Reducing stress at work
Gli esiti del progetto europeo “Reducing stress at work”
I rischi psicosociali e lo stress lavoro-correlato rappresentano uno dei problemi più rilevanti del mondo del lavoro attuale, tale da determinare pesanti ripercussioni sia sulla salute dei lavoratori, sia sulla capacità produttiva delle imprese. Per affrontare il problema in questi anni nell’ambito dei paesi europei, sono state intraprese numerose iniziative con l’obiettivo di fornire al mondo del lavoro strategie, metodologie e strumenti, utili per contrastare il fenomeno e promuovere il benessere organizzativo negli ambienti di lavoro. Per quanto riguarda lo stress lavoro-correlato il principale caposaldo è rappresentato indubbiamente dall’accordo europeo dell’8 ottobre 2004. In uno scenario precedentemente caratterizzato da ambiguità ed incertezza anche sul piano scientifico, l’accordo ha rappresentato un chiaro e definitivo cambio di paradigma. Indicando che non tutte le situazioni di intensa richiesta lavorativa sono fonte di stress e che non tutte le situazioni di stress sono correlabili al lavoro, l’accordo ha definito i confini entro cui si colloca lo stress lavoro-correlato e nello stesso tempo ha delineato il percorso per le azioni di prevenzione. Diversi strumenti sono stati messi a punto per supportare le imprese nel processo di valutazione e nell’individuazione di efficaci misure di tutela. Sono stati proposti sia strumenti soggettivi come i questionari, finalizzati a rilevare la percezione dei lavoratori, sia strumenti osservazionali di tipo oggettivo, finalizzati ad analizzare l’organizzazione del lavoro e a misurare fenomeni connessi allo stress lavoro-correlato come l’assenteismo e il turn-over. Tutti questi strumenti, tuttavia, trovano maggiore facilità di applicazione nelle imprese di maggiori dimensioni. Analogo discorso può essere fatto sulle azioni correttive di tipo preventivo, attenuante o riparatorio, per le quali esempi e modelli sono quasi sempre riferiti alle imprese medio grandi. In generale la gestione dei rischi psicosociali appare più difficile nelle piccole e medie imprese, non solo per differenze di cultura aziendale, ma anche per la diversità delle relazioni sul lavoro, per la maggiore difficoltà ad esercitare la rappresentanza dei lavoratori e per le caratteristiche stesse del modello produttivo. La crisi economica ha inoltre inciso pesantemente in questi ultimi anni, limitando le risorse disponibili ed aggiungendo elementi di precarietà e di incertezza circa la stabilità del posto di lavoro. Da queste considerazioni è nato il presente progetto, che si pone l’obiettivo di mettere sotto la lente di ingrandimento il problema dello stress lavoro-correlato nelle piccole e medie imprese, allo scopo di capire la dimensione del fenomeno, di indagare il livello di consapevolezza, le competenze e gli strumenti messi in campo, con l’obiettivo non solo di rilevare le criticità, ma anche di condividere e diffondere modelli e soluzioni adottabili.
Le dimensioni del fenomeno dello stress lavoro-correlato
Negli ultimi anni, rilevanti cambiamenti nel mondo del lavoro hanno favorito un aumento della complessità, mettendo alla prova le capacità individuali dei lavoratori di farvi fronte. L’invecchiamento della popolazione attiva e l’aumento della forza lavoro femminile sono fenomeni che determinano mutamenti sia del mondo produttivo che della società e degli stili di vita. Il lavoro a tempo parziale e gli orari atipici convivono con le tradizionali condizioni contrattuali contribuendo a creare assetti diseguali contemporaneamente presenti nelle aziende. A questo si devono sommare l’esigenza di flessibilità, la precarizzazione, i continui cambiamenti nell’organizzazione del lavoro ed una gestione delle risorse umane più individuale e maggiormente orientata al risultato. In tempi ancora più recenti, con il diffondersi delle nuove tecnologie d’informazione e comunicazione, il telelavoro ed il lavoro mobile cominciano ad annullare le barriere spaziali e temporali che finora separavano il lavoro dalla vita privata. Tutte queste condizioni hanno un’incidenza profonda sul benessere delle persone al lavoro e sulla percezione di come il lavoro possa avere un impatto negativo sulla salute. In Europa, il 25 % dei lavoratori sostiene di soffrire di stress legato all’attività lavorativa per tutto o per la maggior parte dell’orario di lavoro ed una percentuale simile riferisce che l’attività lavorativa rappresenta un rischio per la propria salute (EU-OSHA 2014). La quarta indagine sulle condizioni di lavoro in Europa (Parent-Thirion et al., 2007) ha rilevato, nel 2005, che il 20% dei lavoratori nei primi 15 stati membri della UE ed il 30% nei nuovi stati membri è convinto che la propria salute sia minacciata dallo stress lavoro-correlato. Nei 15 Stati membri la stima dei costi attribuibili ai problemi di salute mentale riconducibili allo stress lavoro-correlato è del 3-4% del PIL (approssimativamente 265 miliardi di euro all’anno) . Tra le