Cassazione Penale, Sez. 4, 18 novembre 2021, n. 42105 - Falegname precipita da un lucernario. Responsabilità del datore di lavoro

2021

Fatto


1. B.M. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, che ha confermato la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Sassari in data 13.10.2017 con riferimento all'art. 590 comma 1,2,3, cod. pen. alla pena di mesi tre di reclusione oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile A.P..
2. La vicenda processuale in disamina attiene alla responsabilità colposa generica e specifica riconosciuta nei confronti di B.M., titolare della ditta Ramo Progetti s.r.l. e datore di lavoro di A.P., falegname, il quale, la mattina del 1.10.2012, precipitava da un lucernario situato ad un'altezza di 4.40 metri, realizzato sul tetto in legno di un immobile sito in Alghero, mentre era intento a collocare pannelli isolanti.
2.1. Nello specifico si addebita al B.M., di aver cagionato per colpa, dovuta a negligenza imprudenza e imperizia ovvero per inosservanza dell'art. 148 comma 1 e 2 Dlgs 81/08 di non aver adottato i necessari apprestamenti atti a garantire la incolumità dei lavoratori prima di procedere all'esecuzione di lavori sul tetto.
3. B.M. ha presentato ricorso a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i seguenti:
I) mancanza di motivazione rispetto alle doglianze difensive formulate con l'atto di appello avente ad oggetto la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in relazione alle testimonianze di D. e A.P., al fine di valutarne la inattendibilità; vizio e contradditorietà della motivazione circa il rigetto dell'acquisizione dei verbali delle sommarie informazioni rese dai predetti e utilizzate per le contestazioni ai sensi dell'art. 500 cod.proc.pen.;
II) violazione della legge penale con riferimento alla violazione del principio della correlazione tra contestazione e decisione di cui agli artt. 521 e 522 cod.proc.pen.; ciò in quanto il capo di accusa fa riferimento all'art. 148 del testo unico sulla sicurezza, mentre la motivazione della sentenza di condanna fa riferimento alla colpa generica. Il B.M. è stato tratto a giudizio con riferimento alla omessa verifica della stabilità del tetto ma tale circostanza è risultata smentita dall'istruttoria dibattimentale;
III) violazione di legge e contraddittorietà della motivazione in quanto i giudici di appello hanno tratto profili di colpa dalla carenza del contenuto del pos, ma tale eventuale inadempienza non faceva capo al B.M. ma al coordinatore per la sicurezza, C., in ogni caso tale violazione non rientra tra le contestazioni indicate nel capo di accusa;
IV) violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento alla valutazione del comportamento anomalo del lavoratore idoneo a interrompere il nesso di causa. Infatti l'A.P. è salito sul tetto disattendendo le direttive poichè doveva tagliare i materiali da posare restando a terra e poi trasferirli sopra il tetto con la carrucola. In ogni caso è stato il Fresu capo squadra a dirgli di salire sul tetto e non il datore di lavoro.

