attrezzature di lavoro

Macchine, apparecchi, utensili o impianti destinati all’attività lavorativa

La sezionefornisce alcune informazioni al fine di prendere le misure necessarie affinché le attrezzature messe a disposizione dei lavoratori nell’impresa o nello stabilimento siano adeguate al lavoro da svolgere o opportunamente adattate a tale scopo, garantendo così la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il loro uso, anche attraverso attività di manutenzione, controllo e verifica al fine di garantire il mantenimento di buone condizioni di salute e sicurezza e di rivelare i deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose e rimediarvi per tempo.

Il d.lgs. 81/08 e s.m.i. definisce nel titolo III capo I l’attrezzatura di lavoro come qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto, inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo, destinato ad essere usato durante il lavoro e prevede una serie di obblighi in capo al datore di lavoro per il suo uso sicuro.
Il significato della definizione in esame ha cercato di circoscrivere quali prodotti utilizzati in un ambiente di lavoro siano da considerarsi effettivamente come attrezzature e quindi soggette alla gestione sicura prevista dal titolo III capo I.

In particolare ha cercato di meglio interpretare quale impianto fosse da considerarsi attrezzatura di lavoro declinando lo stesso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari allo svolgimento di un’attività o all’attuazione di un processo produttivo.

La definizione si presta, però, ancora ad errate interpretazioni e di conseguenza anche gli obblighi del datore di lavoro, sulla scelta/adeguamento dell’attrezzatura di lavoro, sulle relative attività di manutenzione/controllo/verifica e sulle azioni di informazione/formazione/addestramento dell’operatore, possono essere fraintesi.

A titolo esemplificativo nella tabella che segue si elencano alcuni prodotti di uso comune in un ambiente di lavoro distinguendo cosa sia da intendersi attrezzatura di lavoro soggetta al titolo III capo I del d.lgs. 81/08. Ovviamente questa valutazione deve tener conto dello specifico processo che si svolge nell’ambiente di lavoro.

Una volta classificato il prodotto come attrezzatura di lavoro, il datore di lavoro dovrà valutare all’atto  del suo acquisto i requisiti di sicurezza posseduti dalla stessa in base all’articolo 70 del d.lgs. 81/08 e garantire nella messa a disposizione e uso:

l’adozione di misure tecniche e organizzative che riducano al minimo i rischi nell’uso dell’attrezzatura;
la manutenzione e il controllo dell’attrezzatura;
informazione, formazione e addestramento del personale addetto all’uso dell’attrezzatura;
eventuali verifiche periodiche, ove previste.

Scelta e messa a disposizione dell'attrezzatura

Nella scelta dell’attrezzatura di lavoro il datore di lavoro deve tener conto non solo della tipologia del lavoro da svolgere, ma anche delle esigenze in termini di salute e sicurezza necessarie a tutelare i lavoratori che le utilizzano o che ne sono esposti.

Le attrezzature messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi a specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto (marcatura CE, d.lgs. 81/08 art.70).

Nel caso in cui la scelta dell’attrezzatura di lavoro sia avvenuta in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di riferimento o prima della emanazione di norme legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto, l’attrezzatura deve essere conforme ai requisiti generali di sicurezza di cui all’Allegato V del d.lgs. 81/08.

Prima di acquisire un’attrezzatura e di metterla a disposizione dei lavoratori il datore di lavoro effettua la valutazione dei rischi e, quindi, provvede a verificarne la corretta installazione e messa in servizio.
Per le attrezzature di lavoro la cui sicurezza e buon funzionamento sono legati strettamente alle condizioni di installazione, è previsto che il controllo su installazione e messa in servizio si ripeta dopo ogni montaggio in nuovo cantiere o in una nuova località di impianto.

Gli interventi di controllo iniziale e quelli successivi, con cadenza periodica, finalizzati ad assicurare il buono stato di conservazione e di efficienza dell’attrezzatura ai fini della sicurezza, devono essere effettuati da persone competenti. Tali controlli devono essere riportati per iscritto e le registrazioni relative agli ultimi tre anni devono essere conservate e tenute a disposizione degli organi di vigilanza.
Oltre ai controlli sopra citati il datore di lavoro sottopone le attrezzature, che rientrano in quelle elencate nel d.lgs. 81/08 - allegato VII, a verifiche periodiche, la cui frequenza è indicata nell’allegato stesso.

È compito del datore di lavoro anche assicurarsi che l’attrezzatura di lavoro sia utilizzata in conformità alle istruzioni d’uso e che sia sottoposta a regolare manutenzione allo scopo di conservare nel tempo i requisiti di sicurezza. È per questo motivo che ogni attrezzatura di lavoro deve essere accompagnata da un libretto di manutenzione e da istruzioni d’uso.

Allo scopo di evitare che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte e comunque per ridurre al minimo i rischi connessi al loro uso, il datore di lavoro adotta adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle citate nell’allegato VI del d.lgs. 81/08.

Attrezzature marcate CE

La legislazione prevede espressamente che le attrezzature di lavoro marcate CE siano conformi alle specifiche disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto.

Rappresentando esemplificativamente i concetti summenzionati per quanto riguarda la conformità delle attrezzature di lavoro che ricadono nel campo di applicazione della direttiva macchine, essendo queste quelle maggiormente rappresentative, potremmo avere:
macchine, apparecchi, utensili o impianti conformi alle specifiche disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto e dotati di marcatura e dichiarazione di conformità CE. Nel caso più ricorrente ovvero di prodotti rientranti nel campo di applicazione del d.lgs. 17/2010 (disposizione nazionale legislativa e regolamentare di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto sulle macchine) tale conformità è generalmente richiesta dopo il 21/09/1996;
macchine, apparecchi, utensili o impianti immessi sul mercato prima dell’emanazione di specifiche disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto ossia non marcati CE e che hanno subito modifiche "sostanziali": in questo caso se l’attrezzatura di lavoro ha subito, nel corso del suo utilizzo, modifiche "sostanziali", intese come modifiche delle modalità d'utilizzo e delle prestazioni previste dal fabbricante originale, allora deve essere assoggettata dal datore di lavoro a nuova messa in servizio ossia a una nuova procedura di valutazione di conformità prevista dalle direttive comunitarie di prodotto pertinenti. Per le macchine questa è declinata dall’art. 3 del d.lgs. 17/2010 e s.m.i.
Una violazione degli obblighi previsti dall’articolo 70 del d.lgs. 81/08 prevede specifiche sanzioni al datore di lavoro e pertanto questa fase di gestione in sicurezza delle attrezzature di lavoro deve essere seguita in moto attento.

Si precisa che la marcatura CE, comunque, non solleva il datore di lavoro da qualsiasi responsabilità nell’acquisto e nella messa in servizio. Infatti la macchina, pur essendo marcata CE, non deve presentare “carenze palesi” alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, che erroneamente il fabbricante non ha colmato in fase di progettazione e costruzione della stessa. Per la trattazione dettagliata dei vizi palesi e occulti si rimanda alla pagina specifica di questa stessa Area tematica di Conoscere il rischio.

Di seguito in tabella, in linea con quanto già rappresentato, si riportano alcune attrezzature di lavoro specificando la prima disposizione legislativa di recepimento nazionale della relativa direttiva comunitaria di prodotto e la specifica data di applicazione della stessa.

