Cassazione Penale, Sez. 4, 5 novembre 2020, n. 30858 - Caduta dal tetto dell'artigiano edile durante i lavori di zambinatura e intonacatura. Ricorso rimesso alle Sezioni Unite
1. La Corte di Appello di Bologna, con la sentenza in epigrafe, ha riformato la pronuncia emessa dal Tribunale di Bologna il 27.03.2018 e, agli effetti civili, ha ritenuto la responsabilità di C.C. che era stato assolto ai sensi dell'art. 530, comma 2, cod.proc.pen. perché il fatto non sussiste, in relazione al seguente capo di imputazione: reato di cui all'art.590 comma 2 e 3 cod. pen. perché, nella qualità di datore di lavoro, quale Presidente del Consiglio di amministrazione della Tecnocem s.r.l., impresa affidataria, esecutrice dei lavori nel condominio di Via ... a Bologna, riguardanti il rifacimento di un solaio all'ultimo piano, per imprudenza, imperizia e colpa specifica, consistita nella inosservanza delle norme in materia di infortuni sul lavoro, in particolare per non aver previsto nel piano operativo di sicurezza le misure di protezione e prevenzione relative all'esecuzione di lavorazioni affidate ai lavoratori autonomi presenti nel cantiere, in violazione dell'art. 96 T.U. 81 del 2008, cagionava lesioni personali, giudicate guaribili in giorni 60, a seguito di caduta dall'alto, a B.C. cui erano affidati i lavori di zambinatura e intonacatura della muratura grezza a sostegno del tetto. In Bologna il 29.02.2012.
2. Le circostanze di fatto accertate in modo univoco dai Giudici di merito sono le seguenti: la persona offesa, artigiano edile, aveva stipulato con la Tecnocem s.r.l. un contratto di subappalto il 1.12.2011 avente ad oggetto" lavori di demolizione coperto in coppi compreso sgombero del materiale di risulta"; il giorno dell'infortunio era solo e nessuno degli altri colleghi di lavoro aveva assistito all'incidente; il cantiere, sito all'ultimo piano del palazzo e finalizzato alla ricostruzione del tetto, era costituito da un ponteggio installato nell'appartamento dell'ultimo piano, la cui pavimentazione era stata realizzata con un insieme di assi sulle quali lavoravano gli operai; i lavori si svolgevano al di sopra del primo ponteggio e quindi all'aria aperta e nello spazio interno dell'ultimo piano; un altro ponteggio esterno al palazzo consentiva l'accesso all'ultimo piano.
3. Il primo Giudice era giunto alla pronuncia assolutoria non potendo affermare oltre ogni ragione dubbio che l'infortunato fosse caduto dall'impalcato.
Aveva articolato il suo percorso motivazionale illustrando le due ipotesi riguardanti la ricostruzione dell'incidente: la prima, fornita dalla persona offesa, secondo la quale stava rinforzando i pilastri su cui sarebbero state poste le travi del tetto sopra il ponteggio, spostandosi sulle assi che ne costituivano il pavimento, quando due travi avevano ceduto ed era sprofondato sul pavimento sottostante; era stato soccorso dal capocantiere M. e da C.A., figlio dell'imputato che avrebbe espressamente ordinato a M. di risistemare immediatamente le tavole rotte del ponteggio; la seconda, fornita dai testi indicati dalla difesa dell'imputato, secondo cui il B.C. sarebbe caduto da una scala alta appena un metro, mentre stava intonacando il muro della stanza posta all'interno dell'ultimo piano.
4. La Corte distrettuale ha accolto l'appello della parte civile, dichiarando invece tardivo e perciò inammissibile quello della Procura generale presso la Corte di Appello di Bologna, e ha ritenuto sussistente il profilo di colpa generica e specifica che imponeva al C.C., datore di lavoro di fatto, di garantire la sicurezza dei lavoratori impegnati nel cantiere in base a quanto previsto dall'art. 2087 cod.civ. e dal D.lgs 81/2008, con riferimento al piano operativo di sicurezza e alla idoneità del ponteggio che, secondo i rilievi della P.G., intervenuta dopo l'incidente quando vi era stato il ripristino dell'impalcato, presentava le tavole non fissate e poggianti su due traversi anziché su tre (fol. 14 e teste S.) con conseguente concreto pericolo e rischio tipico di caduta dall'alto.
4.1. La Corte territoriale è addivenuta a tali conclusioni sulla base di una diversa valutazione delle acquisizioni istruttorie, rispetto alla ricostruzione del Giudice di primo grado, m particolare ha valorizzato le dichiarazioni della persona offesa e quelle della Ispettrice della AUSL che aveva effettuato il sopralluogo a seguito dell'infortunio, escludendo che la scala molto bassa, il cui ultimo gradino era posizionato a 90 cm. da terra, fosse stata strumento idoneo a realizzare l'intonaco nella parte del muro che risultava ancora fresca al momento del sopralluogo e alla quale il B.C., secondo la versione del capocantiere M., stava lavorando al momento dell'infortunio.
4.2. La Corte d'appello ha poi evidenziato che ulteriori riscontri alla versione fornita dalla persona offesa derivavano dall'entità delle lesioni riportate: "frattura scomposta ed esposta del pilone tibiale e del terzo distale del perone di destra" pertanto "incompatibili con la caduta da una scala di appena un metro di altezza"; oltre che dalle evidenti reticenze degli operai della Tecnocem s.r.l., le cui dichiarazioni erano volte ad accreditare la tesi, ritenuta dalla Corte territoriale inverosimile, della caduta accidentale dalla scaletta sopra menzionata.
5. C.C., a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione e censura la sentenza proponendo i motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att, cod. proc. pen.:
5.1. Violazione di legge, mancanza e contraddittorietà della motivazione per mancato rispetto del principio al di là di ogni ragionevole dubbio con riferimento alla mancata rinnovazione istruttoria dibattimentale delle prove testimoniali decisive. Lamenta che la decisione di riforma è basata su una rivalutazione degli apporti dichiarativi del primo grado, in specie della dichiarazione della parte offesa e della teste S., ispettrice della AUSL; non sono state adeguatamente confutate invece le dichiarazioni dei testi di difesa M. e C.A..
Il tutto senza il rinnovamento dell'istruttoria dibattimentale ex art. 603, comma 3-bis cod.proc.pen., almeno con riferimento ai due testi di accusa.