4. Il Procuratore Generale con la requisitoria scritta ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso


Diritto




1. Il ricorso è inammissibile per genericità e aspecificità dei motivi a fronte delle puntuali argomentazioni della Corte territoriale che ha dato risposta alle doglianze di appello, sostanzialmente reiterate in questa sede di legittimità
1.1. Va premesso che la sentenza impugnata infatti affronta tutti i punti con motivazione esauriente, congrua e logica, mentre le censure sostanzialmente attengono al fatto. Il ricorrente critica genericamente la ricostruzione dei Giudici, ritenendola frutto di una erronea interpretazione delle prove, in particolare ritiene inattendibile le testimonianze della persona offesa e del teste D., cercando di offrire una rilettura dei fatti secondo considerazioni generiche che appaiono riconducibili ad un presunto travisamento dei fatti, vizio pacificamente non sindacabile in sede di legittimità, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 27321701; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 26548201; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012 Minervini, Rv. 25309901).
1.2. Inoltre, nel caso che occupa, ci si trova di fronte ad una c.d. "doppia conforme" di condanna, per cui le motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Ciò tanto più ove, come nel caso di specie, i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle -determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, di guisa che le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv.25759501; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011 dep. 2012, Valerio, Rv.25261501; Sez. 2, n. 5606 del 10/01/2007, Conversa e altro, Rv. 23618101).
1.3. E' risultato accertato che A.P. era precipitato nel vuoto, atterrando sul solaio sottostante, perché, mentre indietreggiava camminando sul tetto, aveva appoggiato il piede sull'apertura del lucernario; la dinamica dell'evento lesivo è pacifica e confermata dal preposto F.V., ricostruita dagli ufficiali di Pg intervenuti sul posto oltre che riscontrata dal tipo di lesioni riportate dalla persona offesa. E' stato accertato inoltre che il Pos non conteneva alcuna disposizione affinchè gli operai effettuassero le lavorazioni sul tetto in condizioni di sicurezza, laddove fossero presenti aperture; la persona offesa non aveva svolto corsi di formazione e addestramento; l'A.P., che aveva il compito di tagliare i pannelli per la coibentazione, era la prima volta che effettuava lavori in quota ed era privo di formazione ed addestramento specifici; non gli erano stati forniti dispositivi di protezione e coibentazione. I Giudici di merito hanno accertato che il tetto era solido ma dovevano essere predisposte misure di protezione prima di procedere all'esecuzione di lavori in quota; tra l'altro sul tetto era stato steso un telo di plastica nero per la protezione dalla pioggia e ciò impediva la vista dei lucernari realizzati, a chi, come la persona offesa, si trovasse ad appoggiare inavvertitamente il piede proprio in corrispondenza dell'apertura. Necessariamente il pos avrebbe dovuto prevedere parapetti intorno alla aperture o tavolati di copertura o trabattelli fissi, ancorati al solaio sottostante, così come prescritto dal funzionario dello Spesai di Sassari.
1.4. Con riguardo alla posizione di garanzia assunta dall' imputato la decisione non presenta alcuno dei vizi dedotti.
La Corte territoriale ha ripercorso i termini fattuali della vicenda chiaramente ricostruiti dal primo giudice dopo una lunga istruttoria, ha valutato l'attendibilità della dichiarazioni circostanziate e riscontrabili della persona offesa, senza alcuna formazione né informazione specifica e senza i necessari dispositivi di protezione individuale o collettiva.
Da quanto sopra la sentenza di merito ha tratto plausibili considerazioni sia in ordine alla sussistenza di profili colposi a carico dell' imputato, sia in ordine alla configurabilità del nesso causale fra le omissioni addebitate e l'evento, avuto riguardo alla concreta verificazione del rischio che la normativa cautelare violata intende neutralizzare, secondo una ponderata valutazione di merito, priva di errori di diritto, come tale insindacabile in cassazione.
Invero, è stato affermato da questa Corte che per tutte le lavorazioni che comportano attività in quota e che possono, in conseguenza, determinare fatali cadute dall'alto, risponde ai generali principi di diligenza e di prudenza, che, chiunque assuma, in qualsiasi momento ed in qualsiasi occasione, una posizione di garanzia rispetto ad un'attività di lavoro, debba operare per prevenire ogni prevedibile ed evitabile rischio e per garantire la sicurezza del luogo di lavoro. (Sez. 4, n. 21268 del 03/10/2012 Ud. (dep. 17/05/2013) Rv. 255277 - 01).
In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, ha l'obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod. civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro. Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014 Ud. (dep. 29/01/2015 ) Rv. 263200 - 01.
Infine, va ricordato che per configurare la responsabilità del datore di lavoro non occorre che sia integrata la violazione di specifiche norme dettate per la prevenzione degli infortuni stessi, essendo sufficiente che l'evento dannoso si sia verificato a causa dell'omessa adozione di quelle misure ed accorgimenti imposti all'imprenditore dall'art. 2087 cod. civ. ai fini della più efficace tutela dell'integrità fisica del lavoratore (Sez.4, n. 9745 del 12/11/2020 Ud. (dep. 11/03/2021 ) Rv. 280696 - 02
