Cassazione Penale, Sez. 4, 08 giugno 2021, n. 22254 - Infortunio durante la pulizia dell'impianto di produzione di conglomerati bituminosi e responsabilità di datore di lavoro e RSPP
Fatto
1. Con sentenza del 28 settembre 2016, il Tribunale di Lecce ha condannato E.F. e F.M. alla pena, condizionalmente sospesa, di euro duemila di multa ciascuno nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile M.G. in relazione al reato di cui agli artt. 113, 590, comma terzo, cod. pen. e 28, commi 1 e 2, lett. a), b), c) ed), d.Lgs. n. 81 del 2008, per avere, il primo in qualità di datore di lavoro della ditta Leadri s.r.l. ed il secondo in qualità di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione della suddetta società, per negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza delle norme sulla prevenzione infortuni sul lavoro cagionato a M.G., dipendente della ditta, lesioni consistite in trauma da schiacciamento, ferita lacero contusa alla mano sinistra e l'amputazione della mano destra (secondo, terzo e quarto dito); in particolare, accadeva che, avendo la società omesso, nel Documento di Valutazione dei Rischi, di valutare i rischi correlati alla fase di pulizia dell'impianto di produzione di conglomerati bituminosi, durante l'esecuzione dei lavori di pulizia dell'impianto, il M.G., adibito alle mansioni di autista di camion e palista movimento terra, effettuato lo scarico del bitume, procedeva in retromarcia e nell'effettuare tale operazione la parte anteriore della cabina rimaneva incastrata alla traversa metallica di sostegno della struttura dell'impianto, così salendo in cabina il M.G. toccava la trave per sboccarla e questa si liberava istantaneamente procurando allo stesso le suddette lesioni - in Sternatia il 3 novembre 2010).
In data 3 novembre 2010, alle ore 7.30 circa, M.G., nella sua qualità di dipendente della Leadri s.r.l. con mansioni di autista di camion e palista movimento terra, si trovava in Sternatia presso l'impianto conglomerati bituminosi della società, alla guida di una pala meccanica gommata.
Per compiere l'operazione di scarico del bitume residuo, il M.G. collocava il bicchiere della pala meccanica poco al di sotto delle bocchette di scarico delle tramogge dell'impianto stesso, mentre G.A., operatore in cabina di controllo dell'impianto, consentiva lo scarico di detto bitume. Il M.G. si posizionava con la cabina della pala meccanica sotto l'impianto stesso; terminata l'operazione di scarico, procedeva in retromarcia, ma la parte anteriore della cabina rimaneva incastrata nella traversa metallica delimitante l'altezza del passaggio.
Il M.G. riferiva di essere salito sulla cabina per constatare l'accaduto; stante il pericolo (a suo dire l'impianto "tremava tutto"), toccava la trave con le mani, nel tentativo di disincastrare il mezzo. La trave - forse perché in trazione - si liberava istantaneamente, procurando le lesioni suindicate. Il M.G. aggiungeva che, per compiere tale operazione, era abitualmente usata un'altra pala meccanica gommata leggermente più piccola, non disponibile quel giorno.
Il Tribunale ha ritenuto che, anche a voler seguire la diversa ricostruzione della dinamica del sinistro prospettata dal geom. G.G., consulente tecnico dell'E.F., poteva giungersi alle medesime valutazioni, rilevando che l'infortunio non si sarebbe verificato se fossero stati valutati i rischi lavorativi di detta fase e la relativa procedura per poter eseguire i lavori in sicurezza. Ove il datore di lavoro e il RSPP avessero individuato i rischi connessi allo scarico del bitume residuo dell'impianto di produzione di conglomerati, codificando le procedure da adottare ed avessero inibito per detta fase l'utilizzo di pale meccaniche gommate aventi un ingombro quale quella in concreto impiegata dal M.G., mettendone a disposizione una di minori dimensioni, l'infortunio non si sarebbe verificato. La condotta del lavoratore non era incongrua, in quanto la condotta omissiva e l'evento causato erano riconducibili proprio all'area di rischio tipica della prestazione lavorativa. Una adeguata valutazione del rischio deve prevedere il pericolo insito nella lavorazione o nell'ambiente di lavoro, non genericamente, ma in relazione alla casistica concretamente verificabile.