5.2. Violazione di legge con riferimento all'art. 521 cod.proc.pen. con conseguente erronea applicazione degli artt. 43 e 590 cod.pen., nonchè vizio di motivazione con riferimento alla ricostruzione della responsabilità colposa in capo al , C.C.. Deduce che in sede dibattimentale è emerso che durante i lavori di rifacimento del tetto si era verificato che le travi che sorreggevano la copertura dell'immobile erano marce e quindi dovevano essere rifatte; per mera dimenticanza il P.O.S. non era stato aggiornato di qui la sanzione da parte della AUSL e le prescrizioni. Il contegno omissivo era stato già punito con la contravvenzione e coperto dal principio ne bis in idem. Lamenta che gli stessi comportamenti sono stati presi a base, invece, per l'affermazione di responsabilità da parte della Corte di Appello in relazione all'addebito di colpa generica e specifica legata da nesso di causa con l'infortunio nonostante che l'imputato sì trovasse all'estero e il cantiere fosse in realtà diretto dal figlio C.A. e dal capocantiere M.. Evidenzia che nessun ulteriore profilo dal punto di vista della sicurezza e delle precauzioni antinfortunistiche, attinenti al rischio di caduta dall'alto, era stato rilevato dalla Polizia Giudiziaria e dall'AUSL intervenute, che avevano ritenuto il ponteggio regolare. Non era chiaro quindi quale fosse nella specie la norma cautelare violata, quale l'effettiva negligenza nelle direttive impartite al B.C. in termini di sicurezza, trattandosi tra l'altro di operaio esperto.
5.3. Vizio di motivazione con riferimento agli artt. 192 e 190 cod.proc.pen. in punto di travisamento delle risultanze processuali. Lamenta la mancanza di una motivazione rafforzata imposta dalla riforma in peius della decisione e il travisamento delle prove dichiarative in quanto il convincimento della Corte di appello si era basato su risultati probatori diversi da quelli reali emersi in dibattimento.
Diritto
1. Il primo motivo di ricorso richiama il principio già affermato dalle Sezioni Unite, prima dell'intervento della Legge n. 103 del 2017, secondo cui quando il giudice di appello riforma, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è obbligato a rinnovare l'istruzione dibattimentale, anche d'ufficio (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267489).
1.1. La sentenza impugnata ha rilevato come il primo giudice avesse assolto l'imputato perché il fatto non sussiste, ritenendo non raggiunta la prova della sua colpevolezza, alla luce della mancata piena attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa; detto percorso ermeneutico non è stato condiviso dal giudice del gravame, il quale ha osservato che il mancato riscontro di alcune evenienze riferite dal B.C., in particolare un precedente analogo "quasi infortunio" accaduto ad un altro lavoratore, tale A.S., era dipeso dalle testimonianze, connotate da evidenti contraddizioni e reticenze, rilevate anche dal Giudice di primo grado, rese dagli addetti Tecnocem, indicati quali testi dalla difesa; inoltre, la versione fornita dalla persona offesa, di essere caduto dall'impalcato e non dalla scaletta, era sempre stata univoca e coerente, l'iniziale reticenza, quando in ospedale ai tecnici della AUSL aveva riferito di non ricordare nulla del fatto, era dovuta alle condizioni di salute in cui si trovava, in quanto reduce da un intervento chirurgico e al timore di porsi in contrasto con la dirigenza della Tecnocem, in particolare con il C.C. che cercava di convincerlo ad avvalorare la tesi della caduta dalla scala, giungendo a consegnargli per tacitarlo due assegni da mille euro ciascuno che, peraltro, il B.C. non aveva mai incassato.
L'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, secondo la Corte di Appello, avrebbe dovuto essere vagliata con maggior rigore dal primo giudice, anche alla luce dei riscontri offerti dalla testimonianza della ispettrice della AUSL, S., le cui dichiarazioni, nelle parti ritenute rilevanti, sono state riportate per esteso nella motivazione della sentenza impugnata (foll.15,16).
1.2. Tanto premesso, va osservato come la Corte territoriale sia pervenuta alla valutazione della colpevolezza dell'imputato, sia pure ai soli effetti civili, senza aver doverosamente rinnovato l'istruttoria dibattimentale.
Benché detto obbligo non discenda letteralmente dalla disposizione di cui all'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 1, comma 58, legge 23/06/2017, n.103, che sembra renderlo applicabile nel solo caso in cui l'appello sia proposto dal pubblico ministero, nondimeno va ricordato l'esito del percorso ermeneutico delineato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267489, sopra richiamata, che ha osservato come anche nel caso in cui il ribaltamento della decisione sia stato sollecitato nella prospettiva degli interessi civili, a seguito dell'impugnazione della parte civile, parimenti risultano " in gioco la garanzia del giusto processo a favore dell'imputato coinvolto in un procedimento penale, dove i meccanismi e le regole sulla formazione della prova non subiscono distinzioni a seconda degli interessi in gioco, pur se di natura esclusivamente civilistica; tanto che anche in un contesto di impugnazione ai soli effetti civili deve ritenersi attribuito al giudice il potere-dovere di integrazione probatoria di ufficio ex art. 603, comma 3, cod. proc. pen.".
Tale indirizzo interpretativo è stato seguito anche dopo l'introduzione del comma 3-bis nell'art. 603, avendo la giurisprudenza di questa Corte ribadito che "Il giudice di appello che riformi, anche su impugnazione della sola parte civile e ai soli effetti civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è obbligato a rinnovare, anche d'ufficio, l'istruzione dibattimentale. (In motivazione, la Corte ha precisato che la disposizione dell'art. 603, comma 3-bis cod. proc. pen., introdotta dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, pur prescrivendo l'obbligo di rinnovazione istruttoria nel giudizio d'appello se celebrato su impugnazione del pubblico ministero, non ha inteso escludere la sussistenza di un identico obbligo nel caso di impugnazione della sola parte civile e che tale interpretazione corrisponde al principio di ragionevolezza delle scelte normative che ispira l'art. 3 della Costituzione) (Sez. 5, Sentenza n. 15259 del 18/02/2020 Ud. (dep. 18/05/2020) Rv. 279255 - 01).
1.3. Nel caso in esame va rilevato che la deposizione delle persona offesa, nell'economia ricostruttiva della sentenza di primo grado è stata ritenuta scarsamente credibile ed attendibile (fol.9) e ha determinato o contribuito ad orientare l'esito assolutorio, in quanto valutata come contrastante con le versione fornita dai testi della difesa del C.C., secondo cui il B.C. era caduto dalla scala doppia, posizionata all'interno dell'appartamento; la Corte di Appello aveva invece individuato ulteriori riscontri probatori alla versione della persona offesa proprio nella testimonianza particolarmente qualificata resa dall'ispettrice della AUSL, in base alla quale, secondo le dichiarazioni valorizzate nel percorso argomentativo della sentenza impugnata, l'unica opzione possibile, con riferimento alla ricostruzione della dinamica dell'infortunio, era proprio quella riferita dalla vittima e cioè la caduta dall'impalcato.
