Cassazione Penale, Sez. 4, 01 marzo 2021, n. 7919 - Caduta dall'alto del dipendente dell'impresa appaltatrice. Responsabilità del committente
Fatto
1. La Corte di Appello di Venezia con sentenza in data 12 Aprile 2018 su impugnazione del Pubblico Ministero e delle parti civili, in riforma della decisione del Tribunale di Rovigo, riconosceva M.C. colpevole del reato di omicidio colposo ascritto con inosservanza della disciplina antinfortunistica e lo condannava alla pena di mesi dieci di reclusione oltre al pagamento di una somma provvisionale a favore delle parti civili costituite a titolo di danno non patrimoniale.
2. In particolare al M.C., quale titolare della ditta MEPAK s.r.l. committente i lavori, veniva contestato di non avere fornito al lavoratore della ditta appaltatrice dettagliate informazioni sui rischi presenti sul luogo di lavoro e in particolare sui rischi di caduta dall'alto e in particolare dalla copertura del capannone di proprietà dell'azienda committente, nonché di mancata cooperazione con l'appaltatore nell'attuazione delle misure di protezione e prevenzione ai sensi dell'art.26 comma 2) lett.a) e b) D.Lgs. 9 Aprile 2008 n.81. In particolare gli veniva addebitato di avere autorizzato il lavoratore all'uso di piattaforma aerea senza avere egli verificato il livello di formazione e di informazione del lavoratore sull'impiego di tale strumento, nonché di non avere vigilato che il lavoratore indossasse i dispositivi di protezione individuale quali cinture di sicurezza per potere eseguire le operazioni commesse, nonché per non avere redatto, unitamente all'appaltatore, un documento unico di valutazione dei rischi onde coordinare gli interventi di protezione e prevenzione in una prospettiva di salvaguardia dal rischio interferenziale in ragione della presenza di lavoratori della impresa committente intenti alla prestazione lavorativa all'interno del capannone.
Gli veniva altresì contestato di non avere proceduto ad adeguata formazione ed informazione del lavoratore in ordine alle modalità di impiego della piattaforma mobile.
3. Il giudice di appello riconosceva la veste di garanzia del M.C. rispetto al rischio di caduta dall'alto dell'operaio precipitato, in primo luogo perché il lavoratore, R.S., benchè dipendente della ditta appaltatrice dei lavori Meccanica ZERBETTO s.r.l., aveva in sostanza operato sotto il controllo del legale rappresentante della azienda MEPAK la quale era proprietaria tanto del capannone alla cui sommità si svolgeva la lavorazione, quanto del mezzo (piattaforma mobile) impiegato per accedere alla copertura. La prestazione lavorativa poi era stata resa su sollecitazione del committente, nell'ambito di attività di coordinamento e cooperazione del M.C. il quale era presente alle operazioni di ispezione e di intervento del R.S., ed era ben consapevole delle condizioni di vetustà e di usura della copertura, atteso che la ragione dell'intervento era rappresentata dalla individuazione e, eventualmente, della eliminazione della causa delle percolazioni che si erano manifestate all'interno del capannone. Sotto questo profilo si assumeva che il M.C. aveva disatteso gli obblighi su di esso gravanti di promozione della cooperazione e del coordinamento nell'adozione di sistemi di sicurezza sul luogo di lavoro che, nella specie non attenevano alla delimitazione di specifici rischi della lavorazione demandata all'appaltatore, ma riguardavano l'osservanza delle generiche precauzioni da adottarsi sul luogo di lavoro in relazione a lavorazioni che ricadevano nella sfera di gestione del committente, il quale operava senza avere predisposto un comune documento di valutazione del rischio, che si imponeva in ragione della ricorrenza di lavorazioni interferenti.
4. Il giudice di appello assumeva pertanto che la eventuale responsabilità del datore di lavoro dello ZEKA non valesse ad escludere la responsabilità del titolare della autonoma veste di garanzia assunta dal M.C. su cui, in qualità di affidatario delle opere, incombevano autonomi obblighi di valutazione dei rischi e di verifica delle condizioni di sicurezza sul luogo di lavoro.
5. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell'imputato M.C. deducendo un duplice motivo di ricorso.
