Cassazione Penale, Sez. 3, 04 febbraio 2020, n. 4701 - Violazioni in materia di sicurezza. Efficacia dell'avvenuta comunicazione della prescrizione impartita

sentenze cassazione sicurezza lavoro
2020

Fatto
Con sentenza del 23 marzo 2016, il Gup del Tribunale di Bologna, in esito a giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, ha dichiarato la penale responsabilità di M.S. in ordine al reato di cui in epigrafe, avente ad oggetto la violazione dell'art. 122, comma 1, del dlgs n. 81 del 2008, e lo ha, pertanto, condannato, riconosciute le circostanze attenuanti generiche ed applicata la diminuente per la scelta del rito alternativo, alla pena di euro 1.000,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza ha interposto ricorso per cassazione il M.S., lamentando il fatto che, in violazione di legge, il Tribunale avesse ritenuto regolarmente eseguita la comunicazione di cui agli artt. 20 e ss del dlgs n. 758 del 1994, sebbene la stessa fosse stata inviata non presso il domicilio eletto del prevenuto ma presso la sua residenza, ove la stessa era stata ricevuta da soggetto diverso dall'imputato.


Diritto

Il ricorso è inammissibile e per tale lo stesso deve essere dichiarato.
Deve premettersi che il ricorso del prevenuto è integralmente articolato in ordine al profilo formale attinente alla efficacia dell'avvenuta comunicazione nei suoi confronti della prescrizione a lui impartita, ai sensi dell'art. 20 del dlgs n. 758 del 1994, dall'Amministrazione al fine di eliminare la contravvenzione accertata.
Come è, infatti, noto, ove il contravventore si attenga alle indicazioni a lui fornite con tale atto, l'illecito sarà definito con la mera irrogazione da parte dell'organo di vigilanza di una sanzione amministrativa, il cui tempestivo pagamento, una volta eseguito, verrà comunicato al Pubblico ministero, essendo stato in tal modo definito anche il profilo penale della vicenda, mentre nel caso in cui l'organo amministrativo di vigilanza abbia riscontrato l'omesso adempimento nel termine assegnato della prescrizione impartita al contravventore ovvero il mancato pagamento della sanzione amministrativa, essa provvederà ad informarne il pubblico ministero per l'esercizio della azione penale.
Evidente che la corretta attivazione del procedimento sopra sommariamente descritto presuppone che il soggetto che avrebbe trasgredito alla normativa posta a tutela dei lavoratori e per la sicurezza del lavoro abbia regolarmente ricevuto la comunicazione con la quale gli sono state impartite le prescrizioni di cui sopra ed è stato informato del termine a lui dato per adempiere ad esse.
Ed è proprio della regolarità di tale comunicazione che l'attuale ricorrente si duole, sostenendo che la stessa, eseguita presso il suo domicilio reale, non sia stata efficace avendo lui indicato a tale fine un domicilio eletto.
L'assunto dai quale il ricorrente logicamente prende le mosse è, tuttavia, erroneo e, pertanto, parimenti fallaci sono le conseguenze che egli ritiene debbano da esso derivare.
Egli, infatti, si duole del fatto che la comunicazione di cui sopra sia stata indirizzata, e recapitata, presso un indirizzo diverso da quello da lui indicato in sede di elezione di domicilio, sostenendo che, pertanto, non vi sarebbe prova del fatto che egli abbia ricevuto l'atto in questione.
Come dianzi rilevato l'assunto su cui si basa il ragionamento del ricorrente, cioè che la comunicazione non eseguita presso il domicilio eletto sia una comunicazione non idonea a rendere efficace l'atto trasmesso, è erroneo.
Deve, infatti, osservarsi che la determinazione delle prescrizioni atte ad eliminare la contravvenzione e dell'importo della somma da pagarsi a titolo di oblazione amministrativa sono atti, che, pur inserendosi nel corso del procedimento penale, non hanno natura di atti del detto procedimento, conservando la loro natura di atti di carattere amministrativo.
Pertanto al sub procedimento volto alla comunicazione all'interessato del loro contenuto non si applicano le disposizioni previste dal codice di rito penale per le notificazioni degli atti del processo fra le quali vi sono quelle relative alle notificazioni presso il domicilio eletto contenute negli artt. da 161 a 164 cod. proc. pen.
Ciò posto, va rilevato, quanto al caso in esame, che, secondo quanto incontestatamente riportato nella sentenza impugnata, le predette comunicazioni sono state indirizzate, recapitate e consegnate presso la residenza dell'attuale ricorrente ove le stesse sono state materialmente ricevute, ancorché da persona diversa dall'attuale imputato.
Tanto rilevato si osserva, altresì, che, come questa Corte ha più volte affermato, valgono - anche laddove le stesse abbiano, come nella fattispecie, dei significativi riverberi nella materia penale (cfr. infatti: Corte di cassazione, Sezione I penale, 20 marzo 2018, n. 12897), in quanto espressive di un principio generale valido, ed ove non contraddette da disposizioni di almeno pari rango, in tutte le branche del diritto - le regole dettate dagli artt. 1334 e 1335 cod. civ., in base al quale si presume conosciuto al destinatario il contenuto dell'atto ricettizio che sia pervenuto presso il suo domicilio, a meno che questi non fornisca la prova del contrario (in tal senso: Corte di cassazione, Sezione III penale, 22 maggio 2019, n. 22453; idem Sezione III penale, 11 febbraio 2019, n. 6363; idem Sezione III penale, 15 novembre 2018, n. 51571).
Nel caso di specie in ordine a siffatta prova non è stato fornita dal ricorrente alcun elemento dimostrativo, essendo circostanza irrilevante (ove non suffragata da ulteriori elementi che possano, quanto meno, far dubitare la successiva consegna all'effettivo destinatario), una volta acquisita la dimostrazione che l'atto sia stato recapitato presso il domicilio del destinatario, che lo stesso sia stato materialmente ricevuto da persona diversa da questo.
Il ricorso deve, perciò, essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente, visto l'art. 616 cod. proc. pen., va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.




P.Q.M.




Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2019


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