Non residuano dubbi, pertanto, che la Certe territoriale ha violato un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale, anche in caso di impugnazione della sola parte civile, il giudice del gravame che intenda riformare in pejus una sentenza di assoluzione è tenuto a rinnovare le prove dichiarative incidenti in maniera decisiva sulla decisione.
La necessità che il contraddittorio sia rafforzato anche in grado di appello, con l'applicazione del principio dell'oralità, costituisce, infatti, il metodo più corretto ed idoneo a superare l'intrinseca contraddittorietà fra due sentenze che, pur sulla base dello stesso materiale probatorio, giungano ad opposte conclusioni, non apparendo influente, sotto detto aspetto, la circostanza che l'impugnazione sia proposta dal pubblico ministero piuttosto che dalla parte civile, posto che il nostro sistema processuale non prevede differenziazioni delle regole probatorie ai fini dell'accertamento della responsabilità penale e civile nel contesto unitario del processo penale, non potendosi, sotto il profilo del diritto di difesa, diversamente declinarsi le regole poste a presidio dello stesso, a seconda se vengano in rilievo profili penali o esclusivamente civili, non essendo ciò in alcun modo desumibile dai principi della Convenzione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, come sviluppati dall'interpretazione della Corte comunitaria e recepita nella Carta Costituzionale all'art. 111, nonché dalla prospettiva posta a fondamento dell'elaborazione giurisprudenziale delle Sezioni Unite di questa Corte (ex plurimis, Sez. 5, n. 32854 del 15/04/2019, Gatto, Rv. 277000; conforme Sez. 5, n. 12811 del 20/02/2019, f.tzeni Ennio, Rv. 278053; Sez. 5f Sentenza n. 15259 del 18/02/2020 Ud. (dep. 18/05/2020) Rv. 279255).
2. Una volta definita la rilevanza dell'omessa rinnovazione dibattimentale, si pone la questione della individuazione del giudice di rinvio conseguente ad una pronuncia di annullamento.
Va osservato che di recente sulla questione si sono delineati diversi orientamenti interpretativi.
3. L'art. 622 cod. proc. pen., rubricato "Annullamento della sentenza ai soli effetti civili" prevede che qualora in sede di legittimità la sentenza, "fermi gli effetti penali", sia annullata limitatamente alle disposizioni o ai capi riguardanti l'azione civile o sia accolto il ricorso della (sola) parte civile contro la sentenza di proscioglimento la Corte "rinvia, quando occorre, al giudice civile competente per valore in grado di appello anche se l'annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile",
Il giudizio di rinvio innanzi al giudice civile può aver luogo, in base alla lettera dell'art. 622 cod., proc. pen., non solo a seguito di impugnazione della sentenza penale di condanna e di suo annullamento ai soli effetti civili, ma anche a seguito di impugnazione, da .parte della sola parte civile, della sentenza di proscioglimento, ai sensi dell'art. 576 Cod, proc. pen., e di suo annullamento ai soli effetti civili.
La seconda ipotesi, che qui interessa, ha come presupposto una sentenza di proscioglimento (sentenza pronunciata nel giudizio oppure nel rito abbreviato cui la parte civile abbia consentito) e l'accoglimento del ricorso, "ai soli effetti della responsabilità civile", della parte civile ex art. 576 cod. proc. pen. (norma così modificata dall'art. 6 I. n. 46 del 2006 che ha svincolato l'impugnazione della parte civile dal mezzo di impugnazione del pubblico ministero affinché non fosse compressa e compromessa la possibilità di far valere la pretesa risarcitoria all'interno del giudizio penale).
In entrambe le ipotesi, disciplinate dall'art. 622 cod.proc.pen l'annullamento con rinvio è disposto "quando occorre"; ciò vuol dire che può essere anche ritenuto "superfluo" dalla Corte di cassazione ex art. 620 lett. I) cod. proc. pen.
La locuzione "Fermi gli effetti penali della sentenza" non implica il necessario riferimento a un accertamento della responsabilità penale e "tra gli effetti penali" della sentenza rientrano certamente quelli scaturenti dalla declaratoria di estinzione del reato.
4. Sul punto sono intervenute infatti le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 40109 del 18/07/2013, Sciortino, Rv. 256087) che hanno ritenuto applicabile l'art. 622 cod. proc. pen. anche nel caso di accoglimento del ricorso per cassazione proposto dall'imputato avverso la sentenza con cui il giudice di appello, dichiarando non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato (o per intervenuta amnistia), abbia confermato le statuizioni civili senza motivare, a tal fine, in ordine alla responsabilità dell'imputato.
Le Sezioni Unite hanno aderito all'orientamento basato sull'argomento secondo cui la ratio della scelta del rinvio al giudice civile, operata dall'art. 622 cod. proc. pen., è da ravvisarsi nel "principio di economia che vieta il permanere del giudizio in sede penale in mancanza di un interesse penalistico alla vicenda", e ritenendo che non possa condurre a diversa conclusione neppure "la considerazione che la disciplina che rinvia al giudice civile ogni questione superstite sulla responsabilità civile nascente dal reato rende inevitabile l'applicazione delle regole e delle forme della procedura civile, che potrebbero ritenersi meno favorevoli agli interessi del danneggiato dal reato rispetto a quelle del processo penale, dominato dall'azione pubblica di cui può ben beneficiare indirettamente il danneggiato dal reato. Si tratta però di evenienza che il danneggiato può ben prospettarsi al momento dell'esercizio dell'azione civile nel processo penale, di cui conosce preventivamente procedure e possibili esiti, comprese le eventualità che in presenza di cause di estinzione del reato o di improcedibilità dell'azione penale venga a mancare un accertamento della responsabilità penale dell'imputato e che in caso di translatio iudici l'azione per il risarcimento del danno debba essere riassunta davanti al giudice civile competente per valore in grado di appello. Resta naturalmente fermo che, in presenza di un danno da reato, il danneggiato, in sede di rinvio, può sollecitare davanti al giudice civile anche il riconoscimento del danno non patrimoniale, negli ampi termini definiti dalla giurisprudenza civile (per tutte, da ultimo, Sez. U civ., n. 26972 del 11.11.2008 Rv. 605490 e 605491). Sul versante delle aspettative dell'imputato, poi, il perseguimento dell'interesse a un pieno accertamento della sua innocenza, anche ai fini della responsabilità civile, può ben essere assicurato dall'opzione di rinuncia alla prescrizione (art. 157, comma settimo, cod. pen.) o all'amnistia (ex Corte cost., sent. n. 175 del 1971). Va infine osservato, per completezza, che l'ampia dizione dell'art. 622 cod. proc. pen. non ammette distinzioni di sorta in relazione alla natura del vizio che inficia le statuizioni civili assunte dal giudice penale; che potranno riguardare sia vizi di motivazione in relazione ai capi o ai punti oggetto del ricorso sia violazioni di legge, comprese quelle afferenti a norme di natura procedurale, relative al rapporto processuale scaturente dall'azione civile nel processo penale".
