Cassazione Penale, Sez. 3, 22 luglio 2021, n. 28428 - Omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione infortuni. Estinzione per morte dell'imputato
Fatto
1. Con sentenza pronunciata in data 11 dicembre 2014, il Tribunale di Lamezia Terme assolveva S.V. dal reato a lui ascritto al capo B) della rubrica perché il fatto non sussiste (omicidio colposo ai danni di M.B., aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ex art. 589, comma 2, c.p.), e dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputato in ordine al reato di cui al capo A) perché estinto per intervenuta prescrizione (contravvenzione di cui agli artt. 146 e 159, comma I, lett. c), del d.lgs. 81 del 2008).
La Corte di Appello di Catanzaro, investita del gravame del Pubblico Ministero e delle Parti Civili, con sentenza del 5 febbraio 2018, in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava l'imputato colpevole del reato di cui al capo b) e, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali del doppio grado di giudizio; ordinava la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel casellario giudiziale; condannava il S.V., altresì, al risarcimento del danno subito dalle costituite parti civili, rimettendone la determinazione al giudice civile; confermava, infine, quanto statuito dal primo giudice in ordine al reato di cui al capo a).
Avverso la predetta sentenza, il S.V. proponeva ricorso per Cassazione, articolando due motivi di gravame: lamentava, anzitutto, la mancata rinnovazione delle prove dichiarative ritenute decisive dal primo giudice, costituite dall'esame testimoniale dì G.C. e M.R., oltre alla omessa valutazione delle suddette deposizioni testimoniali e di altre prove; deduceva, inoltre, la mancanza e manifesta illogicità della motivazione circa l'affermazione della penale responsabilità .
Con sentenza n. 10049 del 12 febbraio 2019, la Suprema Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso, annullava la sentenza impugnata «limitatamente al capo B (art. 589 c.p.)» e rinviava «per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Catanzaro».
Rilevava, invero, che il ricorso era fondato «con riferimento alla doglianza riguardante la mancata rinnovazione delle prove testimoniali, decisive per la pronuncia assolutoria, che implicitamente» erano «state considerate inattendibili dai giudici di appello».
Nel corso Giudizio di rinvio, quindi si procedeva all'escussione dei testi M.R., G.C., T.G., E.D., D. P. ed O.A.;
Con sentenza del 13 novembre 2019 la Corte d'appello ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Lamezia Terme in data 11.12.2014.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale deducendo in primo luogo la violazione di legge e contradditorietà della motivazione nella parte in cui non ha adeguatamente valorizzato le dichiarazioni dei sanitari intervenuti sul posto per prestare soccorso al lavoratore infortunato e lamenta, altresì, la contraddittorietà dell'assoluzione di cui al capo b) d'imputazione con la formula perché il fatto non sussiste con la pronuncia di non doversi procedere per intervenuta prescrizione di cui al capo a).
In data 9.11.2020 il PG ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell'art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 con cui ha sottolineato la adeguatezza, congruità e completezza della motivazione della sentenza impugnata concludendo per la inammissibilità del ricorso;
In data 10.11.2020 il difensore dell'imputato ha trasmesso copia del certificato di morte dell'imputato S.V..
Diritto
La sentenza va annullata senza rinvio per intervenuta morte dell'imputato.
Risulta documentalmente (cfr. il certificato del Comune di Lamezia Terme del 16 settembre 2020), che S.V. è deceduto in Torino il giorno 17 luglio 2020 e, dunque, in data successiva a quella della sentenza di appello che deve essere perciò annullata essendo il reato ascrittogli estinto per morte dell'imputato (cfr., da ultimo, Sez. 5 del 7/5/2018 n. 29494, Devito, secondo cui la sentenza della Corte di cassazione che intervenisse dopo la morte dell'imputato sarebbe giuridicamente inesistente e dovrebbe essere revocata; cfr., Sez. 1 del 9.6.2010 n. 24507, Lombardo ovvero Sez. 3 del 12/5/2016 n. 23906, Patti, che hanno entrambe ribadito il principio secondo cui la morte dell'imputato, intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione, impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con l'enunciazione della relativa causa nel dispositivo, risultando esaurito il sottostante rapporto processuale ed essendo preclusa ogni eventuale pronuncia di proscioglimento nel merito ai sensi dell'art. 129, comma secondo, cod. proc. pen.; cfr., anche, Sez. 1 del 16/5/2019 n. 35845, Zaccagnini, in cui la Corte ha chiarito che nemmeno l'effetto preclusivo del giudicato parziale interno sulla responsabilità dell'imputato, conseguente all'annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione, rispetto alle cause di estinzione del reato sopravvenute nel prosieguo del giudizio, non impedisce di rilevare la morte del reo giacché la stessa determina, oltre all'estinzione del reato, anche il venir meno di uno dei soggetti necessari alla persistenza del rapporto processuale).
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per morte dell'imputato.
Così deciso il 15/04/2021.