Cassazione Penale, Sez. 4, 29 marzo 2021, n. 11659 - Infortunio durante l'utilizzo della macchina equilibratrice alla quale era stato apposto un trapano. Responsabilità del dirigente delegato in materia di sicurezza

2021

B.F., a mezzo del difensore, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Udine, appellata dal Procuratore generale di Trieste e dall'imputato, ha rideterminato la pena inflitta in mesi tre di reclusione e concesso all'imputato la sospensione condizionale della pena.
2. Il B.F., in qualità di dirigente delegato in materia di salute e sicurezza sul lavoro per la macroattività Manufacturing della D. & C. Officine Meccaniche Spa, è stato chiamato a rispondere del reato di cui all'art. 590, commi 1, 2 e 3 cod. pen., per aver cagionato a V.I., in violazione della normativa antinfortunistica, così come contestata in rubrica, lesioni personali gravi (ferita penetrante dorso della mano sinistra con frattura pluriframmentaria IV ragia metacarpale), con prognosi di guarigione superiore ai 40 giorni (giorni 155). Il V.I., dipendente della D. & C. Officine Meccaniche spa, durante l'utilizzo della macchina equilibratrice mod. ZD 500/TC, alla quale era stato apposto il trapano Bosch, in assenza di protezioni, al fine di impedire che dei trucioli di metallo si impigliassero in uno straccio posto a copertura della zona cuscinetto della macchina, tentava di rimuovere lo stesso che, tuttavia, a causa della rotazione della punta del trapano, veniva agganciato trascinando la mano dell'uomo verso la punta del trapano.
2.1. Il V.I. era dipendente della D. con qualifica di operaio generico, addetto alla c.d. equilibratura di particolari meccanici che viene eseguita mediante l'utilizzo di un apposito macchinario. La lavorazione si sviluppa in due fasi: la prima, di rotazione, in cui, mediante la macchina equilibratrice, si individuano e misurano eventuali irregolarità nella distribuzione dei pesi; la seconda, di foratura, che si esegue con un trapano che pratica dei fori in corrispondenza dei punti da riequilibrare, per asportarvi il materiale in eccesso e ripristinare la simmetria dei pesi. Per compiere questa operazione, venivano un tempo utilizzate due distinte attrezzature in due distinte fasi operative sequenziali, ma indipendenti: quella di misurazione dell'equilibratura e quella di foratura per mezzo di un trapano mobile. Nel 1984, l'azienda decideva di applicare alla macchina equilibratrice dei trapani manuali su di un supporto fisso a leva: con una mano si azionava il pulsante di rotazione del trapano; con l'altra, la leva che accosta la punta al particolare da forare.
3. Il ricorso consta di tre motivi con cui si deducono:
3.1. mancanza e illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza della causalità oggettiva e soggettiva tra le violazioni cautelari contestate e l'infortunio; travisamento del fatto e omessa valutazione di prove decisive. Contrariamente a quanto affermato in sentenza, dall'istruttoria dibattimentale non è emerso alcun elemento che faccia ritenere provata l'esistenza di rischi diversi e maggiori per i lavoratori, connessi alla nuova configurazione della macchina. L'equivoco nasce dall'erronea ricostruzione operata dal primo giudice, fatta propria dal giudice di appello, circa l'utilizzo di una o di entrambe le mani per eseguire l'operazione di foratura. Non si è tenuto conto delle testimonianze rese sul punto dai testi P. e G. e del consulente P.. Frutto di ulteriore travisamento delle prove è il rimprovero di non avere dotato il macchinario di accorgimenti idonei ad evitare contatti con le mani da parte degli operatori. La Corte territoriale, infatti, non ha considerato che l'apposizione di un riparo a copertura della punta del trapano avrebbe impedito la visibilità necessaria per eseguire a regola d'arte la lavorazione. Non era necessario, peraltro, dotare la macchina di un dispositivo di emergenza che consentisse di arrestare immediatamente il trapano in caso di necessità, posto che sarebbe bastato che l'operatore, il quale tiene la mano destra sul pulsante di accensione/spegnimento, lo premesse;
3.2. inosservanza /erronea applicazione dell'art. 71 d.lgs. 81/08 perché, nel caso di specie, non vi era stato alcun mutamento organizzativo o produttivo, né lo stato di evoluzione della tecnica avrebbe imposto un adeguamento del macchinario (a tutto il 2015, infatti, Bosch proponeva, nei propri cataloghi commerciali, supporti a leva analoghi a quelli realizzati da D. sulla macchina in questione);
3.3. inosservanza /erronea applicazione dell'art. 20 d.lgs. 81/08 in relazione agli artt. 40, 41 e 43 cod. pen. La Corte territoriale avrebbe dovuto tener conto dell'interruzione del nesso di causalità tra la presunta condotta omissiva contestata all'imputato e l'evento, attesa la condotta abnorme della persona offesa, esperta e specificamente formata sulla corretta procedura da seguire.
4. In data 21/10/2020, sono pervenuti alla cancelleria di questa Sezione motivi aggiunti con cui il difensore eccepisce l'intervenuta prescrizione del reato a suo dire maturata in data 25/09/2020.


