Rischi professionali da polveri di cuoio

Le polveri inerti PNOR (Particulates not otherwise regulated)

Il cuoio è il prodotto ottenuto dalla pelle conciata di alcuni animali: le polveri derivanti dalla lavorazione del cuoio sono costituite sia da fibre sia da granuli.

I settori produttivi nei quali i lavoratori possono essere esposti a polveri di cuoio sono la manifattura e la riparazione di prodotti in cuoio, cioè l'industria calzaturiera e la produzione di abbigliamento ed altri prodotti in pelle.

I lavoratori più esposti sono quelli adibiti al taglio, fresatura, finissaggio e lucidatura dei particolari in cuoio: il rischio di esposizione è presente nelle lavorazioni in cui si utilizzano macchine quali ribattitrice, fresatrice, scarnitrice, spazzolatrice, ecc.
Le polveri generate dal cuoio svolgono un'azione irritativa acuta e cronica su naso, faringe e trachea, poiché contengono sostanze sensibilizzanti che possono provocare rino-congiuntiviti, asma e dermatiti su base allergica.

Da studi epidemiologici è emerso che le polveri di cuoio sono responsabili anche dell'insorgenza di tumori delle cavità nasali e dei seni paranasali (molto rari nella popolazione in generale), con un eccesso di rischio per i lavoratori del comparto, tanto che la Iarc (International Agency for Research on Cancer) ha inserito le polveri di cuoio nel gruppo 1, cioè fra le sostanze per le quali vi è una sufficiente evidenza di cancerogenicità per l’uomo.

Questi tumori maligni di origine epiteliale sono relativamente rari in assoluto, ma compaiono con frequenza fra gli addetti all’industria calzaturiera e alla riparazione delle calzature, in particolare fra gli addetti a preparazione, lucidatura e finissaggio, lavorazioni che implicano il taglio, la finitura e la raspatura dei materiali in cuoio e sono quindi più polverose.
Le sostanze implicate sembrano essere i tannini vegetali impiegati per la concia del cuoio. Differenze geografiche nel rischio di tumore dei seni nasali sono state attribuite al fatto che il cuoio utilizzato ad esempio in Gran Bretagna è conciato usando oli minerali, mentre negli Usa si impiegano oli vegetali.

Secondo la Iarc, in base alle evidenze al momento disponibili, la lavorazione conciaria e i tannini non risultano classificabili come cancerogeni per l’uomo.

Le ricerche fin qui svolte hanno dato risultati controversi e continuano gli studi relativi al possibile ruolo dei tannini vegetali per valutarne la cancerogenicità da attribuire sia all’esposizione a polveri di legno duro, sia a polveri di cuoio.

È stata inoltre accertata la presenza di un gradiente dose-risposta nell’esposizione a polveri di cuoio, con rischi relativi più elevati nei soggetti maggiormente esposti; in Italia non esiste però un limite di legge specifico per l'esposizione a queste polveri, quindi il limite Tlv-Twa adottato è il valore raccomandato dall’Acgih (American Conference of Governmental Industrial Hygienists) per le polveri non diversamente classificate (PNOR)1, pari a 10 mg/m3 per la frazione inalabile.

In alcuni studi sono state misurate le particelle di polvere generate in varie postazioni di lavoro del settore calzaturiero: sebbene le concentrazioni medie di particelle inalabili nelle 8 ore lavorative siano dell'ordine di 0,12-0,91 mg/m3, possono esserci forti fluttuazioni di breve periodo (superiori al minuto), ad esempio 0,62-6,4 mg/m3 alle postazioni di finitura e 0,1-14,57 mg/m3 nelle piccole ditte di riparazione calzature. Il diametro mediano delle particelle è dell'ordine dei 10 micron, quindi la percentuale di particelle extra-toraciche che possono stazionare nelle fosse nasali è alta (dal 35 al 53 % a seconda della mansione).

Sebbene i livelli di esposizione a polveri di cuoio appaiano moderati considerando i valori limiti di soglia per l’esposizione occupazionale a PNOR, i picchi di esposizione sono alti, soprattutto se si considera il Tlv-Twa Acgih di 1 mg/m3 utilizzato per le cancerogene polveri di legno duro.

Le malattie neoplastiche causate da polveri di cuoio, quali il carcinoma dei seni nasali e paranasali, sono comprese nella tabella delle malattie professionali nell’industria e pertanto possono essere riconosciute come tali con il semplice criterio della presunzione legale d’origine. Il periodo di induzione/latenza dei tumori nasali (dall’inizio dell’esposizione a rischio al momento della diagnosi) è stimato dai vari autori in 20-40 anni, ma sono stati descritti carcinomi epidermoidi ed adenocarcinomi dei seni nasali e paranasali anche con latenza di 50 anni dall'esposizione.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di evitare o ridurre l’utilizzazione di un agente cancerogeno sul luogo di lavoro, principalmente sostituendolo con tecnologie produttive alternative, ricorrendo ad un sistema chiuso, o, se questo non è adottabile, deve fare in modo che il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente raggiungibile.

Occorre dotare le postazioni a rischio di impianti di aspirazione meccanica (cappe) e/o di banchi aspirati, ed effettuare una scelta appropriata dei DPI, sia di tipo respiratorio (mascherine e facciali filtranti) sia di tipo cutaneo (guanti).

Devono essere realizzati impianti di aspirazione verificandone l'efficienza nel tempo anche mediante indagini ambientali; quando un impianto di aspirazione comporti la presenza di sacchi-filtro, è importante che essi siano collocati in un locale agevolmente pulibile e separato da quelli di lavorazione.

L'aspirazione delle polveri di cuoio deve essere effettuata vicino al luogo ove le stesse si sviluppano, con sistemi di aspirazione tali da garantire l'adeguata captazione; i sistemi di aspirazione devono essere in perfetto stato di manutenzione e la posizione degli stessi deve essere tale da evitare che il lavoratore sia investito dall'aria aspirata, che deve essere immessa all'esterno dell'opificio evitando il ricircolo della stessa.

Per l'esposizione a cancerogeni, il d.lgs. 81/2008 prevede inoltre che il datore di lavoro limiti al minimo possibile il numero dei lavoratori potenzialmente esposti, isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguata segnaletica di sicurezza e prevede anche l’obbligo di effettuare una specifica valutazione dell’esposizione misurando la concentrazione dell’agente nell’aria, per verificare l’efficacia delle misure di protezione adottate.

Infine, per l’esposizione a cancerogeni, il d.lgs. 81/2008 prevede l'obbligo di sorveglianza sanitaria.

Fonte:Inail

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