Cassazione Penale, Sez. 4, 21 ottobre 2021, n. 37803 - Infortunio con l'accoppiatrice priva di griglie di protezione. Responsabilità del datore di lavoro e del responsabile del servizio di manutenzione dei dispositivi di sicurezza
Fatto
1. La Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado che ha condannato D.B., in qualità di amministratore delegato di S. s.p.a. e, quindi, datore di lavoro, e V.P., in qualità di responsabile del servizio di manutenzione dei dispositivi di sicurezza di S. s.p.a., riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, alla pena sospesa di mesi 1 e giorni 15 di reclusione per il reato di cui agli artt. 113 e 590 cod.pen. (per avere cagionato lesioni al lavoratore E.C., consistenti nella perdita di sostanza al 3°, 4° e 5° raggio della mano sinistra, con colpa consistita per il primo nella violazione degli artt. 2087 cod.civ., 70, 71, 4 lett. a, n. 1 e 2, d.lgs. n. 81 del 2008, non avendo messo a disposizione del lavoratore adeguate attrezzature e non avendo assicurato l'uso degli impianti in modo sicuro - in particolare l'accoppiatrice Duplex Combi Horizontal, messa in funzione ed utilizzata in assenza di griglia di protezione tra rullo e pressore e priva di meccanismi idonei a rallentarne o interromperne il funzionamento in assenza delle griglie di protezione - e non avendo vigilato sull'operato del responsabile del servizio di manutenzione; per il secondo nelle già illustrate violazioni degli artt. 70, 71, 4 lett. a, n. 1 e 2, ed, inoltre, dell'art. 18, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008, non avendo vigilato sul comportamento dei lavoratori, sicché E.C., dopo aver rimosso la griglia di protezione, avendo notato il residuo di un foglio di alluminio nel rullo, cercava di rimuoverlo con la mano sinistra, senza disattivare la macchina, così procurandosi lesioni).
Nella sentenza impugnata si legge che risulta accertato, sicché non è necessaria alcuna rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, che il macchinario Combi fosse privo, sul lato ribobinatore (lato su cui si è verificato l'infortunio), del micro-interruttore di sicurezza, collocato, invece, dal produttore sull'opposto lato sbobinatore: sul lato ribobinatore l'unico dispositivo di sicurezza era la griglia che, anziché essere facilmente rimuovibile, come sul lato opposto, poteva essere abbassata solo con appositi attrezzi, presumibilmente perché le operazioni di pulizia erano meno frequenti e dovevano essere eseguite secondo uno specifico protocollo di sicurezza, le cui istruzioni imponevano di intervenire sulla macchina solo se ferma ed inoperante. La Corte territoriale ha, però, precisato che la macchina, "così come uscita dalla fabbrica produttrice, doveva considerarsi intrinsecamente pericolosa" e che il rischio di contatto (volontario o accidentale) dell'operatore con i rulli era tale da non poter essere idoneamente arginato da una mera disposizione operativa, risultando, al contrario, indispensabile, ai fini della sicurezza, intervenire sulla macchina mediante installazione di apposito micro interruttore anche sul lato ribobinatore. Si è, anche, evidenziato che il manuale di istruzione del macchinario Combi, riporta al punto 3.2. le soluzioni di sicurezza, espressamente menzionando le protezioni mobili dotate eventualmente di microinterruttori di sicurezza su parti pericolose, che devono intendersi proprio come quelle misure necessarie ad implemento dell'allestimento originario in considerazione dell'uso specifico del macchinario.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, V.P. e D.B., che hanno dedotto, in primo luogo, la violazione dell'art. 521 cod.proc.pen., atteso che agli imputati era stato contestato di aver consentito l'utilizzazione della macchina in modo non conforme alle istruzioni d'uso, ma, poi, sono stati condannati per comportamenti completamenti diversi (V.P. per non aver segnalato la pericolosità della macchina e D.B. per aver omesso un intervento migliorativo), senza alcuna possibilità di esercizio del diritto di difesa. Inoltre, hanno insistito nelle istanze istruttorie già formulate in appello, lamentando l'insussistenza della loro responsabilità penale, affermata in modo apodittico, nonostante la macchina fosse perfettamente funzionante, munita di tutti i dispositivi di sicurezza e l'infortunio si sia verificato per una imprevedibile ed arbitraria iniziativa del lavoratore, rectius un comportamento abnorme del lavoratore, che, pur essendo esperto e pienamente formato, ha scelto di disattendere il protocollo di sicurezza, procedendo alla pulizia, dopo aver svitato con appositi attrezzi la griglia di protezione, mentre il macchinario era in movimento, senza che ve ne fosse alcuna necessità collegata alla produzione. Ad avviso dei ricorrenti, peraltro, la sentenza impugnata finisce con il configurare una loro responsabilità oggettiva, essendo pacifico che al datore di lavoro non fosse stato segnalato alcun problema e che lo stesso fosse edotto dell'adozione di uno specifico ed adeguato protocollo di sicurezza ed avendo V.P. il ruolo non di dirigente, ma di responsabile dei servizi di manutenzione, privo, quindi, di qualsivoglia responsabilità, atteso il corretto funzionamento del macchinario. Risultano depositate le conclusioni scritte.