Diritto


1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. Occorre ricordare che, nel momento del controllo della motivazione, il giudice di legittimità non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento, atteso che l'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non consente alla Corte di cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove. In altri termini, il giudice di legittimità non può divenire giudice del contenuto della prova, non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento probatorio. Esula, pertanto, dall'area della deducibilità nel giudizio di cassazione il vizio di travisamento del fatto, essendo precluso al giudice di legittimità reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito e sovrapporre il proprio apprezzamento delle risultanze processuali a quello compiuto nei precedenti gradi di giudizio.
Quanto all'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, esso deve essere evidente, ossia di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Né può integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944). Il vizio di manifesta illogicità che, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., legittima il ricorso per cassazione implica, infatti, che il ricorrente dimostri che l'iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano della razionalità e, per altro verso, che questa dimostrazione non abbia nulla a che fare con la prospettazione di un'altra interpretazione o di un altro iter, in tesi egualmente corretti sul piano logico. Ne consegue che, una volta che il giudice, come nel caso in disamina, abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di razionalità (Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202903).
3. Per tutte queste ragioni, deve essere respinto il primo motivo di ricorso. Entrambi i giudici di merito hanno ritenuto che la nuova configurazione della macchina equilibratrice, appositamente realizzata in azienda, fissando un trapano che prima era portatile, ha comportato per l'operatore rischi diversi e maggiori rispetto a quelli originari perché, diversamente da prima, egli non era più costretto ad impugnare il trapano con entrambe le mani per farlo funzionare e, anziché tenere il busto dietro il trapano (e quindi a debita distanza dalla punta), poteva ora posizionarsi di lato, trovandosi altresì nella condizione di avere libera la mano sinistra che avrebbe potuto avvicinare alla punta del trapano mentre era in movimento, con il rischio di entrarvi in contatto come è per l'appunto accaduto nel caso di specie. Hanno, inoltre, individuato un ulteriore fattore di rischio nella consuetudine degli operatori addetti a quel macchinario di porre uno straccio a protezione degli ingranaggi dei residui della lavorazione, ciò che avveniva, in particolare, quando i pezzi da forare erano molto piccoli. In questo caso, infatti, riducendosi lo spazio tra la punta del trapano e la postazione, il lamierino che di solito si metteva per coprire i cuscinetti non ci stava più, per cui era prassi mettere uno straccio. Evidenzia la Corte di appello come fosse del tutto prevedibile che alcuni trucioli, formatisi durante la foratura si potessero impigliare nello straccio in modo da trascinarlo via, lasciando così scoperti i cuscinetti e che, al verificarsi di questa evenienza, l'operatore potesse istintivamente avvicinare alla punta del trapano in azione la mano libera nel tentativo di rimuovere i residui e rimettere al suo posto lo straccio, «operazione questa ben più veloce rispetto a quella di spegnere il trapano, aspettare l'arresto della punta per inerzia e togliere finalmente i residui, a macchina ferma, residui che nel frattempo avrebbero potuto cadere dentro gli ingranaggi e compromettere la funzionalità del macchinario, con conseguente necessità di fermare l'attività per eseguire la pulizia dei cuscinetti».
Correttamente, pertanto, la sentenza impugnata ha ricordato la posizione di garanzia rivestita dall'imputato il quale, una volta assunta la delega in materia di sicurezza sul lavoro, era tenuto ad adottare tutte le misure tecniche ed organizzative necessarie a ridurre al minimo i rischi connessi all'utilizzo dell'attrezzatura messa a disposizione dei lavoratori; in particolare, a fronte delle modifiche apportate al macchinario di cui si tratta, «avrebbe dovuto dotarlo di accorgimenti idonei ad evitare contatti con le mani da parte degli addetti nella fase della foratura e/o di un dispositivo di emergenza che consentisse di arrestare immediatamente il trapano in caso di necessità ...».
