Cassazione Penale, Sez. 4, 07 luglio 2021, n. 25745 - Infortunio del lavoratore travolto dal rotolamento di una gabbia metallica durante le operazioni di carico e scarico di un autoarticolato. Quando la formazione non basta

2021

Fatto


1. Con sentenza del 25 ottobre 2018 la Corte di Appello di L'Aquila, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Vasto, ha assolto N.L., dal reato di cui all'art. 590, commi 1 A e 2A cod. pen., ascrittogli per avere, nella sua qualità di datore di lavoro di C.D., operaio- autista di autoarticolato della L.C. s.r.l. con colpa, consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché nella violazione dell'art. 71, comma 3 d.lgs. 81/2008, omesso di progettare adeguatamente le operazioni di carico e scarico del mezzo, sul quale erano caricate delle gabbie metalliche, cosicché S.P., operaio della M. Costruzioni s.r.l., che operava all'interno del cantiere di quest'ultima società, nell'atto di provvedere allo scarico, dopo avere toccato una delle gabbie, per valutarne la stabilità, veniva travolto dal suo rotolamento, riportando lesioni personali gravi, consistite in "lesione pelvica di tipo B, con frattura sacrale sinistra, emipelvi anteriore sinistra, apofisi traversa L5 trattata chirurgicamente", da cui derivava l'impossibilità di attendere alle ordinarie occupazioni per 352 giorni.
2. Il fatto, per come risultante dalle sentenze di merito, può essere descritto nel modo che segue: in data 7 agosto 2009, S.P. veniva chiamato dal capocantiere A.M. per scaricare l'autoarticolato della L.C. s.r.l., condotto da C.D., su cui erano caricate delle gabbie metalliche, attività abitualmente svolta da S.P.. Giunto il mezzo in cantiere, C.D. 'slegava il cassone', mentre S.P. appoggiava la scala portatile per salirci sopra ed agganciare le gabbie, quando notava che ne erano state caricate alcune più del solito. Tentava, a quel punto, di assicurarsi della loro stabilità, ma allorquando ne toccava una questa cadeva, rotolandogli addosso.
3. La sentenza di primo grado ha assolto D. M., legale rappresentante della M. Costruzioni s.r.l., società datrice di lavoro di S.P., ritenendo che la medesima avesse posto in essere adeguate misure di sicurezza all'interno del cantiere volto alla costruzione del complesso parrocchiale della Madonna del Sabato Santo, ove lavorava l'infortunato, assicurando altresì la formazione dei propri dipendenti, ha affermato che il comportamento del lavoratore che, accortosi dell'instabilità di una parte del materiale da scaricare, aveva posto in essere un'avventata manovra per accertarsi della stabilità del carico, era da ritenersi 'abnorme', con conseguente esonero da ogni responsabilità per il datore di lavoro. Al contrario, ha dichiarato la penale responsabilità dell'operaio della L.C. s.r. l., C.D., il quale aveva caricato l'autoarticolato con un numero di gabbie eccessivo e superiore a quello normalmente contenuto nel cassone, oltrepassando l'altezza dei 'puntoni', e senza legarle una all'altra, in modo da bloccarne il movimento, così favorendo il rischio di caduta, nonché la penale responsabilità del datore di lavoro del medesimo, N.L., per non avere adeguatamente progettato le operazioni di carico e scarico delle gabbie metalliche, in modo da evitarne il rotolamento.
