici. Segnali di pericolo. Divieto di avvicinamento ad organi in movimento'. Misure queste tutte attuate all'interno del reparto, così come era stata predisposta ed attuata una formazione specifica dei lavoratori, anche con l'illustrazione delle disposizioni contenute nel manuale della macchina 'spingi-palette' e le continue raccomandazione e richiami da parte dei capi reparto. Sicché debbono ritenersi insussistenti le violazioni degli artt. 28 e 37 d.lgs. 81/2008 contestate.
6. Con l'ultimo motivo si duole della violazione della legge penale con riferimento all'art. 40, commi 1A e 2A cod. pen.. Lamenta che la Corte territoriale abbia fatto discendere la penale responsabilità dell'imputato nella mera mancata adozione di una procedura, senza svolgere alcuna indagine sull'effettivo ruolo che l'omissione addebitata ha esercitato nella determinazione dell'evento, anche avuto riguardo al fatto che la procedura imposta dallo SPISAL dopo infortunio è la medesima contenuta nel manuale del macchinario ed adottata in reparto già all'epoca dei fatti. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
Diritto
1. Il ricorso è fondato.
2. Deve essere accolto un profilo di doglianza sollevato sia con il primo che con il terzo motivo di ricorso, inerente all'individuazione della condotta doverosa, dalla cui violazione si assume essere derivato l'infortunio.
3.1. Il ragionamento della sentenza impugnata si muove su due binari. Il primo è strettamente processuale e concerne l'insussistenza dell'obbligo di procedere ex art. 603, comma 3 bis cod. pen. alla rinnovazione dell'istruttoria, in quanto i motivi di appello formulati dal Procuratore generale non attengono alla diversa valutazione della prova dichiarativa, ma alle conseguenze giuridiche della ricostruzione fattuale, del tutto pacifica. Il secondo, invece, è di natura sostanziale e si concentra sulla non abnormità del comportamento del lavoratore, la cui condotta poteva essere prevista ed evitata dal datore di lavoro: non solo perché la possibilità che un operaio, a fronte del blocco di un macchinario, agisca senza selezionare la modalità manuale non è eccezionale, ma perché non era prevista alcuna procedura di intervento nella zona di rischio, che implicasse la disattivazione dell'automatismo che faceva avanzare i bancali, evitando la situazione di pericolo. A ciò la decisione aggiunge il rimprovero al datore di lavoro di non essersi 'assicurato che il lavoratore infortunato ricevesse una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza con riferimento ai rischi relativi alle specifiche mansioni svolte e ai possibili danni, nonché alle misure e procedure di prevenzione e protezione da adottare per la gestione del controllo del macchinario denominato OC-C.A.P.- 08'.
4. Per dare risposta ai quesiti introdotti con il ricorso va, innanzitutto, ricordato che ai fini dell'accertamento della responsabilità per fatto colposo "è sempre necessario individuare la regola cautelare, preesistente alla condotta, che ne indica le corrette modalità di svolgimento, non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di adottare" (Sez. 4, n. 31490 del 14/04/2016, Belli, Rv. 267387).
4.1. Ciò perché occorre individuare l'azione o l'omissione che viola la regola di prevenzione dell'evento e che sia materialmente produttiva dell'evento lesivo. Ma, occorre altresì che la regola cautelare rientri nella competenza gestoria del soggetto agente e che indichi con quali specifiche condotte debba compiersi la gestione, poiché solo in questo modo si definisce l'ampiezza della titolarità del rischio del prodursi dell'evento temuto. Nondimeno, questo non è sufficiente a definire la responsabilità colposa. Occorre, infatti, anche verificare se, in concreto, il comportamento prescritto avrebbe impedito l'evento e se questo realizzi proprio il rischio che la regola cautelare intende scongiurare, poiché altrimenti si finisce per far coincidere la responsabilità colposa con la gestione del rischio.
5. Ebbene, sulla scorta di questa premessa, può esaminarsi il ragionamento della Corte, anche tenendo conto dell'accertamento del giudice di primo grado, che la Corte fa proprio, tanto da decidere di non dare ingresso alla rinnovazione dell'istruttoria.