Secondo le Sezioni Unite Sciortino, la via dell'annullamento con rinvio al giudice penale (d'appello che se avesse correttamente osservato la disposizione di cui all'art. 578 cod . proc pen., attraverso il pieno accertamento dei fatti ai fini della responsabilità civile, poteva pervenire ad escludere oltre alla responsabilità civile, anche quella penale e anche ai sensi del comma 2 dell'art. 530 cod. proc. pen., in applicazione dei principi espressi dalle Sezioni Unite Tettamanti) non può essere considerata percorribile né nell'ipotesi (oggetto del ricorso portato all'attenzione delle Sezioni Unite Sciortino) di un ricorso dell'imputato che investa solo il capo relativo alla responsabilità civile "restando preclusa in virtù del principio devolutivo, ogni incidenza sul capo penale, su cui è stata espressa una decisione irrevocabile" né nell'ipotesi in cui l'.imputato con il suo ricorso ritenga di investire formalmente anche il capo penale, dovendosi in tal caso ritenere inammissibile il ricorso sul capo penale "in virtù del principio, in particolare affermato, come visto, dalle Sezioni Unite Tettamanti, secondo cui in presenza dell'accertamento di una causa di estinzione del reato non sono deducibili in sede di legittimità vizi di motivazione che investano il merito della responsabilità penale", pena lo stravolgimento delle finalità e dei meccanismi decisori della giustizia penale, "in dipendenza da interessi civili ancora sub iudice che devono essere invece isolati e portati all'esame del giudice naturalmente competente ad esaminarli".
4.1. La giurisprudenza successiva si è conformata ai principi affermati dalle Sezioni unite Sciortino con riferimento al caso di accoglimento del ricorso per cassazione dell'imputato avverso la sentenza con cui il giudice di appello dichiari non doversi pro edere per intervenuta prescrizione senza motivare in ordine alla responsabilità dell'imputato ai fini delle statuizioni civili (Sez. 4, n. 44685 del 23/09/2015, N., Rv. 265561; Sez. 6, n. 588 del21/01/2014, Bresciani, Rv.
258999; Sez. 1, n. 42039 del 14/01/2014, Simigliani, Rv. 260508).
Ha inoltre ritenuto applicabile l'art. 622 cod. proc. pen. oltre i confini segnati dalla lettera della disposizione e dall'interpretazione datane dalle Sezioni Unite Sciortino e segnatamente nel caso di concorso di un vizio di motivazione in punto di affermata responsabilità penale dell'imputato condannato anche al risarcimento del danno in favore della parte civile e di una sopravvenuta causa di estinzione del reato, rilevata nel giudizio di legittimità (Sez. 4, n. 34878 dell'8/06/2017, Soriano, Rv. 271065; Sez. 4, n. 29627 del 21/04/2016, Silva Rv. 267844 ; Sez. 5, n. 15015 del 23/02/2012, Genovese, Rv. 252487; Sez. 5, n.
594 del 16/11/2011 - dep. 2012 -, Perrone, Rv. 252665; Sez. 2, n. 32577 del 27/04/2010, Preti, Rv. 247973 Sez. 6, n. 26299 del 03/06/2009, Tamborrini, Rv. 244533; Sez. 4, n. 14450 del 19/03/2009, Stafissi, Rv. 244002; Sez. 5, n. 9399 del 05/02/2007, Palazzi, Rv. 235843).
L'orientamento tradizionale secondo cui in caso di accoglimento del ricorso per cassazione ai soli effetti civili, ai sensi dell'art. 622 cod. proc. pen., l'annullamento della sentenza va disposto con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, perchè la "ratio" della suddetta previsione è quella di evitare ulteriori interventi del giudice penale ove non vi sia più nulla da accertare agli effetti penali.( cfr. ex plurimis Sez. 3, n. 46476 del 13/07/2017 Ud. (dep. 10/10/2017) Rv. 271147 - 01), è rimasto fermo almeno sino al 2019.
Va segnalato poi che secondo un certo filone di giurisprudenza, ormai da ritenersi sostanzialmente superato, si affermava che nel successivo giudizio di rinvio il giudice civile «è tenuto a valutare la sussistenza della responsabilità dell'imputato secondo i parametri del giudizio penale e non facendo applicazione delle regole proprie del giudizio civile». Tale principio di diritto era stato ribadito tra l'altro con specifico riferimento alla necessità di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nell'ipotesi di riforma, anche ai soli effetti civili, della sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, stabilendo che il giudice civile del rinvio debba tener conto dei principi affermati dalla Corte di Strasburgo, da Sez. U, 19 gennaio 2017, n. 18620, Patalano, Rv. 269787 e da Sez. U, 28 aprile 2016, n. 27620, Dasgupta, Rv. 267489 (Cfr. Sez. 4, n. 45786 dell'11/10/2016, Assaiante, Rv. 268517 e Sez. 4, n. 34878 dell'8/06/2017, Soriano, Rv. 271065).
4.2. Più di recente Sez.4 n. 13869 del 05/02/2020, Sassi, Rv. 278761, in accoglimento del ricorso proposto dall'imputato, tanto agli effetti penali quanto agli effetti civili, avverso la sentenza d'appello che aveva confermato la sentenza penale di condanna di primo grado, contenente anche statuizioni civili, ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio agli effetti penali, per essersi il reato estinto per intervenuta prescrizione e ha annullato la medesima sentenza agli effetti civili, con rinvio al giudice civile. Tale pronuncia, richiamando i principi espressi dalle Sezioni unite sentenza "Tettamanti", agli effetti penali, ha ritenuto applicabile l'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., non potendosi far luogo all'annullamento con rinvio davanti al giudice penale per i rilevati vizi di motivazione della sentenza impugnata perché tale annullamento determinerebbe la necessità per il giudice del rinvio di dichiarare immediatamente la prescrizione e sarebbe incompatibile con l'obbligo di immediata declaratoria di proscioglimento stabilito dall'art. 129 cod. proc. pen..
