Cassazione Penale, Sez. 3, 30 luglio 2020, n. 23170 - Infortunio al dipendente comunale e responsabilità del Sindaco. Intimazione al pagamento

sentenze cassazione sicurezza lavoro
2020

1. Il Tribunale di Patti con sentenza del 20 febbraio 2019 ha assolto C.B. dal reato ascrittogli (art. 81, cod. pen., 29, comma 1, 17, comma 1 bis, 18 comma 1-b, 55, comma 5-c, d. lgs. n. 81 del 2008, perché in qualità di Sindaco pro tempore del Comune di Caronia, pur avendo adempiuto alle prescrizioni impartite con verbale n. 765/13 bis non provvedeva al pagamento previsto dall'art. 21 comma 2, d. lgs. 758/1994 e notificato allo stesso in data 13 luglio 2015; commesso il 13 agosto 2015.
2. La Procura Generale presso la Corte di appello di Messina ha proposto appello, trasmesso a questa Corte di Cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2. 1. Per la sentenza impugnata non c'era la prova che l'imputato fosse alla data della notifica dell'intimazione del pagamento (13 luglio 2015) ancora il Sindaco del Comune interessato. Potevano, sul punto, attivarsi i poteri dell'art. 507 cod. proc. pen. e acquisire la prova. L'imputato al 13 luglio 2015 era, infatti, ancora il Sindaco del Comune in oggetto.
Per la sentenza impugnata l'intimazione del pagamento andava notifica nella residenza dell'imputato e non nel Comune; ciò risulta errato in quanto il provvedimento riguardava l'imputato quale Sindaco del Comune (l'infortunio sul lavoro che aveva cagionato gli accertamenti era, infatti avvenuto ad un dipendente del Comune).
Inoltre, il Comune aveva richiesto due proroghe per gli adempimenti; proroghe notificate al Comune nella persona dell'imputato, quale Sindaco.
Ha chiesto quindi l'annullamento della decisione impugnata.




Diritto





3. Il ricorso risulta inammissibile in quanto in fatto e senza motivi di legittimità.
Con l'appello trasmesso a questa Corte di Cassazione la Procura Generale presso la Corte di appello di Messina richiede l'ammissione di prove (ex art. 603 cod. proc. pen.) relative al merito della vicenda; inoltre critica la mancata attivazione del giudice ex art. 507 cod. proc. pen.
Circostanze tutte tipiche di un giudizio di merito, non rilevanti in sede di legittimità in assenza di motivi specifici di diritto.
Del resto, "In tema di ammissione di nuove prove ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen., le nuove prove, rispetto a quelle inizialmente richieste dalle parti, sono soggette ad una più penetrante e approfondita valutazione della loro pertinenza e rilevanza che è correlata alla più ampia conoscenza dei fatti di causa già acquisita da parte del giudice, pertanto l'omesso esercizio di tale potere-dovere può essere sindacato in sede di legittimità, ma in limiti più ristretti rispetto al potere di ammissione delle prove a richiesta di parte, richiedendosi una manifesta assoluta necessità della trascurata assunzione probatoria, emergente dal testo della sentenza impugnata" (Conf. n. 724 del 1993, Rv. 196218). (Sez. 4, n. 8083 del 08/11/2018 - dep. 25/02/2019, CRISTIANO PIERANGELO, Rv. 27514901).



P.Q.M.




Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 9/06/2020


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