Cassazione Penale, Sez. 4, 05 febbraio 2021, n. 4490 - Infortunio durante lo smantellamento e il ripristino di un impianto idraulico di condizionamento. Omessa valutazione dei rischi e responsabilità di datore di lavoro e RSPP

2021

1. La Corte di Appello di Milano ha confermato la condanna di Giovanni E.S., quale legale rappresentante della L. & G. E.S. s.r.l., datore di lavoro di M.V., e E.S., quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione, alla pena sospesa (condizionatamente all'adempimento della statuizioni civili) di mesi 5 di reclusione ed al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili (con previsione di una provvisionale, nella misura del 50% a carico di ciascuno degli imputati, a favore sia dell'Inail sia del lavoratore), per il reato di cui all'art. 590, secondo e terzo comma, cod.pen., per avere cagionato lesioni (consistenti in una malattia di durata superiore a 40 giorni ed in una invalidità permanente del 75%) a M.V. (colpito da un canale metallico, caduto dall'alto, mentre era intento in opere di smantellamento e ripristino di un impianto idraulico e di condizionamento), con colpa consistita nell'omessa redazione del piano operativo di sicurezza contenente la valutazione dei rischi connessi allo smantellamento ed al ripristino di un impianto idraulico di condizionamento e nell'omessa adeguata formazione della vittima su tali rischi, in data 12 aprile 2013.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, gli imputati, che hanno dedotto: 1) l'erronea applicazione dell'art. 41 cod.pen. ed il vizio di motivazione in ordine alla condotta negligente del lavoratore, atteso che i giudici di merito sono pervenuti ad affermare la loro responsabilità, ritenendo irrilevante la esatta ricostruzione della dinamica del sinistro ("ai fini della determinazione della responsabilità degli odierni appellanti è del tutto irrilevante stabilire se i'importante incidente occorso al sig. M.V. sia dipeso dalla caduta dal trabattello ovvero dall'essere stato colpito in testa dal canale"), senza tener conto che, come emerso dalle risultanze processuali, la vittima ha agito da sola, senza usare i dispositivi di sicurezza, messi a disposizione dalla società, e senza eseguire alcun fissaggio provvisorio, in contrasto con le prescrizioni del piano operativo di sicurezza, di cui aveva conoscenza; 2) l'inosservanza dell'art. 40 cod.pen. ed il vizio di motivazione con riferimento alla violazione delle norme cautelari, in quanto dall'istruttoria espletata sono emerse sia la redazione di un piano operativo di sicurezza specifico relativamente al cantiere ove è avvenuto il sinistro ed alle operazioni in fase di esecuzione (prova testimoniale B., verbale del 28 febbraio 2018, p. 49, e p.o.s. acquisito da ATS di Monza e prodotto in atti, p. 82-83 e 86), sia le specifiche istruzioni fornite dal titolare dell'impresa ai dipendenti nelle riunioni mattutine (prova testimoniale T. e B.), sia la particolare competenza e esperienza della vittima; 3) la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento all'individuazione della posizione di garanzia del responsabile per la sicurezza della prevenzione e protezione, che è un mero consulente del datore di lavoro, il quale ha segnalato a quest'ultimo i rischi relativi alla caduta di materiale dall'alto, ai lavori in altezza ed alle fasi transitorie del montaggio dei canali; 4) la violazione dell'art. 597 Cod.proc.pen. e l'omessa valutazione del motivo di appello 1-c, avente ad oggetto il nesso causale tra l'asserita violazione della norma cautelare e l'evento e l'individuazione del comportamento alternativo lecito, che avrebbe evitato l'infortunio.
3. Le parti civili hanno depositato memorie scritte e nota spese. L'Inail ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità o, in subordine, l'infondatezza del ricorso e M.V. l'inammissibilità del ricorso.