Va evidenziato che la Corte, esaminato il ricorso al fine di verificare, ai sensi dell'art. 578 cod. proc. pen.., l'esistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale per confermare o meno la condanna al risarcimento dei danni, pronunciata nei gradi precedenti del giudizio, ha ritenuto fondato il vizio della motivazione relativamente alla sussistenza del nesso causale. In particolare, dopo aver richiamato l'elaborazione della giurisprudenza di legittimità, sviluppatisi a partire dalla sentenza a Sezioni unite Franzese (Sez, U. n. 30328 del 10/07/2002! Rv. 222139), che impone, ai fini della determinazione del decorso causale, che la condizione che ha determinato l'evento debba essere individuata con elevato grado di credibilità razionale sulla base della valutazione delle circostanze del caso e previa esclusione dell'efficienza causale di alternativi meccanismi eziologici, ha rilevato che "il percorso argomentativo seguito dalla Corte distrettuale (e anche quello seguito dal Tribunale nella sentenza di primo grado), difetta di una indagine rigorosa sui tempi della insorgenza della patologia che ha condotto a morte il paziente, sul momento della irreversibilità della patologia, sui tempi necessari per il dispiegarsi dell'intervento salvifico e sull'incidenza del comportamento colposo del sanitario sulla evoluzione infausta della patologia in relazione a detti tempi. La verifica di tali aspetti non è stata adeguatamente condotta ed ha lasciato zone d'ombra nella ricostruzione del decorso causale e del giudizio controfattuale: non si chiarisce in modo univoco se il comportamento che ci si sarebbe dovuti attendere dal sanitario fosse tale da rendere tempestivamente e utilmente praticabile l'adozione del successivo presidio dell'intervento chirurgico".
Ha quindi annullato la sentenza, impugnata con rinvio al giudice civile ex art. 622 cod. proc. pen., per nuovo _e più approfondito esame in ordine alla verifica della sussistenza del nesso causale tra la condotta del ricorrente e l'evento mortale.
Parimenti Sez. 1 n. 14822 del 20/02/2020 (dep. 13/05/2020) Rv. 278943, ha ribadito che, "ove sussista un vizio di motivazione attinente alla affermata (dal giudice del merito in sede penale) responsabìlità dell'imputato, ma non vi è più spazio alcuno per il giudice penale, stante la rilevata (e dichiarata) estinzione del reato per prescrizione, altra soluzione non può essere adottata, ai fini delle determinazioni sulle statuizioni civili, se non quella del rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, non avendo più ragion d'essere la speciale competenza promiscua (penale e civile) attribuita al giudice penale in conseguenza della costituzione di parte civile".
Nel caso di specie la Corte ha rilevato che per una delle imputate, condannata in primo e secondo grado per il reato di molestie, l'affermazione sulla responsabilità era basata, su una motivazione lacunosa, da cui derivava un irreparabile vulnus al diritto di difesa, con particolare riferimento alla ricostruzione delle modalità circostanziali secondo cui si sarebbe perfezionato il contributo concorsuale apportato nella consumazione del reato di molestie. Ha quindi ribadito il principio secondo cui l'annullamento agli effetti civili della sentenza impugnata comporta il rinvio al giudice civile poiché deve intendersi che "l'art. 622 cod. proc. pen., nell'indicare, nella prima parte, >, possa riferirsi anche alla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione (o per altra causa), il che, come detto, comporta la necessità di investire il giudice civile delle questioni relative alle statuizioni risarcitorie e non solo per le determinazioni sul quantum debeatur''.
Anche Sez. V, n.16988 del 18/02/2020 (dep. 04/06/2020), Novella, ha fatto applicazione dell'art. 622 cod. proc. pen., con rinvio al giudice civile, in seguito all'annullamento della sentenza con cui il giudice di appello, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, su appello della parte civile, lo aveva condannato al risarcimento del danno, rilevando che il reato di lesioni aggravate era ormai estinto per prescrizione.
L'annullamento è stato determinato dalla rilevazione del vizio di omessa rinnovazione della prova testimoniale della persona offesa e delle persone informate sui fatti, già utilizzata in primo grado per la pronuncia di assoluzione dal contestato reato di lesioni e che ha costituito il nucleo centrale del ribaltamento da parte del giudice d'appello, sia pure ai fini delle statuizioni civili.
La Corte ha ribadito i principi ormai consolidati, (Sez. U, n. 27620 del 28/4/2016, Dasgupta, Rv. 267492; Sez. U, n. 18620 del 19/1/2017, Patalano, Rv. 26978) secondo cui la riforma in appello di una pronuncia assolutoria, deve corrispondere a due regulae iuris, entrambe necessarie: quella della costruzione di una motivazione rafforzata (ovvero maggiormente persuasiva); quella della rinnovazione della prova dichiarativa decisiva, qualora la decisione scaturisca da una diversa valutazione di tale prova; ha affermato, quindi, che la sentenza impugnata doveva essere annullata per vizio di motivazione, derivato dalla violazione della regola interpretativa immanente e tuttora valida legata all'obbligo di rinnovazione della prova decisiva anche qualora ci si trovi in presenza di un'impugnazione ai soli fini civili proposta dalla parte civile, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Più di recente alcune pronunce della Sez. V: n. 26217 del 13/07/2020, (dep. il 17.09.2020) Giarmoleo, in corso di massimazione; n. 27565 del 21.09 2020, dep. il 5.10.2020; n. 28848 del 21.09.2020 dep. il 19.10.2020, hanno ribadito che il rinvio in tali casi deve essere disposto a favore del giudice civile.
Si è riaffermato che la ratio della scelta del rinvio al giudice civile, operata dall'art. 622 cod. proc. pen., è da ravvisarsi nel «principiò di economia che vieta il permanere del giudizio in sede penale in mancanza di un interesse penalistico alla vicenda», osservando che l'ampia dizione dell'art. 622 cod. proc. pen. non ammette distinzioni di sorta in relazione alla natura del vizio che inficia le statuizioni civili assunte dal giudice penale; che potranno riguardare sia viti di motivazione in relazione ai capi o ai punti oggetto del ricorso sia violazioni di legge, comprese quelle afferenti a norme di natura procedurale, relative al rapporto processuale scaturente dall'azione civile nel processo penale.
In particolare la sentenza n. 26217/2020 ha riguardato il caso in cui la Corte d'Appello di Milano, su impugnazione del Procuratore generale e della parte civile, aveva riformato una pronuncia assolutoria di primo grado per il reato di lesioni e atti persecutori la Corte di legittimità ha rilevato la sopravvenuta estinzione dei reati per prescrizione, annullando agli effetti civili la sentenza impugnata perché carente di una motivazione rafforzata (Sez. U n. 33748 del 12_07.2005 Mannino rv 231679) e per non aver provveduto a rinnovare la prova dichiarativa ritenuta decisiva e di riscontro alla attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, secondo quanto previsto dell'art. 603, comma 3-bis, cod.proc.pen. e ancor prima secondo i principi elaborati dalle richiamate pronunce delle Sez.Unite Dasgupta e Patalano.