4. La sentenza di seconda cura, dichiarato non doversi procedere nei confronti di C.D., per morte del reo e, dato atto dell'intervenuta maturazione del termine di prescrizione del reato di cui all'art. 590, commi 1 e 2 cod. pen., ha, nondimeno, escluso la penale responsabilità di N.L., ex art. 530, comma 2 cod. pen., affermando che dalla documentazione versata nel processo è emerso che N.L., in qualità di datore di lavoro, aveva correttamente progettato le operazioni di carico e scarico dei mezzi, approntando delle schede per la procedura di sicurezza, contenenti minuziose istruzioni, fra le quali era previsto l'utilizzo del carrello elevatore e l'obbligo di provvedere all'efficace legatura delle gabbie, nonché il divieto per l'autista di partecipare alle operazioni di carico e scarico 'anche e soprattutto nei cantieri e aziende di committenti esterni, all'interno dei quali deve seguire le indicazioni dettate dai preposti sul posto'. Inoltre, la L.C. s.r.l. aveva provveduto alla corretta formazione ed informazione dei lavoratori organizzando incontri formativi, comprendenti anche il tema dei rischi per la sicurezza derivante dall'utilizzo di macchine ed attrezzature, cui partecipò C.D., al quale furono consegnati il manuale d'uso e manutenzione delle macchine ed attrezzature, nonché le schede sulla procedura di sicurezza in materia di carico e scarico delle gabbie in ferro, mediante carrello elevatore.
5. Avverso la sentenza della Corte di appello propone ricorso per cassazione, a mezzo del suo difensore, la parte civile S.P., affidandolo ad un unico motivo.
6. Con la doglianza fa valere la violazione di legge, con riferimento all'art. 71, comma 3 d.lgs. 81/2008 ed il vizio di motivazione. Osserva che il mero adempimento formale degli obblighi di cui all'art. 71 d.lgs. 81/2008, non esonera il datore di lavoro dalla responsabilità, tanto più quando la formazione ed informazione dei lavoratori consista nella loro partecipazione a corsi dal contenuto generico. Nel caso di specie, infatti, l'operaio C.D., secondo quanto riferito in dibattimento dal teste Lattanzio, tecnico della prevenzione, delegato dal Pubblico Ministero allo svolgimento degli accertamenti, partecipò ad un corso di 'formazione generale sui rischi lavorativi', senza che da ciò si possa evincere se nel l'ambito di detta attività formativa ci sia stata una formazione specifica sulle modalità di caricamento del mezzo. D'altro canto, la prescrizione di protocolli comportamentali risulta inutile qualora il lavoratore non sia edotto delle conseguenze dell'errata esecuzione di una certa attività rischiosa. Sotto questo profilo, dunque, deve ritenersi la sussistenza della condotta colposa di N.L. che, in qualità di datore di lavoro e come tale rivestente specifica posizione di garanzia, non ha provveduto ad una specifica formazione dell'operaio C.D. in ordine alle operazioni di carico e scarico del mezzo affidatogli. Osserva che va parimenti ritenuta sussistente la condotta di omessa vigilanza e controllo sulla predisposizione di adeguate procedure di carico e scarico, essendo emerso in giudizio che il giorno dell'infortunio le gabbie - caricate in sovrannumero- oltrepassavano l'altezza dei puntoni, risultando così instabili, anche perché 'non agganciate'. Posto che la sequenza delle operazioni di carico dipendeva esclusivamente dalle scelte organizzative della L.C. s.r.l. e che l'operaio C.D. svolgeva, nell'occasione, attività inerenti alle mansioni affidategli, non avendo il medesimo posto in essere un comportamento abnorme, né imprevedibile, non essendo tale lo scorretto ed eccessivo caricamento dell'automezzo, né l'omessa legatura delle gabbie, conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
