Cassazione Penale, Sez. 4, 15 settembre 2021, n. 33989 - Caduta al suolo durante lo smontaggio degli isolatori di i tralicci. Diversità di contenuti tra PSC e POS
Fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d'appello di Torino ha parzialmente riformato quella pronunciata dal Tribunale di Aosta nei confronti di R.G., G.S. e V.U. e della R.G. SPA, i primi tre giudicati responsabili del reato di omicidio colposo plurimo avendo cagionato la morte del lavoratore D.R.D. e lesioni colpose personali colpose a C.D.S., commettendo il fatto con violazione di norme in materia di prevenzione degli infortuni, e condannati alla pena per ciascuno ritenuta equa, nonché condannato l'ente per l'illecito di cui all'articolo 25-septies d.lgs. n. 81/2008, con l'inflazione delle pene ritenute eque. La Corte d'appello ha assolto il G.S. dal reato a lui a scritto e la R.G. SPA dall'illecito contestatole, confermando nel resto la condanna degli ulteriori imputati, ai quali ha tuttavia applicato il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Secondo l'accertamento condotto dai giudici di merito, il 14 luglio 2009 quattro dipendenti della R.G. SPA erano saliti su un traliccio posto nella stazione elettrica di T. SPA sita in Avise, dove dovevano rimuovere, in forza di un contratto stipulato tra la R.G. e la T., le colonnine degli isolatori situati a 14 metri di altezza. In particolare il D.R.D. e il C.D.S., mentre stavano operando sul traliccio porta sezionatori di destra poggiando i piedi sulla trave in acciaio che costituiva il basamento inferiore sul quale erano infissi gli isolatori, essendo assicurati con un cordino di stazionamento al colonnina isolatore che stavano smontando, per lo spezzarsi del colonnina medesimo precipitavano al suolo, con gli esiti che si sono già ricordati.
Il Tribunale individuava la colpa degli imputati nell'aver consentito o comunque non avere impedito nelle rispettive posizioni di garanzia, la R.G. datore di lavoro, il V.U. coordinatore per la progettazione e l'esecuzione dei lavori, l'impiego di tecniche di smontaggio degli isolatori di tralicci in contrasto con quelle stabilite dal piano di sicurezza e di coordinamento adottato dalla committente T., il quale prevedeva l'uso di apposita piattaforma aerea e non anche del solo sistema di ancoraggio a fune, così come invece previsto dal piano operativo di sicurezza redatto dalla R.G. SPA. Il Tribunale riteneva che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice sia tenuto all'osservanza delle previsioni del piano di sicurezza di coordinamento e non vi possa derogare né possa impartire direttive contrastanti ad esso; cosa che nel concreto era stata fatta attraverso il Pos.
La Corte d'appello, per quel che qui rileva, ha ribadito le valutazioni del primo giudice innanzitutto confermando la diversità tra i contenuti pertinenti del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano operativo di sicurezza. In secondo luogo ha ritenuto, sulla base degli articoli 91, 96 e 97 del decreto legislativo 81 del 2008 che il Pos deve raccordarsi e giammai porsi in difformità o in contrasto col piano di sicurezza e di coordinamento. Ha anche replicato alla difesa del V.U., per la quale il piano di sicurezza e di coordinamento prevedeva nel caso di specie l'uso di dispositivi di protezione individuale, che in realtà la previsione dell'utilizzo di dispositivi di protezione individuale non era prospettata come alternativa all'utilizzo della piattaforma, previsto per il tipo di lavorazione durante il quale era occorso il sinistro, ma in aggiunta ad essa.
2. Ha proposto ricorso per la Cassazione della sentenza appena sintetizzata V.U., a mezzo del difensore di fiducia avvocati Giorgio C. e Luigi F., articolando una pluralità di motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di legge lamentando che la Corte d'appello non ha esaminato il tema della vigilanza svolta dal coordinatore per la sicurezza sull'osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza e di coordinamento durante l'esecuzione dei lavori. In particolare, si sostiene che il fatto di trovare che il PSC e il POS contemplino due metodi di lavoro diversi non significa che è stato violato l'obbligo di rendere i due documenti coerenti, perché potrebbe darsi che l'uso della piattaforma e l'uso di funi fossero compatibili e non reciprocamente esclusivi. Non è stato dimostrato che una delle due previsioni cautelari fosse in violazione di legge e quindi non attuabile.