1.5. Quanto al motivo relativo al comportamento anomalo del lavoratore la Corte territoriale ha argomentato che il B.M. dispose che A.P., che non aveva alcuna formazione specifica in relazione alle lavorazioni da compiersi sul tetto, andasse ad aiutare gli altri operai nel cantiere sapendo che doveva tagliare i pannelli di lana e roccia per i colleghi che dovevano effettuare la coibentazione e che questa operazione doveva necessariamente svolgersi a fianco degli altri operai e quindi sul tetto di un terzo piano di un palazzo situato a 12 metri da terra. Compito del titolare della posizione di garanzia è evitare che si verifichino eventi lesivi dell'incolumità fisica intrinsecamente connaturati all'esercizio di talune attività lavorative, anche nell'ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti ad eventuali negligenze, imprudenze e disattenzioni dei lavoratori subordinati, la cui incolumità deve essere protetta con appropriate cautele. Il garante non può, infatti, invocare, a propria scusa, il principio di affidamento, assumendo che il comportamento del lavoratore era imprevedibile, poiché tale principio non opera nelle situazioni in cui sussiste una posizione di garanzia (Cass., Sez. 4., 22-10-1999, Grande, Rv. 214497),in quanto il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l'incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti dalle sue stesse imprudenze e negligenze o dai suoi stessi errori, purché connessi allo svolgimento dell'attività lavorativa (Cass., Sez. 4, n. 18998 del 27-3-2009, Rv. 244005). Ne deriva che il titolare della posizione di garanzia è tenuto valutare i rischi e a prevenirli e la sua condotta non è scriminata da eventuali responsabilità dei lavoratori (Cass., Sez. 4, n. 22622 del 29-4-2008, Rv.240161). Da ciò consegue che non può essere ravvisata, nel caso di specie, interruzione del nesso causale dal comportamento del lavoratore che è salito sul tetto per svolgere le proprie mansioni ed è precipitato nel vuoto, benchè fosse stato reso edotto dai colleghi della presenza di lucernari, in quanto le aperture erano occultate alla vista dal telone nero di copertura e non erano state realizzate nessuna delle opere di sicurezza previste che avrebbero evitato l'evento.
1.6. Quanto al motivo della mancata rinnovazione istruttoria e della omessa acquisizione dei verbali utilizzati per le contestazioni ai testi Delogu e A.P. la decisione impugnata si pone nel solco tracciato dal consolidato orientamento di questa Corte: in tema di giudizio di appello - poiché il vigente codice di rito pone una presunzione di completezza della istruttoria dibattimentale svolta in primo grado - la rinnovazione, anche parziale, dell'istruttoria ha carattere eccezionale e può essere disposta solo qualora il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti. Pertanto, mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificamente motivata, occorrendo dar conto dell'uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, nel caso di rigetto, essa può essere sorretta anche da motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione - in senso positivo o negativo - sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (cfr. sez. 5 n. 6379 del 17/3/1999, Bianchi F. ed altri, Rv. 213403; n. 8891 del 16/5/2000, Callegari F., Rv. 217209; sez. 1 n. 19022 del 10/10/2002, dep. 2003, Di Gioia, Rv. 223985; n. 38177 del 11/10/2002, Giovannei/i, Rv. 222469; sez. 6 n. 22526 del 17/2/2003, Tateo, Rv. 226295; sez. 5 n. 13767 del 18/3/2003, Prospero e altro, Rv. 225633; sez. 6 n. 5782 del 18/12/2006, dep. 2007, Gagliano, Rv. 236084). Tali principi sono stati anche successivamente ribaditi (cfr. sez. 5 n. 15320 del 10/12/2009, dep. 2010, Pacini, Rv. 246859; sez. 3 n. 24294 del 21/5/2010, D.5.8., Rv. 247872; sez. 6 n. 30774 del 16/7/2013, Trecca, Rv. 257741; n. 11907 del 13/12/2013, dep. 2014, Coppola, Rv. 259893; n. 40496 del 21/5/2009, Messina e altro, Rv. 245009, in cui si è precisato che il rigetto dell'istanza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello si sottrae al sindacato di legittimità quando la struttura argomentativa della motivazione della decisione di secondo grado si fondi su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità).
1.7. . Sul punto dell'applicazione dell'art. 500 cod.proc. pen. la Corte territoriale ha ben precisato che le testimonianze dibattimentali di A.P. e D. non hanno palesato discrasie sostanziali rispetto alle sommarie informazioni testimoniali rese in sede di indagine e conseguentemente nessuna acquisizione dei verbali di sommarie informazioni doveva essere disposta.
1.8. Sul punto della mancata contestazione della omessa previsione nel pos va ricordato - ancora una volta alla stregua del diritto vivente - che ai fini della sussistenza di una violazione del principio di correlazione di cui all'art. 521 cod. proc. pen. non è sufficiente qualsiasi modificazione dell'accusa originaria, ma è necessaria una modifica che pregiudichi la possibilità di difesa dell'imputato. Pertanto, la violazione non sussiste quando nel capo di imputazione siano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l'imputato in condizioni di difendersi dal fatto successivamente ritenuto in sentenza, da intendersi come accadimento storico oggetto di qualificazione giuridica da parte della legge penale, che spetta al giudice individuare nei suoi esatti contorni (cfr. sez. 5 n. 7984 del 24/9/2012, dep. 2013, RV. 254648). Tali principi sono coerenti con quelli costituzionali racchiusi nella norma di cui al novellato art. 111 Costituzione, ma anche con l'art. 6 della Convenzione E.D.U., siccome interpretato, in base alla sua competenza esclusiva, dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a partire dalla nota pronuncia Drassich c. Italia (cfr. CEDU 2 sez. 11 dicembre 2007); ma anche, più di recente, con la pronuncia del 22 febbraio 2018, Drassich c. Italia (n.2), con la quale la Corte di Strasburgo ha escluso la violazione dell'art. 6 cit. nel caso in cui l'interessato abbia avuto una possibilità di preparare adeguatamente la propria difesa e di discutere in contraddittorio sull'accusa alla fine formulata nei suoi confronti.
Nel caso in esame, è evidente come difetti una lesione del diritto di difesa, alla cui salvaguardia il principio di correlazione è direttamente funzionale, non riuscendosi neppure ad apprezzare un rapporto di eterogeneità del fatto ritenuto rispetto a quello contestato (sez. 6, n. 10140 del 18/2/2015, Bossi e altro, Rv. 262802) che ha riguardo alla previsione e messa in opera dei necessari apprestamenti atti a garantire l'incolumità dei lavoratori prima di procedere all'esecuzione di lavori su un tetto.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.




P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 19.10.2021


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