Con una prima articolazione lamenta manifesta illogicità della motivazione emergente dal testo della sentenza in ordine alla responsabilità dell'imputato. Assume che gli obblighi di informazione e di formazione concernenti l'uso della piattaforma mobile non avevano svolto rilievo causale nella determinazione dell'evento atteso che il lavoratore era precipitato in ragione dello sfondamento della copertura del capannone mentre, in relazione agli addebiti concernenti l'inosservanza dagli obblighi di cooperazione e di coordinamento tra committente ed appaltatore, l'onere di informazione dei rischi presenti sul luogo di lavoro di cui alla lettera b) dell'art.26 comma 1 D.Lgs.81/2008 non doveva essere adempiuto nei confronti delle maestranze della ditta appaltatrice ma semmai rispetto alla impresa appaltatrice, che comunque tale obbligo non si estendeva ai rischi specifici dell'attività di impresa che rientravano nella sfera di previsione e di prevenzione del datore di lavoro e che comunque, sotto il profilo soggettivo, solo all'esito della perizia, era emerso che la copertura non era calpestabile e che pertanto il relativo rischio non era prevedibile per il legale rappresentante della ditta committente.
In relazione poi al dovere di cooperazione tra committente ed appaltatore lo stesso doveva ritenersi limitato al rischio interferenziale che nel caso in specie era assente e che comunque gli obblighi di garanzia a carico del committente andavano modulati sulla base della capacità organizzativa, delle dimensioni e delle caratteristiche della lavorazione, della ingerenza nella lavorazione del committente nonché dalla agevole percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo, indici che nella specie portavano ad escludere qualsiasi responsabilità in capo al ricorrente.
5.1 Con una seconda articolazione lamenta la circostanza che il giudice di appello era pervenuto al ribaltamento della sentenza assolutoria attraverso una differente valutazione delle prove orali assunte nel corso del giudizio di primo grado per pervenire a conclusioni in fatto del tutto contrastanti rispetto alle valutazioni offerte dal primo giudice, assumendo che l'intervento del R.S. non era programmato e che l'operaio avrebbe dovuto eseguire una mera ispezione, che il M.C. aveva impartito precise istruzioni al R.S. e cioè di improvvisare un intervento di riparazione non previsto dalla ditta ZERBETTO, che la condizione di vetustà e non calpestabilità della copertura era facilmente riconoscibile e che si era verificato un inquinamento probatorio concernente le attrezzature di lavoro e il DIP. Sotto questo profilo denunciava violazione di legge in relazione all'art.603 comma 3 bis cod,proc.pen. per avere il giudice di appello fornito una diversa lettura delle prove dichiarative assunte nel primo giudizio senza procedere ad una rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale con particolare riferimento alle testimonianze S., P., M. R., L. e B. come risulta da punto 5.1 della sentenza e senza una giustificazione, se non di stile, alle ragioni per cui la rinnovazione non fosse indispensabile.
Diritto
1. I motivi di ricorso sono infondati e vanno rigettati.
Prevede l'art.26 I comma del testo citato (vigente alla data dell'infortunio) che il datore di lavoro in caso di affidamento dei lavori all'interno della azienda, ovvero della unità produttiva a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi ...b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività. Trattasi invero di regola generale che vale a rendere edotto l'appaltatore o il lavoratore autonomo, le cui professionalità vengono introdotte nell'azienda ovvero nello stabilimento, di tutti i rischi connessi alle lavorazioni aziendali, regola che certamente non può essere derogata nel contratto di appalto con la previsione di una inversione degli obblighi prevenzionistici in capo all'appaltatore, ovvero attraverso il mero travaso di informazioni, che si assume la ditta appaltatrice sia tenuta a partecipare alle proprie maestranze.
2. Che gli obblighi in capo al committente non si esauriscono negli accordi contrattuali assunti con l'appaltatore lo si desume poi dal testo del secondo comma (art.26 comma 21 D.L.vo 81/2008) che impone ai datori di lavoro di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti su/l'attività lavorativa oggetto de/l'appalto nonché di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente alche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nella esecuzione dell'opera complessiva. Disposizione che rende evidente come l'attività di consultazione, di cooperazione e di coordinamento tra le diverse figure di garanzia che operano nel luogo di lavoro debba proseguire anche in corso di esecuzione del contratto di durata (appalto o somministrazione) e, anche qualora non accompagnata da un documento ufficiale, deve valere a enucleare i rischi interferenziali e ad elaborare strategie comuni per la loro prevenzione. Soprattutto è il committente (nella specie la società rappresentata dal M.C.) a dovere promuovere la cooperazione e il coordinamento di cui al secondo comma con esclusione dei rischi specifici dell'opera della ditta appaltatrice e, conseguentemente ad elaborare un DUVRI che tenga conto di tali criticità e procedere ad una coerente promozione di sinergiche attività preventive (sez.IV, 7.6.2016, PC e altri in proc.Carfi', Rv. 267687).