2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio della motivazione per aver la Corte di appello sovrapposto e confuse le figure del coordinatore di cantiere per la sicurezza e quella del datore di lavoro, tanto da pronunciarsi su entrambe le posizioni con un'unica motivazione nonostante la diversità dei ruoli. Da ciò discende la genericità della motivazione con riferimento al V.U., in specie a riguardo delle omissioni a lui ascritte.
Dopo aver richiamato alcuni principi stabiliti dalla Corte di Cassazione con riferimento ai doveri del coordinatore per l'esecuzione, gli esponenti affermano che non rientrava nei compiti del V.U. quello di controllare momento per momento lo svolgimento dei lavori, avendo egli piuttosto il compito di verificare ex ante l'idoneità delle misure predisposte, cosa che venne fatta; si lamenta, inoltre, che i giudici di merito abbiano valutato solo parzialmente le risultanze processuali e fatto affermazioni meramente assertive, con riferimento al fatto che il V.U. non si sarebbe interessato della valutazione in ordine alla congruità delle previsioni del POS al PSC, senza considerare che tale decisione poteva essere derivata da un'attenta valutazione circa le concrete difficoltà ed i pericoli connessi all'utilizzo di una piattaforma aerea nel cantiere di cui trattasi; circostanza questa dimostrata da tutte le relazioni peritali prodotte. Vengono riportati alcuni passi della perizia effettuata dal professor Macchiaroli per poi concludere che di esse non è stata fatta alcuna valutazione nella sentenza impugnata.
Si rileva poi che la Corte d'appello ha malinteso la prospettazione difensiva a base del giudizio di imprevedibilità della rottura del colonnino, che era stata prospettata perchè la crepa si trovava in un punto in cui era difficile accorgersene e anche per la rarità del tipo di difetto, così come affermato dai tecnici. La Corte distrettuale ha anche ignorato le evidenze probatorie che documentavano come le ispezioni fossero sempre state puntualmente effettuate senza rilevare difetti; ispezioni, del resto, alle quali ha fatto riferimento la stessa Corte di appello, così entrando in contraddizione con se stessa.
Si censura che sia stata affermata l'incompletezza e l'insufficienza delle ispezioni effettuate riferendole indistintamente al datore di lavoro, che si reputa soggetto obbligato ad eseguirle, e al coordinatore per l'esecuzione.
Si giudica immotivata anche la motivazione in punto di diniego del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla riconosciuta circostanza aggravante.
La Corte d'appello non ha considerato lo stato di incensuratezza del V.U. ed anzi ha evidenziato i precedenti specifici che però sono a carico della R.G.; peraltro così entrando in contraddizione con se stessa avendo per un caso valorizzato in termini negativi i precedenti specifici e dell'altro omesso di considerare favorevolmente l'assenza di quei precedenti.
Ci si lamenta dell'omessa motivazione in merito alla quantificazione della pena perché non indicati i metodi di calcolo della stessa e della mancata declaratoria di estinzione per effetto della intervenuta prescrizione del reato di lesioni personali gravissime, la quale non doveva essere omessa nonostante sia stata contestata e ritenuta l'ipotesi di cui all'articolo 589 comma 4 cod. pen.
3. Ha proposto ricorso per la cassazioni della sentenza anche R.G., a mezzo del difensore di fiducia avv. Stefano L..
2.1. La ricorrente si duole della mancanza di motivazione nella parte in cui si afferma che i lavori potevano essere compiuti utilizzando una piattaforma telescopica, senza spiegare le ragioni di tale asserzione ed anzi non considerando quanto rappresentato in giudizio dai consulenti tecnici; il prof. Macchiaroli e l'ing. Giulietta avevano affermato che il ricorso ad una piattaforma avrebbe richiesto l'utilizzo di quattro autocarri; cosa però non praticabile, alla luce dello spazio a terra disponibile. Anche le caratteristiche dello spazio in quota, secondo l'esperto, non consentivano di ricorrere alla piattaforma, stante il groviglio di cavi in sospensione. Pertanto l'unica precauzione possibile era quella di vincolarsi a strutture fisse.
