Cassazione Penale, Sez. 4, 19 febbraio 2021, n. 6504 - Pedone inciampa nella trave di legno non segnalata del cantiere. Responsabilità del CSE, del DL e del RUP
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza del Tribunale di Caltanissetta del 19.06.2017, che aveva ritenuto la responsabilità penale degli imputati, CH.G., M.M. e L.G. in ordine al reato di cui agli artt. 113, 590 comma 1,2 e 3 cod. pen. per aver, per colpa, quale coordinatore della sicurezza nella fase della esecuzione il primo, quale direttore dei lavori, responsabile per la sistemazione della pavimentazione stradale via Parco della Rimembranza il secondo ed il terzo quale responsabile unico del procedimento, cagionato, il 17.06.2011, a V.G. che, transitando a piedi sulla via Parco delle rimembranze, inciampava su una trave di legno non segnalata posta di traverso sulla carreggiata stradale in cui insisteva il cantiere di lavoro, lesioni personali giudicate guaribili in un periodo superiore a 40 giorni, in particolare frattura scomposta della clavicola destra e dell'omero destro.
1.1. A CH.G. veniva contestato, in violazione dell'art. 92 comma 1 lett. a) ed e) d.lvo 81/2008, l'aver omesso di verificare l'effettiva predisposizione in cantiere di una recinzione e di una delimitazione visibile ed individuabile anche con appositi cartelli ed aver omesso di segnalare al committente e al responsabile di lavori l'inosservanza delle disposizione di cui all'art. 96 comma 1 lett. b Dlgs citato; a M.M. e a L.G. di aver omesso, nelle rispettive qualità, di verificare l'adempimento da parte del coordinatore per l'esecuzione dei lavori degli obblighi di cui all'art. 92 comma 1 e 2 Dlgs 81/2008. In Riesi il 17.06.2011.
1.2 L'infortunio, secondo la ricostruzione della Corte territoriale, che riporta puntualmente le risultanze dibattimentali del giudizio di primo grado, avveniva con le seguenti modalità: il cantiere relativo al rifacimento della pavimentazione di Via parco delle Rimembranze in cui si è verificato l'infortunio si trovava in zona stradale aperta al continuo passaggio di pedoni, la tavola era stata posta dagli operai della ditta incaricata della sistemazione della strada, proprio sulla sinistra dell'uscio dell'abitazione della V.G., sporgeva di diversi centimetri rispetto alla pavimentazione stradale, non era segnalata se non da una nastro segnaletico e non vi era né vi era una segnalazione luminosa nelle ore notturne di colore rosso come previsto in maniera specifica dal Piano di sicurezza e coordinamento ( PSC) adottato dal comune di Riesi il 7.01.2011 e dall'art. 21 del D.lgs 285/1992 ; il cantiere era privo di recinzione ad eccezione di transenne mobili poste all'inizio e alla fine della strada, era in disordine e privo di segnalazione dei pericoli esistenti ( fai 9 sentenza primo grado); l'infortunio verificatosi, cioè la caduta e le lesioni riportate dalla V.G., hanno concretizzato il rischio le specifiche regole contenute nel PSC miravano a prevenire ( fai 10 sentenza di primo grado).
Quanto alle specifiche posizioni di garanzia rivestite dagli imputati risulta che L.G. era geometra dell'ufficio tecnico del Comune di Riesi e aveva il ruolo di responsabile unico del procedimento, gestendo la spesa comunale connessa al cantiere ( aveva proceduto direttamente il 26.01.2011 alla consegna dei lavori) e solitamente accompagnava il coordinatore della sicurezza CH.G. nei sopralluoghi ( fai 7), ciò era avvenuto anche per sopralluogo del 26.05.2011, durante il quale non avevano rilevato alcuna difformità rispetto al PSC, nonostante le evidenti violazioni delle prescrizioni.
M.M., direttore dei lavori, ( fai 12 sentenza di primo grado) il 16.01.2011 aveva sottoscritto, unitamente al responsabile dell'area tecnica, il disciplinare dell'incarico assumendo la piena responsabilità del comportamento dei lavoratori e sull'andamento dei lavori nonchè sulle norme di sicurezza da osservare in fase di esecuzione dei lavori.
