Cassazione Penale, Sez. 3, 08 novembre 2021, n. 40063 - Infortunio mortale durante i lavori di cd. "tompagnatura"
Fatto
1. Con ordinanza del 4 aprile 2019 la Corte di Appello di Roma ha dichiarato l'inammissibilità della domanda di revisione proposta da A.E. nei confronti della sentenza del 4 marzo 2013 del Tribunale di Nola, irrevocabile il 9 febbraio 2016, in forza della quale il richiedente era stato condannato alla pena di mesi otto di reclusione, oltre alle statuizioni civili, per il reato di omicidio colposo in danno di V.V..
2. Avverso tale provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione con unico articolato motivo, assumendo il vizio del provvedimento impugnato nella parte in cui questo aveva assunto e considerato la nuova prova, rappresentata da sentenza del Giudice civile in grado di ribaltare il percorso logico dei Giudici di merito e di legittimità, non come elemento insignificante tale da giustificare la declaratoria di manifesta infondatezza ma valutandola in relazione alle prove emerse nel corso del dibattimento.
In tal modo il provvedimento si poneva al di fuori della manifesta infondatezza, la quale invece presupponeva un giudizio prognostico di inaffidabilità ed incoerenza della pretesa nuova prova.
In questo senso, infatti, la Corte territoriale - prendendo atto che nel giudizio civile era emersa l'esistenza di due contratti per le due diverse tipologie di lavori, così arrecando un dato nuovo mai emerso prima e ponendo ulteriori questioni nell'individuazione di una posizione di garanzia del richiedente senza l'esistenza di titolo contrattuale giustificativo aveva invece contraddittoriamente concluso per l'inammissibilità dell'istanza di revisione.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell'inammissibilità del ricorso.
Diritto
4. Il ricorso è inammissibile.
4.1. Per quanto riguarda la sviluppata censura, è stato osservato che in tema di revisione è improprio distinguere una fase rescindente e una fase rescissoria, non essendo più previsto uno stadio della procedura che si concluda con la revoca o l'annullamento della precedente sentenza. Di talché, attesa la espressa previsione, nell'art. 634 cod. proc. pen., come autonoma causa di inammissibilità della richiesta, della "manifesta infondatezza" della medesima, risulta attribuito alla Corte d'appello, nella fase preliminare prevista dalla medesima disposizione, un limitato potere-dovere di valutazione, anche nel merito, della oggettiva potenzialità degli elementi addotti dal richiedente, ancorché costituiti da "prove" formalmente qualificabili come "nuove", a dar luogo ad una necessaria pronuncia di proscioglimento. Appare dunque necessaria e legittima la delibazione prognostica circa il grado di affidabilità e di conferenza dei nova, che non si traduca tuttavia in un'approfondita e indebita anticipazione del giudizio di merito (Sez. 1, n. 29660 del 17/06/2003, Asciutto, Rv. 226140; Sez. 5, n. 11659 del 22/11/2004, dep. 2005, Dimic, Rv. 231138).
4.1.1. In tal senso si presenta del tutto corretta la valutazione espressa dalla Corte territoriale.
Da un lato, infatti, in tema di revisione la prova nuova è quella che, ex art. 630, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., da sola o unitamente a quelle già acquisite, sia idonea a ribaltare il giudizio di colpevolezza dell'imputato (Sez. 2, n. 18765 del 13/03/2018, Buscaglia, Rv. 273028); dall'altro la valutazione preliminare circa l'ammissibilità della richiesta proposta sulla base dell'asserita esistenza di una prova nuova deve avere ad oggetto, oltre che l'affidabilità, anche la persuasività e la congruenza della stessa nel contesto già acquisito in sede di cognizione e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione, tra la prova nuova e quelle esaminate, ancorata alla realtà processuale svolta (Sez. 2, n. 18765 cit., Rv. 273029). Sì che l'esame preliminare della Corte d'appello circa il presupposto della non manifesta infondatezza deve limitarsi ad una sommaria delibazione degli elementi di prova addotti, in modo da verificare l'eventuale sussistenza di un'infondatezza rilevabile ictu oculi e senza necessità di approfonditi esami, dovendosi ritenere preclusa in tale sede una penetrante anticipazione dell'apprezzamento di merito, riservato invece al vero e proprio giudizio di revisione, da svolgersi nel contraddittorio delle parti (Sez. 6, n. 2437 del 03/12/2009, dep. 2010, Giunta, Rv. 245770).
