Cassazione Penale, Sez. 4, 27 ottobre 2021, n. 38424 - Amputazione di un piede con la pressa per la compattazione della carta. Sistema di bloccaggio vetusto e inefficiente. Nessun comportamento abnorme del lavoratore

2021

Fatto


1. Con sentenza del 26 maggio 2020 la Corte di Appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Piacenza, resa in sede di giudizio abbreviato, con la quale C.C. ed I.C. in qualità di soci della CA. s.n.c. e datori di lavoro, sono stati ritenuti responsabili del reato di cui all'art. 590 cod. pen. per avere con colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, e nella violazione degli artt. 37 e 70, comma 2 d. lgs. 81/2008, non assicurando a S.D. la formazione specifica per le mansioni svolte e non mettendo a disposizione del lavoratore attrezzature conformi ai requisiti di sicurezza di cui all'allegato V punto 2.2 del d. lgs. 81/2008, cagionato al medesimo lesioni gravissime, consistite nell'amputazione del piede destro.
2. Il fatto, per come accertato dalle sentenze di primo e secondo grado, può essere descritto come segue: in data 23 aprile 2013 S.D., addetto al funzionamento di una pressa per la compattazione della carta, accortosi del suo inceppamento, cercava di ovviare, dapprima bagnando la carta all'interno della tramoggia, poi utilizzando una forca per disincagliare la carta, indi, non essendovi riuscito, infilando, attraverso uno sportello di ispezione, la gamba destra all'interno della tramoggia al fine di premere la carta con il piede; la macchina, tuttavia, benché bloccata dall'apertura dello sportello, riprendeva il movimento, e S.D., che nel corso dell'operazione si manteneva saldo ad una maniglia, perdeva l'equilibrio, subendo l'amputazione del piede destro.
Le decisioni danno atto che la dinamica del sinistro è stata accertata attraverso la relazione del consulente del pubblico ministero, secondo il quale l'attivazione del carrello compattatore del macchinario era stata resa possibile -nonostante il suo temporaneo fermo e l'apertura dello sportello- per l'inefficienza del sistema elettrico/elettronico di sicurezza, non conforme alla buona tecnica, questo permettendo di far ripartire il meccanismo, non solo per la chiusura dello sportello, ma per la sola intercettazione da parte del sensore della presenza di rimasugli di carta; il microinterruttore presente nel fine corsa di chiusura della maniglia dello sportello di ispezione si presentava, invero, in cattivo stato di manutenzione ed all'interno dello sportello erano presenti due spessori per agevolare il contatto fra il microinterruttore ed il punto di chiusura dello sportello medesimo. Sulla base della ricostruzione del funzionamento del macchinario il tecnico ha anche ipotizzato che il microinterruttore di blocco della macchina potesse essere stato eluso dal lavoratore con una manovra imprudente, consistita nella simulazione della chiusura con un attrezzo (cacciavite o altro).
Entrambi i giudici del merito entrambi ritenuto non abnorme il comportamento del lavoratore, essendo l'infortunio stato causato dalla precarietà del sistema di bloccaggio della macchina durante l'apertura dello sportello di ispezione, ed essendo stato provato in giudizio che in altre occasioni gli addetti al macchinario avevano proceduto nel medesimo modo.
3. Avverso la sentenza della Corte d'appello propongono ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del comune difensore, formulando un unico motivo.
4. Con la doglianza i ricorrenti fanno valere la violazione della legge penale in relazione agli artt. 590, comma 2 e 41 cod. pen., nonché il vizio di motivazione. Osservano che in forza della disposizione di cui all'art. 41 cod. pen., che fissa il principio della c.d. equivalenza causale, va esclusa la ricorrenza del nesso di causalità allorquando la condotta del lavoratore si configuri come abnorme. Riprendono i criteri formulati dalla giurisprudenza di legittimità sul punto, rammentando che può dirsi abnorme la condotta del lavoratore che consista in un comportamento esorbitante rispetto alla mansioni svolte ed al processo produttivo, non perché eccezionale, ma perché eccentrica rispetto al rischio che il garante è chiamato a governare. Ricordano che l'insegnamento della Suprema Corte distingue la mera distrazione dalla cosciente inosservanza da parte del lavoratore delle norme poste a tutela della sua salute, sancendo la differenza fra comportamento eccezionale o semplicemente irrituale e come tale prevedibile ed evitabile. Solo il primo, infatti, interrompe il nesso eziologico fra condotta del datore di lavoro ed evento. Sostengono che ciò è accaduto nel caso di specie, ponendosi l'operazione posta in essere dal lavoratore comunque al di fuori della prevedibilità dell'evento, costituendo causa sopravvenuta atipica ed estranea alle normali e prevedibili linee di sviluppo della serie causale attribuibile all'agente. Sottolineano che se compete al datore di lavoro il dovere della prevenzione tecnica e della formazione del lavoratore, occorre, tuttavia, verificare se l'infortunio consegua all'omessa informazione, rappresentando la concretizzazione del rischio che l'attività mirava ad evitare. Non spetta, invece, al datore di lavoro la gestione del 'vivere comune' sicché non può addebitarsi al medesimo di non avere trasferito al lavoratore le regole che servono a fronteggiare rischi estranei alla formazione lavorativa. Laddove, dunque, il lavoratore consapevolmente violi le regole impartite deve escludersi la responsabilità del datore di lavoro per l'omessa formazione. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
5. Con requisitoria scritta ai sensi dell'art. 23, comma 8 d.l. 137/2020 il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.




