Cassazione Penale, Sez. 3, 02 agosto 2021, n. 30034 - Infortunio mortale durante le operazioni di carico e scarico delle attrezzature di lavoro semoventi dai camion. Ricorso per divieto di un secondo giudizio per i medesimi fatti

2021

Fatto

1. Con sentenza del 25 settembre 2019 il Tribunale di Como ha condannato G.C., quale titolare dell'impresa individuale omonima, alla pena di 11.500,00 euro di ammenda in relazione ai reati di cui all'art. 55, comma 4, in relazione agli artt. 28, comma 2, lett. a), e 17, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008 (capo A); 87, comma 2, lett. c), in relazione all'art. 71, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008 (capo B); 87, comma 2, lett. c), in relazione all'art. 71, comma 4, lett. a), punto 1), d.lgs. n. 81 del 2008 (capo C); 87, comma 2, lett. c), in relazione all'art. 71, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008 (capo D); tutti commessi in Cantù il 4 aprile 2016.

2. Avverso tale sentenza l'imputato ha proposto appello, convertito in ricorso per cassazione trattandosi di sentenza non appellabile, affidato a un unico motivo, mediante il quale ha denunciato la violazione del divieto di un secondo giudizio per i medesimi fatti previsto dall'art. 649 cod. proc. pen.
Ha esposto di essere stato già giudicato dal Tribunale di Como, in relazione al reato di cui all'art. 589, commi 1 et 2, cod. pen., venendo condannato alla pena di due anni di reclusione, per aver cagionato il decesso di F.M. per colpa, consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza di norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro (in particolare degli artt. 17, comma 1, in relazione all'art. 28, comma 2, lett. A et B, 71, commi 1 e 4, d.lgs. 81/2008), la cui violazione aveva costituito oggetto della contestazione anche nel giudizio conclusosi con la sentenza impugnata, nell'ambito del quale era quindi stata eccepita la violazione del divieto di un secondo giudizio per i medesimi fatti, eccezione che però era stata respinta dal Tribunale di Como sulla base del rilievo che nell'altro giudizio il ricorrente era stato giudicato esclusivamente per il reato di omicidio colposo.
Tanto premesso, ha ribadito la violazione del divieto di un secondo giudizio per i medesimi fatti di cui all'art. 649 cod. proc. pen., per essere già stato giudicato per i medesimi fatti in un altro procedimento penale, che però gli erano stati nuovamente contestati anche nel procedimento all'esito del quale era stata pronunciata la sentenza impugnata, nel quale il Tribunale aveva escluso l'applicabilità della previsione dell'art. 84 cod. pen. e, dunque, l'assorbimento delle contravvenzioni contestategli nel delitto di omicidio colposo, espressamente aggravato dalla violazione delle norme in materia di prevenzione di infortuni, pur trattandosi, come riconosciuto anche dal Tribunale, delle medesime circostanze di fatto e dei medesimi profili di colpa già posti a fondamento della condanna per omicidio colposo.

Ha sottolineato, nel contestare l'affermazione del Tribunale in ordine alla esclusione della applicabilità del principio di specialità di cui all'art. 15 cod. pen., cui conseguirebbe l'assorbimento delle contravvenzioni contestategli, le modifiche apportate agli artt. 589 e 590 cod. pen. dalla I. 21 febbraio 2006, n. 102, che aveva aggiunto l'ipotesi aggravata alla fattispecie di omicidio colposo contestata nell'altro giudizio a suo carico, configurandola come ipotesi autonoma, richiamando quanto affermato in ipotesi analoga e sovrapponibile nella sentenza n. 26857 del 2018 in tema di omicidio colposo aggravato dalla guida in stato di ebbrezza.
Con memoria del 1 marzo 2021 ha formulato un motivo aggiunto, con il quale ha denunciato la violazione dell'art. 125 cod. proc. pen., a causa della mancanza assoluta di motivazione in ordine alla eccepita applicabilità del disposto dell'art. 84 cod. pen., non essendo state illustrate dal Tribunale le ragioni della ritenuta inapplicabilità della disciplina del reato complesso.