cause più frequenti di stress lavoro-correlato figurano la riorganizzazione del lavoro oppure l’insicurezza del lavoro, il prolungamento dell’orario lavorativo e l’eccessivo carico di lavoro, nonché, in misura minore, le molestie e la violenza sul lavoro. Un rapporto di qualche anno fa della Commissione Europea (Levi, 2000) indicava che metà dei lavoratori della UE riferiva elevati ritmi di lavoro, il 44% rotazione di mansioni assente o molto limitata, il 50% compiti ripetitivi. Dal 2005 si registra un calo dell’incidenza di alcuni fattori di rischio psicosociali: meno persone dichiarano nella rilevazione dell’EU-OSHA di dover sostenere orari di lavoro prolungati o lamentano l’assenza di sostegno sociale. È tuttavia aumentata la precarietà del lavoro e un quinto dei lavoratori continua a svolgere un’attività lavorativa per molte ore o con orari irregolari. Di recente, in alcuni paesi sono aumentate le segnalazioni di pressione del lavoro, oltre che di violenze e molestie, le quali sono associate a cambiamenti sul luogo di lavoro riconducibili alla crisi economica. In generale, le differenze nelle condizioni di lavoro tra gruppi di lavoratori dipendono dal settore lavorativo. Esistono, tuttavia, differenze di genere che non sono necessariamente legate al comparto: è vero, per esempio, che gli uomini lavorano più a lungo e che le donne incontrano maggiori ostacoli nella loro carriera lavorativa. I rischi psicosociali rappresentano una fonte di preoccupazione per la maggior parte delle imprese: quasi l’80% dei dirigenti si dichiara preoccupato per lo stress legato all’attività lavorativa e circa uno su cinque considera la violenza e le molestie sul lavoro la maggiore preoccupazione. Se si considerano singolarmente i vari rischi, il principale problema riferito dai dirigenti riguarda i ritmi di lavoro pressanti e l’interazione con altri soggetti come clienti, pazienti o studenti (EU-OSHA, 2014).
La tutela della salute e sicurezza sul lavoro
Sebbene non vi sia ampia consapevolezza e non vi siano prove degli effetti negativi che l’esposizione prolungata allo stress produce sulle condizioni fisiche e di salute dei singoli individui, la questione di come definire, prevenire e ridurre lo
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stress sul lavoro resta oggetto di significative divergenze tra legislazione e prassi degli Stati membri dell’Unione europea. Un primo significativo passo in avanti verso l’adozione di un approccio preventivo globale alla salute sul lavoro, ivi compresa la riduzione dei rischi derivanti da situazioni di stress, è stato la Direttiva quadro europea in tema di salute e sicurezza sul lavoro (Direttiva 89/391/CE, definita, nel presente testo: la Direttiva in materia di SSL). La Direttiva introduce l’obbligo per il datore di lavoro di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro (Articolo 5), ivi compresi i principi di prevenzione che possono svolgere un ruolo significativo nella prevenzione dello stress, quali: l’obbligo di adeguare il lavoro all’uomo, in particolare per quanto concerne la concezione dei posti di lavoro e la scelta delle attrezzature di lavoro e dei metodi di lavoro e di produzione, in particolare per attenuare il lavoro monotono ed il lavoro ripetitivo e per ridurre gli effetti di questi lavori sulla salute, e l’obbligo di una politica di prevenzione globale e coerente che integri nella stessa la tecnica e la tecnologia, l’organizzazione del lavoro, le condizioni di lavoro, le relazioni sociali e l’influenza dei fattori dell’ambiente di lavoro. Al fine di rendere efficace l’obbligo di mettere in atto misure di prevenzione, la Direttiva obbliga il datore di lavoro a disporre di una valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro, a determinare le misure protettive da adottare ed a tenere un elenco degli infortuni sul lavoro che abbiano comportato per il lavoratore un’incapacità di lavorare superiore a tre giorni di lavoro, nonché a redigere relazioni sugli infortuni sul lavoro di cui siano state vittime i suoi lavoratori (Articolo 9). Tutte queste informazioni devono essere messe a disposizione dei lavoratori o dei rappresentanti dei lavoratori con responsabilità specifiche in tema di salute e sicurezza dei lavoratori (Articolo 10). Ai sensi della Direttiva, i lavoratori e/o i loro rappresentanti hanno diritto di essere consultati su tutte le questioni connesse alla salute e sicurezza sul lavoro e questi ultimi hanno altresì diritto di proporre al datore di lavoro misure adeguate per ridurre qualsiasi rischio per i lavoratori e/o eliminare le cause di pericolo. Hanno altresì diritto di fare ricorso all’autorità competente in materia di sicurezza e di protezione della salute sul lavoro (Articoli 10 e 11). Tuttavia, la Direttiva non specifica quali rischi specifici dovranno essere valutati né menziona esplicitamente lo stress lavoro-correlato, cui si fa riferimento soltanto nelle Direttive in materia di salute e sicurezza, introdotte successivamente nel rispetto