Cassazione Penale, Sez. 1, 22 novembre 2019, n. 47634 - Utilizzo di materiali infiammabili e CPI. Ricorso inammissibile
Fatto
1. Con sentenza emessa in data 2 aprile 2015 il Tribunale di Firenze ha dichiarato A.B. responsabile del reato di cui al D. Lgs. n. 1399 del 2006, art. 20 e lo ha condannato alla pena di 258 euro di ammenda.
Secondo la contestazione A.B., nella qualità di legale rappresentante della s.r.l. R3, aveva omesso di richiedere il certificato di prevenzione incendi mediante segnalazione certificata di inizio attività, benché la società esercitasse attività produttiva comportante impiego di materiali infiammabili.
2. Avverso detta sentenza ha interposto appello, successivamente qualificato come ricorso e trasmesso a questa Corte, il difensore dell'imputato, avvocato Giuseppe C.:
- eccependo l'irritualità della notifica dell'avviso di deposito della sentenza: l'avviso era stato notificato all'imputato, in data 7.5.2018, non presso la sua residenza, ma presso la sede societaria ed era stato ritirato da persona non autorizzata che lo aveva consegnato con grave ritardo all'appellante;
- lamentando la mancata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta oblazione;
- eccependo, infine, l'intervenuta prescrizione.
Diritto
L'impugnazione è fondata su censure manifestamente infondate e va quindi dichiarata inammissibile.
1. Dagli atti processuali, direttamente consultabili da parte di questa Corte in ragione della natura processuale del vizio denunciato, risulta che l'imputato, in data 1.8.2012, eleggeva domicilio presso la ditta "R3" s.r.l., viale Omissis e nel domicilio eletto è stato regolarmente notificato l'avviso di deposito della sentenza. Apodittica è l'affermazione del ritiro dell'atto da parte di soggetto non autorizzato e, comunque, del tutto irrilevante dal momento che l'imputato ha proposto tempestiva impugnazione a mezzo del difensore di fiducia appositamente nominato, come da nomina in atti del 19.6.2018.
2. Il secondo motivo è parimenti inammissibile. La documentazione allegata al ricorso si riferisce a tutt'altra violazione (art. 163 comma 1 D. Lgs. n. 81/2008) per la quale è stata attivata ed eseguita la procedura di estinzione prevista dagli artt. 20 e ss. D.Lvo 19 dicembre 1994 n. 758, per le contravvenzioni in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro.
3. Resta soltanto da aggiungere che, pur tenendo conto dell'avvenuta consumazione della condotta nel 2012, il termine massimo prorogato di prescrizione, pari a cinque anni, è maturato dopo la pronuncia della sentenza impugnata. Poiché l'impugnazione incorre nella sanzione dell'Inammissibilità per la palese infondatezza dei suoi primi due motivi, tale constatazione impedisce in questa sede la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione: come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, l'inammissibilità genetica dell'impugnazione per difetto di specificità o manifesta infondatezza delle censure, oppure perché non consentite nel giudizio di cassazione, non consentendo il formarsi di un valido rapporto d'impugnazione, interdice la possibilità di far valere o rilevare d'ufficio la causa estintiva del reato maturata nelle more della trattazione del ricorso per cassazione (Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266; Sez. U. n. 33542 del 27/6/2001, Cavalera, Rv. 219531; Sez. U. n. 23428 del 22/3/2005, Bracale, Rv. 231164).
4. Non essendo state sollevate altre questioni sul merito della decisione assunta, il ricorso va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si stima equo determinare in euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2019