Cassazione Penale, Sez. 4, 05 febbraio 2021, n. 4486 - Caduta mortale dall'alto. Responsabilità del committente per omessa nomina del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
1. La Corte d'appello di Potenza, in data 7 febbraio 2019, ha confermato la sentenza con la quale, in data 8 luglio 2014, il Tribunale di Matera aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia e alle connesse statuizioni civili, concesse attenuanti generiche equivalenti, G.C. (oltreché A.A.) per il delitto p. e p. dall'art. 589, commi 1 e 2 (omicidio colposo, in cooperazione colposa fra i due imputati, in danno di I.S.), contestato come commesso il 16 ottobre 2003 in Irsina, con violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Lo I.S., secondo quanto evincibile dagli atti disponibili, stava fissando dei fogli di cellophane sulle finestre posizionate al terzo piano di un fabbricato in corso di ristrutturazione; a tal fine si portava su una porzione di impalcatura presente all'esterno del fabbricato, sprovvista di parapetto. Nel corso dell'operazione, perdeva l'equilibrio e cadeva su un balcone posizionato due piani più sotto, procurandosi lesioni che lo traevano a morte.
Mentre all'A.A. il delitto é contestato nella sua qualità di appaltatore e datore di lavoro dello I.S., per avere omesso di adottare adeguate misure di protezione e prevenzione dei rischi, il rimprovero mosso al G.C., nella sua qualità di committente, é di non avere nominato un coordinatore per l'esecuzione dei lavori prima dell'affidamento degli stessi: condotta omissiva alla quale, secondo l'assunto accusatorio recepito dai giudici di merito, é eziologicamente collegata la condizione di insicurezza nella quale lo I.S. operava allorché si verificò l'infortunio mortale.
La Corte di merito, nel confermare la sentenza di condanna a carico del G.C., ha ravvisato in capo al medesimo la sussistenza della posizione di garanzia e dei correlativi obblighi di sicurezza nei confronti del lavoratore, escludendo che il comportamento tenuto da quest'ultimo nell'occorso potesse qualificarsi come abnorme.
2. Avverso la prefata sentenza ricorre il G.C., con atto articolato in due motivi di doglianza, preceduti da una breve premessa illustrativa.
2.1. Con il primo motivo il deducente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, anche con travisamento della prova, in relazione alla posizione di garanzia attribuita al G.C.: viene evidenziato che nel contratto di appalto non vi era traccia della possibile presenza di una pluralità di ditte sul cantiere, tanto più che proprio l'operazione in corso al momento della caduta dello I.S. (l'apposizione di coperture in cellophane sulle finestre) implicava che non fosse imminente l'apposizione degli infissi. Conseguenza di ciò é che non poteva richiedersi al G.C. di nominare un coordinatore per l'esecuzione dei lavori, trattandosi di cantiere sotto soglia, ciò che lo esonerava dagli obblighi di cui all'art. 3, comma 8, dell'allora vigente D.Lgs. 494/1996. E, quand'anche si dovesse avere riguardo unicamente ai poteri di ingerenza del G.C. nella sua qualità di committente (come sembra fare la stessa Corte di merito), non é dato comprendere di quali deficienze nell'apparato antinfortunistico del cantiere egli potesse avere percezione, essendo estraneo alla gestione dei lavori, demandata all'appaltatore A.A.. Il ricorrente nega poi che la porzione di ponteggio rimasta installata al momento dell'infortunio (dalla quale cadde lo I.S.) fosse inidonea dal punto di vista prevenzionistico, sia perché - sostiene il deducente - essa non aveva funzione di sicurezza, sia perché essa era rimasta installata verosimilmente per l'esecuzione di lavori ai piani inferiori, atteso che al terzo piano non vi era neppure il piano di calpestio.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, anche per travisamento della prova, in ordine alla condotta del lavoratore, ritenuta abnorme dallo stesso ricorrente, atteso che a suo avviso lo I.S. aveva elettivamente ecceduto l'area del rischio governabile dai garanti. Il fatto stesso che l'impalcatura si fermasse al terzo piano, escluso dai lavori in esecuzione e privo di piano di calpestio, non può liquidarsi in termini di mera imprudenza del lavoratore. In tal senso vengono richiamati alcuni arresti giurisprudenziali in ordine alla condotta del lavoratore interruttiva del nesso di causalità, nonché alcune emergenze probatorie non adeguatamente valorizzate (la presenza di vento forte, l'eccesso di affidamento della vittima, cinquantaseienne, sulle proprie capacità, l'assenza di accertamenti sulle bevande da lui ingerite prima dell'incidente, la stessa qualifica di piastrellista ricoperta dalla vittima e le mansioni di sistemazione degli attrezzi in cantiere a lui concretamente affidate).
3. Si dà atto che all'odierna udienza il difensore delle parti civili costituite (OMISSIS) ha rassegnato conclusioni scritte e depositato nota spese.
Diritto
1. Il ricorso é inammissibile, con conseguente irrilevanza del decorso del termine di prescrizione (che peraltro, considerando i fatti sospensivi, non risulta a tutt'oggi spirato).
1.1. Il primo motivo di ricorso é manifestamente infondato.
Occorre invero chiarire preliminarmente che l'infortunio de quo é avvenuto in un cantiere che non può qualificarsi come sotto soglia, con conseguente sussistenza, in capo al committente, di nominare il coordinatore per l'esecuzione dei lavori.
