Cassazione Penale, Sez. 4, 05 febbraio 2020, n. 4889 - Infortunio mortale durante la movimentazione di carichi con un carro ponte. Non è un caso di distacco ma di subappalto: responsabilità del datore di lavoro subappaltatore

sentenze cassazione sicurezza lavoro
2020

Fatto

1. Con sentenza emessa in data 21/10/2015, la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della pronuncia emessa dal Tribunale di Bergamo, ha rideterminato la pena inflitta a Z.T. in quella di mesi 9 di reclusione, riconosciuta l'ulteriore attenuante del risarcimento del danno, in rapporto di equivalenza con le ritenute aggravanti.
2. Era contestato all'imputato il delitto di omicidio colposo, in concorso con altri coimputati giudicati separatamente, per avere, quale legale rappresentante della soc. "ICEM lavorazioni elettromeccaniche s.r.l.", datore di lavoro della vittima , cagionato il decesso di quest'ultimo, che avveniva in seguito a lesioni gravissime al torace, nel corso dell'operazione dallo stesso svolta, all'interno del capannone della soc. "Elti 2", consistita nel movimentare ed accatastare con un carro ponte, appartenente a quest'ultima società, alcune putrelle in ferro sormontate da un getto di materiale refrattario, del peso di 4-5 tonnellate ciascuna. All'imputato si rimproverava la mancata valutazione dei rischi in relazione alla lavorazione indicata, difetto di cooperazione con l'impresa committente nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi incidenti sull'attività lavorativa del dipendente, mancata predisposizione delle misure necessarie alla salvaguardia della tutela del lavoratore in relazione all'utilizzo del carro ponte, con omessa formazione-informazione del lavoratore.
Secondo la ricostruzione effettuata dai giudici di merito, l'infortunio mortale si sarebbe svolto nel seguente modo: in data 17 giugno 2009 C.N. , operaio alle dipendenze della "Icem S.r.l." di Z.T., trovandosi all’interno del capannone di "Elti 2 S.r.l.", in Sovere, per eseguire lavori di carpenteria, mentre effettuava la movimentazione di carichi con l'ausilio di un carroponte telecomandato, veniva investito da un manufatto, riportando lesioni da schiacciamento che ne determinavano l'immediato decesso.
L'operaio era stato assunto dalla soc. "Icem" con contratto dell'1/6/07 con mansioni di operaio specializzato di quarto livello, e si trovava presso l'unità produttiva della Soc. "Elti 2" ove operavano vari altri soggetti alle dipendenze di una pluralità di imprese, in quanto "Elti 2", società committente che si occupava della realizzazione di pareti per forni di preriscaldamento per acciaierie, aveva appaltato i lavori di carpenteria alla ditta individuale S.P. che, a sua volta, aveva subappaltato i lavori alle società "Icem" e "CDM".
I giudici di merito hanno ritenuto responsabile l'imputato, sostenendo la permanenza in capo al subappaltatore dell'obbligo di verificare in concreto le condizioni e le modalità di svolgimento del lavoro del proprio dipendente, fatto che non era avvenuto. Si legge in motivazione che non risultavano essersi svolte riunioni periodiche di coordinamento da parte dei rappresentanti delle aziende coinvolte ("Elti 2 S.r.l.", la ditta "S.P.", la "Icem S.r.l."), se non nel periodo successivo all'accadimento dell'infortunio. Sul punto, argomenta la Corte di appello, l'unica testimonianza apparentemente dissonante era stata quella raccolta da R.L. che aveva ricordato lo svolgimento di riunioni, le quali, tuttavia, per la genericità delle dichiarazioni del teste, non erano collocabili precisamente nel tempo.
Lo Z.T., sostengono i Giudici, avrebbe dovuto verificare il documento di valutazione dei rischi interferenziali stipulato tra la ditta "S.P." e la "Etti 2 S.r.l.", che risultava redatto in modo estremamente generico e che non prevedeva la fase di movimentazione dei carichi, attività pacificamente svolta all'interno del capannone della "Etti 2 S.r.l.". Nessun rilievo poteva essere attribuito al fatto che C.N. avesse commesso un errore durante le operazioni dì movimentazione dei moduli (consistito nell'azionare il carro ponte per sfilare le fasce dai moduli che si erano impigliate sugli assi di legno ove era stato appena appoggiato il manufatto che si era ribaltato). Era da ritenersi provato che l'infortunio mortale del lavoratore fosse dipeso da un errore imputabile alla sua mancata formazione. Il C.N. era stato adibito a svolgere mansioni per cui non era stato preparato e, diversamente da tutti i lavoratori presenti all'interno del capannone (R.L., A.C., A.Y., C.LU.), non aveva ricevuto alcuna formazione specifica per la movimentazione del carro ponte, malgrado il suo utilizzo fosse stato prospettato nel POS redatto dal responsabile per la sicurezza della Icem, il quale ebbe a dichiarare di aver esplicitamente raccomandato ai legale rappresentante di tale società, la necessità di organizzare un corso specifico sull'utilizzo del macchinario.
