Cassazione Penale, Sez. 4, 25 giugno 2021, n. 24836 - Caduta del lavoratore in nero dall'autocisterna. Mancanza di idonei DPI e omessa formazione
FattoDiritto
1. Con sentenza emessa dal Tribunale di Catania in composizione monocratica in data 3/7/2015 R.G. veniva riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 590 co. 3 cod. pen. in relazione all'art. 583 co. 1 n. 1 cod. pen. accertato in Belpasso l'8/8/2008 per avere, nella qualità di socio accomandatario e datore di lavoro di "R.Trasporti di R.R.D. e R.G. & C. sas" -per colpa consistita in negligenza, imperizia ed imprudenza nonché in violazione degli artt. 2087 cod. civ., 18 co. 1 lett. d) e lett. I) dlg. 81/08, non provvedendo a fornire al lavoratore F.V. i necessari e idonei dispositivi di protezione individuali (calzature antiscivolo e guanti da lavoro) e ad adempiere gli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli artt. 36 e 37 dlg. N.81/08 nei confronti del medesimo lavoratore- cagionato a F.V. lesioni gravi consistite in "un trauma cranico con fratture costali e versamento pleurico; trauma vertebra-midollare con frattura 011+D12+LI con paraparesi grave" dalle quali derivava una incapacità di attendere alle normali occupazioni per un tempo superiore ai 40 giorni. Nel territorio del Comune di Belpasso 1'8/8/2008.
L'imputato veniva condannato, concessegli le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, alla pena di mesi quattro di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali; pena sospesa ai sensi dell'art. 163 cod. pen., con la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita F.V. da liquidare in separata sede, al pagamento in favore della stessa parte civile della somma di 15.000 euro a titolo di provvisionale ed alla rifusione delle spese processuali.
Sull'appello dell'imputato (che aveva chiesto l'assoluzione anche ai sensi dell'art. 530 co. 2 cod. proc. pen. ed in subordine la sospensione dell'esecuzione della condanna pagamento della provvisionale ex art. 600 cod. proc. pen., la Corte d'Appello di Catania, con sentenza del 2/4/2019 dichiarava non doversi procedere nei confronti di R.G. per essersi il reato contestatogli estinto per intervenuta prescrizione e confermava nel resto la sentenza di primo grado, con condanna dell'imputato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di appello.
Restavano, dunque, confermate le statuizioni rese in primo grado in favore della costituita parte civile.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, il R.G., deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
Con un primo motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 192 co. 1 e 2 cod. proc. pen. e art 546 comma 1 lett. e cod. proc. pen., vizio di motivazione e travisamento di prova.
Ci si duole dell'avvenuta esclusione della prova dell'innocenza dell'imputato ex art. 129 cod. proc. pen. con conferma delle statuizioni civili e del rigetto della richiesta di sospensione della condanna al pagamento della provvisionale.
Si lamenta il travisamento delle dichiarazioni testimoniali rese dagli ispettori R. e Z. e dalla parte civile nonché l'illogicità della motivazione laddove ricondurrebbe l'atto abnorme compiuto dalla parte lesa ad una sorta di responsabilità da contatto sociale del R.G..
Vengono riportate la motivazione del provvedimento impugnato e le dichiarazioni testimoniali per lamentare l'utilizzo nella motivazione di un risultato di prova oggettivamente diverso da quello emerso dalla deposizione. In particolare, si lamenta l'erroneità dell'asserita mancanza di dispositivi di protezione e della ricostruzione della dinamica dei fatti, evidenziandosi, al contrario, come in realtà dalle prove acquisite emergerebbe l'esistenza di un apposito sistema di protezione anticaduta.
Ci si duole dell'assenza di motivazione dell'impugnato provvedimento in relazione alle specifiche doglianze sollevate con i motivi di appello, che evidenziavano come si fosse pervenuti alla condanna del R.G., quale socio accomandatario della R. Trasporti s.a.s. in virtù di una sorta di responsabilità oggettiva e/o da contatto sociale, a fronte della mancanza di gravità, precisione e concordanza degli indizi a suo carico.
Con un secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell'art. 192 comma 1 e 2 cod. proc. pen. e art 546 comma 1 lett. e cod. proc. pen., e vizio di motivazione.
Il ricorrente lamenta l'assoluta carenza di motivazione della sentenza impu gnata che riproporrebbe un'apodittica ricostruzione della vicenda senza dare risposta alcuna ai motivi di appello.
Si tratterebbe di una mera "sentenza fotocopia" fondata su una "totale mistificazione dei dati probatori" (così in ricorso).
La Corte territoriale si sarebbe limitata a parafrasare il provvedimento di primo grado incorrendo in tutti gli errori fattuali e giuridici del tribunale, senza aggiungere alcun quid novi.
Con un terzo motivo si deduce violazione dell'art. 539 cod. proc. pene vizio di motivazione in relazione alla mancata riforma delle statuizioni civili.
Ci si duole che la corte di appello si sia limitata a confermare la condanna generica alle statuizioni civili disattendendo le doglianze difensive sulla mancanza di prova dell'inabilità riportata e delle cure subite dal F.V. nonché dei danni riportati, senza motivazione specifica.
Chiede, pertanto, l'accoglimento del ricorso con l'adozione di ogni provvedimento pertinente e consequenziale.