CH.G. era coordinatore per la sicurezza del cantiere con lo specifico compito di controllare l'applicazione delle prescrizioni del PSC, documento che aveva egli stesso redatto; ciò nonostante aveva omesso di rilevare le numerose difformità del cantiere rispetto alle prescrizioni, in particolare la mancanza di segnalazioni adeguate e di luci notturne necessarie, trattandosi di una strada in corso di pavimentazione che gli abitanti dovevano necessariamente percorrere in condizioni di sicurezza uscendo dalle loro case anche nelle ore notturne ( fai 12 sentenza di primo grado).
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito riportati.
2.1. Per M.M.:
I) violazione di legge in quanto è stato attribuita a M.M., in relazione al ruolo di direttore di cantiere, la responsabilità penale senza considerare che l'art. 89 del Dlgs 81/2008 ha disciplinato i ruoli dei soggetti che partecipano ai lavori pubblici e anche lo schema dell'art. 93 del D.Lgs citato coinvolge l'ente committente dell'adozione dei presidi infortunistici in concorso con il coordinatore per la progettazione e l'esecuzione.
Il M.M. aveva un mandato derivante dal disciplinare del 26.1.2011, con mansioni solo burocratiche e di sorveglianza dell'esecuzione dei lavori.
II) violazione di legge in relazione agli artt. 89 Dlgs 89/2001, art. 5 d.lgs n. 494 del 1996, art. 7 comma 4 della L 11.12.1994. La Corte non ha motivato rispetto al motivo di appello che deduceva tali violazioni; non ha rilevato che si trattava di lavori svolti in economia dal Comune e che il ricorrente poteva al massimo avere il ruolo di capo cantiere.
III) violazione di legge in relazione alla mancata dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione prima della decisione di appello
2.2. Per CH.G.:
I) violazione di legge per irregolare citazione dell'imputato per il giudizio di appello, in quanto la notifica all'imputato presso gli uffici del Commissariato PS Messina Nord è stata effettuata il 4 gennaio 2019, senza che fossero garantiti i 20 giorni liberi previsti dall'art. 601 cod.proc.pen., in quanto l'udienza è stata fissata per il 16 gennaio 2019; la difesa ha eccepito la violazione tempestivamente nelle conclusioni all'udienza del 4 febbraio 2019 , trattandosi di nullità verificatasi nel giudizio di appello.
La tardiva notifica della citazione ha prodotto lesioni al diritto della difesa in quanto l'imputato non ha potuto esperire un adeguato tentativo presso il Pubblico ministero per un concordato.
II) vizio per manifesta illogicità della motivazione. Non è stato accertato se la tavola che costituiva pericolo per la sicurezza era stata posta in via occasionale e momentanea per distrazione di qualcuno e che quindi la sua presenza non era rilevabile dal coordinatore della sicurezza che non è tenuto a garantire la continua vigilanza sul cantiere.
2.3. Per L.G.
I)Violazione di legge e vizio di motivazione in quanto nessuna responsabilità poteva essere addebitata all'imputato ne è stato accertato se la presenza della trave fosse un evento previsto o prevedibile da parte del L.G.; non è stata individuata la condotta concreta attribuita all'imputato che ha agito quale concausa dell'evento. Nel caso di specie L.G. aveva nominato il coordinatore per la sicurezza per la fase dell'esecuzione destinatario degli obblighi di cui all'art. 91 e 92 del Dlgs 81/2008; aveva ricevuto le comunicazioni del 1.08 e del 4.08 2011 con le quali il coordinatore si limitava a rappresentare le dimissioni di due lavoratori.
Nessun accertamento è stato poi svolto sulle concrete modalità della caduta, se la causa poteva essere individuata nello stato di concitazione che si era verificato a seguito di un incendio creatosi in prossimità dell'abitazione della persona offesa.
3.11 Procuratore generale in sede ha chiesto con requisitoria scritta ai sensi dell'art. 23 comma 8 DL 28.10.2020 n.137 dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi.
3.1. La difesa dell'imputato L.G. ha fatto pervenire conclusioni scritte con le quali chiede l'accoglimento dei motivi del ricorso.