Tabella – data di emanazione di specifiche disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto per specifiche attrezzature di lavoro

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Macchine

Nel caso più ricorrente un’attrezzatura di lavoro è definita come una macchina (es. gru, trapani, presse, linee produttive, ecc) ovvero un insieme equipaggiato o destinato ad essere equipaggiato di un sistema di azionamento diverso dalla forza umana o animale diretta, composto di parti o di componenti, di cui almeno uno mobile, collegati tra loro solidamente per un'applicazione ben determinata.

Questa tipologia di attrezzatura di lavoro deve generalmente essere marcata CE ed essere accompagnata da dichiarazione CE di conformità e da istruzioni (entrambe in lingua italiana) se immessa sul mercato dopo il 21/09/1996.

Il datore di lavoro ha l’obbligo, tra gli altri, di garantire che dette attrezzature siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dal d.p.r. 459/96 e dal d.lgs. 17/2010.

Il mancato rispetto di un requisito di sicurezza costituisce un vizio del prodotto ed è indubbio che si tratti di una responsabilità del fabbricante. Nel caso, però, di vizio palese, infatti, seppure permanga indiscutibilmente detta responsabilità del fabbricante, bisogna anche tenere conto degli oneri in capo al datore di lavoro/utilizzatore per aver selezionato un prodotto non sicuro e averlo messo a disposizione (nel caso di datore di lavoro) dei propri lavoratori.

Per definire cosa debba intendersi per vizio palese, si rimanda alla pagina specifica di questa Area tematica di Conoscere il rischio.

Alcuni esempi di vizi palesi sono qui di seguito elencati:
• assenza di schermi o protezioni in prossimità di zone palesemente pericolose;
• organi pericolosi in funzionamento automatico;
• dispositivi di sicurezza chiaramente inefficaci.

Altro esempio di vizio palese è quello riconosciuto dallo stesso fabbricante: può accadere, infatti, che il fabbricante si renda conto di una non conformità sulla propria macchina e provveda a darne informativa agli acquirenti e ai distributori. In questo caso la mancata osservanza di questa richiesta di intervento da parte del fabbricante rappresenta un vizio palese, dal momento che la carenza è stata ufficialmente resa nota.

Un utile riferimento per la valutazione dei requisiti di sicurezza delle macchine marcate CE è rappresentato dalle norme tecniche armonizzate alla direttiva macchine utilizzate dal fabbricante in fase di progettazione e costruzione, che seppur volontarie, definiscono un livello minimo di sicurezza da rispettare, che il datore di lavoro può prendere a riferimento. A tal proposito, ricordiamo che le suddette norme sono gerarchicamente organizzate in:
norme di tipo A, norme fondamentali di sicurezza che possono essere applicate a tutte le macchine,
norme di tipo B, che trattano un aspetto di sicurezza (distanze, temperatura superficiale, rumore) o un tipo di mezzo di protezione (comandi a due mani, dispositivi di interblocco, dispositivi sensibili alla pressione, ripari),
norme di tipo C, che trattano dettagliati requisiti di sicurezza relative ad una particolare macchina o gruppo di macchine.
Per avere contezza di quale norma sia applicabile alla tipologia di macchina si consiglia di consultare il sito dell’UNI - Ente italiano di normazione.

Attrezzature a pressione

Sono considerate attrezzature a pressione le tubazioni, le valvole idrauliche e i recipienti soggetti ad una pressione relativa maggiore di 0,5 bar, ad esclusione delle attrezzature appartenenti al massimo alla categoria I, secondo la direttiva PED (97/23/CE sostituita dalla 2014/68/UE), inserite in prodotti ricompresi nella direttiva macchine.

Tra le attrezzature a pressione si possono trovare:
recipienti contenenti fluidi con pressione maggiore di 0,5 bar
generatori di vapore d'acqua
generatori di acqua surriscaldata
tubazioni contenenti gas, vapori, liquidi
generatori di calore alimentati da combustibile solido, liquido o gassoso per impianti centrali di riscaldamento utilizzanti acqua calda sotto pressione con temperatura dell'acqua non superiore alla temperatura di ebollizione alla pressione atmosferica, aventi potenzialità globale dei focolai superiori a 116 KW
forni per le industrie chimiche e affini.
Inoltre sono da considerare attrezzature a pressione anche gli insiemi ovvero assemblaggi di attrezzature a pressione da parte di un costruttore certificati CE.

Per quel che riguarda la progettazione, la costruzione, l'equipaggiamento e l'installazione in sicurezza il riferimento legislativo per le attrezzature a pressione è rappresentato dalla direttiva PED, entrata in vigore in Italia a maggio del 2002.

Le attrezzature a pressione che rientrano nel campo di applicazione di tale direttiva devono soddisfare i requisiti essenziali enunciati nell'Allegato I alla direttiva e devono poi riportare la marcatura CE, seguita dal numero di notifica dell'organismo notificato. La PED riguarda solo l'immissione sul mercato comunitario delle attrezzature in pressione, mentre non dà indicazioni in merito ai requisiti relativi all'esercizio e manutenzione delle stesse, che sono definiti dai regolamenti nazionali.

Per quanto riguarda l’utilizzo i riferimenti regolamentari sono da rintracciare nel d.m. 329/04 e nel d.lgs. 81/08 e s.m.i.. Quest’ultimo si riferisce esclusivamente alle attrezzature/impianti a pressione che si configurano come attrezzature di lavoro, prescrivendo in capo al datore di lavoro tutti gli obblighi previsti dal titolo III Capo I “uso delle attrezzature di lavoro”, in particolare relativamente a:
scelta delle attrezzature, affinché siano idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi;
valutazione dei rischi legati all’ambiente di lavoro nel quale l’attrezzatura è inserita;
controllo e manutenzione;
verifica, ove prevista da disposizione legislative (nel caso specifico d.m. 329/04 e d.m. 11 aprile 2011).

Altri prodotti

Il marchio CE (Conformità europea) è un contrassegno che apposto su un prodotto ne attesta il rispetto dei requisiti essenziali in materia di salute, sicurezza e tutela dell'ambiente necessari alla sua commercializzazione e utilizzo nell’ambito dell’Unione europea.

È valido per i prodotti realizzati sia all'interno che all'esterno del SEE (Spazio Economico Europeo) ed è obbligatorio per tutti quelli disciplinati da una direttiva comunitaria.

La marcatura CE viene apposta dal fabbricante che deve seguire un’apposita procedura.
Il fabbricante, oltre all’applicazione del marchio, redige la dichiarazione di conformità, con la quale garantisce al consumatore, sotto la sua responsabilità, che i suoi prodotti rispondono a tutte le disposizioni della Comunità europea che prevedono il suo utilizzo, dalla progettazione, alla fabbricazione, all’immissione sul mercato, alla messa in servizio fino allo smaltimento.

Sempre il fabbricante, infine, predispone il fascicolo tecnico che tiene a disposizione delle autorità nazionali a fini di ispezione per almeno 10 anni dall’ultima data di produzione.

Il fascicolo tecnico contiene:
una descrizione generale del prodotto
dati identificativi del fabbricante
disegni di massima relativi alla progettazione e alla fabbricazione
elenco delle norme armonizzate adottate completamente o in parte per dimostrare la conformità del prodotto alla direttiva a cui fa riferimento
eventuale analisi dei rischi
eventuali verbali delle prove effettuate sul “Prodotto tipo”
manuale di installazione, uso e manutenzione del prodotto
una copia della dichiarazione di conformità
Il manuale di installazione, uso e manutenzione, la dichiarazione di conformità ed etichetta devono accompagnare qualsiasi prodotto in commercio.