Ha quindi individuato il giudice di rinvio nel giudice civile competente per valore in grado di appello, discostandosi in modo espresso dal recente indirizzo di alcune pronunce di questa Corte, meglio illustrate al paragrafo che segue, che hanno ritenuto che i! rinvio per il nuovo giudizi vada di posto dinanzi al giudice penale nel caso di annullamento per la mancata rinnovazione in appello di una prova dichiarativa, ritenuta decisiva, della sentenza che in accoglimento dell'appello della parte civile, avverso la sentenza di assoluzione di primo grado abbia condannato l'imputato al risarcimento del danno.
La citata pronuncia ha ribadito che la ratio dell'art. 622 cod.proc.pen., secondo l'indirizzo della giurisprudenza maggioritaria che si riporta al quadro delineato dalle Sezioni Unite Sciortino e Conti, va ravvisata nella volontà di escludere la perdurante attrazione delle pretese civili nel processo penale una volta che siano definitive le statuizioni di carattere penale (responsabilità penale, pena, misura di sicurezza).
Nella pronuncia della Sez. V 27565/2020 l'impugnazione riguardava la sentenza della Corte di Appello di Venezia che, su appello del Procuratore generale e della parte civile, Regione Veneto, avèva riformato la sentenza di primo grado di assoluzione, emessa all'esito di un giudizio abbreviato, condannando l'imputato agli effetti penali per i delitti di falso oltre .che al risarcimento del danno ai fini civili. Il ribaltamento derivava da una diversa valutazione delle sommarie informazioni rese da una persona informata sui fatti, prova dichiarativa ritenuta decisiva dalla Corte distrettuale che non aveva proceduto alla rinnovazione dell'esame della persona che aveva reso tali dichiarazioni (Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269785). La Corte ha annullato senza rinvio agli effetti penali per essere i reati estinti per prescrizione, rinviando al giudice civile competente per valore in grado di appello agli effetti civili.
Sul punto della individuazione del giudice di rinvio ha motivato espressamente di volersi doversi uniformare alla giurisprudenza maggioritaria (Sez. 1, n. 14822 del 20/02/2020, Milanesi, Rv. 278943; Sez. 4, n. 13869 del 05/03/2020, Sassi, Rv. 278761; Sez. 4, n. 34878 del 08/06/2017, Soriano, Rv. 271065; Sez. 4, n. 29627 del 21/04/2016, Silva, Rv. 267844), conformemente ai principi affermati dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 40109 del 8 8/07/2013, Sciortino, Rv. 256087; Sez. U, n. 31421 del 26/06/2002, Conti, Rv. 222045), secondo la quale deve escludersi la perdurante attrazione delle pretese civili nel processo penale qualora siano definitive le statuizioni di carattere penale, tra le quali rientrano quelle che dichiarano l'estinzione del reato per prescrizione.
Da ultimo Sez. 5 nella pronuncia n. 28848/2020 ha esaminato il caso in cui la prescrizione era stata già dichiarata dal Giudice di appello e la sentenza che aveva accertato la responsabilità ai fini civili per il reato di concorso nella bancarotta semplice degli amministratori, era stata impugnata dall'imputato ai soli effetti civili; la sentenza è stata annullata dalla Corte di cassazione in quanto ritenuta affetta da gravi carenze e vizi del percorso motivazionale. Il Collegio ha riaffermato il principio che il giudice di rinvio deve essere individuato nel giudice civile d'appello, competente per valore; ha richiamato il chiaro tenore dell'art. 622 cod. proc. pen., che disciplina la fase in cui, all'esito del giudizio di cassazione, la regiudicanda penale si sia esaurita («Fermi gli effetti penali della sentenza»), quand'anche per prescrizione (cfr. Sezioni Unite Sciortino), e il giudizio debba proseguire con riferimento alla sola responsabilità civile da reato; il giudizio di rinvio verte quindi - come si legge nell'art. 622 cod. proc. pen. - sulle sole «disposizioni o i capi che riguardano l'azione civile» per la semplice ragione che è solo su questi ultimi che può incidere la delibazione del Giudice di rinvio, a prescindere dalle ragioni che hanno condotto a ritenere viziata la sentenza impugnata dinanzi al Giudice di legittimità.
Il Collegio si è detto consapevole che si è fatta strada, di recente, nella giurisprudenza penale di questa Corte, un'esegesi che mette in discussione l'individuazione del giudice del rinvio in quello civile e che l'innesco del mutamento ermeneutico era rappresentato, a sua volta, da un revirement della giurisprudenza delle Sezioni civili di questa Corte, secondo cui il giudizio di rinvio ex art. 622 cod. proc. pen. non costituisce la fase rescissoria dell'impugnazione svoltasi davanti alla Corte di cassazione penale e la prosecuzione in senso stretto del giudizio penale, poiché esso si configura, invece, come giudizio autonomo che, sia sul piano strutturale sia su quello funzionale, segue le regole processuali e probatorie del processo civile (Sez. 3 civ, n. 25918 del 15/l 0/2019, Rv. 655377; Sez. 3 civ, n. 25917 del 15/10/2019, Rv. 655376; Sez. 3 civ, n. 16916 del 25/06/2019, Rv. 654433; Sez. 3 civ, n. 22729 del 12/09/2019, Rv. 655473; Sez. 3 civ, n. 15859 del 12/06/2019, Rv. 654290; Sez. 3 civ, n. 9358 del 12/04/2017, Rv. 644002).
Sul punto ha preso posizione richiamando le Sezioni Unite Sciortino che avevano fornito una risposta "rassicurante", ritenendo irrilevante che la parte civile potesse essere pregiudicata dall'applicazione, nel giudizio di rinvio, delle regole e delle forme della procedura civile, che potrebbero ritenersi meno favorevoli agli interessi del danneggiato dal reato rispetto a quelle del processo penale, dominato dall'azione pubblica di cui può ben beneficiare indirettamente il danneggiato dal reato.
Ha osservato, inoltre, che non è neanche agevole l'individuazione di quale sia il regime deteriore per l'una o per l'altra parte, sì da attribuirvi con certezza una patente di maggiore garanzia e da giustificare la forzatura interpretativa che potrebbe condurre ad individuare nel Giudice penale il Giudice di rinvio per il prosieguo civilistico di una vicenda penale definitivamente esauritasi.
5. Come anticipato, in concomitanza a quello tradizionale, si è di recente fatto strada un orientamento difforme che offre un'interpretazione restrittiva dell'art. 622 cod. proc. pen. e per il quale, in alcuni casi di annullamento dei capi civili, il rinvio va disposto dinanzi al giudice penale, oppure va disposto l'annullamento senza rinvio, in luogo dell'annullamento con rinvio al giudice civile previsto dalla disposizione citata.
