Cassazione Penale, Sez. 4, 17 dicembre 2021, n. 46143 - Investimento della lavoratrice da parte del carrellista che procede a marcia avanti con visibilità ridotta
Fatto
l. Con sentenza del 5 febbraio 2020 la Corte di Appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale di Udine, con cui R.B., è stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 590, commi l A , 2A cod. pen., per avere, nella sua qualità di delegato alla sicurezza dei luoghi di lavoro della Faber Industrie S.p.a, con colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia e nella violazione degli art. 63, comma 1 e 54 comma l lett. a), cagionato a G.G. lesioni personali consistite in lesioni di attrito alle caviglie, da cui era derivata una malattia della durata di giorni ottantacinque. In particolare, a R.B., originariamente imputato a titolo di cooperazione colposa con G.B. -assolto in primo grado- è stato ascritto di non avere curato che le linee di circolazione e di collegamento fra i vari reparti produttivi fossero conformi ai requisiti indicati nei punti 1.4.1., 1.4.3. e 1.4.4. dell'allegato IV del d. lgs. 81/2008, così non garantendo ai pedoni lo spazio sufficiente al loro transito, in presenza della circolazione di mezzi di trasporto, ciò consentendo, anche per la presenza di bancali di bombole depositati lungo il percorso, l'investimento della persona offesa, immessasi sulla corsia pedonale, da parte del carrello elevatore condotto da G.B., che procedeva a marcia avanti con visibilità ridotta, anziché a marcia indietro, come prudenzialmente richiesto dalla situazione.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste propone ricorso R.B,, a. mezzo del suo difensore, affidandolo a tre motivi.
3. Con il primo fa valere il vizio di motivazione sotto il profilo dell'illogicità e del travisamento della prova documentale, per avere la Corte di appello fondato l'accertamento delle modalità di accadimento del sinistro sulla base della ricostruzione dello stato dei luoghi da parte del tecnico della ASL, nonostante ad essa si sia pervenuti attraverso la ricollocazione nel corso del sopralluogo dei bancali depositati lungo il percorso, spostati successivamente all'infortunio, sulla base di indicazioni ricevute da terzi. Osserva in primo grado che dall'esame del tecnico ASL B. non è emerso con certezza chi avesse indicato il luogo ove si trovavano i bancali al momento dell'infortunio avendo questi prima affermato che la segnalazione proveniva dall'imputate G.B. e successivamente da non meglio identificati testi, che si trovavano sul posto. Nondimeno, una simile rappresentazione sul posizionamento a terra dei bancali di bombole non è ricavabile dalle dichiarazioni spontanee rese da B. all'udienza del 21 febbraio 2017, né traspare dalla testimonianza del teste G. operante presso il locale Commissariato di Polizia - che ha riferito di un percorso non rettilineo ma a doppia curva, nè da quella della persona offesa che ha sostenuto di non ricordare precisamente il luogo di posizionamento delle bombole. Esamina la raffigurazione dei luoghi come risultante dalle fotografie scattate dal tecnico B., dopo la ricollocazione dei pianali di bombole, ponendole in relazione con quella scattata dal consulente di parte, che ritrae il tratto senza ingombri (tutte incorporate nel ricorso). E dal loro confronto ricava la dimostrazione che il carrello elevatore, diversamente da come ritenuto dal giudice dì merito, si trovava nella corsia di sua competenza e non su quella riservata ai pedoni. Assume che la sottoposizione al giudice di legittimità delle risultanze probatorie non è rivolta alla loro rivisitazione, tendendo, invece, a rimarcare che l'incertezza sullo scenario -derivante dal riposizionamento dei bancali da parte del tecnico ASL- rende dubbio l'accertamento e finisce per travolgere il giudizio di colpevolezza dell'imputato, non avendo peraltro, mai la persona offesa sostenuto di essere stata travolta per la presenza dei bancali depositati a terra.
4. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione, sotto il profilo della manifesta illogicità . Ricorda che il giudice di primo grado ha assolto il carrellista G.B., con la formula 'perché il fatto non costituisce reato' ritenendo che al medesimo non potesse ascriversi di avere tenuto una condotta imprudente per avere condotto il mezzo a marcia avanti, anziché a marcia indietro, come prescritto dalle norme di sicurezza sui carrelli elevatori per l'ipotesi di scarsa visibilità , essendo risultato che il medesimo fosse nella condizione di vedere oltre il carico trasportato. Andando di contrario avviso, invece, la Corte di appello, pur prendendo atto dell'irrevocabilità della decisione sul punto, ha ritenuto connotata da imprudenza la condotta del carrellista, per avere proceduto con l'avanzamento, benché l'ingombro rappresentato dal carico del mezzo non gli permettesse di avere la piena visibilità del percorso. Sostiene che il riflesso di una simile diversa valutazione non è stato portato dal giudice di secondo grado alle conclusioni che gli sono proprie. Ed invero, anche laddove si ammettesse che la presenza dei bancali a terra aveva costretto il carrellista a stringersi verso la corsia destinata ai pedoni, nondimeno, non potrebbe contestarsi che se egli avesse proceduto a marcia indietro avrebbe potuto vedere la persona offesa, evitando di travolgerla. Sostiene che una simile circostanza incide sul profilo causale, rendendo irrilevante la presenza dell'ingombro sul percorso, posto che l'incidente si sarebbe comunque verificato, tenuta in considerazione: la ristrettezza oggettiva delle corsie, l'avere il carrellista proceduto a marcia avanti e l'essersi l'infortunata immessa frettolosamente nella corsia, senza verificare il sopraggiungere di mezzi meccanici. Sottolinea l'incoerenza della motivazione che, pur dando conto dell'imprudenza del carrellista, non individua il contributo causale di ciascuna delle condotte coinvolte (e precisamente il non avere predisposto linee di circolazione tali da garantite ai pedoni la distanza di sicurezza dai mezzi di trasporto e non avere prudenzialmente condotto il carrello elevatore, addebitati a G.B. e R.B. a titolo di cooperazione colposa). Osserva che dalla sentenza impugnata si evince un ridimensionamento dei profili di colpa ascritti al ricorrente, essendo risultato che nessuna modifica degli spazi e delle delimitazioni si è resa necessaria a seguito delle prescrizioni impartite dagli organi di controllo, se non il tracciamento di una seconda striscia di divisione fra percorso veicolare e pedonale. Sicché, cadute le contestazioni di colpa specifica per violazione delle misure previste dall'Allegato IV, di cui all'imputazione, la collocazione di un ingombro sul percorso rileva solo a titolo di colpa generica. Siffatta condotta. tuttavia, non è stata posta a carico del ricorrente con l'imputazione, né nel corso del giudizio, essendo la collocazione dei bancali emersa solo dalla testimonianza del tecnico B.. Osserva ancora che la presenza delle delimitazioni delle corsie non rappresenta una misura solo dissuasiva e non impeditiva, mentre è tale la marcia indietro nelle ipotesi di mancanza di visibilità. Invero, l'evento si è prodotto non a causa della -mai riconosciuta - presenza dei bancali sui percorso, ma perché G.B. procedendo a marcia avanti, anziché a marcia indietro, non ha avvistato la persona offesa, a causa della compromissione della visibilità, dovuta all'altezza del carico trasportato. In nessun modo, dunque, la presenza dei bancali ha agevolato la decisione. del carrellista di muoversi a marcia avanti , anziché a marcia indietro. E' proprio questa, nondimeno, la questione che la Corte territoriale non risolve, e cioè se i residuali profili di colpa addebitati a R.B. autonomamente ed indipendentemente da un concorso di colpa ormai scomparso dalla scena processuale siano idonei causalmente a provocare l'evento lesivo".
5. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell'art. 53, comma 2, l. 689/81, per non avere la Corte di appello espressamente argomentato in ordine al rigetto dell'istanza di sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria, non potendo la motivazione rinvenirsi nelle ragioni della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, negate per la sussistenza di precedenti penali, non ostativi all'accoglimento della richiesta formulata. Conclude per l'accoglimento del ricorso.
6. All'udienza odierna si é proceduto a trattazione orale secondo la disciplina ordinaria, in virtù del disposto dell'art. 7 c. 2, decreto legge 23 luglio 2021 n. 105 entrato in vigore in pari data.
