Profili di Rischio di Comparto Caseifici

PROFILI DI RISCHIO DI COMPARTO CASEIFICI

PROFILI DI RISCHIO

DESCRIZIONE GENERALE DEL CICLO DI LAVORAZIONE

Il ciclo lavorativo dei caseifici in studio presenta alcune differenze nelle diverse aziende del comparto dell'area di riferimento, sia in funzione del prodotto finito che della tecnologia impiegata.
In particolare nei caseifici a produzione industriale l'utilizzo di alcune macchine rende certe fasi lavorative completamente o parzialmente automatizzate, mentre nelle aziende artigianali esse continuano ad essere svolte con operazioni manuali.

ANALISI DEI RISCHI E DELLE SOLUZIONI

APPROVVIGIONAMENTO E STOCCAGGIO DEL LATTE

DESCRIZIONE DELLA FASE

La refrigerazione del latte inizia alla stalla, allo scopo di contenere al massimo la contaminazione microbica. Questo consente al caseificio di non dover necessariamente lavorare il latte immediatamente all'arrivo nello stabilimento.
Al ricevimento latte proveniente dalle varie stalle o dai centri di raccolta, nel caseificio si compiono operazioni importantissime, in particolare il controllo di qualità del latte conferito e il prelievo dei campioni di latte da destinare alle analisi chimico-microbiologiche (si veda la fase laboratorio).
Il latte giunge al caseificio in autocisterne refrigerate (il ricevimento del latte in bidoni è ormai pressoché abbandonato) ed una volta effettuate le suddette verifiche, può essere smistato dall'autocisterna direttamente alle varie lavorazioni, ma più frequentemente viene stoccato in silos refrigerati (chiamati anche tanks) attraverso una serie di pompe e tubazioni in acciaio inossidabile.
L'addetto al trasporto del latte con autocisterna compie in genere anche il prelievo di campioni di latte, da inviare al laboratorio, e la pulizia dell'autocisterna una volta che essa è stata svuotata. Per compiere tali operazioni l'addetto accede alla sommità dell'autocisterna.




MICRORGANISMI AEROBICI MESOFILI PRESENTI NEL LATTE*
Micrococchi Micrococcus, Staphylococcus. 30 – 99 %
Streptococchi Enterococcus, Streptococchi del gruppo N, Streptococchi delle mastiti. 0 - 50 %
Batteri asporigeni Gram positivi Microbacterium, Coryneabacterium, Arthrobacter, Kurthia. < 10 %
Spore di Bacillus Bacillus. < 10 %
Batteri Gram negativi Pseudomonas, Acinetobacter, Flavobacterium, Enterobacter, Klebsiella, Escherichia, Serratia, Alcaligens, Brucella. < 10 %
Altri tipi Streptomiceti, Lieviti, Muffe. < 10 %

*microrganismi sensibili ai trattamenti di sanificazione

ALCUNI MICRORGANISMI TERMORESISTENITI E PSICROTROFI*
Termoresistenti Microbacterium, micrococcus, spore di Bacillus (B. licheniformis, B. cereus), spore di Clostridium.
Psicrotrofi Pseudomonas, Acinetobacter, Flavobactoter, Enterobacter, Alcaligens.
*microrganismi che possono sopravvivere ai trattamenti di sanificazione

Il latte prelevato da un animale sano ed in condizioni igieniche adeguate contiene pochi microrganismi (meno di 5000 germi per ml), fra cui non si trovano germi patogeni per l’uomo (Mycobacterium bovis, Mycobacterium tubercolosis, Brucella abortus, Streptococcus agalactiae, escherichia coli, salmonella, Leptospira, listeria monocytogenes, Bacillus cereus, Pasteurella multicida, Clostridium perfringens, Coxiella burnettii, campylobacter, Yersinia, staphylococcus aureus).

ATTREZZATURE E MACCHINE

Impianto di ricevimento del latte
Il latte proveniente dall'autocisterna può seguire un percorso attraverso vari impianti quali:
- degasatore in linea, che ha lo scopo di eliminare odori e gas estranei al latte e rendere più accurata la sua misurazione;
- filtro a maglie, per l'eliminazione di eventuale sporcizia grossolana dal latte;
- misuratore volumetrico del latte di tipo meccanico o elettromagnetico;
- serbatoio intermedio (opzionale), che ha lo scopo di fare da polmone per il silos;
- scambiatore termico (opzionale), che ha lo scopo di effettuare il trattamento termico e/o la refrigerazione del latte;
- cisterne di stoccaggio del latte, che possono essere una o più.

Misuratore volumetrico del latte
Il misuratore della quantità di latte introdotto nell'impianto, viene effettuata attraverso una misura di volume. Il principio di funzionamento del misuratore può essere meccanico o elettromagnetico.
Il misuratore meccanico è essenzialmente costituito da una camera cilindrica nella quale ruota un cilindro cavo eccentrico e che nel suo movimento lascia un predeterminato spazio vuoto che viene riempito di latte. Il numero di rotazioni del cilindro determina pertanto il volume del latte che entra nell'impianto. Tale numero viene convertito direttamente nell'equivalente valore in litri e reso disponibile sullo strumento di lettura. Questo tipo di misuratore è affidabile fino a quando resta integro e pulito, pertanto necessita di essere periodicamente smontato per una accurata pulizia.
Il misuratore elettromagnetico è essenzialmente costituito da una tratto di tubo a diametro costante circondato da un elettromagnete; il latte che entra nell'impianto passando dal misuratore, attraversa le linee di forza del campo magnetico generato dall'elettromagnete, perturbandole; questo determina una differenza di potenziale ai capi di una spira montata intorno al tubo, proporzionale alla velocità del flusso di latte che lo attraversa (1). Grazie alla formula di Bernoulli (2), il valore della differenza di potenziale misurata, viene convertita in litri e resa disponibile sul pannello di lettura dello strumento. Questo tipo di misuratore ha il vantaggio di poter essere pulito facilmente con un ciclo C.I.P. (vedere la fase sanificazione) senza dover essere smontato.