Si denuncia anche la manifesta illogicità della motivazione laddove il giudice di merito ha affermato che la misura adottata era macroscopicamente inadeguata non perché carente per ragioni oggettive o tecniche ma perché richiedeva la verifica della stabilità della struttura da parte degli stessi lavoratori. Motivazione anche contraddittoria perché mentre tal ultima affermazione si accompagna all'altra secondo la quale l'obbligo di eseguire siffatta verifica era del titolare della posizione di garanzia, che è stato identificato nel capo cantiere (e per tale motivo la Corte di appello ha assolto il G.S., direttore tecnico della R.G. s.p.a.).
Diritto
4. Il ricorso del V.U. è fondato nel motivo che concerne la omessa dichiarazione di estinzione del reato di lesioni personali colpose; ai sensi dell'art. 587 cod. proc. pen., la conseguente statuizione si estende anche alla coimputata, stante il carattere oggettivo del motivo di annullamento parziale della sentenza qui impugnata.
Nel resto i ricorsi, che possono essere trattati unitariamente, sono infondati, per le ragioni che si esporranno di seguito.
4.1. Con il primo motivo di ricorso del V.U. si è formulata un'affermazione condivisibile, ovvero che un'eventuale difformità del POS rispetto al PSC non è di per sé dimostrativa della violazione della regola cautelare che doveva trovare doverosa osservanza nel caso di specie. Ciò perché il giudizio di responsabilità per colpa richiede che si sia violata la regola cautelare la cui osservanza nel caso di specie sarebbe risultata in grado di evitare l'evento. Lo impongono i principi che la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo consolidato in tema di causalità della colpa.
Tuttavia, per le medesime ragioni non è sufficiente rappresentare che la difformità non equivale a violazione della regola cautelare del caso; occorre dimostrare, nei gradi di merito, che la regola contenuta nel POS fosse quella più efficace per il caso concreto.
Al V.U. è stato ascritto di non aver verificato la idoneità del POS della R. s.p.a. e così di aver contribuito all'esecuzione dei lavori di demolizione del traliccio mediante sistemi di accesso e di posizionamento che contemplavano l'uso di funi anziché piattaforme aeree. Idoneità che può fondatamente presumersi insussistente, posto che il PSC indicava il diverso sistema incentrato sull'uso della piattaforma; sistema, quest'ultimo, del quale non si è mai posta in discussione la attitudine a rendere sicuro lo svolgimento dei lavori (risultando piuttosto contestata, come si scriverà, la sua concreta messa in esecuzione).
Orbene, che la discrasia tra il PSC ed il POS sia frutto di una effettiva valutazione è solo congetturato dal ricorrente, e per di più evocando una diversa ricostruzione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Di essa non vi è traccia nella decisione impugnata e nello stesso ricorso. Pertanto, rimarcare che compito del coordinatore per la sicurezza è quello di svolgere un'alta vigilanza sull'andamento dei lavori è almeno privo di pertinenza rispetto al nucleo della condotta ascritta al V.U..
4.2. A questo punto viene in considerazione quanto si prospetta nel ricorso della R.G. a riguardo della impossibilità di dare concreta attuazione a quanto previsto nel PSC, ovvero di utilizzare la piattaforma.
Le censure al riguardo non colgono il segno. Esse risultano persino aspecifiche, perché non si confrontano con la motivazione impugnata, che considera la circostanza, evidenziando che l'impossibilità di fare ricorso alla piattaforma, attuando quindi la cautela prevista nel PSC, avrebbe dovuto comportare la rappresentazione della circostanza alla società committente, per l'identificazione di soluzioni alternative. Come già colto dal Tribunale, l'art. 100, co. 5 d.lgs. n. 81/2008 prevede che "L'impresa che si aggiudica i lavori ha facoltà di presentare al coordinatore per l'esecuzione proposte di integrazione al piano di sicurezza e di coordinamento, ove ritenga di poter meglio garantire la sicurezza nel cantiere sulla base della propria esperienza". Anche se la disposizione menziona una facoltà è da ritenere che il datore di lavoro che abbia individuato correttamente una misura che garantisce la sicurezza del lavoro non assicurata o meno assicurata dalle previsioni del PSC debba attivarsi per farla adottare, siccome richiesto dal dovere di diligenza del quale è gravato in qualità di gestore del rischio lavorativo.
