Cassazione Penale, Sez. 4, 25 gennaio 2021, n. 2887 - Certificato di prevenzione incendi

2021

1. Con ordinanza del 22.06.2018, dep. il 9 ottobre 2018, la Terza Sezione della Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Tivoli dell'8.06.2017 che aveva condannato P.C. alla pena di 3000,00 euro di ammenda per il reato di cui all'art. 64, comma 1 lett. a) D.lgs n.81/2008, accertato in Cave il 20.11.2012.
2. Con ricorso depositato l'8 aprile del 2019 il difensore di fiducia presentava ricorso straordinario ex art. 625 bis cod.proc.pen., deducendo i seguenti motivi:
2.1. errore di fatto e di diritto per aver considerato le eccezioni della difesa di natura fattuale; in realtà l'atto di gravame censurava l'evidente violazione di legge in quanto era stato contestato il mancato pagamento della oblazione amministrativa entro il termine prefissato dai funzionari della Asl di Roma G di 40 giorni che non era ancora spirato; l'anticipazione del termine da parte dei verificatori era il presupposto della violazione di legge;
2.2. errore di fatto e diritto stante la mancata pronuncia in ordine alla maturata prescrizione nelle more della sentenza di primo grado.
3. Il Procuratore Generale ha richiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso.



Diritto


1. Sussistono i presupposti per dichiarare l'inammissibilità del ricorso.

1.1. L'errore di fatto, indicato dall'art. 625 bis c.p.p., è di tipo meramente percettivo e ad esso è estraneo qualsiasi profilo attinente alla valutazione agli atti del processo, nel senso che non consiste in un errore di giudizio vertente sul fatto esaminato e non correttamente interpretato dal giudice di legittimità (v., tra le tante: Sez. 2, n. 23417 del 23/05/2007 - dep. 14/06/2007, Previti e altri, Rv. 237161). Le Sezioni Unite di questa Corte (Sezioni unite, 27 marzo 2002, Basile), dopo avere riconosciuto che l'art. 625 bis c.p.p., è stato modellato sull'analoga disciplina contenuta nell'art. 391 bis c.p.c., hanno stabilito che l'errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità, oggetto del rimedio previsto dall'art. 625 bis c.p.p., consiste - come anzidetto- in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di Cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall'influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall'inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto ad una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso: sulla base di tale enunciato definitorio è stato precisato che qualora la causa dell'errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio.

2. Tanto premesso, è agevole rilevare, che, nel caso in esame, la Sezione terza di questa Corte, nella ordinanza impugnata ha preso in esame le censure del ricorso che ha valutato inammissibili. In particolare ha rilevato come, nel caso di specie, il ricorrente ha eccepito la circostanza di natura fattuale secondo la quale gli accertatori avevano anticipato il termine finale entro il quale adempiere alla prescrizioni imposte ed effettuare il pagamento della oblazione amministrativa cui era stato ammesso.

E' palese pertanto che la doglianza del ricorrente non riguardi un mero apprezzamento di un dato fattuale incontrovertibile, ma implichi un'operazione valutativa, che peraltro è stata già compiuta ed argomentata dalla Corte di Cassazione nella sentenza impugnata che ha valutato di natura fattuale e comunque irrilevante l'eccezione, prospettata in sede di ricorso, secondo la quale gli accertatori avevano anticipato il termine finale entro il quale adempiere alle prescrizioni imposte. Invero, risultava accertato dal Giudice di merito che, in data 20.11.2012, la Asl Roma G, preposta al servizio di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, aveva rilevato che presso i locali in Via Prenestina Vecchia, situati in Le Cave, la ditta Panifici Lariano s.r.l. con sede in Roma, di cui l'imputato era amministratore, gestiva, con alle dipendenze 18 lavoratori, un'attività di" forno pane e dolci "senza il certificato di prevenzione incendi richiesto da parte del Comando provinciale dei Vigili del fuoco e ciò in violazione dell'art. 64 comma 1 n.1 e 68 comma 1 D.lvo 81/2008; veniva prescritto al ricorrente nella sua qualità di richiedere il certificato nel termine massimo del 20.05.2013; dal verbale di verifica datato 6.06.2013 risultava mancante la prova dell'effettuato pagamento nei termini di legge della somma prevista a titolo di ammenda ex art 21 comma 2 D.lvo 758/94 ( cfr. sentenza di primo grado).

3. Quanto alla dedotta prescrizione il motivo è manifestamente infondato. Sul punto la Sezione terza, nell'ordinanza impugnata, ha espressamente affermato che la prescrizione è maturata dopo la sentenza di primo grado pronunciata e depositata 1'8.06.2017 e pertanto non poteva essere rilevata d'ufficio stante la inammissibilità del ricorso ( fol 2).

4. Dalla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e del pagamento della sanzione pecuniaria, nella misura indicata in dispositivo.



P.Q.M.




Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13.01.2021


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