Cisterne di stoccaggio del latte
Si tratta di serbatoi di acciaio inox termicamente isolati e refrigerati, aventi la forma di silos verticali o orizzontali. Per quanto riguarda la capacità dei serbatoi del latte, si cita come esempio il caso di una azienda del comparto a produzione industriale, che nell'anno 1999 ha lavorato circa 3.100.000 litri di latte di vacca e 2.000.000 litri di latte di pecora, dispone dei seguenti serbatoi: n.6 da 25.000 litri; n.1 da 20.000 litri; n.2 da 10.000 litri.
Di regola i serbatoi sono ubicati all'esterno dello stabilimento produttivo, nelle immediate adiacenze del reparto dove avviene il trattamento preliminare del latte. Le moderne cisterne sono dotate di un dispositivo di agitazione (lenta ma continua) che previene la separazione per gravità della parte cremosa dal plasma del latte. La temperatura del latte viene mantenuta inferiore a 6 °C grazie ad un sistema di raffreddamento collegato ad un termostato. I silos sono dotati di strumentazione per il controllo di livello, pressione interna, temperatura. La quantità di latte stoccata in un caseificio è in genere circa tre volte il volume di latte lavorato in un giorno.


FATTORI DI RISCHIO

In questa fase lavorativa, i principali rischi professionali potenzialmente presenti sono i seguenti:

Esposizione ad agenti biologici
DESCRIZIONE
Nel caso di latte contaminato alla stalla o durante il trasporto è possibile la presenza di batteri patogeni. Per la maggior parte di tali germi la via di infezione per l’uomo è a seguito di ingestione di latte contaminato, pertanto esiste un rischio trascurabile per i lavoratori. Inoltre la sorveglianza veterinaria delle stalle ha sgnificativamente ridotto le principali infezioni animali che si propagavano all’uomo attraverso il latte, cioè la tubercolosi e la brucellosi. E’ comunque necessaria una attenta manipolazione del latte allo scopo di evitare che il lavoratore apporti una contaminazione aggiuntiva, e/o avvenga un contatto con eventuali germi attraverso lesioni cutanee e attraverso le mani con possibile ingestione.
STIMA
Il rischio di contatto con il latte non debatterizzato è molto basso, essendo limitato al caso di eventuali fuoriuscite accidentali oppure per operazioni di manutenzione che richiedano lo smontaggio di parti dell'impianto. Questo perché normalmente tutte le operazioni di ricevimento/stoccaggio del latte avvengono automaticamente a ciclo chiuso.
DANNO ATTESO
Sono possibili infezioni da microrganismi patogeni che possono essere presenti nel latte, specie in caso di soggetti predisposti o in condizione di immuno-depressione, se non vengono rispettate le norme igieniche.
DANNO RILEVATO
Una indagine sierologica trasversale eseguita qualche anno fa sul personale di 7 caseifici situati in provincia di Siena e Grosseto (scelti sulla base della rappresentatività dei caseifici nell'ambito del territorio considerato) su 159 lavoratori e 217 controlli, ha dato risultati negativi circa la presenza di anticorpi anti-brucella. Ciò conferma la bassa probabilità di contrarre infezioni dalla manipolazione del latte.
PREVENZIONE
La meccanizzazione del ciclo a partire dalla raccolta fino alla pastorizzazione del latte può essere considerata una misura di prevenzione contro alcuni rischi derivanti dal contatto del latte come quelli infettivi ed in particolare contro la brucellosi.
Per quanto è possibile sono da preferire soluzioni impiantistiche che permettano la pulizia tramite un ciclo C.I.P. (vedere la fase sanificazione), senza necessità di smontaggio. In caso di necessità di interventi di manutenzione che richiedano lo smontaggio di parti di impianto, è opportuno che gli addetti indossino D.P.I. (grembiuli, guanti, mascherina).
Deve essere fatto divieto di mangiare e fumare durante le operazioni che possono comportare l’imbrattamento delle mani.

Transito di mezzi pesanti
DESCRIZIONE
Il transito delle autocisterne per il rifornimento del latte nei piazzali esterni dello stabilimento produttivo (dal cancello di ingresso fino al punto di riempimento dei serbatoi e viceversa), può comportare il rischio di investimento dei lavoratori del caseificio.
DANNO ATTESO
Lesioni traumatiche per investimento da automezzi.
PREVENZIONE
Predisporre e segnalare percorsi separati per pedoni ed automezzi.

Lavoro in postazioni sopraelevate
DESCRIZIONE
Le eventuali operazioni di manutenzione agli impianti ed ai serbatoi di stoccaggio possono comportare la necessità di raggiungere postazioni in altezza, con conseguente rischio di caduta dall'alto. Anche per le operazioni di prelievo di campioni di prodotto e la successiva pulizia, ove l'addetto acceda alla sommità della autocisterna, è presente il rischio di caduta dall'alto.
DANNO ATTESO
Lesioni traumatiche per caduta dall'alto (rischio di infortunio mortale).
PREVENZIONE
Predisporre accessi sicuri alle postazioni in altezza ai serbatoi di stoccaggio con gradini stabili e antiscivolo, parapetti, fascia fermapiedi, ecc… come prescritto dalle norme vigenti.
Anche l'accesso alla parte superiore della autocisterna deve essere reso sicuro, ad esempio con una scaletta robusta dotata di gradini stabili e antiscivolo, e dotando il camminamento lungo la cisterna di corrimano e parapetto reclinabili, che l'operatore possa alzare prima di accedere al camminamento, anch'esso antiscivolo realizzato ad esempio tramite un grigliato.
A seconda delle situazioni possono essere necessari D.P.I. (scarpe antiscivolo, imbracatura con sistema di trattenuta che impedisca la caduta d'alto).


APPALTI ESTERNI
Talvolta il servizio di rifornimento del latte è affidato a ditte esterne, ma spesso viene affidato agli stessi addetti al caseificio, magari a turno, specie quando le aziende casearie sono società costituite degli stessi allevatori che producono il latte.
La manutenzione dell'impianto di ricevimento del latte, specie quella straordinaria, è generalmente appaltata a ditte esterne.


IMPATTO ESTERNO
In questa fase lavorativa può essere presente il seguente fattore di impatto ambientale:

Impianti antiestetici e di altezza elevata
La dimensione dei silos e la forma delle tubazioni e delle varie parti dell'impianto di ricevimento e stoccaggio del latte, può determinare un impatto negativo sul paesaggio, specie se l'azienda è ubicata in aree particolarmente sensibili sotto questo aspetto. Per ridurre l'impatto può essere prevista una limitazione in altezza (ad esempio utilizzando silos orizzontali anziché verticali) e/o prevedere una copertura degli impianti.