Diritto


1. In via preliminare occorre rilevare che il reato non è ancora prescritto, tenuto conto della udienza dinanzi alla Corte di Appello del 12 marzo 2020, rinviata al 21 maggio 2020 e successivamente al 3 luglio 2020, in virtù dei provvedimenti adottati dal capo dell'ufficio a causa dell'emergenza sanitaria, e della conseguente applicabilità della sospensione del termine di prescrizione, prevista dall'art. 83, commi 4 e 9, del d.l. n. 18 del 2020.
2. I ricorsi sono infondati.
3. Relativamente alla prima censura, avente ad oggetto l'inosservanza dell'art. 41 cod.pen. ed il vizio di motivazione in ordine alla esclusiva rilevanza causale della condotta (abnorme) del lavoratore, è sufficiente ribadire quanto già affermato dalla Corte territoriale e, cioè, che, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la çondotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 ud.- dep. 27/03/2017, Rv. 269603 - 01).
A ciò si aggiunga che i ricorrenti non si sono confrontati con le argomentazioni del tutto logiche e corrette dei giudici di merito, i quali, da un lato, hanno precisato che al momento dell'infortunio "il M.V. stava operando in un cantiere di Lissone colà inviato da G.S., intento a svolgere le mansioni a lui demandate dal predetto E.S.", e, dall'altro lato, che il comportamento eventualmente imprudente della vittima resterebbe, comunque, consequenziale alla mancata formazione ed alla insufficienza delle specifiche informazioni ricevute in ordine al lavoro specifico da svolgere. Il ricorso sul punto risulta, pertanto, a­ specifico, atteso che rispetto a tali argomentazioni resta irrilevante il dato rimasto incerto e, cioè, se se l'incidente sia stato determinato dalla caduta della vittima dal trabattello o dal colpo ricevuto alla testa dal canale, staccatosi per effetto del lavoro iniziato insieme all'altro operaio o svolto da quest'ultimo nella stanza attigua. Ne deriva che la censura è inammissibile, mancando ogni indicazione della correlazione tra le ragioni della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità (Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007 Cc. - dep. 10/09/2007, Rv. 236945 - 01; v. anche Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 ud. - dep. 16/05/2012, Rv. 253849 - 01, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate e ritenute infondate dal giudice del gravame che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione).
4. Neppure il secondo motivo, con cui si è denunciata l'inosservanza dell'art. 40 cod.pen. ed il vizio di motivazione con riferimento alla violazione delle norme cautelari, può essere accolto, in quanto si limita a reiterare le stesse doglianze già formulate con l'appello ed adeguatamente superate nella sentenza impugnata. In proposito occorre ribadire che, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili i motivi che si limitano a riprodurre le censure dedotte in appello, anche se con l'aggiunta di frasi incidentali di censura alla sentenza impugnata meramente assertive ed apodittiche, laddove difettino di una critica argomentata avverso il provvedimento attaccato e dell'indicazione delle ragioni della loro decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice di merito (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013 ud., dep. 21/02/2013, rv. 254584; v. anche Sez. 4, n. 38202 del 07/07/2016 ud., dep. 14/09/2016, rv. 267611, secondo cui i motivi di ricorso per cassazione possono riprodurre totalmente o parzialmente quelli di appello ma solo entro i limiti in cui ciò serva a documentare il vizio enunciato e dedotto con autonoma, specifica ed esaustiva argomentazione che si riferisca al provvedimento impugnato e si confronti con la sua motivazione).
Difatti, nella sentenza impugnata a) si è valutato il piano operativo di sicurezza invocato dalla difesa dei ricorrenti, ma lo si è ritenuto del tutto generico, in quanto individuava delle procedure tipo rispetto alle lavorazioni più ricorrenti tra quelle che i lavoratori della impresa svolgevano nei vari cantieri, ma non disciplinava neppure in modo sommario le procedure da adottare relativamente ai lavori da eseguire nel caso concreto, consistenti nello smantellamento e nel successivo ripristino di impianti di condizionamento, essendo focalizzato esclusivamente sui lavori di montaggio (in particolare si è precisato che le prescrizioni di cui alle pp. 82,83,86-88 si riferivano allo scarico ed all'accatastamento dei materiali necessari ad effettuare il montaggio di un nuovo impianto e non allo smantellamento di quelli preesistenti);
b) si è accertato che M.V. e DN. hanno operato senza ricevere alcuna istruzione riguardo alla smantellamento dell'impianto di condizionamento, non essendo emersa, all'esito dell'istruttoria espletata, la consegna dei disegni tecnici redatti da C.S., menzionati dalla difesa; c) si è sottolineato che lo stesso G.S. ha ammesso non essere stata assicurata alcuna formazione alla vittima.
Rispetto a tale ultimo aspetto, deve riaffermarsi che il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell'infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell'espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi, e l'adempimento di tali obblighi non è escluso nè è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro (da ultimo, v. Sez. 4, n. 49593 del 14/06/2018 ud.- dep. 30/10/2018, Rv. 274042 - 01 e Sez. 4, n. 8163 del 13/02/2020 ud.-dep. 02/03/2020, Rv. 278603 - 01).
Invero, proprio alla luce di quanto precede, può ritenersi che, contrariamente a quanto denunciato con l'ultima censura, la Corte territoriale ha implicitamente individuato i comportamenti alternativi leciti degli imputati che avrebbero evitato l'infortunio, consistenti nell'adeguata valutazione dei rischi connessi allo smontaggio dell'impianto di condizionamento e nell'adozione di idonee misure di precauzione o, comunque, nella formazione specifica del lavoratore relativamente a tali rischi.
5. Per quanto concerne la posizione di E.S., responsabile del servizio di prevenzione e protezione, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri (Sez. 4, n. 11708 del 21/12/2018 ud. - dep. 18/03/2019, Rv. 275279 - 01; v. anche Sez. 4, n. 49761 del 17/10/2019 ud.-dep. 09/12/2019, Rv. 277877 - 01, secondo cui, in materia di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in quanto consulente del datore di lavoro privo di potere decisionale, risponde dell'evento in concorso con il datore di lavoro solo se abbia commesso un errore tecnico nella valutazione dei rischi, dando un suggerimento sbagliato od omettendo di segnalare situazioni di rischio colposamente non considerate). Del resto, lo stesso ricorrente, con la presente impugnazione, ha allegato di aver segnalato al datore di lavoro non i rischi specifici connessi alle lavorazioni di smontaggio degli impianti, ma piuttosto quelli relativi alla caduta di materiale dall'alto, al lavoro in altezza, alle fasi transitorie del montaggio dei canali (v. p. 9 del ricorso).
6. In conclusione, i ricorsi devono essere rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e altresì alla rifusione, a favore delle parti civili costituite, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidare in euro 3.000 per ciascuna di esse, oltre accessori di legge, se dovuti.


P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e altresì alla rifusione, a favore delle parti civili costituite M.V. Milko e Inail, delle spese di questo
giudizio di legittimità, liquidate per ciascuna in €3000,00 oltre accessori dovuti. Così deciso in Roma il 19 gennaio 2021


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