Il DVR adottato dalla Leadri s.r.l. non rispettava il principio di specificità, perché non consentiva di adottare le misure preventive conseguenti né di formare adeguatamente i lavoratori a riconoscere le situazioni di pericolo per la loro sicurezza, non indicando come affrontare la fase citata. Il datore di lavoro non aveva verificato la completezza e l'efficacia del DVR.
2. La Corte di appello di Lecce, in riforma della sentenza del Tribunale di Lecce, ha assolto l'E.F. e il F.M. dal reato loro ascritto, perché il fatto non sussiste.
La Corte territoriale ha rilevato che il DVR aveva preso in esame le tre fasi lavorative che si svolgevano presso l'unità produttiva costituita dall'impianto di produzione di conglomerati bituminosi (punto 10.8.). A differenza di altre unità produttive, non era prevista una specifica fase relativa a lavori di pulizia e manutenzione.
Il DVR descriveva nella prima fase lavorativa di Carico impianto bitume, alla quale erano addetti con ruoli di palisti C.A., M.G. e S.M., come segue: il caricamento dell'impianto, consistente nel versare con gli autocarri gli inerti delle varie pezzature nelle tramogge e nel riempire i serbatoi col bitume da utilizzarsi nelle fasi di confezionamento del conglomerato bituminoso. I mezzi utilizzati per eseguire questa fase lavorativa erano indicati in autocarri e escavatore/pala. Nella seconda fase lavorativa (cd. Centrale di controllo), l'unico addetto era G.A.. Infine, la terza fase lavorativa (denominata Distribuzione prodotto finito) si svolgeva nel reparto zona di distribuzione e consisteva nella distribuzione del prodotto finito avviene attraverso gli autocarri che si alternavano nell'impianto, per poi dirigersi sui cantieri richiedenti il conglomerato bituminoso preparato. In tale fase, i dipendenti presenti erano C.A., P.P., P.M., S.G. I soli elementi necessari indicati per la esecuzione della fase lavorativa erano gli autocarri.
In base alle dichiarazioni rese dal M.G., da G.A. e da altri lavoratori, l'infortunio si era verificato durante l'ultima fase lavorativa, di raccoglimento con la pala meccanica del residuo della lavorazione e del materiale di scarto (conglomerato che, solidificandosi, sarebbe stato difficilmente rimuovibile dall'impianto), per destinarli allo smaltimento; inoltre, era eseguita più volte nel corso della giornata lavorativa. La difesa considerava tale fase era autonoma, ma simile alla fase di Distribuzione del prodotto finito, consistendo nella distribuzione del conglomerato residuo e in eccesso su autocarri per trasportarlo in apposite aree di stoccaggio.
Dal DVR emergeva che, in relazione ad altre Unità produttive, era prevista una particolare fase lavorativa - cd. "lavori che riguardano la manutenzione e pulizia ordinaria dell'impianto di frantumazione" - con indicazione di dipendenti interni addetti allo svolgimento della fase lavorativa. Dunque, in relazione ad altri impianti, il DVR prendeva in esame specificatamente detta fase di lavoro, mentre ciò non avveniva, con riguardo all'impianto di produzione dei conglomerati bituminosi.
Anche a voler considerare impropria la definizione di questa fase lavorativa come fase di pulizia dell'impianto, essendo più confacente considerarla fase di scarico del materiale residuo e di trasporto in luoghi di stoccaggio (come sostenuto dal C.T. geom. G.G.), la stessa non poteva essere assimilata né alla fase di "Carico impianto bitume", relativa alla fase lavorativa opposta a quella in esame né a quella successiva di Distribuzione del prodotto finito.
Se ( come sostenuto dalla difesa) la fase lavorativa durante la quale si verificava l'infortunio lesivo in danno del M.G. fosse stata assimilabile a quella riguardante la distribuzione del prodotto finito, in base al DVR, il lavoratore non avrebbe dovuto prendervi parte, né potevano essere usate pale meccaniche. Il DVR, infatti, individuava come dipendenti presenti e addetti C.A., P.P., P.M. e S.G. e l'autocarro, come unico elemento necessario alla realizzazione della lavorazione.