Impianti e tubazioni contenenti grandi quantità di latte
L'impianto di stoccaggio può contenere fino a qualche centinaio di ettolitri di latte. In caso di cedimenti strutturali o perdite da pompe e tubazioni, può avvenire lo sversamento del latte sul terreno.
Il tal caso il danno per l'ambiente è limitato, dato che il latte è un alimento naturale, normalmente non nocivo.
La prevenzione consiste nel dotare i serbatoi di sistemi di contenimento e conformare la pavimentazione delle zone dove sono installati i serbatoi e le tubazioni del latte, compreso i piazzali esterni, in modo tale da convogliare gli eventuali sversamenti verso una vasca di raccolta e l’impianto di depurazione acque.

Trasporto su strada di latte in autocisterne
In caso di incidente stradale si possono verificare sversamenti di latte sul suolo.
Il tal caso il danno per l'ambiente è limitato, dato che il latte è un alimento naturale, normalmente non nocivo. È anche possibile che lo sversamento di latte su strada renda l’asfalto sdrucciolevole, pertanto ciò può essere causa di incidenti stradali.
La prevenzione consiste essenzialmente nel prevedere una procedura di emergenza e nella relativa formazione dell’addetto al trasporto.

Note

(1): in accordo con la Legge di Faraday sulla induzione elettromagnetica, nella spira si genera una forza elettromotrice indotta che tende ad opporsi alla variazione del flusso magnetico concatenato con la spira stessa.

(2): con la formula di Bernoulli, a partire dalla conoscenza della velocità di flusso del liquido, è possibile calcolarne la quantità che passa in un tratto di tubo di diametro fisso.


TRATTAMENTO PRELIMINARE DEL LATTE

DESCRIZIONE DELLA FASE
Una volta che il latte è stato analizzato e stoccato, prima della sua trasformazione si procede ad una sua parziale o totale debatterizzazione che consiste nella eliminazione di microrganismi indesiderati nel latte, che possono assumere sia un significato anticaseario (possono causare diversi inconvenienti, tra i quali: facile rammollimento, gonfiori anormali, sapori amari), sia igienico sanitario per la eventuale presenza di microrganismi patogeni per l'uomo.
Per il latte destinato alla produzione di formaggi duri a lunga stagionatura, la debatterizzazione avviene talvolta tramite una parziale scrematura del latte realizzata per affioramento, mentre in altri casi la debatterizzazione viene effettuata attraverso procedimenti diversi come la bactofugazione oppure la moderna microfiltrazione.
Nelle aziende del comparto che sono state oggetto della presente indagine, il trattamento preliminare del latte consiste essenzialmente in due processi:
- pulitura del latte: eliminazione dello sporco eventualmente presente nel latte, tramite centrifugazione in una apposita macchina chiamata pulitrice.
- pastorizzazione del latte: particolare tipo di trattamento termico che consente una benefica distruzione della flora anti-casearia, al quale il latte viene sottoposto dopo la pulitura.
Il processo chiamato pastorizzazione, prende il nome dal grande studioso francese Louis Pasteur, e consiste in un particolare tipo di trattamento termico che consente una benefica distruzione della flora anti-casearia. In particolare, le muffe, i lieviti, i coliformi ed i microbi cromogeni, oltre ai patogeni, vengono facilmente distrutti da una razionale pastorizzazione a 72°C per 15 secondi.
La pastorizzazione permette anche la standardizzazione del prodotto finale e un maggior rendimento complessivo della produzione.
Ovviamente il risultato ottenuto con la pastorizzazione dovrà essere mantenuto, garantendo una adeguata igiene delle linee produttive, macchine e attrezzi (si veda la fase sanificazione).
La pastorizzazione talvolta viene omessa quando si desideri trasformare latte crudo debatterizzato tramite bactofugazione, allo scopo di produrre formaggi duri a lunga stagionatura.

ATTREZZATURE E MACCHINE

Pulitrice
Si tratta di una centrifuga ermetica ad alta velocità, realizzata in acciaio inossidabile, che ha lo scopo di separare le impurità dal latte, basandosi sull’allontanamento delle particelle di dimensioni superiori a globulo di grasso (il cui diametro per la maggior parte va da 1 a 8 micron anche se il range va da valori inferiori a 0,2 micron fino a 15 micron). In caso vengano effettuate produzioni industriali di derivati del siero, la macchina viene anche utilizzata per debatterizzare il siero (dopo la scrematura).



Macchine pastorizzatrici
Sono particolari apparecchiature in acciaio inossidabile dove avviene la pastorizzazione del latte tramite scambiatori termici a piastre, che riscaldano il latte ad una temperatura di 71°-72°C per 30 secondi.

FATTORI DI RISCHIO

I rischi professionali risultano fondamentalmente legati al microclima e al rumore. Per altri rischi si veda la fase sanificazione.

Esposizione a rumore
DESCRIZIONE
Il rumore in questa fase lavorativa deriva principalmente dalle macchine pulitrici (centrifughe), le quali si trovano nelle immediate vicinanze delle macchine pastorizzatrici, e dalle pompe che fanno circolare il latte nell'impianto. Altra operazione rumorosa è il ciclo di lavaggio in C.I.P. dell'impianto (si veda la fase sanificazione). Il locale (o la porzione del locale), dove si trovano entrambe le macchine, viene chiamato in genere zona pastorizzazione.
STIMA
L’analisi dei dati di esposizione a rumore ha messo in evidenza il fatto che, nei caseifici in cui le macchine pulitrici hanno un valore di LAeq elevato e l'operazione di pulitura-pastorizzazione avviene nello stesso locale in cui avviene anche la produzione del formaggio, l’esposizione dei lavoratori impegnati nella produzione è maggiore di quella dei lavoratori che operano alla produzione nei caseifici con macchine pulitrici a LAeq basso.


