Cassazione Penale, Sez. 3, 27 ottobre 2020, n. 29818 - Certificato di prevenzione incendi. La violazione della procedura amministrativa da parte dell'organo di vigilanza non è causa di improcedibilità dell'azione penale
1. Con l'impugnata sentenza, il Tribunale di Rimini ha dichiarato la penale responsabilità di F.A., in relazione al reato di cui all'art. 20 comma 1 del d.lgs 8 marzo 2006, n. 139, perché, quale legale rappresentante della società Gruppo Alfad srl, ometteva di richiedere il rilascio del certificato di prevenzione incendi. In Rimini, il 25 novembre 2016.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso, nell'interesse dell'imputato, il suo difensore, deducendo quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di cui art. 606, comma 1, lett. c) ed e) cod. proc. pen. in relazione all'art. 178 comma 1 lett. c) cod.proc.pen., mancata valutazione della memoria difensiva depositata avanti al Tribunale di Rimini, ex art. 121 cod.proc.pen., con la quale eccepiva l'omesso avviso all'imputato di poter ricorrere all'oblazione ai sensi del d.lgs n. 758 del 1994, tenuto conto del disposto di cui all'art. 301 del d.lgs n. 81 del 2008, disposizione normativa che avrebbe dovuto trovare applicazione in relazione alla contestazione di cui all'art. 20 comma 1 del d.lvo 8 marzo 2006, n. 139, punita con pena alternativa di arresto o ammenda.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione di cui art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione all'art. 129 cod.proc.pen. e all'omessa pronuncia di sentenza di non doversi procedere per mancanza di condizione di procedibilità dell'azione penale ai sensi del d.lgs n. 758 del 1994.
2.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione di cui art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione all'art. 530 cod.proc.pen. per mancata assoluzione dell'imputato per assenza dell'elemento soggettivo del reato ex art. 43 cod.pen.
2.4. Con il quarto motivo si deduce la violazione di cui art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione all'art. 131 bis cod.pen. e vizio di motivazione sull'esclusione delle condizioni per l'applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
3. Il Procuratore generale ha chiesto, in udienza, il rigetto del ricorso.
Diritto
4. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
Come osservato dalla giurisprudenza consolidata l'omessa considerazione da parte del giudice di una memoria difensiva, non comporta, per ciò solo, una nullità per violazione del diritto di difesa, ma può determinare un vizio della motivazione per la mancata valutazione delle ragioni ivi illustrate (Sez. 3, n. 36688 del 06/06/2019, Rinaldi, Rv. 277667 - 01; Sez. 2, n. 14975 del 16/03/2018, Tropea, Rv. 272542 - 01). Detta omissione può essere fatta valere in sede di gravame come causa di nullità del provvedimento impugnato per vizio di motivazione laddove questa risulta viziata per la mancata considerazione di quanto illustrato con la memoria, in relazione alle questioni devolute con l'impugnazione (Sez. 5, n. 51117 del 21/09/2017, Mazzaferro, Rv. 271600 - 01; Sez. 5, n. 4031 del 23/11/2015, dep. 29/01/2016, Graziano, Rv. 267561 - 01; Sez. 6, n. 18453 del 28/02/2012, Cataldo, Rv. 252713 - 01; Sez. 1, n. 37531 del 07/10/2010, Pirozzi, Rv. 248551 01). Ne consegue che l'omessa considerazione di una memoria difensiva non comporta, per ciò solo, una nullità per violazione del diritto di difesa dell'imputato, ma può rilevare nell'ambito del vizio di motivazione.
Ciò è avvenuto nel caso in esame poiché, sebbene non risulti nel testo del provvedimento impugnato il riferimento alla memoria difensiva con cui si eccepiva l'improcedibilità dell'azione penale con richiesta di sentenza ex art. 129 cod.proc.pen., richiesta riportata nelle conclusioni in epigrafe della sentenza, la questione di stretto diritto, quella per l'appunto dell'improcedibilità dell'azione penale, è stata disattesa dal giudice che ha valutata la questione pur respingendola.
5. Del resto, è sufficiente richiamare i più recenti arresti di legittimità, da cui l'infondatezza del secondo motivo di ricorso con cui il ricorrente ripropone la questione della improcedibilità dell'azione penale per mancanza di condizione di procedibilità ai sensi del d.lgs n. 758 del 1994 e la violazione dell'art. 301 del d.lgs n. 81 del 2008, che, modificando un precedente orientamento, hanno stabilito che la violazione della procedura amministrativa da parte dell'organo di vigilanza non sia causa di improcedibilità dell'azione penale (Sez. 3, n. 7678 del 13/01/2017, Bonanno, Rv. 269140; Sez. 3, n. 19959 del 23/11/2016, Cortiana, non mass; Sez. 3, n. 20562 del 21/04/2015, Rabitti, Rv. 263751; Sez. 3, n. 5864/2011 del 18/11/2010, Zecchino, Rv. 249566; Sez. 3, n. 26758 del 05/05/2010, Cionna e a., Rv. 248097).