3. La Procura Generale ha concluso per l'inammissibilità di entrambi i ricorsi.
Diritto
1.I ricorsi sono infondati.
2. In ordine alla violazione dell'art. 521 cod.proc.pen., occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza di legittimità, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra l'accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa (così Sez. 4, n. 35943 del 07/03/2014, Denaro, Rv. 260161), in una fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità degli imputati per lesioni colpose conseguenti ad infortunio sul lavoro non solo per la contestata mancata dotazione di scarpe, caschi ed imbracature di protezione ma anche per l'omessa adeguata informazione e formazione dei lavoratori). Si è, anche, affermato che nei procedimenti per reati colposi, il mutamento dell'imputazione, e la relativa condanna, per colpa generica a fronte dell'originaria formulazione per colpa specifica non comporta mutamento del fatto e non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, qualora l'imputato abbia avuto la concreta possibilità di apprestare in modo completo la sua difesa in relazione ad ogni possibile profilo dell'addebito (Sez. 4, n. 53455 del 15/11/2018, Galdino De Lima Rozangela, Rv. 274500) e che, una volta contestata la condotta colposa e ritenuta dal giudice di primo grado la sussistenza di un comportamento commissivo, la qualificazione in appello della condotta medesima anche come colposamente omissiva non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, qualora l'imputato abbia avuto la concreta possibilità di apprestare in modo completo la sua difesa in relazione ad ogni possibile profilo dell'addebito (Sez. 4, n. 27389 del 08/03/2018, Siani, Rv. 273588).
Nel caso di specie, invero, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, nel capo di imputazione come formulato, è descritta in modo preciso e puntuale la condotta consistente nell'aver consentito l'uso del macchinario Cambi, laddove fosse stata rimossa la griglia di protezione tra il rullo accoppiatore ed il pressore gommato di accoppiamento, in assenza di micro-interruttori o meccanismi idonei a rallentare il movimento dei rulli e, cioè, la condotta accertata e oggetto di condanna, rispetto alla quale gli imputati hanno pienamente ed effettivamente esercitato il diritto di difesa, essendo irrilevante, ai fini dell'art. 521 cod.proc.pen., l'esatta individuazione della regola che impone tale condotta.
A ciò si aggiunga che tale condotta è stata ritenuta dalla Corte territoriale pericolosa anche alla luce del manuale di istruzioni redatto dal produttore, che espressamente imponeva l'eventuale installazione di ulteriori dispositivi di sicurezza in aggiunta a quelli in dotazione al modello base.
Il ricorso è, pertanto, infondato sotto tale profilo.
3. Neppure possono accogliersi le doglianze formulate relativamente alla ricostruzione del fatto, che sono inammissibili in questa sede e non sono state veicolate sub specie di vizio di motivazione della sentenza impugnata.
Peraltro, come già osservato dal giudice di appello, la ricostruzione dei fatti proposta dai ricorrenti coincide con quella recepita dai giudici di merito, essendovi divergenza piuttosto sulla questione giuridica relativa all'individuazione del contenuto degli obblighi di sicurezza imposti dalla disciplina anti-infortunistica, che, ad avviso dei ricorrenti, possono considerarsi adeguatamente assolti tramite il protocollo di sicurezza adottato, mentre, ad avviso dei giudici di merito, imponevano l'implementazione dei dispositivi di sicurezza del macchinario Cambi. Da tale premessa deriva, pertanto, che il rigetto delle istanze istruttorie proposte è stato motivato adeguatamente ed in modo ineccepibile.