DANNO ATTESO
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari musure preventive.
Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.
PREVENZIONE
Le principali misure di prevenzione sono le seguenti:
- utilizzare macchine pulitrici - pastorizzatrici del tipo meno rumoroso.
- segregazione delle macchine rumorose tramite pannellature fonoisolanti - fonoassorbenti.
- evitare la possibilità di esposizione indiretta degli addetti ad altre lavorazioni, confinando le macchine rumorose in locali separati, oppure (nel caso di caseifici in cui la zona di pastorizzazione sia nello stesso locale della produzione del formaggio) confinandole in una zona specifica delimitata da pareti fonoassorbenti e separata dalla zona di produzione del formaggio.
- quando sia necessario intervenire entro la zona chiusa e delimitata da pareti fonoassorbenti, è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi).
- informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

Esposizione a microclima caldo-umido
DESCRIZIONE
Le operazioni di pastorizzazione e sterilizzazione del latte, possono determinare l'esposizione degli addetti a microclima caldo-umido.

DANNO ATTESO
Disturbi da scomfort termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psico fisico.
PREVENZIONE
Nelle situazioni di maggior esposizione a stress termico, è utile prevedere l’uso di abbigliamento idoneo specifico, in relazione al rischio da esposizione ad elevata temperatura, oltre a prevedere, nell’organizzazione del lavoro, idonei periodi di acclimatamento.
È altresì opportuno valutare la possibilità di confinare in locali appositi le macchine che determinano il microclima caldo-umido, in modo da separarle dagli altri reparti di lavorazione, al fine di evitare l'esposizione indiretta degli addetti.
È fondamentale una corretta organizzazione del lavoro e l’informazione e formazione degli addetti.

Transito su pavimenti resi scivolosi
Si veda la fase sanificazione.


APPALTI ESTERNI
Il trattamento preliminare del latte generalmente non viene appaltata a ditte esterne.


IMPATTO ESTERNO

I principali fattori di impatto ambientale in questa fase sono i seguenti:

Scarichi dalla pulitura del latte
Le impurità presenti nel latte che sono state separate dalla pulitrice centrigufa, vengono avviate all’impainto di depurazione delle acque.
Per quanto riguarda lo scarico delle soluzioni di lavaggio si veda la fase sanificazione.

Diffusione di rumore all’esterno
La pulitrice centrifuga e le pompe del latte possono dare luogo ad elevati livelli di rumore e se non è prevista una adeguata insonorizzazione, possono provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente nelle adiacenze dell’impianto produttivo.
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Note:
(1): 1 micron = un millesimo di millimetro (1  = 10-6 m).




FERMENTATURA, CAGLIATURA, TAGLIO, PRESSATURA, FORMATURA, STUFATURA, RIVOLTAMENTO.


DESCRIZIONE DELLA FASE
Una classica lavorazione per la produzione del formaggio, prevede un processo che può essere sintetizzato come segue.
Si inizia con la preparazione di una miscela di latte e fermenti lattici (starter). Gli starter sono fondamentali nella caseificazione, in quanto servono a dare acidità al latte per favorire l’azione coagulante del caglio e in quanto nella maturazione svolgono un’azione proteolitica, lipolitica e aromatizzante. Esistono fermenti specifici per ogni tipo di formaggi. In genere i fermenti lattici vengono acquistati in forma di liofilizzati (di lunga conservazione). Essi vengono mescolati con il latte in apposite apparecchiature dette fermentiere e lasciati in riposo a temperatura predeterminata per qualche ora, in modo che la miscela raggiunga il valore di acidità (2) richiesto prima di venire aggiunta (in misura dell’1 - 2%) al latte in lavorazione.
Nel frattempo il latte, precedentemente trattato come descritto alla fase trattamento preliminare del latte, viene riscaldato (1) ed immesso entro vasche di lavorazione; nei caseifici più moderni, il riscaldamento e la lavorazione avvengono in una stessa macchina chiamata caldaia polivalente.
Si procede quindi aggiungendo gli starter al latte riscaldato e, per fare coagulare il latte in ambiente acido, si aggiunge un enzima: il caglio (rennina o lab-fermento o chimosina o chimasi) (3). Il caglio si ottiene dalla mucosa gastrica (pelletta) di giovani ruminanti (4); le preparazioni di caglio possono essere allo stato liquido, in polvere o in pasta. La forza coagulante del caglio è espressa da un valore chiamato titolo (5). Ad esempio, una azienda del comparto a produzione industriale, consuma al giorno da 1 Kg. a 1,5 Kg. di caglio in polvere, in rapporto rispetto al latte di 1:100.000.
Quando l’azione del caglio è ultimata (dopo circa 20 - 25 minuti), la massa ottenuta prende il nome di cagliata. Essa viene quindi tagliata in cubetti (delle dimensioni di una nocciola o poco più), mediante apposite taglierine incorporate nella vasca stessa. Le taglierine sono essenzialmente delle griglie che ruotano all'interno della vasca; talvolta esse presentano un profilo affilato da un solo lato, in modo che, se fatte ruotare dalla parte affilata funzionano da taglierine, mentre se fatte ruotare nell'altro senso funzionano da agitatori.
Dopo il taglio, la massa viene agitata per facilitare l’eliminazione del siero (spurgatura), ed a questo punto si effettua la cosiddetta formatura: i cubetti di cagliata vengono scaricati entro stampi della forma voluta. Talvolta l'operazione di scarico della cagliata è meccanizzata tramite un sistema pneumatico.
In alcuni casi, prima del riempimento degli stampi, viene eseguito un pre-drenaggio del siero dalla cagliata facendola cadere su un tamburo rotante perforato: la velocità di rotazione del tamburo e il diametro delle perforazioni determinano l'intensità di drenaggio del siero e, di conseguenza, la quantità di siero che scola negli stampi.
Per la produzione di molte famiglie di formaggi, una delle operazioni fondamentali consiste nella pressatura della cagliata sotto siero. Un tempo questa operazione era realizzata lasciando depositare la cagliata sul fondo della caldaia aperta di coagulazione e poi ricoprendola con tavole, invece oggi vengono utilizzati tavoli pressa porzionatori.
Una volta riempiti gli stampi, entro di essi avviene un ulteriore spurgo del siero ed in genere, per favorire lo spurgo, le forme vengano più volte ribaltate. Il ribaltamento della forma può avvenire o nello stesso stampo (e in tal caso è spesso prevista la sostituzione del telo che riveste internamente lo stampo) oppure si utilizzano stampi di plastica talvolta rivestiti internamente da un materiale anch'esso plastico poroso (che essendo impermeabile non necessita di essere sostituito) e si ribalta direttamente lo stampo. Nel secondo caso l'operazione è spesso meccanizzata.
Per la produzione di alcuni tipi di formaggi, la cagliata negli stampi viene sottoposta a stufatura che ha lo scopo di ottenere uno spurgo secondario del siero, in cui l’azione dei fermenti lattici viene aiutata dal calore. La stufatura si realizza ponendo la cagliata negli stampi in un ambiente mantenuto a temperatura costante e umidità relativa costanti e determinate a seconda del tipo di formaggio. Valori tipici di temperatura di stufatura sono intorno ai 58 °C per il formaggio pecorino intorno a 51 °C per le caciotte di latte misto (pecora e vacca). La stufatura dura in genere da 2 a 8 ore. Sempre allo scopo di favorire lo spurgo, la stufatura è talvolta abbinata ad un sistema automatico di avanzamento, impilamento e ribaltamento degli stampi. Nelle aziende del comparto, la stufatura avviene in due diverse modalità tra loro alternative:
- entro cassoni chiusi condizionati tramite vapore e posti nella stessa sala di produzione della cagliata, in tal caso il ribaltamento delle forme avviene in genere manualmente, a cura di un operatore esperto che la esegue con movimenti molto veloci e ripetitivi.
- in un apposito locale (camera di stufatura), nel quale gli stampi pieni entrano ed escono, tramite un sistema di movimentazione automatizzato, il quale è collegato ad un ribaltatore automatico degli stampi contenenti le forme, posto all'esterno della camera di stufatura: dopo un certo tempo prestabilito, le forme vengono estratte dalla camera, ribaltate e reimmesse nello stessa. L'operazione viene ripetuta un numero di volte variabile a seconda del tipo di formaggio prodotto.
Il siero derivante dalle varie operazioni sopra descritte (agitatura, pre-drenaggio, pressatura, stufatura, ribaltamento, sgrondo dagli stampi) viene raccolto e aspirato tramite apposite pompe per poi essere utilizzato nella produzione della ricotta.
Per quanto riguarda le quotidiane operazioni di pulizia si veda la fase sanificazione.