Tale contrapposto orientamento, pur nelle differenti declinazioni impresse al ripensamento esegetico in ciascuna delle sentenze di seguito indicate, si fonda sul rilievo che: a) permane, nonostante l'irrevo::bilità della sentenza di proscioglimento, un interesse penalistico alla vicenda, sotto il profilo della necessaria applicazione del "giusto processo" di rilievo costituzionale ovvero, più in generale, delle regole proprie del processo penale, anche in presenza di questioni relative ai soli profili civilistici della stessa; b) il rinvio al giudice civile imporrebbe a quest'ultimo di procedere all'accertamento del fatto applicando le regole di acquisizione probatoria proprie del diritto penale processuale; c) il rinvio al giudice penale anziché a quello civile, peraltro, costituisce una garanzia dei diritti di tutte le parti. In particolare la sentenza della Sez. 3, n. 142299 del 9 gennaio 2020, (dep.11.05.2020), H., Rv.278762 ha disposto l'annullamento con rinvio al giudice penale in un caso di accoglimento del ricorso per cassazione proposto dall'imputato avverso la sentenza d'appello che - in riforma, ai soli effetti civili, della sentenza assolutoria di primo grado, appellata dalla sola parte civile e divenuta pertanto irrevocabile agli effetti penali - aveva condannato l'imputato al risarcimento dei danni, senza previa rinnovazione dell'istruttoria in appello. Ha affermato il principio di diritto così massimato: «in caso di annullamento, per la mancata rinnovazione in appello di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, della sentenza che, in accoglimento dell'appello della parte civile avverso la sentenza di assoluzione di primo grado, abbia condannato l'imputato al risarcimento del danno, il rinvio per il nuovo giudizio va disposto dinanzi al giudice penale, non essendo applicabile l'art. 622 cod. proc. pen., permanendo, nonostante l'irrevocabilità della sentenza di assoluzione, un interesse penalistico alla vicenda, sotto il profilo della necessaria applicazione del "giusto processo" di. rilievo costituzionale, anche in presenza di questioni relative ai soli profili civilistici della stessa».
La necessità che, una volta che l'azione civile sia stata esercitata nel processo penale, la decisione finale, anche sul piano civilistico, debba fare applicazione dei canoni interpretativi e delle regole processuali proprie del diritto penale (senza distinzione tra i casi in cui sia ancora esist nte, nonostante l'assoluzione di primo grado, la questione penalistica e quelli in cui la sentenza sia divenuta irrevocabile agli effetti penali - tanto rispetto alla posizione della parte civile quanto rispetto a quella dell'imputato) dipende dal permanente rilievo dei principi fondamentali disciplinanti l'accertamento della responsabilità penale, ovvero dello «statuto garantistico dell'imputato alla luce del quale le contrapposte parti attivano rispettivamente le proprie pretese e le proprie difese», non privo di risvolti favorevoli anche per la parte civile (si pensi alla facoltà di testimoniare della persona offesa). Infatti, siccome l'imputato articola la propria strategia difensiva secondo il regime penale processuale e sostanziale, non soltanto rispetto all'accusa penale ma anche in relazione all'azione civile esercitata in sede penale, le garanzie, di rilievo costituzionale, assicurate dall'ordinamento all'imputato nei confronti dell'accusa penale si estendono all'azione civile esercitata nei suoi confronti in quella stessa sede, con la conseguenza che l'accertamento della sua responsabilità, sia pure ai soli fini civili, deve avvenire secondo le regole del processo penale.
Viene pertanto ritenuto sussistere e permanere un interesse penalistico alla vicenda - sotto il profilo della necessaria applicazione del giusto processo di rilievo costituzionale, per come declinato sul piano penale - ogniqualvolta sussista la necessità di accertare il fatto-reato, secondo le regole del processo penale, anche in presenza di questioni relative ai soli profili civilistici della vicenda stessa. Tale interesse penalistico è espressamente riconosciuto dal codice di rito in sede di impugnazione della sentenza di primo grado (art. 573 cod. proc. pen.) e, secondo la Corte, è rinvenibile anche in sede di rinvio a seguito di annullamento del giudice di legittimità.
Sulla stessa linea è Sez. 4, n. 11958 del 13/02/2020, dep. il 10.04.2020, omissis legale rapp.te della Co.Ge.Im., s.r.l., Rv. 278746 per la quale "in caso di annullamento, per mancata rinnovazione dell'assunzione di prove dichiarative decisive, della sentenza di appello che, in accoglimento del gravame della parte civile, abbia riformato, con condanna ai soli effetti civili, la decisione assolutoria di primo grado, il rinvio per nuovo giudizio va disposto dinnanzi al giudice penale". Conf. Sez. 4, 25 febbraio 2020, n. 12174, dep. il 16,04.2020, Piali Piergiorgio e altro, n. m.
Si tratta, nel caso esaminato dalla pronuncia n.11958/2020, dell'accoglimento del ricorso per cassazione proposto dall'imputato e dal responsabile civile avverso la sentenza d'appello che, in riforma ai soli effetti civili della sentenza di assoluzione di primo grado, li aveva condannati al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili costituite, in violazione del principio della motivazione rafforzata e del principio della obbligatoria rinnovazione delle prove dichiarative (nella specie costituita dall'esame del consulente tecnico medico-legale). Anche in tale decisione, infatti, la Corte ritiene che, una volta esercitata l'azione civile nel processo penale, permanga un interesse penalistico alla vicenda, fin quando si controverta sulla sussistenza del fatto-reato secondo le regole del processo penale, ancorché la sentenza di assoluzione sia divenuta irrevocabile agli effetti penali. E anche nella motivazione di tale sentenza assume un ruolo centrale la considerazione che l'imputato danneggiante, in caso di esercizio dell'azione civile in sede penale, ha improntato la sua difesa nel processo non soltanto nella prospettiva dell'azione penale, ma anche rispetto alle pretese civilistiche, strettamente annesse alla prima, secondo le regole proprie del processo penale, con la conseguenza che le garanzie apprestate dall'ordinamento per l'imputato che deve difendersi dall'azione penale valgono anche rispetto all'azione civile ivi esercitata. Tanto giustifica: a) la deroga allo statuto civilistico posta dall'art. 74 cod. proc. pen. e la necessità che l'accertamento del reato generatore del danno avvenga nel rispetto dei canoni di giudizio penalistici; sia con riferimento alla verifica della sussistenza del nesso causale, sia con riguardo alle regole che disciplinano l'inutilizzabilità . delle . prove e gli obblighi di rinnovazione istruttoria; b) l'ultrattività di tale deroga, ovvero la "forza espansiva dello statuto inderogabile dell'imputato" nel caso in cui intervenga un'assoluzione irrevocabile e il processo (penale) prosegua ai soli effetti civili.
