Cassazione Penale, Sez. 3, 27 ottobre 2021, n. 38436 - Molteplici violazioni di sicurezza in cantiere

2021

Fatto


1. Il Tribunale di Torre Annunziata con sentenza del 16 settembre 2020 ha condannato L.E. alla pena di€ 3.000,00 di ammenda, relativamente ai reati di cui agli art. 80, comma 3, 87, comma 3, lettera D del d. lgs. 81/2008 - capo a -, art. 146, comma 1, 159, comma 2, lettera Cd. lgs. 81/2008 - capo a bis-, art. 134 comma 1, 159, comma 2, lettera Cd. lgs. 81/2008 - capo b -, art. 125, comma 6, 159, comma 2, lettera C, d. lgs. 81/2008 - capo c -, art. 122, 159, comma 2, lettera Cd. lgs. 81/2008 - capo d -, art. 96, comma 1, lettera a) e 159, comma 2, d. lgs. 81/2008 - capo e -; reati accertati il 26 giugno 2014.
2. L'imputato ha proposto ricorso in cassazione, deducendo motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.

2. 1. Violazione di legge (art. 460, primo comma, lettera E), e art. 459 cod. proc. pen.) per l'omesso avviso nel decreto penale di condanna della facoltà dell'imputato di chiedere la sospensione del procedimento con la messa alla prova. La Corte Costituzionale con la sentenza n. 201 del 2016 ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 460 cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede per il decreto penale di condanna l'avviso all'imputato della possibilità di chiedere la sospensione del procedimento, per la messa alla prova. Andava, quindi, dichiarata la nullità del decreto penale in oggetto, per il mancato avviso. Il giudice invece ha fatto notificare il verbale di udienza con l'avviso, in maniera illegittima. Il giudice del dibattimento si è sostituito in una prerogativa del Giudice perle indagini preliminari.

2. 2. Violazione di legge (art. 80, 146, 122, 124 e 134, d. lgs. 81/2008); contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Per il mancato rispetto della normativa di cui agli impianti e apparecchiature elettriche (capo a dell'imputazione) si evidenzia come il responsabile della sicurezza del cantiere (ing. S.), sentito in dibattimento, riferiva che i cavi erano idonei al calpestio (resistenti) e in sicurezza, poggiati a terra anche per il loro uso di alimentazione dei macchinari per la demolizione dell'immobile. Non sussiste un obbligo normativo di ancorare i cavi alle pareti, come erroneamente ritenuto del Tribunale, ma la disposizione mira solo ad evitare un rischio elettrico ai lavoratori.
Per il capo a bis dell'imputazione (art. 146, comma 1, d. lgs. 80/2008) la normativa non può trovare applicazione nelle opere di demolizione. La scala ed il solaio andavano demoliti e, pertanto, non era necessario apporre parapetto e tavole fermapiedi, come riferito dal responsabile della sicurezza in dibattimento.
Per la violazione dell'art. 125 d. lgs. 81/2008 (capi C) e D) dell'imputazione) si rileva che il ponteggio era senza rischi per i lavori da realizzare, come riferito sempre dal responsabile della sicurezza. Il ponteggio, infatti, era stabilmente fissato.

Per i servizi igienici (lettera E dell'imputazione) nessuna disposizione prevede che gli stessi devono trovarsi all'interno del cantiere. I servizi igienici per un certo periodo erano stati individuati nell'abitazione del custode. Tale circostanza esclude la responsabilità, in quanto comunque c'erano a disposizione dei lavoratori idonei servizi igienici.
Per il capo B) dell'imputazione (mancata presenza in cantiere del PI.M.U.S., piano montaggio, uso e smontaggio dei pontili) si rileva che non risulta mai contestata la mancata redazione del piano ma solo la sua mancata esibizione al sopralluogo.
2. 3. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Il Tribunale fonda la condanna sulle dichiarazioni testimoniali del teste P.; nella stessa sentenza, però, si dà atto della rinuncia da parte della difesa all'escussione del teste P.. Tale aspetto rende contraddittoria ed illogica la motivazione della condanna.
2. 4. Questione di legittimità costituzionale dell'art. 159, comma 2, lettera C) del d. lgs. 81/2008 in relazione agli articoli 3, 27 e 117 della Costituzione.
L'art. 159 punisce con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 548,00 a 2.192,00 euro una serie di condotte eterogenee. La norma, quindi, accomuna in un medesimo regime sanzionatorio condotte diverse senza una ratio. La norma, pertanto, risulta in contrasto con i principi di uguaglianza e rieducazione della pena, con un trattamento sanzionatorio fisso in modo irragionevole.
2. 5. Violazione di legge (art. 157 cod. pen.) per la prescrizione dei reati prima della sentenza impugnata. Le contravvenzioni contestate erano accertate il 26 giugno 2014 e, pur considerando i periodi di sospensione della prescrizione, al momento della sentenza erano già prescritte.
Ha chiesto quindi l'annullamento della decisione impugnata.




Diritto





3. Il ricorso risulta inammissibile, in quanto generico ed in fatto, non si confronta con le motivazioni della sentenza e non prospetta vizi di legittimità avverso le motivazioni della decisione del Tribunale.
Sulla questione processuale del mancato avviso nel decreto penale (della sospensione del procedimento per la richiesta di messa alla prova) si deve rilevare che il decreto penale di condanna è stato emesso il 4 novembre 2014. La sentenza della Corte Costituzionale è successiva, del 2016, la n. 201. All'emissione del decreto penale, quindi, nessun avviso doveva essere inserito.
Al momento, poi, della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 201/2016 il decreto penale in oggetto era stato già revocato, per effetto dell'opposizione; quindi, non poteva essere dichiarato nullo un atto già revocato.

Gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale, infatti, non possono applicarsi alle situazioni già esaurite, come nella specie avvenuto, con la revoca del decreto penale di condanna, come ritenuto da questa Corte di Cassazione in ipotesi identiche a quella in odierno giudizio: «L'efficacia della sentenza della Corte costituzionale 10 aprile 2002, n. 120 - con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale del primo comma dell'art. 458 cod. proc. pen. nella parte in cui non collega la decorrenza del termine per la richiesta di giudizio abbreviato all'ultima tra le notifiche del decreto di giudizio immediato all'imputato ed al suo difensore - non si estende alle situazioni processuali esaurite prima della sua pubblicazione, e, poiché detta sentenza espressamente motiva la dichiarazione di illegittimità della norma con riferimento al nuovo assetto conferito al giudizio abbreviato dalla riforma attuata con la legge n. 479 del 1999, i suoi effetti non si producono con riguardo a situazioni già definite nel momento di entrata in vigore della citata riforma {La decisione costituzionale è stata considerata ininfluente in un caso nel quale, alla data di entrata in vigore della legge 16 dicembre 1999, n. 479, era già stata pronunciata la sentenza di primo grado9» (Sez. 6, n. 24608 del 04/04/2003 - dep. 05/06/2003, Tropea, Rv. 22642201; vedi anche Sez. 4, n. 39645 del 02/10/2002 - dep. 22/11/2002, Leon Torres, Rv. 22271001). Ove poi si ritenesse, seguendo la prospettazione del ricorso, che la sentenza n. 201 del 2016 di illegittimità costituzionale dell'art. 459, comma 1, cod. proc. pen., comunque di gran lunga successiva all'adozione del decreto penale, possa avere avuto l'effetto di restituire il ricorrente nella facoltà di eccepire la nullità del decreto stesso per mancanza dell'avviso, va comunque osservato che l'eccezione di nullità, pacificamente non di carattere assoluto (v. Sez. 4, n. 21897 del 21/02/2017, Bessone, Rv. 269943) era sollevabile già nel corso del giudizio di primo grado, ancora pendente. E, comunque, in seguito all'eccezione il giudice ha sanato l'eventuale nullità con la notifica al ricorrente del verbale di udienza contenente l'avviso (ex art. 185, secondo comma, cod. proc. pen.).
Nessun pregiudizio si è prodotto nel concreto al diritto di difesa del ricorrente, neanche prospettato nel ricorso in cassazione.

4. Sulla responsabilità, per tutte le contravvenzioni contestate nell'imputazione, la sentenza impugnata adeguatamente motiva, con accertamenti in fatto insindacabili in sede di legittimità. Sulla questione del "teste" P. si deve rilevare che la sentenza indica non già le dichiarazioni testimoniali di P. (in realtà mai avvenute per rinuncia all'escussione, come sostenuto nel ricorso in cassazione) ma il verbale di ispezione acquisito con il consenso delle parti ("l'ispezione eseguita dal teste Persico ha evidenziato la violazione di molteplici disposizioni antinfortunistiche").
La sentenza analizza, poi, dettagliatamente la testimonianza del responsabile per la sicurezza (ing. Carmine S.) rilevando come anche lui ammetteva la sussistenza in concreto delle violazioni. In particolare, dalle testimonianze degli agenti di P.G. dai verbali di ispezione e dalle foto in atti emergeva la sussistenza oggettiva delle violazioni contestate: i cavi elettrici erano sul pavimento alla rinfusa con effettivo rischio elettrico (e di inciampo); omessa predisposizione di parapetto e tavola fermapiede sulle rampe ed il pianerottolo; assenza in cantiere del piano di montaggio, uso e smontaggio del ponteggio, Pi.M.U.S (richiesto ma non esibito); omesso adeguato ancoraggio del ponteggio alla struttura fissa; omessa predisposizione dei servizi igienici adeguati nel cantiere a disposizione dei lavoratori.
La demolizione del fabbricato, del resto, non esclude certo la violazione delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro, che devono sempre essere rispettate. In particolare, la sicurezza dei passaggi e dei pianerottoli dove i lavoratori comunque transitano, fino alla loro demolizione.
Per i bagni si deve rilevare che solo successivamente è stato predisposto un bagno nella casa del custode (come prospettato nel ricorso in cassazione), ma ciò non esclude la sussistenza della violazione per la situazione verificata al momento dell'ispezione.
5. Al momento della decisione impugnata i reati non risultavano prescritti (la prescrizione per decorso del termine massimo, ex art. 157 e 161, cod. pen. con l'aggiunta dei termini di sospensione si determina al 13 ottobre 2020, cioè dopo la sentenza di condanna del 16 settembre 2020; devono calcolarsi le sospensioni per i rinvii determinati dall'astensione degli avvocati del 10 aprile 2012, 14 marzo 2018 e 19 settembre 2020 per complessivi anni 1, mesi 3 e giorni 17) e l'inammissibilità del ricorso per cassazione esclude che si possa rilevare la prescrizione: «L'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen. (Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso)» (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 - dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 217266).

6. L'inammissibilità del riscorso esclude la valutazione della questione di costituzionalità: «L'inammissibilità del ricorso per cassazione, dovuta alla manifesta infondatezza o alla genericità dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto d'impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare ammissibile una questione di legittimità costituzionale» Sez. 6, n. 22439 del 15/05/2008 - dep. 04/06/2008, P.M. in proc. Balbi De Caro e altri, Rv. 24051301; vedi anche Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 - dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 217266).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di € 3.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.


P.Q.M.



Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14/09/2021


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