Cassazione Penale, Sez. 4, 16 marzo 2020, n. 10225 - Reato di lesioni gravi da infortunio. Art. 444 c.p.p.
1. P.S. e P.G., per il tramite del difensore di fiducia, ricorrono avverso la sentenza in data 19.02.2019 con la quale il Tribunale di Ancona, ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., ha applicato nei loro confronti la pena 1.500,00 euro di multa ciascuno, in relazione al reato di lesioni gravi da infortunio sul lavoro (artt. 113, 590 comma 1,2,3 cod.pen.), commesso in Castelbellino il 4.11.2017.
2. Deducono la nullità della sentenza per violazione di legge stante il vizio del consenso degli imputati e la conseguente mancata verifica da parte del giudice in relazione alla richiesta di applicazione della pena. Lamentano che, in sede di opposizione al decreto penale, che recava la condanna al pagamento di euro 1.000,00, di multa, avevano richiesto, con il consenso del Pubblico Ministero, l'applicazione della pena, ex art. 444 cod.proc.pen., nella misura di 1500,00 euro di multa ciascuno. All'udienza del 19.02.2019 avevano revocato il consenso ( il P.G. personalmente e il P.S. tramite il difensore di fiducia) ritenendo che lo stesso doveva ritenersi viziato in quanto l'entità della pena finale di cui all'accordo era superiore a quella che sarebbe stata irrogata con il decreto penale non opposto. Lamentano che il Giudice non ha esercitato i suoi poteri-doveri per verificare l'effettiva volontà degli imputati.
2.1. Con memoria del 3.02.2020 il difensore, Avv. F. Gaetano, ha presentato motivi nuovi, deducendo, ad ulteriore sostegno della richiesta di annullamento della sentenza impugnata, il carattere personalissimo del consenso al patteggiamento e quindi il peculiare valore che doveva essere attribuito alla manifestazione di volontà di revoca proveniente personalmente dall'imputato P.G., presente in udienza.
3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
4. Il motivo di ricorso è generico. E' infatti priva di specificità e di riscontro l'allegazione dei ricorrenti di essersi accorti dell'entità della conseguenze penali e processuali solo dopo aver avanzato la richiesta di applicazione della pena concordata con il Pubblico Ministero; tale circostanza oltre a non poter formare all'evidenza oggetto di accertamento probatorio nel giudizio di legittimità, non può certo soddisfare le condizioni di ricorribilità per vizio del consenso, oggi ribadite dall'applicazione dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.: é noto del resto che, a seguito di applicazione di pena su richiesta delle parti, non sono proponibili ripensamenti o proposizioni di asseriti vizi di volontà o di intelligenza, irrilevanti se non si traducono in censure di nullità, per le quali vige peraltro il principio di tassatività che regola la materia delle nullità processuali (cfr. Sez. 4 n.5458 del 19.09.2018 rv 274505; Sez. 6, n. 2099 del 24/05/1995, Basciano ed altri, Rv. 202152); e che il ricorso per cassazione per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, ai sensi del novellato art. 448, comma 2- bis, cod. proc. pen., a pena di inammissibilità, deve contenere la specifica indicazione degli atti
o delle circostanze che hanno determinato il vizio (Sez. 1, n. 15557 del 20/03/2018, Tarik ed altri, Rv. 272630).
5. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 19.02.2020