ATTREZZATURE E MACCHINE
Caldaie polivalenti
Sono vasche realizzate in acciaio inox, aventi capacità variante da 30 a 200 quintali, dotate di un sistema di riscaldamento del latte, ed di agitatori - taglierine. Il funzionamento della macchina viene controllato da un addetto, tramite comandi manuali, oppure tramite un sistema di controllo computerizzato.
Il riscaldamento del latte nelle caldaie polivalenti avviene per mezzo di un sistema di serpentine dove viene fatta scorrere acqua calda; esse sono poste entro una camiciatura della vasca e distribuite in modo tale da rendere più uniforme possibile il riscaldamento del latte.

Fig. 4 Interno della caldaia polivalente aperta.

Un tempo queste macchine erano aperte, ma nei caseifici moderni è in atto una tendenza alla loro sostituzione con caldaie polivalenti chiuse nelle quali tutte le operazioni (in particolare coagulo, cagliatura e taglio) avvengono in maniera meccanizzata ed automatica. Nonostante lo svantaggio di rendere meno agevole un controllo visivo e tattile della massa in lavorazione, le caldaie polivalenti chiuse presentano numerosi vantaggi, rispetto a quelle aperte: maggiore igiene delle operazioni, facilità di lavaggio in ciclo C.I.P. (vedere la fase sanificazione), minore consumo energetico, possibilità di lavorare grandi volumi di latte.
Esiste una grande varietà di caldaie polivalenti chiuse, tra le quali:
- caldaie cilindriche piane, a forma di cilindri affiancati, dette tipo "00" (doppio zero);
- caldaie cilindriche orizzontali, dette tipo "OST".
- caldaie a semicilindro orizzontale e movimenti alternati, dette tipo "MKT".
- caldaie a culla ribaltabile.
Si noti che il tipo di caldaia polivalente impiegata può cambiare a seconda del tipo di formaggio prodotto, ad esempio quella per formaggi molli (quali ad esempio lo stracchino e il ravaggiolo) la caldaia polivalente si differenzia soprattutto per il fatto che al posto delle taglierine (non più necessarie), gli utensili agitatori sono costituiti da pale di acciaio inossidabile.

Sistema pneumatico per lo scarico della cagliata.
Lo scarico della cagliata è una delle operazioni più critiche per la buona riuscita di un formaggio, pertanto specie per certi tipi di formaggi, se l'operazione non avviene con la sufficiente delicatezza è possibile compromettere la definitivamente la riuscita del prodotto. In tal caso non è possibile utilizzare un semplice sistema di scarico a gravità, né tramite pompe volumetriche.
Uno dei sistemi di scarico automatizzato che può essere impiegato anche in tali situazioni, è basato sull'impiego di pompe a vuoto e serbatoi polmone che funzionano alternativamente: creando il vuoto in un serbatoio si risucchia la massa siero-cagliata dalla caldaia polivalente e poi, pressurizzando si ottiene l'espulsione della massa dal serbatoio per riempire così lo stampo in modo rapido e delicato.
Una azienda del comparto utilizza invece un sistema a gravità, coadiuvato però da un dispositivo automatico che provvede, tramite un meccanismo pneumatico, a sollevare la caldaia quando il livello del suo contenuto diminuisce, in modo da mantenere costante la pressione dello scarico.

Sistema automatico per il ribaltamento degli stampi
Il rivoltamento automatizzato degli stampi prevede in genere un sistema di impilatura degli stessi uno sull'altro (e/o posizionamento degli stampi su appositi vassoi anch'essi sovrapponibili), e dei ribaltatori meccanici che, una volta raccolta e racchiusa l'intera pila entro ganasce, provvedono al ribaltamento della stessa.

Tavoli pressa porzionatori
Si tratta di tavoli rettangolari dotati di pareti di altezza sufficientemente elevata e di un fondo sul quale scorre un nastro trasportatore perforato. L'alimentazione dei tavoli con la cagliata proveniente dalla caldaia di coagulazione, può avvenire con accorgimenti diversi ad esempio a spruzzo o tramite maniche distributrici mobili che corrono lungo il tavolo.
Sopra il tavolo è posizionato un coperchio che, tramite un meccanismo pneumatico, cala sopra la massa in lavorazione pressandola. Il siero viene raccolto sul fondo del tavolo e convogliato attraverso uno scarico al sistema di raccolta. Lo scarico sul fondo del tavolo è dotato di un sistema di chiusura per permettere di regolare la quantità di siero residuo sulla cagliata depositata, in modo da poterla mantenere umida e/o coperta dal siero. Tramite il movimento del nastro, la cagliata che è stata pressata viene quindi convogliata da una estremità del tavolo, nella quale è posizionato il porzionatore. Quest'ultimo è costituito da taglierine mobili realizzate come un sistema di fili metallici orizzontali e verticali, regolabili e azionate meccanicamente per tagliare il manto di cagliata in porzioni delle dimensioni volute.