5.1. La contestazione elevata con l'imputazione individua la colpa nella negligenza, imprudenza ed imperizia della condotta tenuta, nonché nella violazione dell'art. 2087 cod. civ. e degli artt. 28 e 37 d.lgs. 81/2008, per avere il datore di lavoro omesso di assicurare al lavoratore la formazione sui rischi relativi alle mansioni svolte -con particolare riferimento alla macchina OC.C.A.P.- 08- e sulle misure e procedure da adottare per il controllo e la gestione della suddetta apparecchiatura.
6. La sentenza di prima cura dà atto, da un lato, che il lavoratore era stato preparato e formato sull'uso del macchinario, a mezzo della partecipazione a corsi organizzati dall'azienda, dall'altro, che il macchinario è dotato si sistemi di sicurezza essendo "ogni parte meccanica protetta e così anche la taglierina posta all'uscita del macchinario", mentre "l'operatore si trova in posizione defilata ed assolutamente lontana dalla macchina" dotata di un tasto di blocco per le emergenze, ed infine, che per accedere a quella parte del macchinario ove si è verificato l'infortunio, occorre azionare il fermo macchina.
7. La sentenza di secondo grado, invece, sostiene che la semplice partecipazione ai corsi di formazione non è attività sufficiente per adempiere l'obbligo formativo in capo al datore di lavoro e che, in ogni caso, il datore di lavoro avrebbe dovuto prevedere la possibilità che un operaio, a fronte di un blocco della progressione del macchinario, si adoperasse per sbloccarla manualmente senza provvedere al preventivo arresto della macchina, introducendo un sistema d'intervento per disattivare l'automatismo che faceva
procedere i pallet sui bancali.
8. La Corte territoriale, nondimeno, benché il Tribunale escluda l'assenza di un sistema specifico di controllo degli automatismi, non individua in modo puntuale quale avrebbe dovuto essere il rimedio cautelativamente prescritto, la cui omissione ha cagionato l'evento, limitandosi ad un vago riferimento all'astratta prevedibilità di un simile accadimento ed alla necessità di predisporre una procedura che ne evitasse il prodursi.
8.1. Questa vaghezza nella determinazione della concreta norma cautelare da osservare, impedisce di individuare la trasgressione di una condotta doverosa causalmente connessa con l'evento, finendo per scolorare in una mera riprovazione ex post del comportamento dell'agente, senza che questo possa essere confrontato con i doveri impostigli dalla normativa sulla sicurezza del lavoro, anche eventualmente solo sotto il profilo della prudenza, della diligenza e della perizia.
9. La Corte territoriale, infatti, non indica quale contenuto la procedura ipotizzata avrebbe dovuto avere e conseguentemente omette anche il confronto delle misure effettivamente approntate con un procedimento che si assume non predisposto, di cui nulla viene chiarito. Né indica quale diverso tipo di formazione -diversa dai corsi predisposti dal datore di lavoro sull'uso del macchinario, pacificamente seguiti dal lavoratore- sarebbe stata necessaria per evitare l'infortunio.
10. Manca, dunque, da parte della Corte territoriale la definizione concreta della condotta rimproverabile, posto che il generico richiamo all'art. 28 lett. d) d.lgs. 81/2008 non è sufficiente a determinare la violazione di un obbligo di sicurezza, laddove l'adozione di una specifica procedura di intervento su un macchinario non sia espressamente richiesta, ma sia indicata la presenza di un rischio per una certa fase della lavorazione e del relativo dispositivo predisposto (comando di arresto, nel caso di specie). Così come non è idonea a definire la violazione dell'art. 37 d.lgs 81/2008 la semplice constatazione che la formazione effettivamente impartita (la Corte, infatti, non nega la partecipazione ai corsi di istruzione sull'uso del macchinarlo) non è stata sufficiente ad evitare il realizzarsi del rischio, per il comportamento tenuto dal lavoratore, se non si identifica il contenuto specifico della formazione non impartita, che avrebbe consentito una diversa e migliore capacità del lavoratore di evitare l'evento dannoso.
In assenza, nondimeno, dell'individuazione concreta della condotta colposa tenuta dal datore di lavoro, che non può, per le ragioni supra precisate, essere solo indefinitamente indicata, la sentenza deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza Impugnata perché il fatto non sussiste. Così deciso il 17/07/2019