Diritto
1. Il ricorso deve essere accolto.
2. Il primo motivo è inammissibile.
2.1 Nonostante la premessa introduttiva della doglianza precisi che essa non è rivolta ad ottenere , in questa sede, la rivisitazione del quadro probatorio, ma solo a mettere in evidenza che l'accertamento sullo stato dei luoghi non può reggersi sulla base di una ricostruzione postuma da parte di C.B., tecnico intervenuto per conto della ASL- se non è chiarita la fonte dalla quale egli ha ricevuto le informazioni per procedervi, vi è che il suo contenuto si risolve proprio nella richiesta di ripercorrere e rivalutare le prove su cui si fonda la sentenza. Tanto è vero che il ricorso riprende -ancorché parzialmente ed in modo strettamente utilitaristico- le dichiarazioni testimoniali dalle quali risulterebbe l'assenza di conforto probatorio in ordine a quanto riferito dal teste C.B., giungendo sinanco a commentare l'esitazione da questi mostrata o le minime incertezze mostrate dalla parte offesa nel corso del suo esame, E pretende, altresì, che questo giudice dì legittimità operi un confronto fra le fotografie scattate dal tecnico nel corso del sopralluogo e quelle scattate dal consulente dì parte per dimostrare le dimensioni dell'ingombro del carrello rispetto agli spazi di manovra, senza, peraltro, chiarire con esattezza lo scopo del raffronto, posto che i giudici di merito danno per scontato che proprio la presenza dei bancali di bombole a terra abbia costretto il conducente del carrello a 'stringere' verso la corsia pedonale.
2.2 Si richiede, dunque, sostanzialmente un nuovo vaglio del compendio probatorio, non consentito a queste Corte di legittimità (per tutte e da ultimo "In tema di giudizio di cassazione, sono preclusi al giudice dì legittimità la rilettura degli elementi dì fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito" Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 11/02/2021 F. Rv. 280601).
3. Il secondo motivo è fondato.
3.1 Il ragionamento su cui si basa la sentenza impugnata è intrinsecamente illogico, posto che valutando la condotta del carrellista come connotata da imprudenza -diversamente dal primo giudice che assolve l'operaio con la formula perché il fatto non costituisce reato- attribuisce alla sua decisione di procedere a marcia avanti - anzichè a marcia indietro come avrebbe dovuto, seguendo la prassi più diligente- ruolo causale diretto, senza la quale l'evento non si sarebbe prodotto. La Corte, infatti, afferma che il carrellista avrebbe potuto prevedere l'immissione di un pedone nella corsia riservata alla circolazione dei mezzi, ma procedendo a marcia avanti non avrebbe potuto evitare l'investimento della lavoratrice, per la scarsa visibilità che siffatta conduzione assicurava sul tragitto. Solo su questa base, e cioè dando per scontata l'illogicità della sentenza di primo grado nella parte in cui non attribuisce significato eziologico al comportamento del carrellista, il giudice di secondo grado afferma la responsabilità del dirigente per non avere curato di assicurare uno spazio sufficiente alla circolazione di mezzi e pedoni, costringendo il carrellista a portarsi a ridosso del passaggio destinato ai pedoni, per la presenza di un bancale di bombole.
4. Per comprendere le ragioni della contraddittorietà della motivazione della Corte territoriali, occorre seguirne il ragionamento. Il giudice di secondo grado, facendo riferimento alle condotte addebitate a R.B. , richiama dapprima il contenuto dei punti 1.4.1, 1.4.3. ed 1.4.4 dell'Allegato IV al d. lgs. 81/2008, precisando che le vie di circolazione debbono essere 'calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio' (1.4.1.); che qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente' ed infine che 'Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale'. Indi precisa che, come correttamente rilevato dal ricorrente, la larghezza dello spazio riservato ai pedoni non è stata modificata a seguito delle prescrizioni del Dipartimento di Prevenzione e sicurezza, impartite dopo il sopralluogo, essendo stata imposta solo la segnalazione della separazione fra spazio riservato ai veicoli e spazio riservato ai pedoni con una doppia linea gialla, anziché con una singola, qual'era al momento del sinistro. E, conclude che per rendere sicuro lo spazio riservato ai pedoni non solo era necessario renderlo più visibile, ma anche tenere sgombra da ogni deposito la corsia destinata ai mezzi, in modo da consentire alle persone di muoversi in uno spazio non promiscuo.