Il teste G.G. precisava che i dipendenti non avevano ricevuto indicazioni in merito allo svolgimento di tale fase lavorativa e alle precauzioni da adottare dal datore di lavoro e nei corsi di formazione. Il datore di lavoro e il RSPP non avevano considerato nel DVR, ai fini della normativa antinfortunistica e di prevenzione, la fase lavorativa in questione, da sempre svolta in azienda, e ontologicamente distinta dalle altre. In conseguenza di ciò, i lavoratori addetti a tale fase, in primis l'infortunato, non erano stati formati e preparati con riguardo a questa specifica attività lavorativa. In ogni caso, secondo la Corte di appello, l'operazione attuata dal M.G. in occasione dell'infortunio era imprevedibile e non evitabile da parte dei titolari delle posizioni di garanzia. In base al DVR, il M.G. non doveva essere impiegato per lo svolgimento della fase lavorativa relativa alla distribuzione del prodotto finito, sicché non aveva ricevuto una formazione specifica sul punto (peraltro, la difesa, che pro vava la frequenza dei corsi di formazione organizzati dal datore di lavoro da parte del M.G., non provava i contenuti della formazione stessa resa ai singoli lavoratori dalla ditta Leadri s.r.l.).
Tuttavia, pur non essendo assimilabile la fase lavorativa in questione ad altre previste dal DVR per l'unità produttiva costituita dall'impianto di produzione di conglomerati bituminosi, l'infortunio si verificava in relazione all'utilizzo della pala meccanica nell'esercizio da parte del lavoratore delle sue specifiche mansioni.
In virtù della disciplina generale del D. Lgs. n. 81 del 2008 e delle prescrizioni di dettaglio previste in relazione ad altre fasi lavorative della medesima attività produttiva, le quali certamente sarebbero state tenute presenti nel valutare, esaminare e disciplinare la fase lavorativa in esame, il lavoratore non avrebbe dovuto assumere una condotta così gravemente imprudente, ossia quella di tentare un intervento manutentivo, come sopra descritto, così pericoloso, che non gli competeva, e, peraltro, del tutto imprevedibile da parte dei soggetti titolari di posizioni di garanzia. Del resto, il M.G. non aveva ricevuto una specifica formazione rispetto alla fase lavorativa non prevista nel DVR, ma aveva seguito i corsi di formazione organizzati dal datore di lavoro, per cui aveva ricevuto almeno una generica formazione in materia infortunistica e preventiva e una specifica formazione in ordine alle mansioni di palista in concreto svolte, sicché era in condizioni di sapere di non dover assumere iniziative del genere in qualunque contesto e fase lavorativa.
Il M.G. aveva ricevuto una formazione di base antinfortunistica, anche specifica rispetto alle mansioni di palista svolte, idonea a consentirgli di agire, nella situazione di pericolo creatasi nello svolgimento delle sue mansioni tipiche, in modo da evitare un eventuale infortunio (sarebbe bastato spegnere la pala meccanica, uscire dal mezzo e fare intervenire il personale specializzato in interventi manutentivi, senza assumere iniziative dirette sull'impianto e sul mezzo). La condotta del lavoratore esu lava da ogni previsione di pericolo di evento infortunistico da parte dei due imputati.
3. La parte civile M.G., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione di legge e vizio di motivazione.
Si deduce che la Corte di appello di Lecce ha giustamente condiviso la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva censurato la mancanza di aggiornamento del DVR con riferimento all'impianto di produzione del conglomerato bituminoso.
Il G.G., infatti, precisava che il datore di lavoro non aveva mai fornito loro indicazioni in merito allo svolgimento di tale fase lavorativa e alle precauzioni da adottare, nonostante tale fase venisse praticata da sempre. Nei corsi sulla sicurezza, i dipendenti non avevano ricevuto indicazioni in proposito. Persino il G.G., consulente di difesa, riferiva che il DVR non trattava la fase di pulizia scarico del materiale bituminoso e non conteneva indicazioni specifiche sui rischi correlati alla fase di lavorazione in contestazione.