FATTORI DI RISCHIO
I rischi sono fondamentalmente legati al microclima caldo-umido, al rumore, alla possibilità di infortuni specie per scivolamento. I fermenti utilizzati per la caseificazione comprendono una flora microbica altamente selezionata che non rappresenta un rischio infettivo per l’uomo.

Transito su pavimenti resi scivolosi
Si veda la fase sanificazione.

Esposizione a rumore
DESCRIZIONE
Il rumore deriva prevalentemente da pompe, macchina formatrice, sistema automatico di avanzamento, impilamento e ribaltamento degli stampi meccanico o manuale (ribaltamento manuale delle forme, che avviene battendo lo stampo sul bordo del cassone di stufatura).
Inoltre, nei piccoli caseifici a produzione artigianale, talvolta le varie macchine utilizzate per le diverse lavorazioni (pulitrice, polivalente, ecc…) si trovano nello stesso locale, pertanto possono costituire una fonte di esposizione indiretta anche per i lavoratori addetti a questa fase.

DANNO ATTESO
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari musure preventive.
Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.
DANNO RILEVATO
In generale, i risultati sanitari sulla esposizione al rumore non hanno messo in evidenza una situazione di particolare rischio: l’audiogramma medio di settore è risultato nei limiti della variabilità normale. Tuttavia per i caseifici studiati, limitatamente a certe mansioni specifiche, come “addetto alla produzione”, dove l’audiogramma medio è risultato di classe 1 Merluzzi tipo “trauma sonoro iniziale”, è auspicabile generalizzare gli interventi di prevenzione che sono già stati attuati in alcuni caseifici, sotto indicati.
PREVENZIONE
- Portare all'esterno del locale di produzione le pompe che aspirano il siero.
- Effettuare una regolare manutenzione delle valvole di sfiato dell'aria compressa del formatore.
- Insonorizzare le macchine più rumorose e separarle dagli altri locali di lavoro.
- Sostituire le macchine più vecchie e rumorose con altre nuove meno rumorose.
- Organizzare il lavoro in modo da ridurre i tempi di esposizione dei lavoratori.
- Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli esposti.

Esposizione a microclima caldo-umido
DESCRIZIONE
Gli addetti possono essere esposti ad un microclima caldo-umido, dovuto alle lavorazioni sopra descritte, in particolare a causa del calore derivante dalle caldaie polivalenti e dalla operazione di stufatura specie quando essa si realizza nella stessa sala in cui compiono le altre operazioni. Inoltre a determinare l'elevatissimo tasso di umidità, concorre anche l'impiego di idropulitrici a getto d'acqua e vapore in pressione durante la fase di pulizia delle apparecchiature.
Quando la stufatura avviene in una apposita camera, eventualmente abbinata ad un sistema automatico di movimentazione degli stampi e apertura / chiusura automatica delle paratie, può essere presente il rischio per gli addetti di rimanere accidentalmente chiusi dentro la camera di stufatura.
DANNO ATTESO
Disturbi da scomfort termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psico fisico.
PREVENZIONE
Nel locale di lavorazione, specie dove sono presenti le caldaie polivalenti, è bene prevedere un continuo ricambio di aria così da operare in sovrapressione rispetto all'esterno del reparto, nel quale si fa entrare solo aria depurata tramite opportuni filtri; ciò favorisce tra l'altro la prevenzione contro la contaminazione del prodotto da parte eventuali inquinanti esterni.
Nelle situazioni di maggior esposizione a stress termico, è utile prevedere l’uso di abbigliamento idoneo specifico, in relazione al rischio da esposizione ad elevata temperatura, oltre a prevedere, nell’organizzazione del lavoro, idonei periodi di acclimatamento. Quanto sopra è stato è stato attuato in quasi tutti i caseifici controllati.
È altresì opportuno valutare la possibilità di confinare in locali appositi le macchine che determinano il microclima caldo-umido, in modo da separarle dagli altri reparti di lavorazione, al fine di evitare l'esposizione indiretta degli addetti.
Per la camera di stufatura è necessario prevedere un sistema di apertura sicuro delle paratie anche dall’interno, tramite maniglie di sicurezza, in modo che qualora un addetto vi acceda, non possa accadere che vi rimanga accidentalmente chiuso all’interno.
È fondamentale una corretta organizzazione del lavoro e l’informazione e formazione degli addetti.
Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
DESCRIZIONE
In questo reparto gli addetti possono essere esposti al rischio di impigliamento, presa e trascinamento, schiacciamento dovuto a varie parti dell’impianto, principalmente:
- agitatori-taglierine delle caldaie polivalenti ed i relativi bracci meccanici e organi di trasmissione del moto.
- organi di trasmissione del moto al tamburo rotante perforato, utilizzato per il pre-drenaggio del siero dalla cagliata prima della formatura.
- sistema automatico di avanzamento, impilamento e ribaltamento degli stampi pieni.
- sistemi automatici per la movimentazione degli stampi entro e fuori dalla camera di stufatura, ad esempio trenini elettrici (robot).
- sistemi automatici per l’apertura e chiusura delle porte della camera di stufatura.
DANNO ATTESO
Lesioni traumatiche quali ferite e contusioni.
PREVENZIONE
Per quanto riguarda gli agitatori-taglierine e gli organi di trasmissione del moto, è opportuno prevedere protezioni fisse (o munite di dispositivo di blocco); ove sia necessario mantenere la visibilità, possono essere eventualmente realizzate con griglie, o barre distanziatrici idonee ad impedire che gli arti degli addetto possano raggiungere le parti meccaniche in movimento.