4. Per quanto concerne l'asserito comportamento abnorme del lavoratore, i giudici di merito hanno correttamente evidenziato, da un lato, che, nel caso di specie, il pericolo poteva essere rimosso tramite l'installazione di un dispositivo di sicurezza, mentre si è scelta la misura inidonea di adottare un protocollo di sicurezza che il lavoratore avrebbe potuto, volontariamente o involontariamente, violare e che, dall'altro lato, non può configurarsi un comportamento abnorme del lavoratore, posto in essere nelle sue ordinarie mansioni, laddove sia collegato proprio all'assenza o insufficienza di adeguate cautele che, se adottate, avrebbero potuto evitarlo (vedi sentenza di primo grado p. 15, che integra quella di appello).
Del resto, anche recentemente la Corte di cassazione ha ribadito che, in tema di infortuni sul lavoro, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242).
5. Relativamente alla posizione di garanzia di V.P., va sottolineato che i giudici di merito l'hanno collegata alle mansioni effettivamente attribuitegli ed esplicate all'interno dell'impresa, tra cui rientrava anche quella di verificare l'esistenza e l'adeguatezza dei dispositivi di sicurezza e, pur non disponendo direttamente dei poteri per superare le eventuali problematiche riscontrate, di segnalarne l'eventuale carenza, condotta che, deve ribadirsi, è ricompresa in quella più ampia contestata, consistente nell'aver consentito, senza alcuna efficace reazione, l'uso del macchinario in condizioni di pericolo. Pure sul punto la censura è infondata - può rinviarsi a Sez. 4, n. 38009 del 10/07/2008, Pennacchiett i, Rv. 242118, in materia di infortuni sul lavoro, il direttore di stabilimento, pur se privo di autonomia di spesa, conserva poteri di segnalazione e di blocco dei macchinari pericolosi, ed in caso di inerzia è responsabile dell'infortunio occorso ad un lavoratore addetto ad un macchinario operante in condizioni di pericolo.
6. Infine, la decisione risulta corretta anche in ordine alla posizione dell'amministratore delegato della società datrice di lavoro, alla luce dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro, è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati, e risponde dell'infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti, senza che la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità "CE" o l'affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarlo dalla sua responsabilità (così, per tutte, Sez. 4, n. 37060 del 12/06/2008, Vigilardi, Rv. 241020; v. anche Sez. 4, n. 5441 del 11/01/2019, Lanfranchi, Rv. 275020, secondo cui il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro, è tenuto a dare ai lavoratori specifiche informazioni sulle modalità di svolgimento delle attività lavorative e sull'uso dei macchinari, e risponde dell'infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti, senza che l'esistenza di un manuale sull'uso del macchinario valga ad esonerarlo da responsabilità).
Difatti, la mancata segnalazione, da parte del personale, di problematiche relative al macchinario non può esonerare il datore di lavoro, che non abbia conferito una adeguata delega ai sensi dell'art. 16 del d.lgs. n. 81 del 2008, dal suo obbligo, previsto dall'art. 15, lett. c, lett. f e lett. z, del d.lgs. n. 81 del 2008 di eliminare i rischi e, ove ciò non sia possibile, ridurli al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, di sostituire ciò che è pericoloso con ciò che non lo è o è meno pericoloso e di provvedere alla regolare manutenzione delle attrezzature e degli impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti. Per completezza va precisato che, nel caso di specie, come risulta dalla sentenza impugnata, le istruzioni relative al macchinario Combi prevedevano l'eventuale necessità dell'integrazione dei dispositivi di sicurezza di base e che la pericolosità del macchinario era originaria ed intrinseca, in relazione all'uso fattone nell'ambito dell'impresa, sicché l'aggiunta del micro-interruttore sul lato sbobinatore è riconducibile proprio all'obbligo del datore di lavoro di eliminare i rischi per i lavoratori o, comunque, ridurli al minimo.
7. In conclusione, i ricorsi vanno rigettati ed i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 6 ottobre 2021.