Il datore di lavoro e il responsabile alla sicurezza avrebbero dovuto indicare in modo specifico i fattori di pericolo presenti in azienda e le misure da adottare in tema di prevenzione e sicurezza nonché provvedere alla formazione dei lavoratori. Non era condivisibile la successiva parte della sentenza impugnata, laddove si è addentrata nella questione dell'imprevedibilità ed inevitabilità da parte degli imputati della condotta posta in essere dal M.G., discostandosi completamente da quanto affermato dal Tribunale e apparendo contraddittoria rispetto agli assunti suesposti.
Il 3 novembre 2010, il M.G. era stato chiamato in ditta per sostituire un operaio ammalato alla guida della pala meccanica VA420 - più grande della VA380 usualmente adoperata, che nell'occasione era guasta - per caricare il bitume di risulta scaricato da un silos: doveva porsi sotto il tunnel dell'impianto secondo le indicazioni fornitegli dall'impiantista G.G. per caricare il materiale di scarto. L'impiantista G.G. confermava le modalità del fatto descritte dal M.G. e definiva l'operazione come routinaria, ma non trattata nei corsi per la sicurezza.
Il M.G. non aveva mai utilizzato la pala dalle dimensioni più grandi e aveva seguito le indicazioni dategli dall'impiantista che coordinava l'entrata e l'uscita dalla zona di carico; era impreparato sulla sicurezza di quella fase lavorativa. Pertanto, non sapendo cosa fare, anche per paura di un pericolo imminente (visto che "tutto vibrava"), tentava di disincastrare la trave dalla cabina del mezzo. I responsabili avevano sempre permesso l'esecuzione di tale fase lavorativa senza una previsione nel DVR e senza predisporre adeguate misure di sicurezza. In caso di adeguata istruzione del M.G. sul da farsi in casi simili e di adozione delle misure di sicurezza, il sinistro non sarebbe avvenuto. Non sarebbe uscito dalla cabina, avrebbe chiamato qualcuno, avrebbe spento il motore del mezzo o il danno sarebbe stato bloccato da idonee misure dì sicurezza. L'evento verificatosi era prevedibile ed evitabile: il rischio non esorbitava dalla sfera di controllo dei titolari della posizione di garanzia.
I responsabili non consideravano che la pala meccanica più alta poteva incastrarsi, prima o poi, in un elemento dell'impianto e continuavano a far eseguire la predetta fase lavorativa senza previsioni di sicurezza. E' punibile il datore di lavoro qualora l'infortunio derivi direttamente della mancata adozione di misure di sicurezza che costringe il lavoratore a "sistemare" il danno a suo modo e con interventi di sua iniziativa. L'eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare efficacia esimente per i soggetti aventi l'obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia infortunistica.
4. Nella memoria difensive gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, chiedono dichiararsi l'inammissibilità del ricorso, in quanto si risolve in una mera manifestazione di generico dissenso ed introduce circostanze fattuali nuove.
L'infortunio si verificava a causa di una condotta del lavoratore inopinabile ed esorbitante dal procedimento di lavoro, al quale era addetto. Si trattava di una condotta manutentiva che esulava dalle competenze di quel lavoratore e assegnata al personale specializzato, del quale l'azienda era dotata. Il M.G. aveva ricevuto una formazione antinfortunistica specifica rispetto alle mansioni di palista che svolgeva e, quindi: a) spegnere la pala meccanica; b) uscire dal mezzo; c) far intervenire il per sonale specializzato senza assumere iniziative scriteriate.
Diritto
1. Il ricorso è fondato.
2. Va premesso che, in tema di infortuni sul lavoro, grava sul datore di lavoro una specifica posizione di garanzia in virtù della quale egli è tenuto ad evitare che si verifichino eventi lesivi dell'incolumità fisica dei lavoratori intrinsecamente connaturati all'esercizio di talune attività lavorative.
Il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, ha l'obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod. civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro (Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014, dep. 2015, Ottino, Rv. 263200; Sez. 4, n. 20595 del 12/04/2005 Castellani, Rv. 231370). Ne deriva che il titolare della posizione di garanzia è tenuto a valutare i rischi e a prevenirli tanto che la sua condotta non è scriminata, in difetto della necessaria diligenza, prudenza e perizia, nemmeno a fronte di eventuali responsabilità dei lavoratori (Sez. 4, n. 22622 del 29/04/2008, Barzagli, Rv. 240161).