Alcuni prodotti possono circolare liberamente nel mercato europeo senza l’apposizione del marchio in quanto per essi è sufficiente che siano accompagnati da una dichiarazione o da un certificato di conformità. Questo può accadere in caso di direttive che escludano l’apposizione della marcatura "CE" su alcuni prodotti. Per altri prodotti la marcatura CE è strettamente necessaria perché rientrano nel campo di applicazione di direttive che la richiedono espressamente.

Si riportano alcune tra le più note disposizioni comunitarie destinate a prodotti che devono riportare la marcatura CE:
apparecchi a gas (regolamento UE 2016/426 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 sugli apparecchi che bruciano carburanti gassosi e che abroga la direttiva 2009/142/CE);
macchine (direttiva 2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, relativa alle macchine e che modifica la direttiva 95/16/CE)
materiale elettrico utilizzabile a bassa tensione (direttiva 2014/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione);
attrezzature per la misurazione della compatibilità elettromagnetica (direttiva 2014/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica)
attrezzature con emissione di rumore nell'ambiente (direttiva 2000/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 maggio 2000 sul ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri concernenti l’emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all’aperto);
dispositivi radio e per telecomunicazioni (direttiva 1999/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 1999, riguardante le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazione e il reciproco riconoscimento della loro conformità).

Attrezzature non marcate CE

La legislazione prevede espressamente che le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto ovvero messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente all’emanazione di norme legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto siano conformi ai requisiti generali di sicurezza richiamati nell’allegato V del d.lgs. 81/08.

A questo gruppo di attrezzature appartengono ad esempio:
macchine, apparecchi, utensile o impianti di processo messi a disposizione dei lavoratori antecedentemente il 21/09/1996;
macchine ordinarie da ufficio messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente il 31/12/1996;
apparecchi a pressione messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente il 30/05/2002;
trabattelli e scale, in quanto costruite in assenza di disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto.
Per gli specifici approfondimenti si rimanda alle sezioni dedicate.
Queste attrezzature di lavoro non recano marcatura CE, sono prive di dichiarazione di conformità CE e, in molti casi, risultano carenti di supporti informativi per l’uso e la manutenzione.
Il datore di lavoro in questo caso deve corredare l’attrezzatura di apposite istruzioni d’uso e libretto di manutenzione.

È importante rilevare che la norma prevede che chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria macchine, apparecchi o utensili costruiti o messi in servizio non marcati CE attesti, sotto la propria responsabilità, che le stesse siano conformi, al momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o locazione finanziaria, ai requisiti di sicurezza di cui all’allegato V del d.lgs. 81/08.

Quanto sopra non vale nel caso in cui dette attrezzature abbiano subito, nel corso del loro utilizzo, modifiche "sostanziali", intese come modifiche delle modalità d'utilizzo e delle prestazioni previste dal fabbricante originale. In questo caso le attrezzature devono essere assoggettate dal datore di lavoro a nuova messa in servizio ossia a una nuova procedura di valutazione di conformità prevista dalle direttive comunitarie di prodotto pertinenti.

Per le macchine questa procedura di valutazione di conformità è declinata dall’art. 3 del d.lgs. 17/2010 e s.m.i..

Particolare trattazione meritano i trattori agricoli che risultano omologati seguendo la direttiva 2003/37/CE e il regolamento UE 167/2013 e non recano la marcatura CE. Queste attrezzature di lavoro, se omologate ai sensi della direttiva 2003/37/CE, dal 1 gennaio 2010 al 1 gennaio 2018, devono rispondere anche alla direttiva macchine (2006/42/CE) e recheranno marcatura CE.

Allegato V

La legislazione prevede espressamente che le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto ovvero messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente all’emanazione di norme legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto siano conformi ai requisiti generali di sicurezza richiamati nell’allegato V al d.lgs. 81/08.

Questo allegato riporta i requisiti di sicurezza che le attrezzature devono possedere qualora esista per l’attrezzatura un rischio corrispondente.

In quest’ottica l’allegato riporta tutta una serie di misure tecniche che riguardano genericamente le attrezzature di lavoro, prevedendo requisiti di sicurezza per i rischi correlati a:
sistemi e dispositivi di comando,
rottura, proiezione e caduta di oggetti durante il funzionamento di un’attrezzatura,
emissioni di gas, vapori, liquidi, polvere, ecc.,
elementi mobili e stabilità,
illuminazione, temperature estreme e vibrazioni,
incendio ed esplosione,
manutenzione, riparazione, regolazione ecc.,
L’allegato V specifica, inoltre, ulteriori requisiti di sicurezza da considerare nel caso di attrezzature caratterizzate da particolari rischi come:
le attrezzature a pressione,
le attrezzature di lavoro mobili, semoventi o no,
le attrezzature di lavoro adibite al sollevamento, al trasporto o all’immagazzinamento di carichi,
le attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di persone e di persone e cose,
le macchine per il sollevamento o lo spostamento di persone,
determinate attrezzature di lavoro (mole abrasive macchine utensili per metalli, macchine utensili per legno e materiali affini, ecc).
Una volta classificato il prodotto come attrezzatura di lavoro il datore dovrà quindi valutare i requisiti di sicurezza posseduti dallo stesso in base all’allegato V e riportare detta analisi ad esempio nel documento di valutazione dei rischi previsto dall’articolo 17, comma 1, lettera a) del d.lgs. 81/08 e s.m.i.
Quest’obbligo, con relativa attestazione formale, ricade anche su chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria macchine, apparecchi o utensili costruiti o messi in servizio non marcati CE, che dovrà attestare che le stesse siano conformi, al momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o locazione finanziaria.

Scale

Le scale portatili sono attrezzature molto utilizzate in ambiente di vita e di lavoro.
Sono molti gli infortuni legati al loro impiego, dovuti principalmente all’utilizzo non corretto, alla scarsa o mancata manutenzione, alla scelta di tipologie non idonee in relazione al sito e/o alla tipologia di lavorazione da effettuare.

Le scale portatili sono attrezzature dotate di pioli o gradini che possono essere trasportate e installate a mano senza l’ausilio di mezzi meccanici.
Possono essere utilizzate per superare dislivelli e quindi per accedere a luoghi di lavoro in altezza o in quota.

Possono essere utilizzate come posto di lavoro in quota (attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile), sostandovi sopra, solo nei casi in cui l’uso di altre attrezzature di lavoro considerate più sicure non sia giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure a causa delle caratteristiche esistenti dei siti che il datore di lavoro non può modificare (art. 111 c. 3 d.lgs. 81/08).

Il d.lgs. 81/08 (art. 113) indica i requisiti generali che una scala portatile deve possedere, in termini di idoneità del materiale costituente, di resistenza, di stabilità e di dimensioni in relazione alle condizioni di impiego. Stabilisce inoltre alcuni requisiti geometrici per alcune tipologie.