dell’Articolo 16 della Direttiva in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In particolare, lo stress mentale o la stanchezza mentale devono essere presi in considerazione quando si affronta il tema delle postazioni di lavoro, ivi comprese le attrezzature munite di videoterminali (Direttiva 90/270/CEE) ed il tema delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (Direttiva 92/85/CEE). Dovranno essere valutati ed evitati i rischi psicosociali dei lavoratori ospedalieri e del settore sanitario (Direttiva 2010/32/UE). Tuttavia, nel corso degli anni novanta del secolo scorso, vari esperti e vari studi, ivi compresi quelli di Eurofound e dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, hanno individuato nello stress lavoro-correlato un problema sempre più allarmante. La Commissione ha reagito dapprima introducendo misure di soft law, tra cui linee guida non vincolanti, proponendo un quadro flessibile d’azione a livello nazionale ed aziendale. Tuttavia, la stessa Commissione ha affrontato le lacune nella legislazione europea e nazionale nella definizione di ‘stress lavoro-correlato’ e nelle misure per prevenire ed affrontare il problema, nonché il problema della scarsa applicazione, da parte delle autorità nazionali, delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, quale causa principale dello scarso riconoscimento dello stress come fattore di rischio. Pertanto, nel 2002, è stata avviata una consultazione con le parti sociali ai sensi dell’Articolo 138 (2) del Trattato CE (Articolo 154 (2) del TFUE), al fine di garantire un livello minimo di tutela nei confronti dello stress lavoro-correlato in tutta Europa. L’esito della consultazione ha portato all’avvio di negoziati tra le parti sociali europee, che sono infine sfociati nella firma dell’Accordo quadro sullo stress lavoro-correlato dell’8 ottobre 2004. L’Accordo impegna i datori di lavoro ad inserire lo stress nell’obbligo generale di prevenire i rischi professionali definiti
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nella Direttiva in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Esso prevede una descrizione di stress e stress lavoro-correlato, nonché indicatori per l’individuazione dei problemi legati allo stress ed un elenco di misure per prevenirlo, eliminarlo o ridurlo. Le parti sociali hanno anche convenuto che l’attuazione dell’Accordo a livello nazionale dovrà avvenire tramite le prassi nazionali delle loro organizzazioni affiliate, piuttosto che chiedendo alla Commissione di recepirlo in una Direttiva europea. Secondo la Commissione europea (2011), l’Accordo ha avuto un impatto nel promuovere consapevolezza sulla questione, soprattutto in termini di ulteriori orientamenti e sensibilizzazione. Sette Stati membri hanno anche modificato il loro quadro normativo dopo la firma dell’Accordo, facendo esplicitamente riferimento ai ‘rischi psicosociali o allo stress’ nella normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In ogni caso, la relazione sull’attuazione dell’Accordo redatta dalle parti sociali firmatarie e studi analoghi delle istituzioni europee (Commissione europea 2011; 2013) hanno attestato che la sua attuazione è a rischio e che persistono significative differenze in tutta Europa anche in merito alla reale applicabilità delle sue disposizioni nei confronti dei datori di lavoro in ragione dei diversi sistemi di relazioni industriali. Sebbene queste relazioni e questi studi descrivano le iniziative e le azioni intraprese a livello nazionale e settoriale negli Stati membri, c’è ancora scarsa conoscenza e reale consapevolezza dello stress lavoro-correlato da parte dei lavoratori stessi e dei datori di lavoro, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese (PMI).
Indice
1. Lo stress lavoro-correlato in Europa Le dimensioni del fenomeno stress lavoro-correlato La tutela della salute e sicurezza sul lavoro
2. Il progetto REST@Work
3. L’analisi desk Il concetto di stress lavoro-correlato nella legislazione degli Stati membri dell’UE Attuazione dell’Accordo sullo stress lavoro-correlato – Lo stato dell’arte Diritti di rappresentanza e coinvolgimento dei lavoratori Sanzioni Monitoraggio e valutazione delle misure volte a prevenire o combattere lo stress lavoro correlato Strumenti per supportare il controllo dello stress lavoro-correlato nelle PMI Ruolo delle parti sociali
4. Indagine conoscitiva su Lavoratori, Rappresentati dei Lavoratori e Datori di Lavoro Il questionario REST@Work Il campione d’indagine Analisi dei dati I risultati Dati socio-demografici e lavorativi Stato dell’arte della valutazione dello stress lavoro-correlato Coinvolgimento dei lavoratori e dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza Formazione e informazione dei lavoratori Le caratteristiche del rischio da stress lavoro-correlato dell’ambiente di lavoro Condizioni e livelli di benessere sul lavoro
tratto da: Progetto Reducing Stress at Work – Rapporto finale
fonte :uil.it
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