La giurisprudenza ha sottolineato altresì il dovere non delegabile del datore di lavoro, di eseguire la valutazione dei rischi.
In tema di prevenzione degli infortuni, infatti, il datore di lavoro è tenuto a redigere e a sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all'interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata (Sez. 4, n. 27295 del 02/12/2016, dep. 2017, Furlan, Rv. 270355; Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016, Serafica, Rv. 267253).
Il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell'infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore che, nell'espletamento delle proprie mansioni, ponga in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi, né l'adempimento di tali obblighi è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore (Sez. 4, n. 8163 del 13/02/2020, Lena, Rv. 278603, in tema di riconoscimento della responsabilità del datore di lavoro per la morte di un lavoratore, ascrivibile al non corretto uso di un macchinario dovuto all'omessa adeguata formazione sui rischi del suo funzionamento; Sez. 4, n. 49593 del 14/06/2018, T., Rv. 274042).
Inoltre, si è affermato che, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 5794 del 26/01/2021, Chierichetti, Rv. 280914, in fattispecie in cui la Corte ha escluso l'abnormità della condotta del lavoratore, deceduto per essere rimasto intrappolato nella bobina di una macchina per la lavorazione di tessuti, priva di dispositivi di protezione atti a eliminare il rischio di trascinamento e intrappolamento, ritenendo priva di rilievo nell'eziologia dell'evento l'assunzione da parte del lavoratore di farmaci a base di benzodiazepine, idonei a produrre depressione del sistema nervoso centrale; Sez. 4, n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, Musso, Rv. 275017, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la responsabilità del datore di lavoro per le lesioni riportate da un lavoratore che, per sbloccare una leva necessaria al funzionamento di una macchina utensile, aveva introdotto una mano all'interno della mac china stessa anziché utilizzare l'apposito palanchino di cui era stato dotato; Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa, Rv. 269603).
Pertanto, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242, in fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro in quanto la mancata attuazione delle prescrizioni contenute nel Pos e la mancata informazione del lavoratore avevano determinato l'assenza delle cautele volte a governare anche il rischio di imprudente esecuzione dei compiti assegnati al lavoratore infortunato).
Questa Corte ha altresì precisato che non integra il "comportamento abnorme" idoneo a escludere il nesso di causalità tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l'evento lesivo o mortale patito dal lavoratore il compimento da parte di quest'ultimo di un'operazione che, seppure inutile e imprudente, non risulta eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell'ambito del ciclo produttivo (Sez. 4, n. 7955 del 10/10/2013, dep. 2014, Rovaldi, Rv. 259313, fattispecie di amputazione di una falange ungueale subita dal dipendente di un panificio che aveva introdotto la mano negli ingranaggi privi di protezione di una macchina "spezzatrice", in cui la Corte ha ritenuto irrilevante accertare se il lavoratore avesse inteso separare un pezzo di pasta dall'altro o invece eliminare delle sbavature del prodotto).
3. La sentenza in esame non appare aver correttamente applicato i suesposti principi operanti in tema di responsabilità del datore di lavoro, di obblighi su di lui incombenti in tema di predisposizione del DVR, di formazione ed informazione del lavoratore e di individuazione della condotta abnorme del lavoratore idonea ad interrompere il nesso di causalità. Inoltre, emergono plurimi profili di contraddittorietà e di insufficienza della motivazione.
4. La Corte territoriale, da un lato ha formulato un giudizio di imprudenza della condotta di M.G., il lavoratore infortunato, rilevando che questi aveva deciso autonomamente, senza contattare il personale specializzato, di uscire dalla cabina di guida della pala meccanica e, durante la vigorosa vibrazione conseguente all'incastramento della cabina con una trave dell'impianto di produzione del conglomerato bituminoso, stando sulle passerelle di lato, di afferrare a mani nude lo spoiler di ferro, presente sulla cabina del mezzo, al fine di disincastrare la cabina di guida; in tal modo, però, liberando la trave, che, sganciandosi, con un repentino movimento all'indietro (tipo ad arco), gli prendeva le mani, procurandogli le lesioni da schiaccia mento e amputazione di cui al referto medico in atti.