Una scala portatile può essere utilizzata in un luogo di lavoro se il fabbricante l’ha dichiarata conforme al d.lgs. 81/08. Può dare evidenza della conformità al d.lgs. 81/08, apponendo sulla scala una etichetta con il riferimento al decreto stesso.

Per dichiarare la conformità al d.lgs. 81/08, il fabbricante ha due possibilità.
La prima, dimostrare con calcoli e/o prove, mediante l’applicazione di una specifica di prodotto da lui ritenuta la più opportuna, di aver soddisfatto i requisiti di cui all’ art. 113 del d.lgs. 81/08.

La seconda, applicare quanto indicato nell’allegato XX del d.lgs. 81/08, e cioè:
costruire la scala portatile conformemente alla norma tecnica UNI EN 131 parte 1a e parte 2a,
fornire le certificazioni previste dalle norme tecniche ed emesse da un laboratorio ufficiale
accompagnare la scala portatile da un foglio o libretto recante una breve descrizione con l’indicazione degli elementi costituenti, le indicazioni utili per un corretto impiego, le istruzioni per la manutenzione e conservazione, gli estremi del laboratorio che ha effettuato le prove, i numeri di identificazione dei certificati, le date di rilascio dei certificati di prova, una dichiarazione di conformità alle norme tecniche.
In questo caso la marcatura conterrà anche il riferimento alla UNI EN 131.

Esistono molte norme tecniche che riguardano diverse tipologie di scale portatili, nelle quali sono indicate specifiche di prodotto e istruzioni per l’utilizzatore.

Ogni scala portatile deve essere corredata da un libretto recante tutte le informazioni necessarie alla descrizione del prodotto, per il corretto utilizzo, per la manutenzione e la conservazione.
Le informazioni di base sul corretto utilizzo di una scala portatile sono riportate sulla scala sotto forma di pittogrammi ben visibili.

Trabattelli

Il trabattello è costituito da elementi prefabbricati, con uno o più impalcati e poggiante permanentemente su ruote.
La facilità di montaggio e di spostamento lo rendono largamente utilizzato soprattutto per eseguire attività ad altezze non elevate e di breve durata.
Il possibile sviluppo in altezza permette di utilizzare i trabattelli anche per eseguire lavori temporanei in quota (attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile).

Dal punto di vista legislativo, i trabattelli da utilizzarsi nei luoghi di lavoro devono rispettare i requisiti di sicurezza imposti dal d.lgs. 81/08 che in sintesi riguardano la stabilità, la resistenza e l’utilizzo in sicurezza (art. 140 - Ponti su ruote a torre).

Dal punto di vista normativo, la UNI EN 1004 rappresenta il riferimento tecnico condiviso per la progettazione e la costruzione di un trabattello considerato sicuro (art. 105 del d.lgs. 206/05 e s.m.i.).
La marcatura di un trabattello secondo la UNI EN 1004 riporta le indicazioni relative alla classe di carico, alla tipologia di accesso agli impalcati del trabattello e all’altezza massima consentita per utilizzo all’esterno (presenza di vento) e all’interno, oltre al nome del fabbricante, al riferimento alla norma e alla dicitura “Seguire le istruzioni per il montaggio e l’uso” scritta nella lingua del Paese di utilizzo. La marcatura deve essere visibile anche da terra, una volta montato il trabattello. La marcatura deve essere presente anche su ogni componente del trabattello, in modo visibile per tutta la durata del suo impiego, in modo che sia identificato il nome del fabbricante, il modello a cui appartiene il componente stesso e l’anno di fabbricazione del trabattello.

Un trabattello marcato UNI EN 1004:2005 può avere un’altezza minima (riferita alla quota dell’impalcato) di 2,5 m e un’altezza massima di 12 m , se utilizzato all’interno in assenza di vento, o di 8 m, se utilizzato all’esterno.

Esistono trabattelli con altezze e configurazioni diverse, per esempio più bassi o più alti, oppure in configurazioni accostate. Questi casi sono attualmente fuori dal campo di applicazione della UNI EN 1004:2005 e non possono essere marcati con il riferimento a tale norma.

Il fabbricante deve dichiarare che il trabattello da utilizzare negli ambienti di lavoro possiede i requisiti di sicurezza imposti dal d.lgs. 81/08 e s.m.i., e può dimostrarlo sulla base di calcoli o prove che ha ritenuto opportuni, tenendo conto delle dimensioni e delle condizioni di utilizzo previste.
La scelta del trabattello da utilizzare, da parte del datore di lavoro, dipende principalmente dalla lavorazione da eseguire e dalle caratteristiche del sito. Risulta fondamentale considerare tutti quei fattori che possano pregiudicare la stabilità del trabattello sia nelle operazioni di montaggio e smontaggio che nelle condizioni di utilizzo.

Il fabbricante, nel manuale di istruzioni, deve fornire indicazioni dettagliate sul montaggio e smontaggio, sulle condizioni di utilizzo anche in relazione alla presenza di vento e alla possibile necessità di utilizzare stabilizzatori o ancoraggi, fornendo anche avvertimento di quali carichi orizzontali e verticali possano contribuire al rovesciamento del trabattello.

Il datore di lavoro deve eventualmente integrare il manuale del fabbricante, fornendo le necessarie indicazioni che tengano conto delle caratteristiche del sito e delle lavorazioni da effettuare, non previste nel manuale.

Il manuale, redatto nella lingua del Paese di utilizzo e disponibile in cantiere, deve contenere inoltre le informazioni relative alle verifiche da effettuare sui componenti, alle modalità di movimentazione, trasporto e immagazzinaggio, ai criteri per la valutazione del danno e alle procedure da seguire per gli elementi danneggiati (sostituzione o riparazione).

Trattori

Un trattore agricolo o forestale è da intendersi “qualsiasi veicolo a motore, a ruote o a cingoli, munito di almeno due assi, la cui funzione risiede essenzialmente nella potenza di trazione e che è specialmente concepito per tirare, spingere, portare o azionare determinati strumenti, macchine o rimorchi destinati ad essere impiegati nell’attività agricola o forestale” (direttiva 74/150/CEE del 4 marzo 1974, recepita nel nostro ordinamento dalla legge n. 572/1977).

Generalmente i trattori, prima della loro commercializzazione, sono omologati; l’omologazione oltre a riguardare aspetti correlati alla circolazione stradale prende in considerazione anche il rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza e tutela della salute, senza recare la marcatura CE.

Le direttive 74/150/CEE, riferita esclusivamente ai trattori agricoli o forestali a ruote, e 2003/37/CE (anche questa da riferirsi ai trattori agricoli o forestali a ruote) ed il regolamento UE 167/2013 (riferito ai trattori agricoli o forestali a ruote e, facoltativamente, a quelli a cingoli) hanno negli anni uniformato in tutta Europa comuni prescrizioni di carattere costruttivo per garantire la sicurezza della circolazione stradale nonché la sicurezza sul lavoro per quanto concerne la costruzione di tali veicoli.

In Italia, fino al 7 maggio 1997 si consentì, in deroga a quanto sopra, anche di effettuare omologazioni cosiddette “nazionali” di trattori agricoli o forestali in base alle norme del codice della strada di cui al d.p.r. 15 giugno 1959 n. 393 e alle vigenti norme sulla sicurezza del lavoro (es. d.p.r. 547/55).

È necessario, per quanto attiene il rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza e tutela della salute e la presenza della marcatura CE per i trattori, fornire alcune precisazioni.