7. N.L., a mezzo del suo difensore, ha depositato memoria ex art. 121 cod. proc. pen., chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso della parte civile. In particolare ha rilevato: l'assenza di autosufficienza del ricorso, non essendo stati allegati le dichiarazioni rese dai testimoni, richiamate nel ricorso per cassazione, solo nelle parti favorevoli; la proposizione di censure coperte da giudicato, in quanto relative a questioni non sottoposte con l'atto di appello, con particolare riferimento alla pretesa sussistenza della violazione dell'art. 71, comma 3 d.lgs. 81/2008; la sussistenza di giudicato interno in relazione alla condotta 'abnorme' del lavoratore, da ritenersi interruttiva del nesso causale; che, secondo la sentenza di seconda cura, le operazioni di carico furono eseguite in forma corretta, senza violare alcuna prescrizione; che un operaio avveduto, qualora il carico non fosse stato ben assicurato, avrebbe chiamato il responsabile di cantiere, al fine di mettere in sicurezza le gabbie e non si sarebbe arrampicato dalla parte del possibile rotolamento delle gabbie, ma eventualmente sarebbe salito dalla parte posteriore del carico; che anche il D.V.R. della M. s.r.l. prevedeva espressamente di non procedere allo scarico di gabbie metalliche dai mezzi se l'altezza supera i puntoni di sostegno laterali, nonché di agganciare alla gru quelle superiori da scaricare, prima di sganciare le funi di serraggio delle gabbie; che, dunque, il comportamento della persona offesa è stato determinante e del tutto imprevedibile. In subordine, l'imputato chiede il rigetto del ricorso osservando: che non è stata raggiunta in giudizio la prova del posizionamento errato del carico sull'automezzo; che non possono essere confusi i piani di responsabilità, ricadendo la responsabilità dello scarico sul solo datore di lavoro della parte offesa, tenuta a progettare le operazioni di scarico, tanto che N.L. non era tenuto neppure a predisporre il P.O.S., come riferito anche dal teste L.; che nessuna norma impedisce al carico di superare il livello dei puntoni, essendo previsto unicamente dal Codice della Strada che il carico non superi i quattro metri da terra, mentre è stato provato che la procedura di carico eseguita dall'impresa N.L. era corretta, né è stato dimostrato che le gabbie fossero state posizionate trasversalmente; che la parte offesa dopo avere verificato come era posizionato il carico decise autonomamente di salire lateralmente con la scala per procedere allo scarico. Ripercorre il contenuto delle dichiarazioni testimoniali, ricordando anche che il teste S. ha riferito che all'uscita dallo stabilimento N.L. vengono verificate le legature delle gabbie e la stabilità dei carichi, impedendo l'uscita di carichi non correttamente legati o mal posizionati; che nessun carico instabile viaggia per cinquanta chilometri senza cadere; che, evidentemente, se il carico è caduto è perché, come risulta dalle testimonianze, il terreno su cui doveva avvenire lo scarico era inclinato. Ricorda che la parte offesa non indica alcuna disposizione che impedisca di caricare i camion oltre l'altezza dei puntoni e che l'allegato VI cui rinvia l'art. 71, comma 3 d.lgs. 81/2008, non fa riferimento alcuno alla modalità di assicurare la stabilità del carico; che, in ogni caso N.L. aveva compiutamente formato il lavoratore C.D. e che pertanto non poteva richiedersi al primo la stretta vigilanza sull'operato del secondo; che, infine, nonostante l'imputazione fosse formulata ai sensi dell'art. 113 cod. pen., nessuna coinvolgimento integrato di più soggetti era imposto dalla legge ovvero da esigenze organizzative della gestione del rischio. Conclude per il rigetto del ricorso.
8. Con requisitoria scritta, ai sensi dell'art. 23 d.l. 137/2020 il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione, con trasmissione degli atti al giudice civile competente per il grado di appello.
9. Con memoria, depositata in data 24 marzo 2021, il ricorrente ha ribadito le proprie conclusioni, insistendo per l'accoglimento del ricorso.
10. Con memoria in data 1 aprile 2021 la difesa di N.L. ha ribadito le osservazioni svolte e concluso per il rigetto del ricorso.