3. Successivamente, il difensore dell'imputato ne comunicava l'intervenuto decesso, per cui ne veniva acquisito il certificato di morte e, stante la discrasia esistente nell'indicazione della data di nascita in atti (indicata nella sentenza impugnata in 9/9/1949, ed in quella di primo grado, nonché nel ricorso in 9/9/1959) venivano disposti accertamenti in ordine alla stessa emergendo che il R.G. risulta nato in OMISSIS.
4. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essersi il reato ascritto all'imputato estinto per intervenuta morte del reo.
Ed invero, dall'acquisito certificato di morte emerge che R.G. è deceduto in OMISSIS.
Preliminarmente, tuttavia, va disposta la correzione dell'errore materiale con tenuto nell'intestazione della sentenza impugnata nel senso che la data di nascita di R.G. deve essere indicata nel 9 settembre 1957 e non nel 9 settembre 1949.
Ed invero, come si evince dalla certificazione pervenuta in atti dal Comune di Belpasso (CT) tale è la data di nascita dell'odierno ricorrente risultante dai registri anagrafici di quel Comune, ove, per contro, non risulta alcun R.G. nato né il ... e nemmeno il ... .
5. Va aggiunto che non risultano fondate le doglianze proposte dal difensore circa la motivazione offerta dal provvedimento impugnato in punto di mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Ciò in quanto, con motivazione logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e che, pertanto, si sottrae alle proposte censure di legittimità- la Corte isolana ha dato conto dell'infondatezza del motivo di gravame sull'insussistenza della responsabilità dell'imputato in quanto, premesso che F.V. al momento del sinistro era un lavoratore in nero alle dipendenze dell'imputato (e corretto è il rilievo che la circostanza che non vi fosse un regolare contratto di lavoro non esime il datore di lavoro dall'osservanza della disciplina in materia infortunistica come pacificamente osservato dalla giurisprudenza di legittimità citata nella motivazione della sentenza di primo grado) risulta accertato altresì: 1. che le lesioni del F.V. sono state causate da una caduta dello stesso dall'autocisterna sulla quale era salito per l'approvvigionamento idrico all'interno delle bocche (botole) che la struttura contenitrice presentava sulla sua sommità, caduta verificatasi per lo scivolamento sul piano della struttura siccome bagnata a seguito dell'erogazione idrica promanante dal tubo di approvvigionamento finendo così sul piano del calpestio; 2. che la circostanza -evidenziata dalla difesa dell'imputato- che al momento del fatto F.V. indossasse le scarpe antiinfortunistiche, la tuta ignifuga ed i guanti per il trasporto di gas liquido non esime da colpa il datore di lavoro perché quegli indumenti erano del lavoratore che li utilizzava per la propria pregressa attività lavorativa di trasporto di bombole di gas ma non erano quelli antiscivolo necessari per l'attività specifica che si stava apprestando a compiere su disposizione dell'imputato.
La Corte territoriale dà anche atto che la responsabilità dell'odierno ricorrente si palesa in esito all'istruttoria dibattimentale ed agli accertamenti all'uopo espletati dall'Ispettorato del lavoro perché i necessari dispositivi di protezione antiscivolo (indicati nel capo di imputazione) non erano quelli richiesti per l'attività che in quel momento stava compiendo il lavoratore sull'autocisterna e che avrebbe dovuto fornirgli il R.G. quale datore di lavoro ma erano quelli che F.V. era solito utilizzare per la diversa attività lavorativa di trasporto di bombole di gas ed anche perché, dalle modalità con cui è avvenuto il sinistro, l'imputato non aveva informato il predetto lavoratore, in violazione della normativa antiinfortunistica sopra citata, dell'esistenza dell'apposito sistema di protezione anticaduta del tipo "parapetto ripiegabile a pantografo" che avrebbe dovuto essere aperto a compasso dallo stesso dipendente e bloccato in posizione eretta di apertura proprio al fine di proteggerlo dalla caduta e di eventuali scivolamenti.
F.V. - come si legge in sentenza- non era stato all'uopo informato ed istruito essendo salito sull'autocisterna in quel particolare frangente temporale (anche se non era quella la mansione tipica che avrebbe dovuto svolgere dovendosi occupare della distribuzione delle bombole insieme al di lui padre) su disposizione dell'imputato R.G. che gli aveva detto solamente "sali, apri il bocchettone e riempiamo la cisterna".
6. La declaratoria dell'estinzione del reato per intervenuta morte del reo comporta, infine, anche il venire meno delle disposte statuizioni civili, in quanto la morte dell'imputato, intervenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza, comporta la cessazione sia del rapporto processuale penale, che del rapporto processuale civile nel processo penale, e determina, di conseguenza, anche il venir meno delle eventuali statuizioni civilistiche senza la necessità di una apposita di chiarazione da parte del giudice penale (cfr. Sez. 3, n. 47894 del 23/03/2017, Modica, Rv. 271160; Sez. 3, n. 5870 del 2/12/2011 dep. 2012, F. Rv. 251981).
P.Q.M.
Dispone correggersi l'errore materiale contenuto nella intestazione della sentenza impugnata nel senso che la data di nascita di R.G. deve essere indicata nel Omissis e non nel Omissis. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per morte dell'imputato.
Così deciso in Roma il 27 maggio 2021