La direttiva 2003/37/CE non aveva raggiunto la completa trattazione di tutti i rischi connessi con l’uso dei trattori agricoli o forestali e, quindi, per una completa trattazione dei requisiti essenziali di sicurezza e tutela della salute la Commissione europea intervenne con la nuova “direttiva macchine” (2006/42/CE), facendo rientrare i trattori agricoli o forestali nel suo campo di applicazione per i rischi che non erano ancora stati trattati dalla direttiva 2003/37/CE.

Pertanto il fabbricante di un trattore, a partire dal 29 dicembre 2009 (in Italia dal 6 marzo 2010), data di entrata in vigore della nuova direttiva macchine, doveva verificare la conformità dello stesso ai requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute di cui all’allegato I della direttiva macchine relativi ai rischi pertinenti, apporre la marcatura CE sul trattore e approntare una dichiarazione CE di conformità a tali requisiti.

Tenuto conto di quanto sopra il trattore agricolo o forestale rientrava quindi nel campo di applicazione di due direttive diverse, una di carattere “omologativo”, la 2003/37/CE, e l’altra di carattere certificativo, la 2006/42/CE.

Con l’emanazione del regolamento UE 167/2013, obbligatorio per le nuove omologazioni di trattori agricoli o forestali a ruote effettuate a partire dal 1 gennaio 2016 e per tutte le omologazioni di trattori agricoli o forestali a ruote a partire dal 1 gennaio 2018, tale doppio regime è cessato.

La valutazione del rischio di un'attrezzatura

Quando un datore di lavoro sceglie un’attrezzatura deve effettuare una valutazione dei rischi (obbligo non delegabile in capo al datore di lavoro - d.lgs.81/08, art.17) che tale attrezzatura comporta, prendendo in considerazione (d.lgs. 81/08, art. 71):
le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
i rischi presenti nell’ambiente di lavoro;
i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse;
i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature già in uso.
Egli valuta la probabilità che un determinato evento incidentale si verifichi, individua le misure di prevenzione e protezione da adottare per proteggere la salute e sicurezza dei lavoratori, le mette in atto e organizza le azioni di monitoraggio dell’efficacia di tali misure e programma la fase di revisione della valutazione dei rischi.

Per fare ciò il datore di lavoro tiene conto anche della diversa natura dei pericoli nelle fasi della vita dell’attrezzatura, dei limiti nell’uso e nel funzionamento, di tutti gli usi prevedibili da parte di persone diverse per sesso, età, manodopera d’impiego dominante, o capacità fisiche, nonché del diverso livello di formazione, esperienza o capacità degli utilizzatori.

Per un’attrezzatura marcata CE, parte della valutazione dei rischi è già stata fatta prima dell’immissione sul mercato dell’attrezzatura dal fabbricante che, con la dichiarazione di conformità, garantisce il rispetto di tutti i requisiti essenziali di sicurezza e quindi delle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto.

A tal proposito indicazioni per la valutazione e la riduzione del rischio di una macchina sono contenute nella norma UNI EN ISO 12100, relativa ai “Principi generali di progettazione” per la sicurezza di un macchinario. La norma pur riferendosi al fabbricante della macchina, può costituire un valido ausilio per il datore di lavoro.

In realtà il datore di lavoro ha un obbligo più ampio della sola valutazione del rischio inerente all’uso di una macchina e al suo funzionamento. La citata norma tecnica chiarisce infatti che non rientrano nello scopo della norma stessa l’individuazione delle misure di sicurezza aggiuntive rispetto a quelle contemplate in fase di progettazione da adottate dall’utilizzatore/datore di lavoro, poiché l’organizzazione del lavoro, le condizioni e le situazioni di utilizzo non possono essere controllate dal progettista.

Per questa ragione il datore di lavoro deve tenere in debito conto non soltanto i rischi inerenti all’uso dell’attrezzatura, ma anche l’ambiente in cui l’attrezzatura sarà collocata e i rischi in esso già presenti e quelli dovuti alle altre attrezzature preesistenti.

Da ricordare che le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, oppure messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente all’emanazione di norme legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali di sicurezza richiamati dal d.lgs. 81/08, allegato V (per approfondimenti si rimanda alla pagina specifica di questa Area tematica di Conoscere il rischio).

Sul datore di lavoro inoltre ricade il compito di riscontrare e segnalare le evidenti non rispondenze ai requisiti di sicurezza previsti dalle disposizioni europee o dal d.lgs. 81/08, allegato V (presenza dei cosiddetti vizi palesi).

Modifica, adeguamento e miglioramento di un'attrezzatura di lavoro

L’impianto legislativo delineato dal d.lgs. 81/08 e s.m.i., con l’obiettivo di tutelare la sicurezza del lavoratore, disciplina le responsabilità a carico dei soggetti coinvolti nella messa a disposizione di attrezzature di lavoro e stabilisce i requisiti di sicurezza che le stesse devono soddisfare, in funzione dell’anno di immissione sul mercato e del quadro legislativo specifico inerente al tipo di attrezzatura (marcate CE e non marcate).

Il processo di modifica, adeguamento e miglioramento interessa fasi comuni alle diverse tipologie di attrezzature di lavoro, quali: la manutenzione, il controllo dell’efficienza, o la valutazione di requisiti tecnici specifici, connessi a fattori di rischio propri di una determinata categoria di attrezzature di lavoro. D’altro canto il datore di lavoro e/o l’utilizzatore e i consulenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro devono spesso valutare e capire qual è il livello di sicurezza che una determinata macchina o attrezzatura di lavoro deve garantire e nel caso procedere a un’azione di adeguamento/aggiornamento o miglioramento.

Di seguito si propongono alcune definizioni al fine di chiarire la differenza tra le varie fasi:
miglioramento: intervento inteso a migliorare le condizioni di sicurezza del lavoro in relazione a specifica analisi dei rischi nell’ambiente operativo,
adeguamento/aggiornamento: intervento previsto da specifico provvedimento regolamentare inteso all’aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza in relazione al grado di evoluzione della tecnica [d.lgs. 81/08, art. 71 comma 4 lettera a) punto 3)],
manutenzione ordinaria o straordinaria: intervento di conservazione o riparazione secondo le istruzioni fornite del fabbricante a corredo dell’attrezzatura di lavoro.
Un aspetto importante di cui bisogna tenere conto è la distinzione tra manutenzione straordinaria e modifica.

Mentre, infatti, la manutenzione straordinaria, pur prevedendo interventi importanti sul prodotto, non ne modifica destinazione d’uso, parametri di funzionamento e prestazioni, la modifica interviene introducendo delle condizioni di rischio originariamente non previste, perché vengono alterate le prestazioni del prodotto (ad es. aumentando la potenza di un motore, modificando la logica di funzionamento, ecc.).

Nel caso di manutenzione straordinaria è sufficiente riportare l’intervento sul registro di controllo, assicurandosi che le condizioni funzionali siano ripristinate come originariamente previste dal fabbricante.

Nel caso di modifica si tratta di nuova immissione sul mercato (con conseguente marcatura CE, emissione di una dichiarazione CE di conformità a firma di chi procede con la modifica e nuove istruzioni che contemplano detta modifica funzionale o prestazionale), perché le alterazioni prodotte non garantiscono a priori il permanere del rispetto dei requisiti essenziali di salute e sicurezza.