3. Avverso la pronuncia di condanna ha proposto ricorso per Cassazione l'imputato, a mezzo del difensore. I motivi di ricorso possono essere riassunti come segue.
Primo motivo: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell'applicazione della legge penale; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
La difesa pone l'accento sulla natura del rapporto contrattuale che legava la impresa appaltante e appaltatrice, sostenendo che, nel caso in esame, debba trovare applicazione l'istituto del distacco dei lavoratori disciplinato dall'art. 30 d.lgs. 276/2003. Si afferma nel ricorso che la soc. "Icem" aveva di fatto realizzato un trasferimento del proprio potere organizzativo e direttivo in capo alla distaccataria "S.P.", ponendo il C.N. alle dipendenze e sotto la direzione di altro datore di lavoro il quale ne riceveva le prestazioni, utilizzando le risorse altrui come se fossero proprie. Tale essendo il rapporto intercorrente tra "Icem S.r.l." e (a ditta "S.P.", la difesa ricorda che l'art. 3, comma 6, d.lgs. n. 81/2008 dispone, in riferimento al distacco di lavoratori ex art. 30 d.lgs. n. 276/2003, che "tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario".
Non sembrerebbe residuare, in casi del genere, una responsabilità dell'imprenditore somministrante la manodopera, perché - diversamente da quanto previsto per i contratti di appalto nei cantieri mobili o temporanei, ove si tratta di disciplinare la compresenza di imprese nello stesso luogo di lavoro e di coordinare le reciproche attività, in modo da impedire un potenziamento del rischio per la sicurezza derivante da possibili interferenze - il legislatore utilizzerebbe una clausola totalmente liberatoria nei confronti del soggetto distaccante.
Secondo motivo: mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Si ribadisce che il rapporto Icem-S.P., qualificato in sentenza come subappalto, doveva essere inquadrato nell'ambito della previsione di cui all'art. 3, comma 6, d.lgs. 81/2008.
Tutti gli elementi acquisiti nel corso del giudizio sarebbero indicativi dì un rapporto nell'ambito del quale era stato previsto il distacco del lavoratore. In tal senso deporrebbero le numerose testimonianze acquisite che darebbero conto del potere direttivo di S.P. sui mezzi di produzione e sulle risorse presenti in cantiere. Quanto alla supposta inottemperanza, da parte di "Icem S.r.l.", del dovere di cooperazione, la suddetta attività avrebbe richiesto non solo l’effettiva esistenza di un contratto di appalto, ma avrebbe implicato una concreta attività di promozione della cooperazione da parte della soc. "Etti 2", laddove dagli atti del processo emergerebbe che non vi è stata alcuna sollecitazione in tal senso nel confronti di Icem, essendo la sicurezza considerata un affare interno alle ditte Elti2 e S.P. (deposizione del teste R.L. sulle riunioni di coordinamento, deposizione del teste Torri sulla ripartizione del dovere di sicurezza nella soc. "Etti 2"). Da questo punto di vista, sostiene la difesa, l’imputato, oltre a non avere la responsabilità di sollecitare le altre ditte presenti in cantiere sul problema del loro coordinamento in materia di sicurezza, non aveva neppure la possibilità di attivarsi, posto che il reale assetto dei poteri di gestione e di direzione all'interno del cantiere non gli avrebbe consentito un simile approccio.
Sarebbe infine prospettabile una dinamica alternativa di svolgimento dell'infortunio che non sarebbe stata adeguatamente valutata dalla Corte territoriale. Nessuno, eccetto R.L., aveva visto il Nonetti adoperare il carroponte. I testimoni, i tecnici ed i consulenti hanno concordemente dichiarato che era impossibile che un sol uomo potesse manovrare travi di notevoli dimensioni come quelle prodotte da "Elti 2", poggiandole su una instabile base di legno. 
E' più plausibile ritenere, in considerazione delle lesioni riportate e del luogo di ritrovamento del corpo, che il C.N., dopo aver terminato il lavoro di saldatura di sua competenza, sia stato chiamato da uno dei carpentieri abilitati all'uso del carroponte che ha richiesto aiuto nello spostamento delle travi.