La condotta del lavoratore è stata considerata come posta in violazione:
a) dell'art. 20, lett. g), D. Lgs. n. 81 del 2008, che prescrive a carico del lavoratore di non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre non di sua competenza ovvero idonee a compromettere la propria come l'altrui sicurezza, come la manovra sopra descritta, non rientrante fra le sue mansioni di palista;
b) delle prescrizioni specifiche previste in relazione a tali mansioni, e, cioè, quella di segnalare tempestivamente eventuali anomalie del mezzo o situazioni lavorative che possono interferire con la sicurezza ovvero quella di azionare sempre il dispositivo di blocco dei comandi e spegnere il motore prima di scendere dal mezzo.
La pala meccanica probabilmente non era spenta nel momento dell'uscita del M.G. dalla cabina per eseguire l'improvvida manovra manutentiva, in quanto, in base alle dichiarazioni da questi rese, mentre era incastrata nella trave, la cabina del mezzo meccanico vistosamente vibrava.
Si è, quindi, sostenuto che il comportamento negligente del lavoratore era del tutto imprevedibile da parte dei soggetti i quali rivestivano una posizione di garanzia - e cioè E.F., datore di lavoro, e F.M., Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione - e che il lavoratore aveva assunto un rischio eccentrico rispetto alle mansioni ricevute.
Dall'altro lato, tuttavia, la Corte di merito ha contraddittoriamente confermato la tesi, già prospettata dal Tribunale, dell'inadeguatezza del DVR che non contemplava la fase di lavorazione espletata in occasione dell'infortunio e dell'omessa specifica formazione del M.G.. Inoltre, il Tribunale, non adeguatamente smentito sul punto dalla Corte di appello, aveva chiarito che la condotta omissiva e l'evento lesivo causato erano riconducibili proprio all'area di rischio tipica della prestazione lavorativa, per cui era impossibile considerare la condotta come abnorme.
5. Alla luce di tale ricostruzione della vicenda, emergono, pertanto, le violazioni di legge e le vistose carenze motivazionali denunciate.
In primo luogo, sono riscontrabili alcune significative lacune nella ricostruzione degli elementi fattuali indispensabili per stabilire gli eventuali profili di responsabilità penale.
La Corte territoriale non ha specificato come mai fosse stato impiegato il lavoratore infortunato in detta operazione, non rientrante nelle sue specifiche mansioni e come mai fosse stata consentita l'utilizzazione di una pala meccanica di dimensioni maggiori rispetto a quella solita, la quale era inadatta per l'operazione da effettuare.
Né nella sentenza impugnata è stato spiegato perché il M.G. avesse eseguito tale operazione per una propria iniziativa autonoma o nel rispetto di una prassi anomala disposta o tollerata dal datore di lavoro (e, cioè, la sostituzione del palista normalmente adibito a tale attività, che nella fattispecie era ammalato, con un altro che normalmente non utilizzava una pala di dimensioni superiori e che solitamente non praticava detta attività).
La Corte di merito ha poi evidenziato la sussistenza di carenze nelle previsioni del DVR, senza però approfondire tale aspetto, mediante l'individuazione della procedura da adottare per scongiurare il rischio di danno per l'incolumità dei lavoratori, la tipologia di formazione e di informazione del lavoratore fornita e la sua idoneità a completare il suo bagaglio di conoscenze, pur evidenziando che non si trattava di quella necessaria per quella specifica incombenza.
Al riguardo, infatti, il teste G.G. precisava che, sebbene tale specifica attività lavorativa fosse stata da sempre praticata, il datore di lavoro non aveva fornito loro indicazioni in merito allo svolgimento di essa e alle precauzioni da adottare e che i corsi di formazione non riguardavano tale aspetto.
Tutti i predetti accertamenti fattuali risultano necessari, anche alla luce dell'omessa applicazione dei principi sopra esposti in tema di condotta abnorme del lavoratore idonea ad interrompere il nesso di causalità.
In base a quanto già esposto dal Tribunale, la condotta omissiva e l'evento causato erano riconducibili proprio all'area di rischio tipica della prestazione manuale in questione. E la stessa Corte di merito ha sostanzialmente riconosciuto che l'infortunio era avvenuto in ambito lavorativo.