3.2. La difesa di parte civile, V.G., ha presentato conclusioni scritte con richiesta di liquidazione degli onorari.
Diritto
1. Va premesso che è pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell'art. 591 comma I, lett. c) cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso Sez. 2, n. 29108 del 15.7.2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. Sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013, Sammarco, rv. 255568; Sez.4, n. 18826 del 9.2.2012, Pezzo, rv. 253849; S ez. 2, n. 19951 del 15.5.2008, Lo Piccolo, rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 3.7.2007, Scicchitano, rv. 236945; Sez. 1, n. 39598 del 30.9.2004, Burzotta, rv. 230634; Sez.4, n. 15497 del 22.2.2002, Palma, rv. 221693). Ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l'appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l'insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n.44882 del 18.7.2014, Carialo e altri, rv. 2606081.) I ricorsi sono infondati, al limite della inammissibilità.
1.1. Va altresì evidenziato che il primo giudice aveva già compiutamente affrontato e risolto le questioni sollevate dalla difesa, seguendo un percorso motivazionale caratterizzato da completezza argomentativa e dalla puntualità dei riferimenti agli elementi probatori acquisiti e rilevanti ai fini dell'esame della posizione del ricorrente; di tal che, trattandosi di conferma della sentenza di primo grado, i giudici di seconda istanza, a fondamento del convincimento espresso, legittimamente hanno richiamato anche la motivazione addotta dal Tribunale, senza peraltro mancare di ricordare i passaggi più significativi dell'iter argomentativo seguito dal primo giudice e di fornire autonome valutazioni a fronte delle deduzioni dell'appellante: è principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione ("ex plurimis", Sez. 3, n. 4700 del 14/02/1994 Ud. - dep. 23/04/1994 - Rv. 197497).
2. Nella concreta fattispecie la decisione impugnata si presenta dunque formalmente e sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali forniscono, con argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze probatorie, esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti l'infortunio oggetto del processo. La Corte distrettuale, infatti, dopo aver analizzato tutti gli aspetti della vicenda (dinamica dell'infortunio, posizioni di garanzia, nesso di causalità tra la condotta contestata e l'evento, comportamento della parte lesa) ha spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistente la penale responsabilità degli odierni ricorrenti; ha puntualmente ragguagliato il giudizio di fondatezza dell'accusa al compendio probatorio acquisito, a fronte del quale non possono trovare spazio le deduzioni difensive, per lo più finalizzate a sollecitare una lettura del materiale probatorio diversa e volte ad accreditare un'alternativa generica ricostruzione dei fatti, mediante prospettazioni che risultano formulate in difetto di correlazione con i contenuti della decisione impugnata e si risolvono in mere critiche discorsive a quest'ultima.
3. In particolare quanto alla posizione di L.G. il motivo è generico e manifestamente infondato.
Va premesso che la sua responsabilità è stata ritenuta sulla base della qualità di "Responsabile del procedimento amministrativo" e responsabile dei lavori, figura che nei lavori pubblici rappresenta il committente. Sul responsabile dei lavori incombe, ai sensi del D.P.R. n. 494 del 1996, art. 6, l'obbligo della verifica delle condizioni di sicurezza del lavoro in attuazione dei relativi piani (art. 4 e art. 5, comma 1, lett. a) D.P.R. cit.). Deve ricordarsi che ai sensi del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 7, comma 2, (Regolamento di attuazione della Legge Quadro dei Lavori Pubblici), il Responsabile del procedimento" provvede a creare le condizioni affinché il processo realizzativo dell'intervento risulti condotto nei tempi e costi preventivati e nel rispetto della sicurezza e la salute dei lavoratori, in conformità a qualsiasi altra disposizione di legge in materia. Inoltre, ai sensi dell'art. 8, lett. f) deve coordinare le attività necessarie alla redazione del progetto definitivo ed esecutivo, verificando che siano rispettate le indicazioni contenute nel documento preliminare alla progettazione e nel progetto preliminare, nonché alla redazione del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano generale di sicurezza. Inoltre, ai sensi dell'art. 8, comma 3, vigila sulla attività, valuta il piano di sicurezza e di coordinamento e l'eventuale piano generale di sicurezza e il fascicolo predisposti dal coordinatore per la progettazione.