Diritto




1. Il ricorso non è fondato.


2. Giova premettere, in punto di fatto e per una migliore comprensione del contenuto delle contestazioni mosse al ricorrente, che i reati allo stesso ascritti, quale titolare dell'impresa individuale omonima, sono quelli di cui:
a) all'art. 55, comma 4, d.lgs. n. 81 del 2008, in relazione all'all'art. 28, comma 2, lett. a), e all'art. 17, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008, per avere omesso di procedere alla valutazione di tutti i rischi derivanti dall'attività lavorativa svolta e di individuare le conseguenti misure di prevenzione e protezione, anche di tipo procedurale, da adottare al fine di eliminarli o, comunque, di ridurli al minimo; in particolare, con riferimento ai rischi derivanti dalle operazioni di carico e scarico delle attrezzature di lavoro semoventi dai camion, sia presso i luoghi ove le stesse dovevano essere utilizzate che presso le officine meccaniche incaricate delle eventuali riparazioni/manutenzioni e tenuto conto - tra l'altro - dei rischi di ribaltamento delle stesse e di investimento di persone eventualmente presenti alle operazioni, provvedendo anche ad individuare le specifiche ed adeguate rampe da utilizzare per effettuare il lavoro in sicurezza tenuto conto della compatibilità dei sistemi di fissaggio delle stesse con le specifiche caratteristiche tecniche del mezzo di trasporto utilizzato;
b) all'art. 87, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 81 del 2008, in relazione all'art. 71, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008, per avere, al fine di eseguire l'operazione di carico di un miniescavatore sul pianale di un autocarro di sua proprietà, utilizzato le rampe concesse in uso dall'impresa individuale di F.M. seppure le stesse non fossero conformi ai requisiti di sicurezza, idonee ai fini della normativa antinfortunistica ed adeguate al lavoro da svolgere, atteso che erano prive dei sistemi di fissaggio previsti dal costruttore e non compatibili con le caratteristiche tecniche dell'autocarro; in particolare: i fori presenti sul pianale non erano passanti e avevano un interasse non adeguato in relazione ai fori presenti sulle rampe e alle caratteristiche tecniche del miniescavatore da caricare; il pianale dell'autocarro non era idoneo all'eventuale aggancio con le linguette poiché privo della cavità per l'inserimento delle stesse;
c) all'art. 87, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 81 del 2008, in relazione all'art. 71, comma 4, lett. a), punto 1), d.lgs. n. 81 del 2008, per avere utilizzato il miniescavatore in difformità dalle istruzioni d'uso redatte dal costruttore; in particolare, per l'esecuzione dell'operazione di carico dello stesso sul pianale dell'autocarro ometteva di: utilizzare rampe appositamente progettate per tale operazione; fissare le rampe al piano di carico; condurre l'escavatore procedendo a marcia avanti durante la percorrenza delle rampe di carico; bloccare la parte posteriore dell'autocarro sul quale doveva essere caricato, al fine di evitare l'eventuale sollevamento della parte anteriore; utilizzare un mezzo di trasporto di adeguata capacità, atteso che quello su quale si stava procedendo al carico aveva una portata di 480 kg a fronte del peso del miniescavatore pari a 1580 kg;
d) all'art. 87, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 81 del 2008, in relazione all'art. 71, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008, per avere utilizzato quale mezzo di trasporto del miniescavatore l'autocarro di sua proprietà non idoneo ai fini della salute e sicurezza di tale operazione, atteso che la sua capacità di carico ( 480 kg) era inferiore rispetto al peso del miniescavatore da trasportare (1580 kg) e che le sue caratteristiche tecniche erano incompatibili con le rampe di carico utilizzate.