La Corte territoriale dapprima ha dato atto dell'insufficiente regolamentazione nel DVR della fase lavorativa de quo, dell'utilizzazione di una pala inidonea da parte del lavoratore e dell'impiego di una persona non attrezzata diversa da un addetto esperto della terza fase lavorativa. Ha evidenziato che, tale fase, del tutto autonoma rispetto alle altre, per attività da svolgersi (lo scarico e svuotamento dai residui della produzione dei macchinari che componevano l'impianto di produzione del conglomerato bituminoso), per i mezzi adoperati (la sola pala meccanica), per il luogo prescelto (quello più prossimo alla zona di distribuzione, trattandosi di attività relativa allo sca rico e svuotamento dei contenitori dai residui finali della produzione di conglomerato bituminoso), per la destinazione del materiale raccolto (non meglio precisati luoghi di stoccaggio), non era specificatamente prevista, considerata e valutata, sotto il profilo dei rischi infortunistici, nel DVR con riferimento all'impianto di produzione del conglomerato bituminoso.
Contraddittoriamente, ha poi invece affermato che il datore di lavoro aveva predisposto le cautele finalizzate alla disciplina e al governo del rischio, assumendo apoditticamente che comunque le cognizioni generali fornite al lavoratore e quelle di palista gli avrebbero consentito di svolgere in sicurezza il compito assegnatogli.
In sostanza, nella sentenza si è riconosciuta la mancanza di formazione specifica dell'operaio; ciò nonostante, la Corte territoriale ha configurato una ipotesi di condotta abnorme, sostenendosi che il lavoratore non avrebbe dovuto scendere dal mezzo e liberare l'asse, così realizzando un vero e proprio salto logico.
La Corte di appello non ha in nessun modo valutato se ed in quale misura la mancata predisposizione del DVR da parte del datore di lavoro, l'omessa preventiva individuazione degli specifici fattori di pericolo concretamente ricollegabili all'attività lavorativa o all'ambiente di lavoro (con conseguente mancata adozione delle misure precauzionali e dei dispositivi idonei per la prevenzione degli infortuni) nonché l'omessa formazione dei lavoratori possano avere avuto efficienza causale nella determinazione dell'evento lesivo.
La motivazione si presenta carente, in quanto la corretta ricostruzione del decorso causale e delle possibili conseguenze lesive non poteva prescindere da accertamenti tecnici o dall'assunzione di testimonianze al riguardo, attività istruttorie che ben potevano essere effettuate sulla scorta degli elementi via via raccolti nel giudizio (o almeno da un più approfondito esame del materiale probatorio qualora le lacune possano essere integrate da aspetti non trattati dall'organo giudicante).
Per contro, i giudici di merito, in assenza di qualunque riscontro di natura tecnica ed omettendo di svolgere i suindicati approfondimenti, del tutto apoditticamente, sono pervenuti ad escludere la responsabilità degli imputati sotto il profilo dell'abnormità della condotta del lavoratore.
A fronte della citazione di elementi indicativi di un comportamento colposo del datore di lavoro, quali la mancanza di formazione e di informazione specifica, l'assenza di un DVR e l'insufficiente spiegazione in ordine alle ragioni dello svolgimento di una attività lavorativa diversa da quella solitamente espletata, la Corte di appello ha confezionato una motivazione contraddittoria o perplessa per contrastare tali elementi.
Ricorre il vizio della motivazione contraddittoria o perplessa, allorquando due o più alternative proposte o prospettate dallo stesso giudicante in relazione al fatto oggetto del giudizio non siano al fine risolte, sicché persistono incertezze sulla soluzione accolta, restando indecifrabili le ragioni del suo convincimento (Sez. 3, n. 39678 del 24/04/2018, N., Rv. 273816; Sez. 5, n. 10834 del 06/04/1988, Baldini, Rv. 179649).
4. La sentenza impugnata, pertanto, va annullata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d'appello, al quale va altresì demandata la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente in grado di appello al quale demanda la regolamentazione delle spese di questo giudizio.
Così deciso in Roma il 16 febbraio 2021.