Cassazione Penale, Sez. 4, 22 ottobre 2021, n. 37964 - Crollo di un pilastro durante le operazioni di rimozione di un'edera. Responsabilità del datore di lavoro

2021

Fatto



1. Con sentenza del 29.01.2019, il Tribunale di Parma in composizione monocratica condannava N.A. tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 590 c.p., comma 3, poiché nella qualità di datore di lavoro, in cooperazione con il proprietario dell'immobile T.G., ( giudicato separatamente), in violazione dell'art. 15 D.lgs n.81/2008 e, comunque, per negligenza imprudenza e imperizia, cagionavano a D.I. lesioni personali consistite nella frattura della gamba destra e infrazione malleolo mediale caviglia sx guaribili in un tempo superiore a 40 giorni. Il particolare il T.G. commissionava al D.I. che, in quanto dipendente della ditta del N.A., era stato incaricato di svolgere presso l'abitazione del T.G. lavori di manutenzione del giardino, di rimuovere l'edera da un pilastro, senza avvisarlo delle precarie condizioni dello stesso cosicchè il pilastro crollava appena il D.I. cercava di strappare l'edera rovinandogli addosso. In particolare il Giudice di merito ha accertato la responsabilità colposa del N.A. in quanto quest'ultimo aveva tenuto, nella qualità come sopra indicata, condotte improntate a negligenza, imprudenza, imperizia avendo fatto redigere un documento di valutazione dei rischi che non contemplava la particolarità del lavoro svolto dalla Ditta N.A.,, consistente in lavori di giardinaggio presso terzi e per non aver altresì informato e informato (o comunque aver omesso di provvedere a tale formazione e informazione) il dipendente sulle sue specifiche mansioni e in particolare sui rischi connessi a lavori che esulavano l'attività di manutenzione ordinaria e che fossero eventualmente richiesti in sede di svolgimento dell'attività lavorativa e in assenza del datore di lavoro.

2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, lamentando:
2.1 violazione di legge in quanto l'attività di giardinaggio non comporta l'elaborazione del documento di valutazione dei rischi e comunque nel corso dell'istruttoria dibattimentale è emerso che i lavoratori erano stati informati e formati; il datore di lavoro ave effettuato il sopralluogo e dato disposizioni sulle attività da svolgere, l'attrezzatura era stata controllata, il lavoratore si doveva limitare a tagliare l'erba ed aggiustare le rose; la rimozione dell'edera dal pilastro non era un lavoro concordato e autorizzato dal datore di lavoro ma esorbitava rispetto dal procedimento lavorativo e dalle direttive ricevute.


3. Il Procuratore Generale in sede ha chiesto dichiararsi con requisitoria scritta la inammissibilità del ricorso. Ha argomentato circa la corretta argomentazione del Giudice del merito secondo cui "Il datore di lavoro risponde dell'infortunio occorso al lavoratore, in caso di violazione degli obblighi, di portata generale, relativi alla valutazione dei rischi presenti nei luoghi di lavoro nei quali siano chiamati ad operare i dipendenti, e della formazione dei lavoratori in ordine ai rischi connessi alle mansioni, anche in correlazione al luogo in cui devono essere svolte".




Diritto



1.Il ricorso è manifestamente infondato.

1.1.Va premesso che, secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, le norme sulla prevenzione degli infortuni hanno la funzione primaria di evitare che si verifichino eventi lesivi della incolumità fisica, intrinsecamente connaturati all'esercizio dell' attività lavorativa, anche nelle ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti ad eventuale disaccortezza, imprudenza e disattenzione da parte del lavoratore subordinato. Tale conclusione è fondata sulla disposizione generale di cui all'art. 2087 c.c. e di quelle specifiche previste dalla normativa antinfortunistica, secondo le quali, il datore di lavoro o comunque la persona dallo stesso delegata, è costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'art. 40 c.p., comma 2. Ne consegue che il titolare della posizione di garanzia ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici e del fatto che il lavoratore possa prestare la propria opera in condizioni di sicurezza, vigilando altresì a che le condizioni di sicurezza siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l'opera, essendo tale posizione di garanzia estesa anche al controllo della correttezza dell'agire del lavoratore, essendo imposto al "garante" (anche) di esigere dal lavoratore il rispetto delle regole di cautela. Le censure avanzate non tengono quindi conto che in tema di infortuni sul lavoro, l'eventuale colpa concorrente dei lavoratori non può spiegare alcun effetto esimente per uno dei "garanti" della sicurezza sul posto di lavoro, che si sia reso comunque responsabile, come nel caso in esame, di specifica violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica, in quanto la normativa relativa è diretta a prevenire pure la condotta colposa dei lavoratori per la cui tutela è adottata.

Invero il Testo Unico sulla sicurezza (D.lgs. 81/08) all'articolo 3 "Campo di applicazione" comma 1, recita: "Il presente decreto legislativo si applica a tutti settori di attività, privati e pubblici, e tutte le tipologie di rischio". In base a queste nuove disposizioni, dunque, le misure di prevenzione volte alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori vengono estese a tutti; una sola norma include regole e adempimenti validi per tutte le imprese, le aziende, gli enti e le società, sia della pubblica amministrazione che del settore privato, sia a rischio minimo che massimo, dai cantieri temporanei fino agli uffici. L'obbligo di redigere anche per le imprese di giardinaggio il documento unico di valutazione deriva dagli art. 17,28 e 29 del Dlgs 81/2008 e sul punto il Giudice di merito ha accertato la carenza e assoluta genericità del documento di valutazione dei rischi predisposto dalla Ditta N.A..

Inoltre, quanto alla censura volta a prospettare l'interruzione del nesso causale basata sul comportamento della vittima, questa non tiene conto che, poiché le norme di prevenzione antinfortunistica - come già sopra ricordato- mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, che sia del tutto imprevedibile o inopinabile.

Partendo da queste premesse indiscutibili in diritto, deve ritenersi corretta la decisione del giudice di merito che, con ricostruzione dei fatti e analisi convincente, ha escluso che la condotta del D.I. abbia integrato alcunché di esorbitante o di imprevedibile, tale da poter rilevare ai fini dell'interruzione del nesso causale, avendo ravvisato questo, sempre con argomentazioni qui incensurabili e giuridicamente corrette, nelle inosservanze colpose ascritte all'imputato l'antecedente causale del verificarsi dell' infortunio: in particolare, nel non aver effettuato la valutazione dei rischi, la formazione e la informazione del personale con particolare riguardo alle richieste di ulteriori lavori connessi con le mansioni e l'incarico ricevuto che fossero effettuate al lavoratore, come nel caso di specie, sul luogo di esecuzione della prestazione lavorativa ( fai 3).

E' costante d'altro canto la giurisprudenza di questa Corte che afferma come in tema di infortuni sul lavoro, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante Sez. 4 - , n. 27871 del 20/03/2019 Ud. (dep. 25/06/2019) Rv. 276242

2. Il ricorso è pertanto da dichiararsi inammissibile. Ne consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.



P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle Ammende.

Così deciso il 6.10.21


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