Bisogna, tuttavia, evidenziare che nei casi in cui l’azione realizzata sia funzionale a incrementare le condizioni di sicurezza del lavoro in relazione alla specifica analisi dei rischi condotta nell’ambiente operativo non si tratta di una vera e propria modifica quanto di un intervento di miglioramento (sempreché non introduca nuovi rischi nell’uso dell’attrezzatura di lavoro), che in quanto tale non comporta una nuova immissione sul mercato, ma anche in questo caso è sufficiente tenere memoria dell’operazione realizzata ad esempio integrando il documento di valutazione dei rischi previsto dall’articolo 17, comma 1, lettera a) del d.lgs. 81/08 e s.m.i..

Manutenzione, controllo e verifica di un'attrezzatura

Il mantenimento nel tempo del livello di sicurezza garantito al momento dell’immissione sul mercato o messa in servizio di un’attrezzatura di lavoro costituisce uno dei principali strumenti per assicurarne l’efficienza ai fini della sicurezza.

Soltanto prevedendo, durante l’esistenza della macchina, idonei interventi di manutenzione e controllo, infatti, risulta possibile assicurare che la stessa mantenga in servizio condizioni di utilizzo adeguate alla funzione da svolgere, tanto dal punto di vista dell’efficienza quanto soprattutto in riferimento alle condizioni di sicurezza.

Ovviamente l’obiettivo non è quello di mantenere la macchina come nuova, ma, consci dell’inevitabile usura prodotta dal tempo e dall’uso, quello di effettuare i necessari interventi per assicurare che il prodotto resti conforme ai requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute della direttiva macchine applicati al momento della prima immissione sul mercato o della prima messa in servizio. Questo significa che, laddove lo stato dell’arte subisca delle evoluzioni, anche se significative, non sussiste l’obbligo di aggiornamento da parte del datore di lavoro dei requisiti minimi di sicurezza a meno di uno specifico provvedimento regolamentare che lo renderebbe cogente.

In tale ottica il legislatore ha previsto (titolo III del d.lgs. 81/08 e s.m.i.) che le attrezzature di lavoro siano oggetto di idonea manutenzione, sottoposte ad interventi di controllo periodici e/o straordinari e infine, ma solo per alcune specifiche tipologie (ovvero quelle indicate nell’allegato VII al d.lgs. 81/08 e s.m.i.), assoggettate al regime di verifica periodica.

Il legislatore individua quindi nel datore di lavoro la persona preposta a organizzare e gestire manutenzione e controllo delle attrezzature, che deve essere condotto da persona competente, primariamente sulla base delle informazioni contenute nelle istruzioni fornite dai fabbricanti.

È necessario che ciascun intervento realizzato sull’attrezzatura venga riportato su apposito registro e conservato per almeno 3 anni a disposizione degli organi di vigilanza territoriale (art. 71 comma 9 del d.lgs. 81/08 e s.m.i.); il legislatore non ha definito la forma di detto registro, che può essere cartaceo così come elettronico.

Per le macchine di sollevamento lo stesso fabbricante è tenuto a fornire copia del registro di controllo o almeno i contenuti per costituirne uno (requisito essenziale di sicurezza 4.4.2 dell’allegato I alla direttiva 2006/42/CE); in tutti gli altri casi è esclusiva responsabilità e compito del datore di lavoro prevederne la costituzione e compilazione.

L’art. 71 comma 11 del d.lgs. 81/08 e s.m.i. prescrive, inoltre, che per talune attrezzature di lavoro destinate al sollevamento di materiali e persone o impiegate per gas, vapore e riscaldamento (elencate nell’allegato VII al medesimo decreto) siano previste delle verifiche periodiche volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione a di efficienza ai fini di sicurezza.

Si tratta di attività di controllo gestite non direttamente dal datore di lavoro ma da personale esterno individuato dallo stesso legislatore. In particolare il decreto prevede che dette verifiche siano gestite da Inail (per quanto riguarda la prima) e da Asl, Arpa o soggetti pubblici o privati abilitati (per le successive). Il datore di lavoro resta comunque responsabile della richiesta di intervento: i soggetti preposti, infatti, devono essere in ogni caso attivati dal datore di lavoro tramite una specifica richiesta.
Il d.m. 11 aprile 2011 stabilisce più in dettaglio le modalità di esecuzione di dette verifiche, chiarendo competenze e responsabilità.

Il primo obbligo per il datore di lavoro è quello di dare comunicazione della messa in servizio dell’attrezzatura all’unità operativa territoriale Inail competente, che procede con l’assegnazione di una matricola.
In base alle periodicità indicate nel sopra richiamato allegato VII il datore di lavoro deve poi procedere con la richiesta delle verifiche periodiche.

Le attrezzature del gruppo sollevamento

Il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, definisce le attrezzature di lavoro che devono essere sottoposte a verifiche periodiche secondo le modalità definite dal decreto ministeriale 11 aprile 2011.

La denominazione dell’attrezzatura dovrebbe essere desunta dalla sua dichiarazione CE di conformità ovvero dalle istruzioni che l’accompagnano.
Per tutte queste attrezzature il decreto ministeriale 11 aprile 2011 prescrive che il datore di lavoro provveda a inoltrare:
comunicazione di messa in servizio all’Unità operativa territoriale dell’Inail competente all’atto della messa in servizio;
richiesta di prima verifica periodica all’Unità operativa territoriale dell’Inail competente, che vi provvede direttamente entro 45 giorni o è svolta da soggetti pubblici o privati abilitati;
richiesta di verifica periodica successiva ad Azienda sanitaria nazionale (Asl), Agenzia regionale protezione ambientale (Arpa) o soggetti pubblici o privati abilitati.
Di seguito le attrezzature di lavoro del gruppo sollevamento e la relativa periodicità di verifica.

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Le attrezzature del gruppo gas vapore e riscaldamento (GVR)

Il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, definisce le attrezzature di lavoro che devono essere sottoposte a verifiche periodiche secondo le modalità definite dal decreto ministeriale 11 aprile 2011 e in particolare l’allegato VII al d.lgs 81/08 e s.m.i. individua le attrezzature di lavoro del gruppo GVR e la relativa periodicità di verifica.
Secondo il d.m. 11 aprile 2011, il datore di lavoro che esercisce un’attrezzatura o un insieme a pressione deve assolvere le seguenti prescrizioni:
provvedere alla comunicazione di messa in servizio dell’attrezzatura o dell’insieme a pressione mediante la piattaforma Civa di Inail. Se l’attrezzatura/insieme non è esclusa dal controllo di messa in servizio il datore dovrà anche richiedere che venga sottoposta/o alla verifica di messa in servizio ai sensi dell’art.4 del d.m. 329/04;
richiedere la prima delle verifiche periodiche all’unità operativa territoriale dell’Inail, secondo la periodicità di cui all’allegato VII al d.lgs n. 81/08 mediante la piattaforma Civa di Inail;
comunicare all’unità operativa territoriale dell’Inail la cessazione dell’esercizio, il trasferimento di proprietà e lo spostamento (in questo caso è anche necessario dichiarare nuova messa in servizio dell’attrezzatura/insieme.
Per quanto riguarda il regime di verifica (di installazione e di esercizio), esso è stato introdotto con il d.m. 329/2004, rivolto agli utilizzatori e le sue disposizioni rimangono valide ai sensi dell’art.6 del d.m. 11 aprile 2011.
Si sottolinea infine che il d.m. 329/2004, si applica alle attrezzature e agli insiemi a pressione fabbricati in conformità alla direttiva PED (97/23/CE sostituita dalla 2014/68/UE) e alle attrezzature a pressione costruite secondo il regime previgente.