4.1.2. In specie l'ordinanza impugnata ha tratto decisivo argomento circa l'inammissibilità dell'istanza di revisione dalla mera lettura della sentenza civile, che avrebbe dovuto rappresentare la prova nuova idonea ad incidere sul giudizio di colpevolezza.
Al riguardo, infatti, il provvedimento censurato in questa sede ha sottolineato come il giudizio di colpevolezza - in tesi oggetto di revisione - si fosse fondato sulla conoscenza che il ricorrente aveva comunque dello svolgimento dei lavori, iniziati poco tempo dopo quelli riguardanti i lavori strutturali oggetto di specifico contratto pacificamente concluso, e sul ruolo attivo che lo stesso odierno ricorrente aveva assunto rispetto a detto intervento.
Tant'è che la Corte romana ha rievocato la presenza giornaliera dell'A.E. nel cantiere, e, soprattutto, il sollecito nell'esecuzione dei lavori, proprio di quelli che furono all'origine dell'incidente mortale di cui fu vittima il V.V.. Mentre in definitiva non erano state fornite quelle "prove nuove" idonee ad escludere che la fase dei lavori ulteriori fosse avvenuta all'insaputa ovvero contro la volontà dell'A.E. (circostanza per vero ritenuta "illogica" dalla stessa sentenza di questa Corte di legittimità, che aveva rigettato il ricorso dell'odierno istante), sì da escludere l'esistente posizione di garanzia in considerazione altresì delle rilevanti inadeguatezze della ditta esecutrice e del relativo cantiere, anche sotto il profilo dell'assenza di opere a tutela della sicurezza dei lavoratori.
In proposito lo stesso Giudice civile ha avvertito la diversità dei piani, allorché ha ricordato come il verbale ispettivo prodotto avesse riguardato aspetti relativi alla sicurezza sul lavoro, e in detto documento gli opposti erano stati definiti come committenti nella qualità di proprietari dell'immobile. Mai, in altre parole, neppure nel giudizio civile, era emerso un contrasto sul fatto dell'esecuzione dell'intervento e, in definitiva, sull'adesione - se non addirittura sul sollecito - dell'A.E., cioè di colui che aveva la disponibilità giuridica dei luoghi di intervento (cfr. Sez. 4, n. 30557 del 07/06/2016, Carfì e altri, Rv. 267686; cfr. Sez. 3, n. 43608 del 15/09/2015, Rosati, Rv. 265159), e che in definitiva aveva comunque consentito all'esecuzione dei lavori di cd. "tompagnatura", in esito ai quali accadde il sinistro mortale (e di consenso e di mancato governo delle fonti di pericolo ha parlato appunto la decisione di questa Corte, che rigettò il ricorso dell'odierno istante).
D'altronde la stessa sentenza civile ebbe a disattendere la domanda ex contractu di pagamento dei lavori, osservando che non era stata invece proposta neppure domanda di arricchimento (mentre appunto le parti stavano discutendo del solo pagamento dei lavori realizzati, comunque eseguiti, e mai contrastati, a beneficio anche dell'odierno ricorrente).
4.1.3. La Corte territoriale pertanto, in esito a valutazione non illogica e certamente non manifestamente illogica, ha applicato i richiamati principi, ribadendo che - in esito a siffatta cartolare delibazione - alcuna idoneità a ribaltare il giudizio di colpevolezza poteva neppure prospettarsi.
4.1.4. In tema di revisione infatti, anche nella fase rescindente è richiesta una delibazione non superficiale, sia pure sommaria, degli elementi addotti per capovolgere la precedente statuizione di colpevolezza e tale sindacato ricomprende necessariamente il controllo preliminare sulla presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento dell'impugnazione straordinaria (era stata così ritenuta legittima la valutazione della Corte di appello di immediata inconferenza, rispetto all'impianto probatorio già esistente, della prova dedotta come "nuova", verificandone anche l'incapacità a scalfire il ragionamento del giudice della cognizione e le sue ragioni) (Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020, dep. 2021, L., Rv. 280405).
5. Non può quindi che concludersi nel senso dell'inammissibilità del ricorso.
5.1. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in€ 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 01/07/2021