Ne consegue che la censura di una omessa motivazione con riferimento al contributo reso dai periti si rivela non decisiva, perché anche a ritenere che - a seguito della sollecitazione del coordinatore - la misura disposta sarebbe stata quella concretamente messa in opera dai lavoratori della R.G. s.p.a., è accertato che non era stata previamente verificata la condizione di integrità e quindi di stabilità degli isolatori, ancorché siffatto genere di manufatto manifesti difetti dopo circa dieci anni dalla posa in opera (quello fratturatosi risaliva al 1956).
L'obbligo di verifica preventiva certamente gravava principalmente sul datore di lavoro; ma faceva capo anche al coordinatore per la sicurezza siccome strumentale alla individuazione delle modalità di lavoro maggiormente sicure. Compito, quest'ultimo, che nello specifico il V.U. aveva assunto prevedendo l'uso della piattaforma.
A tal proposito è infondato anche il rilievo di una contraddittorietà della motivazione laddove affronta il tema delle ispezioni agli isolatori. Per replicare alle osservazioni difensive che segnalavano l'assenza di segnalazioni di difetti degli isolatori nonostante le ispezioni, la Corte di appello ha dato atto che risultavano eseguiti alcuni controlli (negli anni 2001, 2004, 2008) ma ha ritenuto che essi fossero stati svolti in modo inadeguato perché le crepe successivamente rilevate avevano raggiunto dimensioni significative. Qui si innesta l'ulteriore rilievo che attiene alla non percepibilità delle crepe ove ispezionate, con conseguente 'imprevedibilità' dell'evento; rilievo che però trova replica in quanto appena esposto. In altri termini, le conoscenze in ordine al ciclo di integrità del corpo degli isolatori avrebbe dovuto determinare la previa verifica della loro condizione.
4.3. I rilievi che il V.U. opera a riguardo del giudizio di bilanciamento delle concorrenti circostanze eterogenee e del trattamento sanzionatorio sono manifestamente infondati. Vale rammentare che, in generale, la determinazione della pena è adeguatamente motivata già con il richiamo agli indici previsti dall'art. 133 cod. pen. e che solo una pena che si avvicini o superi la misura mediana della pena richiede una più dettagliata motivazione. La giurisprudenza di legittimità insegna, infatti, che nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016 - dep. 15/09/2016, Rignanese e altro, Rv. 267949).
Con specifico riferimento al corredo circostanziale va osservato che il giudizio con il quale il giudice di merito apprezza l'entità dell'intero fatto circostanziato in rapporto agli elementi ed alle circostanze che lo compongono, al fine di determinare il grado di responsabilità dell'imputato e l'adeguatezza della pena, rientra nell'ambito della discrezionalità dello stesso giudice e per esso non è richiesta una analitica esposizione dei criteri di valutazione adottati, ma è sufficiente la sola indicazione degli elementi scelti per la formazione del giudizio stesso e della eseguita valutazione delle circostanze che concorrono nel reato, in modo che risulti che il giudice, nell'espressione del suo globale giudizio, abbia tenuto conto di tutte le componenti del fatto criminoso (Sez. 2, n. 4831 del 15/02/1984, dep. 24/05/1984, Lecci, Rv. 164368; Sez. 1, n. 6034 del 11/04/1995
- dep. 25/05/1995, La Marca, Rv. 201433). Sicchè il giudice del merito, con la enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell'art. 133 cod. pen., assolve adeguatamente all'obbligo della motivazione: tale valutazione, infatti, rientrn nella sua discrezionalità e non postula una analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, dep. 26/03/2008, Gasparri e altri, Rv. 239754). Allorquando venga in considerazione la motivazione del giudizio di bilanciamento di circostanze eterogenee, l'insegnamento è pertanto quello dell'insussistenza di un vizio di motivazione ove il giudice di appello, nel formulare il giudizio di comparazione, dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell'art. 133 cod. pen. e gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di segno opposto. (Sez. 2, n. 3610 del 15/01/2014 - dep. 24/01/2014, Manzari e altri, Rv. 260415) Ciò vale sempre che non vi sia stata una specifica richiesta della parte, con indicazione di circostanze di fatto tali da legittimare la richiesta di bilanciamento di circostanze eterogenee (Sez. 7, n. 11210 del 20/10/2017 - dep. 13/03/2018, Z, Rv. 272460).