Durante eventuali manutenzioni, tutto l’impianto deve posto in sicurezza; in particolare possono essere predisposte procedure di sicurezza che impediscano la possibilità che, mentre un lavoratore esegue la manutenzione, un altro possa avviare la macchina. A tale scopo, prima di iniziare le operazioni di manutenzione, si può attuare una procedura di tipo “Blocca e Segnala”, che può consistere, ad esempio, nel bloccare tutte le forme di energia che possono fare muovere le varie parti della macchina, impossessarsi della chiave del quadro di controllo e apporre su quest’ultimo un cartello con una scritta del tipo “Non azionare la macchina – manutenzione in corso”.

Le paratie ad apertura e chiusura automatica della camera di stufatura, ove presenti, devono essere protette contro il rischio di schiacciamento, esempio:
- per la fase di chiusura, la paratia può essere dotata di barra sensibile sul bordo che, in caso di urto, ne blocchi la corsa.
- per la fase di apertura, se la paratia va ad occupare una porzione di spazio accessibile ai lavoratori, può essere utilizzato un sistema analogo al precedente, oppure la zona operativa può essere resa inaccessibile ad esempio tramite una adeguata recinzione, conformata in modo tale che non sia possibile che un arto resti a contrasto tra la paratia mobile e la protezione fissa.


APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non viene appaltata, in quanto lavorazione centrale del processo produttivo.


IMPATTO ESTERNO

Diffusione di rumore all’esterno
Le lavorazioni rumorose sopra descritte possono dare luogo ad elevati livelli di rumore e se non è prevista un’adeguata insonorizzazione, possono provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente nelle adiacenze dell’impianto produttivo.

Scarichi idrici
Per quanto riguarda lo scarico delle soluzioni di lavaggio si veda la fase sanificazione.
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Note:

(1) La temperatura alla quale viene portato il latte nelle caldaie, è predeterminata a seconda del tipo di formaggio che si intende produrre. Nelle aziende del comparto, tale temperatura è 25 - 38 °C.

(2) L'acidità deriva dalla trasformazione del lattosio in acido lattico operata dai fermenti lattici.

(3) In questo modo il caseinogeno viene trasformato in paracaseina la quale, in presenza di ioni calcio, precipita come paracaseinato di calcio.

(4) Il caglio è l'insieme degli enzimi coagulanti che si aggiunge al latte per ottenere la precipitazione della caseina. Il caglio può essere aggiunto al latte attraverso preparata in pasta, in polvere o liquidi. Con questa miscelazione prendono il via i fenomeni di coagulazione enzimatica che danno poi origine alla cagliata. Un tempo, la coagulazione del latte veniva fatta avvenire utilizzando anche il succo di alcuni vegetali, dei quali il lattice di fico era il più utilizzato. Attualmente, con il termine "caglio" o "presame" si intende il prodotto enzimatico estratto dallo stomaco (più precisamente dall'abomaso) di bovini lattanti o in età giovanile. Questo estratto è molto ricco di un enzima, la chimasi o rennina, ottimale per la realizzazione della coagulazione del latte. Per la produzione di formaggi tipici come pecorino e caprino, viene invece usato il caglio di agnello o di capretto.

(5) Il titolo del caglio è la quantità di latte, espressa in millilitri (o in grammi), che viene coagulata da 1 millilitro (o da 1 grammo) di caglio, alla temperatura di 35°C in un tempo di 40 minuti.


SALATURA




DESCRIZIONE DELLA FASE
La salatura (anche detta salagione) è l’operazione di aggiunta di sale sulle forme che viene compiuta dopo la stufatura.
I formaggi vengono salati per diverse ragioni: aiutare per osmosi la rimozione del siero ancora da spurgare (spurgo terziario della cagliata); condensare la cagliata; rallentare lo sviluppo acido; conservare il formaggio rallentando ogni sviluppo batterico; indurre una leggera solubilizzazione delle proteine; impartire al formaggio il gusto desiderato; aumentare il valore nutritivo del formaggio.
La salatura può essere fatta a secco, cioè mediante distribuendo il sale direttamente sulle forme, ovvero a umido, cioè mediante immersione del formaggio per un certo tempo in apposite vasche riempite con soluzione salina (salamoia) mantenuta ad una temperatura di 11-12 °C.
La salatura può essere completamente manuale, ma spesso, specie quando viene effettuata ad umido, è una operazione automatizzata.
La cura e la depurazione delle salamoie, un tempo realizzata mediante periodiche bolliture, oggi può essere effettuata con procedimenti diversi: filtrazione su farina fossile; microfiltrazione continua o intermittente; debatterizzazione con raggi ultravioletti (facendo passare la salamoia in un tubo di vetro trasparente). Ad esempio, in una azienda del comparto, la soluzione viene prima filtrata e poi pastorizzata.
Le forme di formaggio, dopo che sono rimaste in salamoia per un certo tempo, possono venire inviate al trattamento antimuffa, tramite una serie di trasportatori a rulli.
Nel locale può anche essere presente un ventilatore per il ricambio dell'aria.

ATTREZZATURE E MACCHINE

Vasche di salamoia
Si tratta di vasche, che possono essere anche di grandi dimensioni, riempite di acqua e sale. Esse sono dotate di carroponte per il sollevamento delle gabbie a ripiani multipli, nei quali vengono introdotte le forme da tenere in salamoia. L’introduzione delle forme nei ripiani della gabbia (calata all’interno della vasca), avviene manualmente da un lato della vasca, mentre la movimentazione delle forme dai ripiani della gabbia fino verso l’uscita, avviene grazie all’azione della corrente che si determina nel fluido tramite un sistema di pompaggio.



Fig. 9 Vasca di salamoia con gabbia multilivello per il posizionamento delle forme da salare.

Carroponte
Si tratta di carroponte di tipo convenzionale, il cui scorrimento avviene nel senso longitudinale della vasca, cioè lungo lo stesso percorso che compiono le forme per attraversarla.

FATTORI DI RISCHIO
I rischi professionali sono legati all’impiego del sale da cucina, rischi di caduta per scivolamento su pavimenti bagnati, esposizione a rumore.