Diritto


1. Il ricorso è fondato.
2. La sentenza impugnata, invero, si sofferma, infatti, solo sull'obbligo del datore di lavoro di formare ed informare i lavoratori, e ritenendolo adempiuto, esclude la responsabilità penale di N.L., datore di lavoro dell'operaio che provvedette alla sistemazione delle gabbie metalliche sull'autoarticolato da lui condotto, in modo inidoneo ad evitarne il rotolamento nelle operazioni di scarico.
3. Il ragionamento contenuto nella sentenza impugnata, invero, è incompleto, limitando la verifica dell'adempimento di alcuni soltanto degli obblighi incombenti sul datore di lavoro che concorrono a formare il dovere di prevenzione e protezione su cui si fonda l'intero sistema prevenzionistico degli infortuni sul lavoro.
4. La disposizione di cui all'art. 18 del d.lgs. 81/2008, infatti, prima ancora della previsione di cui alla lettera I), che impone di "adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento", introduce alla lettera f), quella di "richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione".
Si tratta di due disposizioni che si intersecano fondando la struttura stessa degli oneri di tutela incombenti sul destinatario delle norme antinfortunistiche, che costituiscono parte del nucleo dell'obbligo prevenzionale, nel riflesso che inerisce al rapporto fra imprenditore e lavoratore, e che impongono al primo di proteggere, formare e vigilare .
Questo rapporto fra le attività imposte al datore di lavoro, al fine di assicurare la tutela dei lavoratori, la cui salute è considerata vero e proprio limite all'attività produttiva, alla sua utilità sociale, nonché alla produzione del relativo profitto, non è scindibile. Tanto che la sola formazione ed informazione non esonera il datore di lavoro dal proteggere (adempiendo agli oneri di fornire adeguati mezzi di tutela individuali e collettivi, nonché predisponendo il documento di valutazione dei rischi, finalizzato all'adozione delle misure di adeguamento della produzione alla tutela della salute del lavoratore), né dal vigilare (verificando l'osservanza delle disposizioni aziendali rivolte alla sicurezza delle lavorazioni e l'utilizzo dei presidi). Così come la sola protezione non esonera dalla vigilanza, né dalla formazione ed informazione, coincidendo la prima, in assenza delle altre, con il rinvio al lavoratore della scelta di adeguarsi alle misure protettive.
Dunque, posto che l'adempimento degli obblighi prevenzionali deve essere completo, il datore di lavoro, nell'ambito dell'attività di impresa, non deve solo predisporre procedure di lavoro che evitino il prodursi di eventi lesivi e mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate (art. 71 d.lgs. 81/2008), ma deve formare ed informare i lavoratori sulle medesime e sulle modalità di utilizzo dei macchinari utilizzati (art. 73 d.lgs. 81/2008), vigilando affinché dette procedure ed il corretto utilizzo degli strumenti siano effettivamente seguiti dai lavoratori.
5. Venendo al caso di specie, va osservato che la sentenza impugnata muove dalla constatazione che la L.C. s.r.l., si curò sia di predisporre una precisa procedura di sicurezza per il carico e lo scarico delle gabbie di ferro, prevedendo l'utilizzo del carrello elevatore e, una volta conclusa la procedura, la legatura corretta ed efficace legatura delle medesime, nonché il controllo visivo per verificare il corretto posizionamento del carico, che di introdurre la 'raccomandazione' definita 'importante' sul divieto per l'autista del mezzo di partecipare alle operazioni di carico e scarico, soprattutto presso cantieri ed aziende esterne laddove viene imposto il rispetto delle indicazioni dettate dal preposto. A ciò, la decisone aggiunge che la L.C. s.r.l. organizzò, solo cinque mesi prima del sinistro, un corso di formazione, nel cui ambito si svolse un incontro formativo, cui partecipò C.D., ove furono trattati i temi dei rischi inerenti all'uso delle macchine e delle attrezzature utilizzate nel corso delle attività lavorative. Ed ancora, che al lavoratore furono consegnati i manuali d'uso e di manutenzione per l'utilizzo in sicurezza delle medesime e che, dalla prove acquisite al processo, è risultato che il dipendente C.D. ricevette, sottoscrivendola, la documentazione relativa alla procedura di carico e scarico.
6. La sentenza omette, tuttavia, di affrontare l'approntamento di sistemi di vigilanza sull'effettiva corrispondenza fra la modalità astratta e quella concreta di carico dei mezzi sui quali le gabbie di ferro erano collocate per essere successivamente consegnate nei cantieri di destinazione. Né affronta il tema della corrispondenza fra le modalità di carico previste dal procedimento come predisposto dal datore di lavoro e le disposizioni di cui al decreto legislativo 81/2008 ed allegati.
7. Invero, l'art. 71, rinvia all'allegato VI, relativo alle misure da predisporre in relazione alle attrezzature di lavoro, laddove sono previste sia le modalità di sollevato di carichi guidati, che quelle relative a carichi non guidati, e che al punto 3.1.1. stabilisce la norma generale, secondo cui "I mezzi di sollevamento e di trasporto devono essere scelti in modo da risultare appropriati, per quanto riguarda la sicurezza, alla natura, alla forme e al volume dei carichi al cui sollevamento e trasporto sono destinati, nonché alle condizioni d'impiego con particolare riguardo alle fasi di avviamento e di arresto".
Ebbene, è chiaro che all'idoneità del mezzo di trasporto al carico trasportato corrisponde anche l'idoneità del carico al mezzo utilizzato. Sicché al di là di una previsione specifica -peraltro difficilmente articolabile, vista la varietà delle situazioni- resta la regola generale della corrispondenza fra mezzo e carico, rispetto alla quale occorre verificare in concreto se non solo il volume, ma la forma dei carichi consenta le operazioni di caricamento e scaricamento in sicurezza.
A questo proposito va precisato che del tutto fuorviante è il richiamo, contenuto nella memoria dell'imputato, dei limiti di sagoma di cui all'art. 61 C.d.S., posto che la norma è rivolta alla sicurezza della circolazione e non alla tutela prevenzionistica del lavoro, sicché anche un carico regolare per il codice della strada può rivelarsi pericoloso, in specifiche condizioni di lavoro.