In sostanza a carico del RUP (responsabile unico del procedimento) grava una posizione di garanzia connessa ai compiti di sicurezza non solo nella fase genetica dei lavori, laddove vengono redatti i piani di sicurezza, ma anche durate il loro svolgimento, ove è previsto che debba svolgere un'attività di sorveglianza del loro rispetto ( Cfr. Sez. 4 -, n. 3742 del 14/01/2020 Ud. (dep. 29/01/2020 ) Rv. 278035 - 01 Sez. 4 n,. 7597 dell'8.11.2013 rv. 259123-01; Sez. 4 n.41993 del 14.06.2011 rv 251925-01; Sez. 4 n. 23090 del 14.03.2008 Rv. 240377).
Orbene, nel caso di specie, come correttamente rilevato dai Giudici di merito, è venuto meno all'adempimento degli oneri gravanti a suo carico. Infatti, come accertato dall'istruttoria dibattimentale, i piani di sicurezza erano carenti in ordine alla predisposizione e alla realizzazione del cantiere e alla sua adeguatezza in corso d'opera non essendo previsto alcuno strumento interdittivo del passaggio di pedoni durante il corso dei lavori nell'immediate adiacenze della recinzione metallica mobile, solo poggiata al suolo. In ogni caso era onere del RUP, in adempimento degli obblighi sopra richiamati, controllare la adeguatezza e il rispetto dei piani di sicurezza alla salvaguardia dell'incolumità dei lavoratori e dei terzi che si trovino in prossimità dell'area di lavorazione nel corso dei lavori. Lo specifico profilo di rischio connesso all'area circostante il cantiere e alla interdizione o comunque regolamentazione del passaggio pedonale concerneva aspetti organizzativi e strutturali del cantiere .
Le Sezioni unite (Sez. U. 24 aprile 2014, Espenhahn, cit.), hanno sottolineato, infatti, che la diversità dei rischi interrompe, separa le sfere di responsabilità. Ed hanno posto l'enunciazione in base alla quale un comportamento è "interruttivo" della sequenza causale non perché "eccezionale" ma perché eccentrico rispetto al "rischio" che il garante è chiamato a governare. Tale eccentricità rende magari in qualche caso (ma non necessariamente) statisticamente eccezionale il comportamento ma ciò è una conseguenza accidentale e non costituisce la reale ragione dell'esclusione dell'imputazione oggettiva dell'evento. Le Sezioni Unite hanno quindi precisato che l'effetto interruttivo del nesso causale può essere dovuto a qualunque circostanza che introduca un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare ( sul punto cfr. Sez. 4, n. 33329 del 05/05/2015, dep. 28/07/2015, Rv. 264365; Sez. 4 n. 123 del 11/12/2018 Ud. (dep. 03/01/2019 ) Rv. 274829 - 01). Nel caso di specie si è accertato che il L.G. ha mancato nelle sue funzioni di verifica delle condizioni di sicurezza del cantiere come allestito in violazione delle prescrizioni del piano di sicurezza ( che prevedeva, che le aree di lavoro fossero delimitate con una recinzione di altezza non minore a quella prevista dal regolamento edilizio realizzata con lamiere grecate sostenute da paletti in legno infissi in terra e che nelle ore notturne l'ingombro delle recinzioni fosse evidenziato con luci di colore rosso a bassa tensione con la collazione di cartelli di segnalazione e avvertimenti in tutti i punti necessari ( fai 9 e 10 sentenza di primo grado).