Nel caso che occupa la Corte di appello ha sostenuto il giudizio di congruità di una pena determinata anche attraverso il giudizio di equivalenza delle concorrenti circostanze del reato con il riferimento alla gravità della negligenza ascrivibile al V.U., che si era disinteressato delle caratteristiche dei luoghi ove dovevano essere svolti i lavori e dei componenti del traliccio, oltre che di verificare la congruità del POS al PSC. Non ha errato, la corte distrettuale, nell'evocare i precedenti penali specifici, riferiti esclusivamente alla R.G..
5. Come si è osservato in apertura, il reato di lesioni personali colpose risulta estinto perché decorso il termine massimo di prescrizione, pur tenuto conto della verificatasi sospensione di esso per taluni periodi. Detto termine va determinato avuto riguardo alla pena prevista dall'art. 590 cod. pen., non avendo rilievo sotto tale profilo la speciale disciplina dettata dall'ultimo comma dell'art. 589 cod. pen. che, come costantemente ribadito da questa Corte, unifica i reati esclusivamente quoad poenam (per un'applicazione si veda, tra le altre: Sez. 4 - , Sentenza n. 29439 del 13/11/2019, dep. 23/10/2020, Rv. 280830 - 01, per la quale "il raddoppio dei termini di prescrizione previsto dall'art. 157, comma sesto, cod. pen., in relazione all'ipotesi di cui all'art. 589, comma quarto, cod. pen., trova applicazione esclusivamente alle fattispecie di omicidio colposo plurimo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale o sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro").
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di lesioni colpose, perché estinto per prescrizione.
A fronte della specifica richiesta avanzata dal difensore della R.G. va precisato che il fenomeno estintivo non si è determinato per il reato di omicidio colposo aggravato, per il quale il termine massimo di prescrizione è superiore a diciassette anni e non è pertanto decorso, essendo stato commesso nell'anno 2009.
Dalla assunta statuizione discende, altresì, la necessità che la pena venga nuovamente determinata. Secondo la giurisprudenza di legittimità, la Corte di cassazione, qualora non siano necessari nuovi accertamenti di fatto, può procedere direttamente alla rideterminazione della pena, ai sensi della nuova formulazione dell'art. 620, lett. I), cod. proc. pen., come sostituito dall'art. 1, comma 67, legge n. 103 del 2017, sulla base degli elementi di fatto che emergono dal giudizio di merito (Sez. 6, Sentenza n. 12391 del 18/01/2018, Rv. 272458 -
8 01). Nel caso di specie tale operazione che non può essere eseguita da questa Corte, mancando un esplicito apprezzamento da parte della corte di merito degli elementi di fatto specificamente concernenti il reato di lesioni. Va quindi disposta la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Torino, altra sezione, per la definizione del trattamento sanzionatorio.
6. Non può essere adottata da questa Corte alcuna determinazione a riguardo della richiesta di dissequestro o alla nomina di nuovo custode dei beni in sequestro, pur sollecitata da entrambi i ricorrenti, competendo la stessa al giudice del merito (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 1027 del 05/03/1996, Rv. 204281 - 01).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'art. 590 c.p. perché estinto per prescrizione. Rigetta i ricorsi nel resto. Dispone rimettersi gli atti alla Corte di appello di Torino, altra sezione, per la determinazione della pena.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3/6/2021.