Debbono ritenersi, infine, riferibili al disposto dell'art. 71, comma 3 d.lgs. 81/2008, anche gli obblighi relativi alla 'legatura' degli oggetti trasportati, qualora necessaria ad evitarne il rotolamento. La disposizione, infatti, prevede che il datore di lavoro, al fine di evitare i pericoli prodotti dall'uso delle attrezzature. debba adottare "adeguate misure tecniche ed organizzative", che, peraltro, proprio la sentenza impugnata assume essere state predisposte dalla scheda di sicurezza relativa alle procedure di carico e scarico delle merci, nella quale si prevede la 'corretta ed efficace legatura delle gabbie", non solo individuando il rischio tipico, ma introducendo la relativa prevenzione concreta.
Ancora una volta, dunque, emerge il difetto della sentenza impugnata, che verificata la previsione della disposizione aziendale, in osservanza della regola precauzionale, non si cura di riscontrare l'effettiva vigilanza sulla sua attuazione, da parte del datore di lavoro.
8. Tutto ciò premesso, pur essendo stata esclusa dalla sentenza di prima cura, sul punto divenuta definitiva la responsabilità della società datrice di lavoro della parte offesa, così di conseguenza il mancato adempimento obbligo di coordinamento organizzativo, va, nondimeno, ribadito che in tema di prevenzione sugli infortuni sul lavoro colui che riveste la posizione di garanzia risponde di tutti gli infortuni prodottisi per la violazione della regola cautelare che egli era tenuto ad adempiere, qualora il pericolo realizzatosi rientri nell'area di rischio dal medesimo governata. Il confine della responsabilità datoriale, infatti, è segnato dalla 'causalità' fra la violazione e l'evento, non rilevando la qualificazione del soggetto colpito, sia esso lavoratore dell'azienda, terzo estraneo e sinanco lavoratore di un'azienda diversa, purché il prodursi dell'infortunio dipenda dalla sua riconducibilità alla violazione della regola di condotta imposta a quel datore di lavoro. (cfr. sull'estensione nei confronti dei soggetto non dipendente: Sez. 4, n. 11360 del 10/11/2005 - dep. 31/03/2006, P.M. in proc. Sartori ed altri, Rv. 233662; Sez. 4, n. 2343 del 27/11/2013 - dep. 20/01/2014, S. e altro, Rv. 258436; Sez. 4, n. 43168 del 17/06/2014, Cinque, Rv. 260947; Sez. 4, n. 44142 del 19/07/2019, De Remigis Chiara Rv. 277691).
9. Da ultimo, per completare il quadro, deve essere ricordato che la più recente giurisprudenza, abbandonando il criterio dell'imprevedibilità del comportamento del lavoratore nella verifica della relazione causale tra condotta del reo ed evento ha sostenuto che affinché "la condotta del lavoratore possa ritenersi abnorme ed idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia" (cfr. da ultimo Sez. 4, Sentenza n. 15124 del 13/12/2016, dep. 27/03/2017, Rv. 269603; sulla base del principi enunciati da Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261106, in motivazione).
10. Rilevato che, come rilevato dal Procuratore generale, il reato si è prescritto nel corso del giudizio di secondo grado, la sentenza deve essere annullata, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui va demandata anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio.


P.Q.M.


Annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio.
Così deciso il 7 aprile 2021


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