4. Quanto alla posizione di M.M. in motivi sono generici e aspecifici oltre che manifestamente infondati. I Giudici di merito hanno accertato, tramite l'esame documentale e testimoniale, che il piano di sicurezza e coordinamento poneva quindi specifiche prescrizioni con riferimento al rischio specifico esistente nel cantiere situato in una via di transito continuo di pedoni e che quindi imponeva cautele per la sicurezza non solo dei lavoratori ma soprattutto dei pedoni. L'imputato rivestiva la qualifica di direttore tecnico del cantiere ed era dunque titolare di una autonoma posizione di garanzia in considerazione del suo ruolo dirigenziale e ciò nonostante non ha posto in essere nessuna delle condotte doverose di attuazione delle misure di prevenzione e protezione da adottare sa tutela dei lavoratori e dei terzi che entravano in contatto con il cantiere; pur consapevole dello stato del cantiere e della mancata osservanza del PSC, in quanto era stato fornito dall'Ufficio tecnico del comune, quale strumento di segnalazione solo il nastro adesivo, non ha segnalato la necessaria sospensione dei lavori fino alla realizzazione del condizioni di sicurezza. Pure le deduzioni in ordine alla dimostrazione del nesso causale sono infondate. La sentenza impugnata pone in luce, da un lato, che l'evento fu determinato dalla mancata vigilanza e dal mancato rispetto proprio delle prescrizioni di sicurezza previste dal PSC per evitare il rischio caduta da parte degli abitanti che, necessariamente, anche in ore notturne dovevano uscire dalle abitazioni e transitare nella strada in corso di ripavimentazione poiché anche i marciapiedi era in lavorazione ( fai 12 sentenza di primo grado); e dall'altro che l'imputato aveva il compito istituzionale di vigilare sulla sicurezza del cantiere. Da tale valutazione la pronunzia desume l'esistenza, con evidenza, sia della colpa che del nesso causale. A tale ultimo riguardo l'esposizione postula in modo implicito ma vigoroso l'esistenza del nesso condizionalistico. Infatti, si desume dal ragionamento probatorio, che se gli imputati avessero esercitato le funzioni istituzionali di vigilanza e direzione, nel rispetto delle prescrizioni del PSC, le lavorazioni certamente non si sarebbero svolte nel modo deprecato esposto in motivazione: sarebbero state cioè adottate da parte dei lavoratori dipendenti misure precauzionali volte proprio ad evitare il rischio di investimento.
5. Manifestamente infondata l'eccezione processuale avanzata da Giuseppe CH.G. con il primo motivo di ricorso. Dalla lettura degli atti emerge, infatti, che all'udienza del 16 gennaio 2019, il difensore di fiducia di CH.G. così come l'imputato erano assenti e il sostituto difensore, nominato ex art. 97 c.p.p., non ha sollevato alcuna questione, sanando così la nullità relativa, riguardante il termine di comparizione dell'imputato di cui all'art. 601 comma 3 cod.proc.pen., che doveva essere rilevata, ai sensi dell'art. 181 comma 3 cod.proc.pen., subito dopo l'accertamento della costituzione delle parti ( sul punto la Corte d'appello di Caltanisetta ha pronunciato una apposita ordinanza il 4.02.2019).
5.1. Il secondo motivo del ricorso del CH.G. è inammissibile per genericità e aspecificità, in quanto non si confronta con le argomentazioni della Corte d'appello che ha dunque dimostrato di avere criticamente esaminato e valutato i contenuti della motivazione della sentenza di primo grado, facendoli propri, all'esito di una accurata analisi.
Del resto, è nota in giurisprudenza la possibilità di procedere all'integrazione delle sentenze di primo e di secondo grado, così da farle confluire in un corpus unico, cui il giudice di legittimità deve fare riferimento (Cass., Sez. 6, n. 26996 del 8-5-2003), a condizione che le due pronunce abbiano adottato criteri omogenei e un apparato logico-argomentativo uniforme (Cass., Sez. 3, n. 10163 del 1-2-2002, Lombardozzi). Il coordinatore per la sicurezza del cantiere aveva lo specifico compito di controllare l'applicazione del PSC, cosa che ha omesso del tutto, risultando provato che, almeno nell'occasione del sopralluogo del 26.05.2011, non aveva evidenziato nessuna delle palesi difformità che caratterizzavano il cantiere che è sempre risultato privo di segnalazioni adeguate e di luci notturne (fol 12 sentenza di primo grado).
6. Va infine ribadito che l'inammissibilità dei ricorsi per cassazione preclude la possibilità di rilevare d'ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 609 comma secondo, cod. proc. pen., l'estinzione del reato per prescrizione maturata in data successiva alla pronuncia della sentenza di appello, in quanto l'art. 129 cod. proc. pen. non riveste una valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilità, attribuendo al giudice dell'impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che ·presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione.
7. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 a favore della Cassa delle ammende oltre alla rifusione in solido delle spese in favore della parte civile liquidate come indicato nel dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende oltre alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile V.G. che liquida in complessivi euro tremila accessori come per legge.
Così deciso il 27.01. 2021