4. Anche il secondo motivo è infondato, oltre che inconferente rispetto al contenuto della sentenza impugnata. Nel caso di specie, a venire in rilievo, diversamente da quanto assume il ricorrente, non sono gli eventuali mutamenti organizzativi e produttivi rilevanti ai fini della salute e sicurezza del lavoro e tali da imporre l'aggiornamento delle misure di prevenzione, ma, molto più semplicemente, la mancata predisposizione di presidi antinfortunistici idonei ad evitare l'infortunio occorso al lavoratore il quale ha rappresentato la concretizzazione dello specifico rischio che le norme cautelari violate erano finalizzate a prevenire. La responsabilità per colpa, infatti, non fonda unicamente sulla titolarità di una posizione gestoria del rischio (sulla quale Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, in motivazione) ma presuppone l'esistenza - e la necessità di darne applicazione nel caso concreto - delle regole aventi specifica funzione cautelare, perché esse indicano quali misure devono essere adottate per impedire che l'evento temuto si verifichi (Sez. 4, n. 12478 del 19/11/2015, dep. 2016, P.G. in proc. e altri in proc. Barberi e altri, Rv. 267813). Dovere di diligenza e regola cautelare si integrano definendo nel dettaglio il concreto e specifico comportamento doveroso; ciò assicura che non si venga chiamati a rispondere penalmente per la sola titolarità della posizione e pertanto a titolo di responsabilità oggettiva (sez. 4, n. 14915 del 19.2.2019, Arrigoni, n.m.).
Ciò posto, appare, pertanto, incensurabile la motivazione laddove rileva che, qualora eventuali accorgimenti per la messa in sicurezza del trapano non fossero stati possibili o non fossero bastati a scongiurare il rischio di infortuni del tipo di quello in concreto verificatosi, l'imputato avrebbe dovuto dismettere quell'attrezzatura, peraltro datata, e sostituirla con un macchinario improntato ad una diversa e più innovativa tecnica di foratura, più adeguata alle esigenze di tutela dei lavoratori, come ha poi immediatamente provveduto a fare dopo l'infortunio, in osservanza alle prescrizioni impartite dagli ispettori della ASS.
5. Parimenti infondato il motivo (terzo) sull'asserita interruzione del nesso causale in ragione della condotta abnorme della persona offesa. Sul punto, invero, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento di questa Corte di legittimità, ai sensi del quale, in tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all'incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori il rispetto delle regole di cautela, sicché la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e, comunque, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile (ex multis, Sez. 4, n. 7364 del 14/01/2014, Scarselli, Rv. 259321; Sez. 4, n. 37986 del 27/06/2012, Battafarano, Rv. 254365).
In particolare, si è affermato che l'obbligo di garanzia del datore di lavoro non viene meno a fronte di comportamenti imprudenti del garantito. Questa Sezione, invero, ha più volte ribadito il principio secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro, il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre comunque all'insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente (ex multis, Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone Massimo, Rv. 276242; Sez. 4, n. 7364 del 14/01/2014, cit.).
Di questi principi, la Corte territoriale ha fatto buon governo laddove ha osservato come rientri nella natura delle cose, e dunque, sia senz'altro prevedibile, che il lavoratore possa avere un attimo di distrazione nell'espletamento delle mansioni che gli sono affidate od assuma istintivamente dei comportamenti pericolosi durante la lavorazione nell'ottica di fare l'interesse stesso dell'impresa - come è accaduto nel caso di specie in cui il V.I. ha cercato di spostare i trucioli con la mano mentre il trapano era in funzione per accelerare i tempi ed evitare inconvenienti agli ingranaggi. Al datore di lavoro o al soggetto da lui appositamente delegato spettava munire la macchina di idonei dispositivi di protezione o segregazione volti anche ad impedire siffatti comportamenti.
6. Deve, infine, rilevarsi che per il reato ascritto all'imputato non è ancora maturata la prescrizione, dovendosi calcolare, oltre al periodo di sospensione (pari a giorni 117) dovuto all'adesione del difensore all'astensione proclamata dall'Unione delle Camere Penali, i 64 giorni di sospensione (periodo 9 marzo - 11 maggio 2020) previsti dall'art. 83, commi 2 e 4, del d.l. n. 18 del 17/03/2020 e successive modificazioni.
7. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell'estensore, ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. a), del d.p.c.m. 8 marzo 2020.
Così deciso in data 11 novembre 2020


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