Vale infatti il principio, a più riprese ribadito dalla Corte di legittimità, secondo il quale, in tema di infortuni sul lavoro, l'obbligo per il committente di nominare il coordinatore per la sicurezza, di cui all'art. 90, d.lgs. 09 aprile 2008, n. 81, é connesso già solo alla previsione che più imprese lavorino nello stesso cantiere, anche non in contemporanea, e non alla verifica successiva di tale situazione (cfr. da ultimo Sez. 4, n. 4644 del 11/12/2018 - dep. 2019, Scardina Antonino, Rv. 275707: fattispecie nella quale é stata ritenuta la responsabilità del committente per omicidio colposo di un dipendente di una ditta subappaltatrice e di un lavoratore autonomo, caduti dal piano di copertura di un capannone di proprietà del committente, essendo la possibilità di subappalto prevista in contratto; conforme, in ordine alla sussistenza dell'obbligo di nomina del coordinatore nel caso in cui i lavori contemplino l'opera di più imprese o lavoratori autonomi anche in successione tra loro, Sez. 4, n. 14167 del 12/03/2015, Marzano, Rv. 263150).
Nella specie é agevole ricavare dalla stessa sentenza impugnata come fosse evidente, e necessariamente noto al G.C., che sul cantiere avrebbero operato anche altre ditte oltre a quella del coimputato A.A., quanto meno per la prevista (sia pure non imminente) installazione di infissi.
Soprattutto risulta dirimente il fatto che il lavoratore era caduto da una porzione residua di un ponteggio precedentemente installato da tale A.S., titolare di subappalto nello stesso cantiere (v. p. 3 sentenza impugnata); senza contare che il G.C., che aveva nominato un coordinatore per la sicurezza (nella persona di tale G.) in relazione alla precedente concessione edilizia scaduta il 14 febbraio 2003, successivamente aveva omesso di nominare il coordinatore, provvedendovi soltanto dopo l'evento mortale, su prescrizione degli ispettori del lavoro.
Il fatto che non si potesse parlare, nella specie, di "cantiere sotto soglia" rende ultroneo il riferimento, contenuto nella sentenza impugnata, a tale ipotesi; peraltro, anche volendo per un attimo ravvisare la sussistenza di siffatta condizione, nondimeno é corretta l'osservazione della Corte lucana laddove si rammenta che il committente risponde anche in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro (cfr. ad es. Sez. 4, n. 5893 del 08/01/2019, Perona Luca, Rv. 275121; Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272221); ed é corretta, del pari, la censura mossa al G.C. sotto tale profilo, essendosi ravvisata la sussistenza di una condizione di "immediato ed evidente pericolo" in cui il lavoratore si era trovato ad operare, in presenza - si legge a pagina 3 della sentenza impugnata - di un "impalco assolutamente inidoneo a garantire la sua incolumità personale come si evince icasticamente dalla documentazione fotografica in atti" (documentazione che, in parte, risulta allegata anche all'odierno ricorso).
E' appena il caso di soggiungere che la nomina di un coordinatore per l'esecuzione dei lavori, in base all'allora vigente D.Lgs. 494/1996 (cfr. art. 5), non dissimilmente da quanto previsto dalla normativa oggi in vigore, aveva lo scopo di verificare (anche) l'idoneità dei ponteggi sotto il profilo della sicurezza dei lavori in quota, con conseguente configurabilità della causalità della colpa in capo all'odierno ricorrente.
1.2. E' manifestamente infondato anche il secondo motivo.
Anche in base agli stessi atti del processo allegati dal ricorrente a corredo del suo ricorso, risulta evidente che lo I.S., al di là della sua qualifica formale e delle mansioni a lui assegnate nell'occorso, rivestiva una posizione di stretta e generalizzata collaborazione fiduciaria con il suo datore di lavoro nei lavori di completamento della parte esterna del fabbricato. A fronte di tale condizione, certamente nota all'odierno ricorrente, la già vista, immediata percepibilità delle carenti condizioni di sicurezza del cantiere (ed in specie dell'impalcatura dalla quale cadde lo I.S.) rende evidente che l'accaduto rientrava nell'area di rischio governata da ambedue i garanti chiamati a rispondere della sua concretizzazione: non solo il datore di lavoro, quale primo e diretto soggetto al debito di sicurezza nei confronti del suo dipendente, ma anche il committente, in relazione alla porzione di adempimenti facenti capo al medesimo e da lui disattesa a fronte dell'evidente consistenza del rischio presente nel cantiere, tenuto conto delle mansioni di ordine "generalistico" di fatto espletate dal lavoratore deceduto. E' al riguardo sufficiente ricordare principio, affermato dalla sentenza a Sezioni Unite n. 38343/2014 (Espenhahn ed altri, c.d. sentenza Thyssenkrupp ), in base al quale, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, é necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (negli stessi termini vds. anche Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 - dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; cfr. in termini sostanzialmente identici Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017 - dep. 2018, Spina e altro, Rv. 273247); ed é di tutta evidenza che nell'ambito di tale sfera di rischio rientrava anche l'utilizzo di un ponteggio manifestamente inidoneo da parte di un soggetto che, come la vittima, espletava di fatto mansioni di vario genere nell'ambito del cantiere.
2. Alla declaratoria d'inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Il ricorrente va altresì condannato alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili OMISSIS, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili che liquida in complessivi euro 4.500,00 oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.