5. Nondimeno, a prescindere dalla constatazione, sottolineata dai ricorrente, secondo cui la segnalazione dello spazio destinato ai pedoni con doppia linea gialla non ha valore di per sé impeditivo ma solo dissuasivo del comportamento rischioso del dipendente, va rilevato che, invece, proprio nella ricostruzione della Corte territoriale la conduzione a marcia indietro del mezzo avrebbe ragionevolmente evitato l'evento, consentendo al carrellista di avvedersi del sopraggiungere della lavoratrice infortunata e del suo immettersi nella corsia riservata alla circolazione dei mezzi.
6. Ora, posto che la contestazione del reato è stata addebitata a titolo di cooperazione colposa, al carrellista per non avere proceduto a marcia indietro, come previsto dalla prassi, per il caso di visibilità impedita dal carico trasportato, ed al dirigente per non avere previsto uno spazio di passaggio per i pedoni sufficientemente ampio, posto altresì che, secondo la stessa sentenza impugnata, la corsia riservata ai pedoni è risultata conforme, quanto a larghezza, alle previsioni normative, il giudice di secondo grado, che ascrive all'imputato di non avere tenuto sgombra la via di circolazione, avrebbe dovuto, proprio nella sua prospettazione, quantomeno chiarire in che modo la presenza di bancali abbia agevolato la sua decisione di procedere a marcia avanti, anziché indietro.
6.1 La Corte territoriale, invece, pur mutando avviso rispetto al primo giudice, ritenendo imprudente e quindi colposa, la condotta di G.B. per essersi mosso in avanti, senza avere la visuale necessaria, ma dovendo comunque muovere dalla considerazione che il suo comportamento era conforme alle regole, essendo la statuizione di primo grado sul punto coperta da giudicato, omette di completare il ragionamento e cioè di chiedersi se la condotta ascritta a B, consistita nel non tenere sgombra la via, in assenza di concorso di colpa, fosse idonea da sola a provocare il sinistro.
7. L'intrinseca contraddittorietà delle argomentazioni della decisione gravata ne impone l'annullamento con rinvio per nuovo giudizio.
8, Va, in ogni caso affrontato il terzo motivo, che merita accoglimento.
9. La Corte territoriale infatti, pur dando conto della proposizione della doglianza relativa alla richiesta di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria, ai sensi dell'art. 53 l. 689/1981, omette di dare qualsivoglia risposta.
9.1 Ora, questa stessa Sezione ha ritenuto che incorre nel vizio di motivazione e nella violazione degli artt. 53 e 58 della legge 24 novembre 1981, n. 689, il giudice di secondo grado che, investito di motivi d'appello con i quali si chiede la conversione della pena detentiva breve in pena pecuniaria ex art. 53 della stessa legge, non fornisca adeguata motivazione in merito alla mancata conversione. (Sez. 4, n, 46434 del 21.09.2018, A. Rv. 273932; in precedenza Sez. 3 n. 37814 del 6.6.2013, Zicaro Romenelli Rv 256979; Sez. 6 n. 786 del 12.12.2006, dep. 16.1.2007, Moschino Rv 235608).
Né può ritenersi, carne correttamente sostenuto dal ricorrente, che le ragioni poste a fondamento del diniego delle circostanze attenuanti generiche possano coprire la lacuna motivazionaie in ordine al motivo devoluto con l'appello, posto che seppure il disposto dell'art. 58 della l. 689/1981 rimanda ai criteri indicati nell'art. 133 cod. pen. è necessario che il giudice espliciti le ragioni per cui ritiene di non poter provvedere alla conversione, ritenendo la pena detentiva più idonea al reinserimento sociale del condannato.
10. La sentenza deve, pertanto essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello dì Trieste per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Trieste, altra sezione, per nuovo giudizio.
Così deciso il 15/09/2021