Cassazione Penale, Sez. 7, 20 febbraio 2020, n. 6685 - Infortunio sul lavoro e decreto di archiviazione
Fatto Diritto
1. La persona offesa H.J. ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso il decreto di archiviazione emesso in data 5/8/2019 dal GIP di Pavia nell'ambito del proc. recante il n. 97/2019 R.G. PM e 3555/2019 R.GIP nei confronti di S.D..
Il difensore ricorrente lamenta un'illogica valutazione da parte del Pm richiedente l'archiviazione e del GIP che l'ha disposta del materiale istruttorio presente agli atti, che avrebbe dovuto palesare una responsabilità del datore di lavoro.
Chiede, pertanto, annullarsi il provvedimento impugnato.
2. Il ricorso è palesemente inammissibile per cause che possono dichiararsi senza formalità ai sensi dell'art. 610 comma 5bis cod. proc. pen. introdotto dall'art. 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017.
L'impugnazione, infatti, è successiva all'entrata in vigore della L. 103/2017, per cui il decreto di archiviazione non è ricorribile per cassazione, ma è reclamabile dinanzi al Tribunale in composizione monocratica, ai sensi dell'art. 410bis cod. proc. pen. nei soli casi di nullità previsti dall'art 127 co 5 cod. proc. pen. - insussistenti nella fattispecie, come peraltro riconosce lo stesso ricorrente - e quindi nei soli casi di mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contraddittorio formale e non quindi del contraddittorio sostanziale relativamente a censure concernenti la valutazione del giudice circa la configurabilità del reato prospettato nella condotta dell'indagato (cfr. Sez. 6, n. 18847 del 6/3/2018, Panzani, Rv. 272932 in cui la Corte ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dalla persona offesa contro l'ordinanza di archiviazione escludendo, altresì, la deducibilità in sede di reclamo del vizio denunciato dal ricorrente in quanto atteneva alla violazione del contraddittorio c.d. "sostanziale", in relazione al vizio di motivazione sulla configurabilità del reato prospettato ovvero di altro reato; conf. Sez. 3, n. 32508 del 5/04/2018, B. e altro, Rv. 273371 che ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso per cassazione volto a censurare le valutazioni poste a fondamento dell'ordinanza di archiviazione escludendo, altresì, l'abnormità del provvedimento e ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'alt. 410-bis cod. proc. pen., eccepita in relazione agli artt. 3, 24 e 111, commi sesto e settimo, Cost., nella parte in cui non prevede la possibilità di proporre ricorso per cassazione per i motivi di illegittimità patologica della motiva-zione dell'ordinanza).
Va rilevato che il procedimento per il quale è stato pronunciato il decreto di archiviazione attiene ad un infortunio sul lavoro occorso all'odierno ricorrente, che non risulta avere mai presentato alcuna denuncia né avere mai operato richiesta di esserne informato degli esiti.
Il procedimento in questione, infatti, è nato a seguito di comunicazione di notizia di reato dell'U.O.C. Ambiente Lavoro.
Ebbene, il decreto di archiviazione è nullo, per violazione del contraddittorio, solo se emesso in mancanza degli avvisi che devono essere notificati alla persona offesa che abbia - ovvero non abbia nel caso di reati commessi con violenza alla persona o del reato di cui all'art. 624 bis c.p. - chiesto di essere informata della richiesta di archiviazione e dell'avviso che deve essere dato alla persona offesa ed all'indagato se l'istanza di archiviazione viene avanzata per particolare tenuità del fatto. Ed è altresì nullo, per violazione del diritto di difesa, se è stato emesso prima che il termine di venti giorni (di cui al comma 3 dell'art. 408 c.p.p.) di trenta giorni (di cui al comma 3-bis del medesimo articolo) ovvero di 10 giorni (di cui all'art. 411 comma 1 bis) c.p.p. sia scaduto senza che sia stato presentato l'atto di opposizione.
Sono tutti casi diversi da quello che ci occupa. Pertanto, il ricorrente, non solo individua erroneamente il giudice dell’impugnazione, ma -il che è assorbentefonda la stessa su un motivo non più consentito.
3. A norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di quattromila euro alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 febbraio 2020