Diritto




1. I motivi dedotti dal ricorrente sono manifestamente infondati, pertanto il ricorso deve essere rigettato.
2. Quanto alla prima doglianza, correttamente i giudici di appello hanno ritenuto la non applicabilità dell'art. 3 d.lgs. 81/08, poiché dall'analisi del contenuto del contratto intervenuto tra le aziende "S.P." ed "Icem S.r.l.", non emerge alcun elemento dal quale si possa desumere che sia avvenuto un "distacco" del lavoratore propriamente detto.
I dati contenuti nel contratto stipulato con la ditta S.P., in base ai quali la soc. "Icem" si impegnava ad effettuare i lavori "con le proprie attrezzature", secondo la coerente interpretazione fornita dai Giudici di merito, portano a ritenere che i lavori siano avvenuti in regime di subappalto.
E' il caso di aggiungere, per completezza argomentativa, che l'istituto del distacco, evocato in maniera inappropriata in relazione al caso in esame, non si traduce in un totale esonero, per il datore di lavoro distaccante, dall'obbligo di garantire l'incolumità del proprio dipendente nei luoghi di lavoro presso i quali è distaccato. Invero, l'art. 3, comma 6, d.lgs. 81/2008, nel prevedere che "tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario", fa comunque salvo l’obbligo a carico del distaccante "di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato".
La questione riguardante la posizione di garanzia del datore di lavoro distaccante è stata più volte affrontata dalla Corte di legittimità che ha avuto modo di puntualizzare che l'obbligo di formare ed informare il lavoratore distaccato implica la necessità che egli accerti la sussistenza delle condizioni di sicurezza del cantiere ove il dipendente è chiamato a svolgere la propria attività lavorativa [si veda Sez. 4, n. 31300 del 19/04/2013, Rv. 256397 - 01 che, in motivazione precisa: "La ripartizione operata dal legislatore positivizza le indicazioni provenienti dalla dottrina e tiene conto della reale allocazione dei poteri di direzione e di organizzazione dell'ambiente di lavoro. Pertanto essa rende inattuale il tradizionale riferimento alle note premesse normative (ad esempio, l'art. 2087 c.c.) per il tratteggio della estensione e del contenuto della posizione di garanzia del distaccante. Tanto vale però per quanto attiene alla fase di esecuzione dei contratto, ovvero per il tempo durante il quale il lavoratore distaccato esegue la prestazione. Prima di tale momento la posizione del datore di lavoro distaccante non può che essere ricostruita secondo la consueta griglia normativa, eventualmente adattata alle particolarità del caso. In quanto datore di lavoro, il distaccante, prima che abbia corso il distacco, ha la titolarità degli obblighi tipici della posizione datoriale; in quell’area in cui i poteri direttivi si attenuano per la sempre maggiore incombenza degli analoghi poteri del distaccatario quegli obblighi assumono i contenuti resi possibili dalla particolarità di tale vicenda. Nel momento in cui trova esecuzione la prestazione del lavoratore distaccato, il datore di lavoro distaccatario assume tutti gli obblighi prevenzionistici, eccezion fatta per quello di informazione e di formazione sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali vi è il distacco"].
3. Tutte le argomentazioni difensive enunciate nel primo motivo di ricorso, traggono spunto dalla premessa errata dell'avvenuto distacco del dipendente.