Gli impianti di riscaldamento
Si definisce impianto di riscaldamento ad acqua calda un impianto termico costituito da:
uno o più generatori di calore;
apparecchi utilizzatori distinti dal o dai generatori;
un sistema di espansione, costituito da uno o più vasi, chiusi o aperti, avente la funzione di consentire le variazioni di volume dell'acqua dell'impianto causate dalle variazioni della temperatura;
tubazioni di collegamento dei componenti dell’impianto;
apparecchiature e dispositivi per la sicurezza, protezione e controllo dell'impianto durante l'esercizio.
Oltre a quanto previsto dal sopra citato d.m. 11 aprile 2011, il d.m. 1 dicembre 1975 "norme di sicurezza per apparecchi contenenti liquidi caldi sotto pressione", relativamente agli impianti di riscaldamento ad acqua calda con temperatura di ebollizione non superiore a quella atmosferica e con portata termica complessiva dei focolari superiori a 35kW, prevede i seguenti adempimenti:
l'obbligo di denuncia degli impianti di riscaldamento rientranti nel campo di applicazione (cfr. art. 18) e presentazione del relativo progetto per accertamento della conformità alla normativa vigente;
la verifica dell'accertamento della conformità al progetto. (Cfr. art. 22), a valle del buon esito dell'esame progetto.
L'obbligo del rispetto delle norme del decreto sussiste indipendentemente dal tipo di utilizzazione del calore generato.
A titolo di esempio, sono soggetti alla denuncia gli impianti di riscaldamento di luoghi di riunione pubblica (cinema, scuole, sale di concerto, circoli, ecc.), luoghi di lavoro (capannoni industriali ecc.), serre (coltivazioni di piante), nonché gli impianti destinati alla produzione di acqua calda per applicazioni industriali (doppi fondi, vasche di deposito, apparecchi elaboratori, apparecchi di riscaldamento del gas metano in stazioni riduttrici della pressione, ecc ...).

Il noleggio e la concessione in uso

L’impianto legislativo delineato dal d.lgs. 81/08 (TU), con l’obiettivo di tutelare la sicurezza del lavoratore, disciplina le responsabilità a carico dei soggetti coinvolti nella messa a disposizione di attrezzature di lavoro, tra i quali chi noleggia o concede in uso l’attrezzatura di lavoro.

Chiunque noleggi o conceda in uso (o locazione in finanziaria) attrezzature di lavoro non marcate CE, infatti, deve attestare, sotto la propria responsabilità, che le stesse siano conformi, al momento della consegna a chi le noleggia o le riceva in uso (o in locazione finanziaria), ai requisiti di sicurezza di cui all'allegato V del d.lgs. 81/08 e s.m.i..

Questo indica in maniera chiara che i noleggiatori e i concedenti in uso devono fornire esclusivamente beni conformi alle vigenti norme, e deve essere prassi consolidata il passaggio di tale informazione al cliente finale, attraverso un’attestazione formale di conformità ai requisiti di sicurezza di cui al summenzionato allegato V, oltre all’evidenza al momento della cessione, del buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza a fini di sicurezza (attraverso il registro di controllo, scheda tecnica e verbali di verifica periodica, ecc.).

Un altro obbligo ricadente sui noleggiatori e i concedenti in uso di attrezzature di lavoro è l’acquisizione e la conservazione agli atti per tutta la durata del noleggio o della concessione dell'attrezzatura di una dichiarazione del datore di lavoro che riporti l'indicazione del lavoratore o dei lavoratori incaricati del loro uso, i quali devono risultare formati conformemente alle disposizioni del presente titolo e, ove si tratti di attrezzature di cui all’art. 73 comma 5, siano in possesso della specifica abilitazione ivi prevista.

Le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una dichiarazione del datore di lavoro sono: piattaforme di lavoro elevabili (PLE), gru a torre, gru mobili, gru per autocarro, carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo (a braccio telescopico, industriali e telescopici rotativi), trattori agricoli e forestali, macchine movimento terra (escavatori idraulici, a fune, pale caricatrici frontali, terne, autoribaltabili a cingoli), pompe per calcestruzzo.

Detta dichiarazione deve essere redatta dal datore di lavoro, deve contenere l’indicazione del lavoratore incaricato dell’uso dell’attrezzatura, deve dichiarare che essi sono stati formati in conformità con quanto prescritto e, se attrezzature di lavoro di cui all’Accordo per l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori ai sensi dell’art 73, comma 5 del d.lgs. 81/2008 (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n.60 del 12 marzo 2012), che siano in possesso della specifica abilitazione (vedere pagina dedicata in questa stessa Area tematica di Conoscere il rischio).

Informazione, formazione e addestramento

Tutti i soggetti coinvolti nella sicurezza sul lavoro sono da informare e da formare sui rischi presenti e le misure di prevenzione e protezione da adottare. In base alle attività svolte può essere necessario anche un addestramento.

Le differenze tra informazione, formazione e addestramento possono essere esemplificate nell’elenco che segue:
informazione: complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi nel ambiente di lavoro;
formazione: processo educativo attraverso il quale trasferire alle lavoratrici ed ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e identificazione, riduzione e gestione dei rischi. La formazione deve avvenire in occasione ad esempio dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie e deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi oppure all’insorgenza di nuovi rischi;
addestramento: complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro. L’addestramento viene effettuato da persona esperta, sul luogo di lavoro e durante l’orario di lavoro. Esso non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
Nell’ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 del d.lgs. 81/08 e s.m.i. il datore di lavoro provvede, affinché, per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, i lavoratori incaricati dell’uso dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione e un addestramento adeguati, in rapporto alla sicurezza relativamente:
alle condizioni di impiego delle attrezzature;
alle situazioni anormali prevedibili.
Il datore di lavoro provvede inoltre ad informare i lavoratori:
sui rischi cui sono esposti durante l’uso delle attrezzature di lavoro,
sulle attrezzature di lavoro presenti nell’ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente,
sui cambiamenti di tali attrezzature (es modifica, adeguamento, miglioramento – vedere la pagina dedicata in questa stessa Area tematica di Conoscere il rischio).
Le informazioni e le istruzioni d’uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.
Il datore di lavoro provvede, inoltre, affinché i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui all’articolo 71, comma 7 del d.lgs. 81/08, ricevano una formazione, informazione ed addestramento adeguati e specifici, tali da consentire l’utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai rischi che possano essere causati ad altre persone.

Per determinate attrezzature di lavoro oltre a formazione, informazione e addestramento è prevista una specifica abilitazione degli operatori (vedere la pagina dedicata in questa stessa Area tematica di Conoscere il rischio).