3. Il giudice distrettuale pertanto del tutto coerentemente con il complesso dell'istruttoria dibattimentale svolta nel giudizio di merito, ha correttamente escluso che il M.C. avesse operato adeguatamente in termini di programmazione, di informazione, di coordinamento e di cooperazione tra imprese rispetto al rischio di caduta dalla sommità del capannone di proprietà della ditta committente, peraltro privo di agibilità, sul quale era stato chiamato a operare un dipendente della ditta appaltatrice per svolgere operazioni, dapprima di ispezione e poi di tamponamento di fessure, sotto la diretta percezione, il controllo e la direzione del M.C. stesso, benchè il lavoratore fosse privo di dispositivi anti infortunistici e stante la evidente pericolosità di una attività da svolgersi in un'area interna della copertura, priva di ganci e di corde di trattenuta (a cinque metri dal bordo esterno).
4. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, per valutare la responsabilità del committente, in caso di infortunio, occorre verificare in concreto l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (da ultimo sez.4, 18.12.2019, Frusciante Francesca, Rv 278435; 10.1.2018 Bozzi, Rv.272221).
4.1 Nella specie, a prescindere dalla previsione nel contratto di appalto della specifica lavorazione demandata al R.S., risulta la piena ingerenza nella prestazione del lavoratore da parte del committente che ne aveva richiesto la esecuzione e ne aveva accompagnato e coordinato le operazioni, cooperando nella preliminare attività di ispezione della copertura, aveva fornito al lavoratore la scala elevatrice per accedere alla sommità e aveva tollerato che il lavoratore si avventurasse sopra di essa, benchè costituita da onduline dalla incerta tenuta e caratterizzata da numerose fessure, per procedere ad interventi di manutenzione mediante rattoppo nella palese pretermissione di ogni garanzia prevenzionistica, in mancanza di punti di sicuri punti di appoggio e di via di fuga, di appigli, di agganci e di funi di trattenuta.
4.2 Del tutto correttamente poi il giudice di appello ha posto in rilievo l'assenza di informazione sui rischi connessi alla prestazione lavorativa, che pure il M.C. avrebbe dovuto fornire alla impresa appaltatrice e alle maestranze da questa impegnate soprattutto allorquando, come nella specie, la prestazione veniva realizzata su di una struttura che costituiva sede di lavoro degli operai dell'azienda affidataria dei lavori e committente le opere, e sotto questo profilo con piena interferenza tra lavorazioni coesistenti e concomitanti (sula copertura vennero rinvenuti un cutter e una cartuccia e un'altra cartuccia accanto al corpo precipitato all'interno dell'edificio).
5. Il secondo motivo si presenta assolutamente infondato e pertanto va ritenuto inammissibile. Invero non sussiste l'obbligo di rinnovare la istruttoria dibattimentale nel caso di riforma in appello della sentenza assolutoria, quando la stessa sia basata su di una diversa interpretazione della fattispecie concreta "alla luce della valutazione logica e complessiva dell'intero compendio probatorio, e non sulla base di un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una prova dichiarativa decisiva" (sez.5, 19.10.2018, Esposito Vincenzo, Rv.275133, sez.5, 9.5.2017 Fazzini, Rv.271012; 28.3.2017, Carosella Rv. 270471) in quanto, nel caso in specie, il diverso accertamento del giudice di appello si concentra su di una diversa valutazione giuridica della fattispecie concreta (sez.5, 21.6.2017, Terry ed altro, Rv.273553), assumendo che il rischio cui era stato esposto il lavoratore non costituiva specifico ambito dell'appaltatore, ma era esteso anche alla gestione del committente, che si era ingerito nella lavorazione e ne aveva sostanzialmente controllato tutti gli aspetti operativi consapevole peraltro, quale titolare e gestore del luogo di lavoro, proprietario dell'edificio e fornitore del mezzo meccanico di accesso alla copertura, della situazione di degrado della stessa e della esposizione a pericolo del lavoratore impegnato in una lavorazione priva di adeguati presidi di sicurezza.
Ha poi osservato la Corte di Appello come in capo al M.C. insistesse un obbligo di informazione dei rischi inerenti alla lavorazione e di promozione del coordinamento e della cooperazione tra imprese in presenza di interferenza tra lavorazioni ai sensi dell'art. 26 D.Lgs.81/2008, anche in tal caso pervenendo non già ad una diversa valutazione di una prova dichiarativa, ma ad una differente valutazione logico giuridica delle emergenze processuali.
6. A fronte di tale evidenza peraltro il ricorrente si è limitato a formulare la doglianza di rilievo processuale come petizione di principio senza indicare quali siano stati gli apporti dichiarativi decisivi rispetto ai quali vi era stata una contrastante valutazione del giudice di appello ovvero in relazione ai quali siano state avanzate riserve di attendibilità e pertanto la stessa pecca di genericità e mancanza di valenza censoria nella individuazione dei punti della decisione affetti dal vizio di legittimità.
7. Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.