Tali condotte hanno, in parte, costituito anche l'addebito di colpa contestato al medesimo ricorrente in relazione all'omicidio colposo del F.M., verificatosi proprio in occasione e a causa del carico del miniescavatore sull'autocarro di proprietà del ricorrente, giacché la relativa imputazione, ai sensi degli artt. 113 e 589, commi 1 et 2, cod. pen., è di" non avere proceduto alla valutazione di tutti i rischi derivanti dall'attività lavorativa svolta e non avere individuato le conseguenti misure di prevenzione e protezione, anche di tipo procedurale, da adottare al fine di eliminarli o, comunque, di ridurli al minimo; in particolare, con riferimento ai rischi derivanti dalle operazioni di carico e scarico delle attrezzature di lavoro semoventi dai camion, sia presso i luoghi ove le stesse dovevano essere utilizzate che presso le officine meccaniche incaricate delle eventuali riparazioni/manutenzioni e tenuto conto - tra l'altro - dei rischi di ribaltamento delle stesse e di investimento di persone eventualmente presenti alle operazioni, provvedendo anche ad individuare le specifiche ed adeguate rampe da utilizzare per effettuare il lavoro in sicurezza, tenuto conto della compatibilità dei sistemissaggio delle stesse con le specifiche caratteristiche tecniche del mezzo di trasporto utilizzato (art. 17, comma d.lgs. 81/08 in relazione all'art. 28 comma 2 lett. a) - b) d.lgs. 81/08 in relazione alle istruzioni a pag. 31 del manuale d'uso redatto dal costruttore; per avere utilizzato, al fine di eseguire l'operazione di carico del suddetto miniescavatore sul pianale dell'autocarro di sua proprietà le rampe concesse in uso dall'impresa individuale di F.M. nonostante le stesse non fossero né conformi ai requisiti di sicurezza nè idonee ai fini della normativa antinfortunistica né adeguate al lavoro da svolgere, atteso che le medesime erano prive dei sistemi di fissaggio previsti dal costruttore e non compatibili con le caratteristiche tecniche del predetto autocarro; in particolare: i fori presenti sul pianale non erano passanti e avevano un interasse non adeguato in relazione ai fori presenti sulle rampe e alle caratteristiche tecniche del miniescavatore da caricare; il pianale dell'autocarro non era idoneo all'eventuale aggancio con le linguette poiché privo della cavità per l'inserimento delle stesse; il mezzo era privo degli appositi attacchi previsti per l'eventuale aggancio delle rampe mediante il sistema a catena (art. 71, comma 1, d.lgs. 81/08); per avere utilizzato il miniescavatore in difformità dalle istruzioni d'uso redatte dal costruttore; in particolare, per l'esecuzione dell'operazione di carico dello stesso sul pianale dell'autocarro ometteva di: utilizzare rampe appositamente progettate per tale operazione; fissare le rampe al piano di carico; condurre l'escavatore procedendo a marcia avanti durante la percorrenza delle rampe di carico; bloccare la parte posteriore dell'autocarro sul quale doveva essere caricato, al fine di evitare l'eventuale sollevamento della parte anteriore; utilizzare un mezzo di trasporto di adeguata capacità, atteso che quello su quale si stava procedendo al carico aveva una portata di 480 kg a fronte del peso del miniescavatore pari a 1580 kg (art. 71, comma 4, lett. a, d.lgs. 81/08 in relazione a quanto previsto a pag. 31 del manuale di uso e manutenzione redatto dal costruttore; cosicché il lavoratore F.M. , dopo aver collaborato con G.C. al posizionamento delle suddette rampe per il carico del miniescavatore sul pianale dell'autocarro, nell'atto di assistere alle predette operazioni e mentre G.C. - alla guida del miniescavatore - procedeva in retromarcia sulle rampe, veniva colpito dallo stesso miniescavatore che, a causa dello spostamento della rampa di sinistra, si ribaltava schiacciandolo al suolo e procurandogli lesioni personali ...... che ne cagionavano quasi istantaneamente il decesso".
Risulta evidente, dunque, come parte delle violazioni alle norme antinfortunistiche addebitate al ricorrente con la sentenza impugnata abbiano costituito anche la condotta colposa contestatagli nel giudizio relativo all'omicidio colposo del F.M., conclusosi con la condanna del G.C. alla pena di due anni di reclusione.