La ricostruzione offerta dalla Corte di merito e le circostanze indicate in sentenza, supportano adeguatamente l'assunto secondo il quale il dipendente della soc. "Icem" era stato inviato ad effettuare lavorazioni presso il cantiere allestito dall'impresa committente. In casi analoghi la Corte di Cassazione ha ricordato che il datore di lavoro dell'Impresa subappaltatrice non si spoglia degli obblighi che gli competono. Nell'ambito di lavori in regime di subappalto, permane in capo al subappaltatore l'obbligo di verificare in concreto le condizioni e le modalità di svolgimento dei lavori del proprio dipendente onde garantire il rispetto della normativa di sicurezza [cfr. Sez. 3, n. 19505 del 26/03/2013, Rv. 254993 - 01:"In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all’esecuzione di lavori in subappalto all’interno di un unico cantiere edile predisposto dall’appaltatore, grava su tutti coloro che esercitano i lavori e, quindi, anche sui subappaltatore interessato all’esecuzione di un'opera parziale e specialistica, il quale ha l'onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, sebbene l'organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all'appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali. (Fattispecie nella quale la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso del titolare di una ditta subappaltatrice che aveva omesso di recintare l'area in cui si trovava una gru a rotazione bassa)"; conforme Sez. 4. n. 42477 del 16/07/2009, Cornelli, Rv. 245786].
La difesa, nel riproporre le doglianze che riguardano il prospettato distacco del lavoratore, non si confronta realmente con la motivazione espressa in sentenza, rispettosa dei principi enunciati in questa sede. 
4. Le ulteriori doglianze contenute nel secondo motivo di ricorso sono parimenti inammissibili.
La Cassazione non è giudice delle prove, pertanto non può sovrapporre la propria valutazione a quella espressa dai Giudici di merito, essendo chiamata a stabilire - nell'ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato - se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano dato esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, se nell'interpretazione del materiale istruttorio, abbiano correttamente applicato le regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da fornire una giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (cfr. Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203428; Sez. 1, n. 12496 del 21/09/1999, Guglielmi, Rv. 214567). Il vizio di motivazione denunciabile ex art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc. pen. non può consistere nella mera deduzione di una valutazione del contesto probatorio ritenuta dal ricorrente più adeguata (Sez. 5A, n. 45420 del 04/10/2004, Lebbiati, non mass.), ma deve essere volto a censurare l'inesistenza di un plausibile e coerente apparato argomentativo a sostegno della scelta operata in dispositivo dal giudicante. I Giudici di merito, nelle due sentenze conformi, hanno indicato con puntualità, chiarezza e completezza tutti gli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della decisione adottata, confutando, in maniera analitica, persuasiva e scevra da vizi logici, la diversa valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dalla difesa, in quanto essenzialmente fondata su un alternativa spiegazione causale dell'Infortunio, priva di concreti riscontri.
5. Consegue alla declaratoria di inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000),




P.Q.M.




Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Così decìso in Roma il 16 gennaio 2020


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