Diritto


1. I ricorsi sono inammissibili.
2. Si assume, invero, che il comportamento del lavoratore infortunato, proprio perché posto in essere in aperta violazione delle direttive impartite e sulle procedure di utilizzo del macchinario, rivestendo le caratteristiche dell'esorbitanza, esima il datore di lavoro da ogni responsabilità in ordine al mancato rispetto della normativa antinfortunistica.
3. Le censure mosse dal ricorrente, senza porre in dubbio l'evento per come realizzatosi, si concentrano sulla definizione della sfera di governo del datore di lavoro in relazione alle mansioni affidate al lavoratore ed al rischio prevedibilmente connesso con quelle. Si afferma che, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, il governo del rischio del datore di lavoro non si estende alla condotta esorbitante quella affidata con le direttive organizzative e quindi non possa 'coprire' anche i comportamenti espressamente interdetti al lavoratore. Il che significa che, se il lavoratore, come in questo caso, sceglie deliberatamente di contravvenire alle istruzioni ricevute e di svolgere il lavoro che gli è stato affidato con modalità diverse da quelle stabilite, il datore di lavoro non può essere ritenuto responsabile del mancato governo del rischio di un'operazione non consentita, dovendo ritenersi 'abnorme' la condotta del lavoratore che pone in essere l'attività vietata.
4. Ora, la censura per come proposta, concentrandosi esclusivamente sulla sussistenza del nesso di causalità, non contesta la sussistenza della condotta colposa come accertata, consistita nel non avere assicurato la piena efficienza del sistema di blocco del macchinario e nel non avere adeguatamente formato il lavoratore sul suo utilizzo. Né contesta l'assunto della Corte territoriale secondo il quale non vi sarebbe alcun elemento probatorio utile ad affermare che il lavoratore infortunato abbia utilizzato uno strumento per disattivare il sensore di sicurezza. Né, infine che la formazione impartita fosse adeguata. Si afferma, infatti, nella sentenza impugnata che il lavoratore neppure partecipò al corso di formazione 'Linea di pressatura', tanto da disconoscere la sua firma sul documento datato 5 settembre 2008, data nella quale egli non prestava neppure attività presso la CA. s.n.c..
5. La questione va affrontata ricordando, preliminarmente che la più recente giurisprudenza, abbandonando il criterio dell'imprevedibilità del comportamento del lavoratore nella verifica della relazione causale tra condotta del reo ed evento ha sostenuto che affinché "la condotta del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia" (cfr. da ultimo Sez. 4, Sentenza n. 15124 del 13/12/2016, dep. 27/03/2017 Rv. 269603; sulla base del principi enunciati da Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261106, in motivazione)
6. Qui, non è dubbio che la violazione- consistita nel non mantenere il sistema del blocco del macchinario in perfette condizioni, essendo il microinterruttore di blocco dello sportello risultato vetusto e sensibile anche alla presenza di residui di carta- sia stata causa dell'evento, posto che il corretto funzionamento del microinterruttore non avrebbe consentito al meccanismo di ripartire a sportello aperto.
D'altro lato, il semplice divieto di utilizzare un certo strumento o un bene aziendale o di evitare una certa attività o ancora di non accedere ad una struttura non fa venir meno l'obbligo del garante di tenere in siffatti elementi perfetta efficienza o di impedire concretamente e non solo disciplinarmente l'attività vietata. Su colui che riveste la posizione di garanzia, infatti, grava l'obbligo di porre in essere la prevenzione concreta, volta a contenere il rischio garantito, in questo caso anche normativamente prevista. Invero, il punto 2.2. dell'Allegato V del d.lgs. 81/2008 impone che "la messa in moto di un'attrezzatura deve poter essere effettuata soltanto mediante un'azione volontaria su un organo di comando concepito a tal fine".
Nel caso di specie la condotta omissiva del datore di lavoro ha prodotto proprio l'evento temuto, essendo il macchinario ripartito indipendentemente dalla volontà dell'operatore.
Correttamente, dunque, la Corte territoriale, ha escluso l'abnormità del comportamento del lavoratore, non potendo questo ritenersi interruttivo del nesso causale, posto che, da un lato, non è sufficiente al datore di lavoro, per andare esente da responsabilità, semplicemente vietare una determinata attività, quando la norma cautelare impostagli sia rivolta ad evitare il verificarsi di eventi che dipendono dall'idoneità degli strumenti di lavoro, dall'altro, la disapplicazione delle norme di sicurezza da parte del lavoratore rientra nell'area di rischio del datore di lavoro, tanto più laddove non comporti l'attivazione di un rischio eccentrico rispetto a quello governabile con la semplice osservanza delle cautele prescritte, perché essa è di per sé prevedibile.
7. All'inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.


P.Q.M.


Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende
Così deciso il 19 ottobre 2021


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