La Corte nella sentenza n.12174 del 2020 parla di «diritto, costituzionalmente presidiato, dell'accusato, a ottenere una decisione che, anche in caso di assoluzione irrevocabile, esamini tutti gli aspetti della vicenda anche ai fini dell'accoglimento o del rigetto della domanda civile, secondo ; canoni interpretativi e le regole processuali propri del diritto penale, prime fra tutte le regole, di rango costituzionale, del giusto processo, nelle sue diverse declinazioni».
Questo indirizzo interpretativo si ritrova anche nella sentenza della Sez. 2, n. 9542 del 19/02/2020, (dep. il 10.03.2020) G., Rv. 278589, che ha accolto il ricorso per cassazione, proposto dagli imputati ai soli effetti civili, avverso la sentenza d'appello che, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, aveva dichiarato non doversi procedere per intervenuta estinzione del reato di circonvenzione di incapace per prescrizione e condannato gli imputati, in favore della parte civile costituita, al risarcimento del danno.
La Seconda sezione, con tale pronuncia, ritenendo fondato il motivo di ricorso con cui era stata dedotta la violazione dell'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., per la mancata rinnovazione della prova dichiarativa resa dal consulente tecnico del Pubblico ministero, avente ad oggetto lo stato di deficienza psichica della persona offesa, ha annullato con rinvia al giudice penale ai soli fini dell'accertamento della responsabilità civile, risultando fermi gli effetti penali della sentenza e ritenendo inapplicabile l'art. 622 cod. proc. pen. in ragione della peculiarità della fattispecie, dovendo il giudice del rinvio procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale e non essendo ipotizzabile che a procedere a tale incombente, fosse il giudice civile del rinvio, stante la non compatibilità delle regole del processo penale in tema di assunzione della prova.
Da ultimo la pronuncia della Sezione 6, n. 28215 del 25.09.2020 (dep.9.10. 2020) , in corso di massimazione, ha aderito all'indirizzo giurisprudenziale che offre un'interpretazione restrittiva dell'art. 622 cod, proc. pen. e ha affermato che, nel caso di annullamento per mancata motivazione rafforzata della sentenza di appello che, in accoglimento del gravame della parte civile abbia riformato, con condanna ai soli effetti civili, la decisione assolutoria di primo grado, divenuta irrevocabile ai fini penali per mancata impugnazione del Pubblico ministero, il rinvio per nuovo giudizio vada disposto dinanzi al giudice penale, permanendo, nonostante l'irrevocabilità della pronuncia della sentenza di assoluzione, un interesse penalistico alla vicenda, sotto il profilo della necessaria applicazione del principio di rilievo costituzionale del giusto processo, anche in presenza di questioni relative ai soli profili civilistici della stessa che dipendano; il criterio di economia processuale, per il quale deve evitarsi il permanere di questioni civili nei ruoli penali, va bilanciato, con la necessità di cristallizzare nella cognizione devoluta al giudice penale l'accertamento del fatto illecito da cui origina il danno,
Si afferma in definitiva l'annullamento con rinvio al giudice penale, sia pure ai soli effetti civili, laddove sia presente un thema decidendum in cui ancora si controverta sulla sussistenza del fatto-reato. In tal caso, infatti, si sostiene che non può dirsi dissolto il collegamento tra la pretesa risarcitoria del danneggiato e l'accertamento del fatto-reato, che dovrà avvenire nel rispetto delle regole logicoinferenziali che presidiano il giusto processo penale e lo statuto dell'imputato, scongiurandosi altresì la diseconomica dispersione dell'acquisito compendio probatorio.
6. Va infine segnalato un terzo, sebbene isolato, orientamento interpretativo nell'ambito dei due già segnalati.
Secondo Sez. 6, n. 31921 del 06/06/2019, dep, il 18.07.2019 De Angelis, Rv. 277285, "il rinvio al giudice civile, ai sensi dell'art. 622 cod. proc. pen., non può essere disposto qualora l'annullamento delle disposizioni o dei capi della sentenza impugnata concernenti l'azione civile dipenda dalla fondatezza del ricorso dell'imputato agli effetti penali. (In applicazione del principio, la Corte, ritenuto fondato il ricorso dell'imputato sul punto della operata riforma in appello della sentenza assolutoria di primo grado pur in assenza di rinnovazione dell'istruttoria ex art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., ha annullato senza rinvio la sentenza per estinzione dei reati nel frattempo prescritti nonché, a fronte della suddetta fondatezza, anche agli effetti civili, osservando inoltre che il rinvio al giudice civile imporrebbe a quest'ultimo di procedere all'accertamento del fatto applicando, con distonia del sistema, principi di oralità ed immediatezza della prova avulsi dal sistema processualcivilistico)".
Ha osservato in tale pronuncia la Sesta sezione che, l'annullamento della sentenza, sia agli effetti penali che agli effetti civili, "non sacrifica in maniera irreparabile le ragioni dell'attuale parte civile, in quanto le stesse potranno essere fatte valere dall'interessato in un nuovo autonomo giudizio nella sua sede propria, quella civile, senza che le determinazioni della relativa autorità giudiziaria possano essere in alcun modo pregiudicate dalla presente sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione dei reati, che non rientra tra quelle per le quali, ai sensi degli artt. 651 e segg. cod. proc. pen., trovano applicazione le norme sulla efficacia del giudicato penale nel giudizio civile".
7. Ritiene, pertanto, il Collegio che il rilevato contrasto giurisprudenziale, idoneo a vulnerare la funzione nomofilattica affidata alla Corte di Cassazione, impone di sottoporre alla Sezioni Unite la seguente questione di diritto rilevante nel presente processo:
"se, in caso annullamento, ai soli effetti civili, da parte della Corte di cassazione, per la mancata rinnovazione in appello di prove dichiarative ritenute decisive, della sentenza di secondo grado che, in accoglimento dell'appello della parte civile avverso la sentenza di assoluzione di primo grado, abbia condannato l'imputato al risarcimento del danno, il rinvio vada disposto dinanzi al giudice civile competente per valore in grado di appello ovvero dinanzi al giudice penale".
Il ricorso deve, pertanto, essere rimesso, ai sensi dell'art. 618, comma 1, cod. proc. pen., alle Sezioni Unite.
P.Q.M.
Rimette il ricorso alle Sezioni unite.
Così deciso in Roma, 20 ottobre 2020.