In particolare, l'art. 20 del d.lgs. n. 758 del 19 dicembre 1994, le cui disposizioni sono qui applicabili in virtù dell'espresso richiamo contenuto nell'art. 301 d.lgs. 81 del 2008 secondo cui "Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal presente decreto, nonché da altre disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda ovvero la pena della sola ammenda, si applicano le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui agli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758", che prevede, ai commi 1 e 2, che "Allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'art. 55 del codice di procedura penale, impartisce al contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario (comma 1); prescrizione con la quale l'organo può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro (comma 3).
A mente dell'art. 21, rubricato "verifica dell'adempimento", del d.lgs. n. 758 del 1994, entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione (comma 1). E quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell1ammenda stabilita per la contravvenzione accertata. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza comunica al Pubblico ministero l'adempimento alla prescrizione nonché l'eventuale pagamento della predetta somma (comma 2) quando, invece, risulta l'inadempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ne dà comunicazione al Pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione (comma 3).
Ai sensi del successivo art. 23, rubricato "sospensione del procedimento penale", il procedimento penale per la contravvenzione è sospeso dal momento dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen., fino al momento in cui il Pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all'art. 21, commi 2 e 3.
Infine, secondo il disposto di cui all'art. 24, rubricato "estinzione del reato", se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall'art. 21, comma 2, la contravvenzione si estingue e il Pubblico ministero richiede l'archiviazione della notitia criminis.
Muovendo da un'interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina dettata dagli artt. 20 ss. d.lgs. n. 758/1994 anche in relazione all'art. 112 Cost., è stato affermato che la violazione della procedura amministrativa estintiva non può condizionare l'esercizio dell'azione penale. Il contrario orientamento - da ultimo affermato da Sez. 3, n. 37228/2016 del 15/09/2015, Rv. 268050: «in tema di reati contravvenzionali in materia di legislazione sociale e lavoro, l'omessa fissazione da parte dell'organo di vigilanza di un termine per la regolarizzazione, come previsto dall'art. 20, comma primo, D.Lgs. 19 dicembre 1994 n. 758, è causa di improcedibilità dell'azione penale» - appare infatti incompatibile con il principio di obbligatorietà dell'azione penale.
Ma non solo, in caso di mancato perfezionamento della procedura il contravventore ben può fruire dell'estinzione del reato in sede giudiziaria nella stessa misura agevolata.
Infatti, come ricordato da Sez. 3, n. 3671 del 30/11/2017, Vallone, Rv. 272454 - 01, in tema di sicurezza ed igiene del lavoro, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 19 e ss. d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, l'organo di vigilanza deve ammettere il contravventore al pagamento della sanzione amministrativa, con effetto estintivo del reato contravvenzionale, anche in caso di tempestiva eliminazione delle sue conseguenze dannose o pericolose con modalità diverse da quelle stabilite nella prescrizione di regolarizzazione. (In motivazione, la Corte ha altresì escluso che la violazione di tale obbligo da parte dell'autorità di vigilanza sia causa di improcedibilità dell'azione penale, potendo l'imputato estinguere il reato mediante oblazione in sede giudiziaria ai sensi dell'art. 24, comma 3, d.lgs. citato).
6. Ora, quanto al caso in esame, esclusa l'improcedibilità dell'azione penale, il ricorrente non ha allegato, né con la memoria difensiva né con il ricorso per cassazione, di avere richiesto e ottenuto il certificato di prevenzione antincendio, sicchè esclusa l'improcedibilità e la possibilità di fruire dell'estinzione del reato mediante oblazione in sede giudiziaria, per assenza dei presupposti, le censure devolute nel primo e secondo motivo di ricorso non sono fondate.
7. Inammissibile perché sollecita una rivalutazione del merito in punto sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, è il terzo motivo di ricorso. La sentenza impugnata contiene congrua e sufficiente motivazione laddove ha rilevato in capo al ricorrente la colpa per negligenza in presenza di chiaro obbligo normativo conosciuto dal ricorrente in quanto aveva oblazionato le altre contravvenzioni contestate (pag. 4).
8. Connotato da genericità è il quarto motivo di ricorso con cui si censura il diniego di riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen. sul rilievo che, a parere del ricorrente, erano presenti tutti i requisiti previsti dalla legge.
9. Conclusivamente il ricorso si rileva privo di fondamento e va pertanto rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 09/09/2020