3. Tale, parziale, coincidenza non determina, però, come sostenuto dal ricorrente, violazione del divieto di un secondo giudizio per i medesimi fatti, in quanto l'identità del fatto, ostativa a un nuovo giudizio, vietato dall'art. 649 cod. proc. pen., sussiste quando vi sia piena corrispondenza storico - naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona, considerati sia nella loro dimensione storico - naturalistica, sia in quella giuridica, non essendo sufficiente la sola identità della condotta (o di parte di essa come nel caso in esame), laddove la medesima condotta violi contemporaneamente più disposizioni incriminatrici (così Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, Donati, Rv. 231799; Sez. 4, n. 15578 del 20/02/2006, Mele, Rv. 233959; Sez. 2, n. 21035 del 18/04/2008, Agate, Rv. 240106; Sez. 4, n. 4103 del 06/12/2012, Guastella, Rv. 255078; Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016, dep. 14/03/2017, Bordogna, Rv. 270387; Sez. 3, n. 21994 del 01/02/2018, Pigozzi, Rv. 273220), dovendo in tal caso l'episodio essere valutato alla luce di tutte le sue implicazioni penalistiche.

4. Ora, nel caso in esame, non è dato di rilevare la eccepita identità tra il reato di omicidio colposo addebitato al ricorrente, che è caratterizzato dalla necessità di una relazione causale tra le condotte contrarie alle norme prevenzionali realizzate dall'agente e l'evento morte del lavoratore che ne è derivato, e le suddette violazioni alle norme antinfortunistiche, non essendovi piena corrispondenza tra la struttura di tali reati (in quanto le contravvenzioni, che preesistono all'omicidio colposo, hanno natura omissiva e permanente e l'omicidio colposo ha natura commissiva ed è istantaneo), ed essendo anche diversa la considerazione giuridica delle condotte, in quanto il reato di omicidio colposo, che rientra tra i delitti contro la persona, sanziona la verificazione della morte di un lavoratore, mentre le contravvenzioni in materia di igiene e sicurezza del lavoro hanno la funzione di assicurare una più intensa e penetrante tutela penale in un settore della vita di relazione particolarmente importante dal punto di vista socio-economico, caratterizzato da un alto livello di rischio per l'incolumità individuale.
Tali differenze ontologiche tra le contravvenzioni addebitate al ricorrente con la sentenza impugnata e il delitto di omicidio colposo ascrittogli, oltre a escludere la ravvisabilità della denunciata violazione del divieto di un secondo giudizio per il medesimo fatto di cui all'art. 649 cod. proc. pen. (per la quale è comunque necessaria una sentenza definitiva di condanna o di assoluzione, nella specie non sussistente, non essendo passata in giudicato la sentenza di condanna per omicidio colposo, in relazione alla quale è pendente l'impugnazione proposta dall'imputato, cosicché deve essere anche esclusa una violazione dell'art. 4, prot. 7, C.E.D.U., per la cui configurabilità occorre la definitività della decisione secondo l'ordinamento interno di ciascuno Stato, nella specie non sussistente), impediscono anche di ravvisare la sussistenza di una preclusione processuale conseguente all'esercizio dell'azione penale per il medesimo fatto e contro la stessa persona in relazione ai quali un processo sia già pendente (cfr., in proposito, Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, Donati, cit., Rv. 231800), non essendo, peraltro, neppure stato allegato quando sia stata esercitata l'azione penale per il delitto di omicidio colposo e per le contravvenzioni, e non potendo quindi neppure verificarsi l'eventuale preclusione determinata dalla consumazione del potere già esercitato dal pubblico ministero.

5. Neppure è ravvisabile un rapporto di specialità tra le contravvenzioni ascritte al ricorrente con la sentenza impugnata e il delitto di omicidio colposo addebitatogli, non essendovi, alla luce di quanto evidenziato riguardo alle differenze strutturali tra tali reati, un rapporto di continenza tra le norme che li contemplano che consenta di ritenere assorbite le violazioni alle norme prevenzionali nel reato di omicidio colposo aggravato ai sensi dell'art. 589, comma 2, cod. pen. (cfr. Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, dep. 19/01/2011, Giordano,Rv. 248864), in quanto tale fattispecie non si pone come speciale rispetto a quella generale, perché a tal fine occorre che quella da considerare speciale contenga tutti gli elementi costitutivi di quella generale e, altresì, un quid pluris, mentre, come evidenziato, risultano diversi struttura e oggetto giuridico delle contravvenzioni in materia di igiene e sicurezza del lavoro e dell'omicidio colposo (cfr. Sez. 4, n. 35773 del 06/06/2001, Viziali, Rv. 219970), che richiede la verificazione dell'evento, non presente nelle ipotesi contravvenzionali.

6. Infondata risulta anche la prospettazione della configurabilità di un reato complesso, ai sensi dell'art. 84 cod. pen., per effetto della contestazione dell'omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, di cui all'art. 589, comma 2, cod. pen., cui conseguirebbe, ad avviso del ricorrente, l'assorbimento delle ipotesi contravvenzionali in quella delittuosa aggravata, in quanto, come già osservato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 124 del 1974, l'art. 84 cod. pen. pretende che di un reato facciano parte, come elementi costituivi o circostanze aggravanti, fatti costituenti di per sé autonomi reati, mentre nell'art. 589, comma 2, cod. pen. vengono in modo generico richiamate le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, senza alcun distinguo tra mere regole prive di sanzione, illeciti amministrativi e contravvenzioni, con ciò mostrando che il legislatore non ha inteso costruire tale ipotesi aggravata come un caso di reato complesso nel senso anzidetto, giacché altrimenti avrebbe codificato la disposizione con richiami a specifiche violazioni contravvenzionali (così, Sez. 4, n. 3559 del 29/10/2009, dep. 28/01/2010, Corridori, Rv. 246300, a proposito di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, ma con affermazione certamente ancora valida per l'omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro).
Deve, pertanto, escludersi che per effetto della affermazione della sussistenza del delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro le contravvenzioni contestate abbiano del tutto perduto la loro autonomia, non essendosi verificato il loro assorbimento nell'omicidio colposo aggravato.

7. Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato, essendo risultato infondato l'unico motivo al quale è stato affidato.
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.




P.Q.M.




Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 16/3/2021


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