L’abilitazione per determinate attrezzature

Il d.lgs. 81/08 prevede che i lavoratori ricevano una formazione e un addestramento adeguati alla tipologia di attrezzature di lavoro che sono chiamati ad utilizzare durante l’orario di lavoro.
Il datore di lavoro è responsabile delle informazioni comminate ai lavoratori sui rischi cui essi sono esposti durante lo svolgimento dei loro compiti e che possono riguardare sia l’utilizzo delle attrezzature di lavoro sia la loro mera presenza nell’ambiente circostante. Egli è altresì responsabile sia della formazione sia dell’addestramento dei lavoratori che utilizzano attrezzature che richiedono particolari conoscenze e comportano speciali responsabilità.
In particolare la conduzione di alcune attrezzature, individuate in sede di accordo Stato Regioni e province autonome di Trento e Bolzano, richiede una abilitazione specifica. Tali attrezzature sono elencate nell’Accordo per l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori ai sensi dell’art 73, comma 5 del d.lgs. 81/2008 (pubblicato sulla gazzetta ufficiale n.60 del 12 marzo 2012) e sono di seguito richiamate:
piattaforme di lavoro mobili elevabili
gru a torre
gru mobile
gru per autocarro
carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo
trattori agricoli e forestali
macchine movimento terra
pompa per calcestruzzo.
I soggetti in grado di erogare i corsi di formazione o di aggiornamento riconosciuti per tale abilitazione sono individuati dal medesimo accordo, così pure le caratteristiche dei docenti e gli indirizzi e i requisiti minimi dei corsi.
L’abilitazione una volta conseguita deve essere rinnova entro 5 anni dalla data di rilascio dell’attestato di abilitazione.
Una disciplina normativa specifica e separata regolamenta l’abilitazione alla conduzione dei generatori di vapore così come indicato dal d.lgs.81/2008, art. 73 bis.

L’abilitazione alla conduzione dei generatori di vapore

L’abilitazione alla conduzione dei generatori di vapore o acqua surriscaldata è regolata dal d.m. 01/03/1974 come modificato dal d.m. 07/02/1979.
Per poter condurre un generatore di vapore bisogna essere in possesso di un Certificato di abilitazione alla conduzione dei generatori di vapore (Patente) rilasciato dal Ministero del lavoro.
L’addetto alla conduzione dei generatori di vapore deve essere abilitato, con abilitazione di grado corrispondente a quello previsto per il generatore che dovrà condurre. L’articolazione delle abilitazioni prevede 4 gradi:
4° grado: producibilità al carico massimo continuo fino ad 1 t/h;
3° grado: producibilità al carico massimo continuo fino a 3 t/h;
2° grado: producibilità al carico massimo continuo fino a 20 t/h;
1° grado: nessuna limitazione.
Per poter ottenere il Certificato di abilitazione alla conduzione dei generatori di vapore bisogna effettuare un tirocinio pratico ed un esame presso un'apposita commissione di esperti incaricati dal Ministero del lavoro.
Si può richiedere anche per equipollenza essendo in possesso di un titolo o certificato dichiarato equipollente come previsto dal d.m. 01/03/1974 e dal d.m. 07/02/1979.
Il Certificato di abilitazione ha una validità di 5 anni, rinnovabile fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età.
L’entrata in vigore della direttiva PED (97/23/CE sostituita dalla 2014/68/UE) ha tuttavia portato alcune specificità in merito alla conduzione; ferma restando la necessità di un’abilitazione come sopra specificato, la conduzione può avvenire senza assistenza continua (se previsto dal fabbricante del generatore certificato in PED), prevedendo però l’intervento del conduttore abilitato a cadenze prefissate (fino a 72 h) o con assistenza continua.
L’UNI ha pubblicato, in riferimento alla conduzione dei generatori di vapore, due specifiche tecniche, la UNI/TS 11325-3:2018 e la UNI TS 11325-10:2018, rispettivamente per generatori aventi caratteristiche rilevanti e per generatori di limitata potenzialità, sempreché ricompresi nel campo di applicazione del d.m. 329/04.
Il campo di applicazione della UNI/TS 11325-3 è specificato nel punto 1 della specifica tecnica; il campo di applicazione della UNI/TS 11325-10 prevede tutti i generatori esclusi dal campo della UNI/TS 11325-3. Su tali specifiche sono indicate le operazioni che il conduttore deve eseguire con le periodicità previste.

Dismissione di un'attrezzatura

La fase di dismissione di un’attrezzatura di lavoro (messa fuori servizio) come lo smantellamento e la rottamazione, al pari del trasporto, del montaggio e dello smontaggio, è una delle fasi dell’esistenza prevedibile di un prodotto. Il fabbricante, ad esempio, per la direttiva europea di prodotto sulle macchine deve obbligatoriamente considerare nella sua valutazione non solo i rischi che comportano il funzionamento, la regolazione e la manutenzione della macchina ma anche quelli che possono insorgere durante le altre fasi della sua esistenza, tra cui lo smantellamento e la rottamazione.

Viceversa il d.lgs. 81/08 e s.m.i, non fa espressamente riferimento alla dismissione di un’attrezzatura di lavoro, ma prevede, ai commi 1 e 2 dell’art. 23 sugli obblighi di fabbricanti e fornitori, che sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro e che in caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di attestazione alla conformità, le stesse siano accompagnate, a cura del concedente, dalla relativa documentazione.

Inoltre, all’art. 72 del medesimo decreto legislativo si prescrive, in modo più specifico, che chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria macchine, apparecchi o utensili (ndr. attrezzature di lavoro) costruiti o messi in servizio in assenza di specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, attesti, sotto la propria responsabilità, che le stesse siano conformi, al momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o locazione finanziaria, ai requisiti di sicurezza di cui all’allegato V.

Nulla viene, infatti, esplicitamente specificato sulla messa fuori servizio dell’attrezzatura di lavoro e sulla possibilità di trasferimento della stessa ad altro soggetto, seppur non rispondente alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza.

Ne consegue da quest’analisi che è implicitamente consentita, comunque, la vendita e la circolazione di attrezzature di lavoro, senza alcuna previsione di utilizzazione, ma con esclusivo e documentato fine demolitorio o riparatorio a persone terza qualificata, che s’impegna alla messa a norma della stessa prima del suo riutilizzo (in caso di successiva messa a norma) a tutela della salute e dell'integrità fisica dei lavoratori.

Se ne conclude, quindi, che è possibile:
vendere o trasferire l'attrezzatura di lavoro, non considerata rottame, ai fini della sua messa a norma. Tale tipologia di cessione non si configura come una violazione del precetto normativo di cui sopra limitatamente alle vendite in cui l'acquirente è un soggetto che si occupa di revisione e messa a norma delle attrezzature di lavoro;
trasferire un’attrezzatura di lavoro non rispondente alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti nel caso nel disposto contrattuale di vendita, noleggio o concessione sia prevista, da parte dell'acquirente, la messa a norma delle stesse prima del loro utilizzo, solo se il soggetto che acquista si occupa di revisione e messa a norma delle attrezzature di lavoro.
Non risulta invece possibile l'esposizione ai fini della vendita, noleggio o concessione in uso delle attrezzature, non considerate rottame, in spazi commerciali, compresi spazi all'aperto e fiere, nel caso le stesse non siano rispondenti alle disposizioni normative sulla sicurezza sul lavoro se non viene limitato il trasferimento di proprietà del bene a fine riparatorio a persona terza qualificata, che s’impegna alla messa a norma della stessa prima del suo riutilizzo.

FONTE: INAIL


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