Esposizione al rumore
DESCRIZIONE
Il rumore in questa fase deriva principalmente dalle pompe e dal movimento della soluzione attraverso la vasca, e da eventuali ventilatori per il ricambio dell’aria.
DANNO ATTESO
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari musure preventive.
Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.
INTERVENTI PREVENZIONISTICI
I ventilatori per il ricambio dell'aria devono essere del tipo meno rumoroso possibile oppure eliminati ed attuati altri sistemi per il ricambio dell'aria.
Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

Movimentazione manuale dei carichi.
DESCRIZIONE
Il sale da cucina viene in genere fornito in sacchi; la movimentazione di gruppi di sacchi avviene tramite transpalletts, mentre i singoli sacchi vengono movimentati manualmente. Nel caso di salatura in salamoia, la soluzione viene periodicamente reintegrata di sale.
Talvolta le forme di formaggio vengono introdotte manualmente nella vasca di salamoia.
DANNO ATTESO
Disturbi muscolo-scheletrici per la movimentazione manuale dei carichi.
INTERVENTI PREVENZIONISTICI
Per la movimentazione manuale è necessario che l’azienda richieda al fornitore che il sale sia confezionato in sacchi piccoli in modo da ridurne il peso.

Manipolazione di sale da cucina.
DESCRIZIONE
Nel caso della salatura manuale a secco, l’addetto prende una manciata di sale dal sacco e la cosparge sulla singola forma.
DANNO ATTESO
Irritazione della pelle per contatto cutaneo prolungato con sale da cucina. In caso di schizzi di acqua salata si può verificare irritazione degli occhi.
INTERVENTI PREVENZIONISTICI
Per evitare il contatto prolungato della pelle con il sale da cucina, gli addetti alla salatura manuale devono indossare guanti.

Lavoro in prossimità di vasche aperte
DESCRIZIONE
Durante l’introduzione delle forme all’interno della vasca di salamoia, quando l’operazione avviene manualmente, gli addetti possono essere esposti al rischio di caduta dentro la vasca stessa.
DANNO ATTESO
Lesioni traumatiche per caduta dall’alto; irritazione della cute e degli occhi per contatto con soluzione salina.
INTERVENTI PREVENZIONISTICI
Parapetti regolamentari, pavimentazione antiscivolo, indossare scarpe antiscivolo. Informazione e formazione degli addetti, in particolare sulle procedure corrette di lavorazione.

Transito su pavimenti resi scivolosi
Si veda la fase sanificazione.

APPALTI ESTERNI
In genere questa fase, ove sia necessaria, non viene appaltata.





IMPATTO ESTERNO

Scarichi idrici
La soluzione salina della salamoia viene periodicamente rigenerata tramite filtratura e pastorizzazione. Il filtrato se scaricato tal quale potrebbe essere causa di inquinamento, pertanto deve essere inviato all’impianto di depurazione delle acque.
Per quanto riguarda lo scarico delle soluzioni di lavaggio si veda la fase sanificazione.



STAGIONATURA


DESCRIZIONE DELLA FASE
La stagionatura dei formaggi consiste nel creare le condizioni esterne necessarie per controllare il processo di maturazione di un formaggio nei limiti dell'ottimale. Per ciascun tipo di formaggio, una combinazione specifica di temperatura e umidità deve essere mantenuta (o variata), durante l'invecchiamento per favorire la maturazione.
Un tempo questo si realizzava in speciali zone geografiche, grotte naturali o in ambienti che, a causa del clima locale risultavano ottimali per il verificarsi delle condizioni volute.
Oggi la maturazione si compie su scaffali posti entro apposite celle o magazzini dotati un completo sistema di condizionamento, dove temperatura, umidità e ventilazione sono tenuti costantemente sotto controllo da una centralina elettronica; valori tipici sono: temperatura di 6 - 10 °C, umidità relativa del 75-90%. Nella produzione di formaggio tipica della zona in esame la stagionatura dura 10 - 15 giorni per i formaggi freschi, circa 120 giorni per i formaggi stagionati ottenuti con latte misto (di vacca e di pecora) e 180 giorni per i formaggi pura pecora in locali a 6-10°C e 90% di umidità relativa.
Le forme poste a stagionare vengono periodicamente pulite, ribaltate e movimentate. Il ribaltamento delle forme avviene manualmente nelle celle frigorifere di tipo tradizionale e con l'ausilio di carrelli elevatori elettrici e ribaltatori automatici nelle celle frigorifere più moderne.
Periodicamente viene anche effettuato il lavaggio delle assi di legno sulle quali vengono appoggiate le forme a stagionare (si veda la fase sanificazione).

ATTREZZATURE E MACCHINE

Celle di stagionatura dei formaggi
Tenendo conto che dai formaggi evapora umidità, l'aria circolante nell'ambiente di stagionatura deve essere deumidificata e refrigerata, controllando poi una successiva umidificazione e/o riscaldamento per mantenere costanti i parametri microclimatici.
Per garantire una maggiore uniformità spaziale dei parametri microclimatici, specie per locali di una certa grandezza e per grandi quantità di formaggi in stagionatura, l'impianto di condizionamento è talvolta dotato di numerosi condotti per convogliare l'aria in punti specifici, tali da assicurare un’adeguata circolazione tra gli scaffali dove sono stoccate le forme.


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Scaffali per la stagionatura delle forme di formaggio nelle celle frigorifere
Nelle celle frigorifere di tipo tradizionale, la sistemazione dei formaggi avviene su assi di legno poste su scaffali fissi; di conseguenza la movimentazione è svolta manualmente per ogni singolo formaggio, ma oggi questa procedura in diversi casi è stata sostituita con metodi di magazzinaggio e movimentazione delle forme entro gabbie o pallets i quali sono poi movimentati su appositi carrelli elevatori a trazione elettrica. In molti casi è presente un sistema di ribaltamento meccanizzato delle gabbie contenenti le forme.
Talvolta vengono anche utilizzati scaffali mobili posti su rotaie in modo che essi, una volta riempiti, possono essere avvicinati tra loro permettendo così, rispetto agli scaffali fissi, la stagionatura di un maggior numero di forme nello stesso spazio.

Macchine per la pulitura delle forme di formaggio

Si tratta di piccole macchine spazzolatrici, nelle quali l’operatore introduce la forma da pulire, allo scopo di rimuovere i depositi superficiali. In certi casi, durante l’operazione, la forma deve essere mantenuta in posizione di pulitura dall’operatore. La pulitura può avvenire a secco o a umido.
Fig. 11 Macchina per la pulitura delle forme di formaggio.

FATTORI DI RISCHIO

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti:

Esposizione a microclima freddo-umido
Durante la permanenza nelle celle di stagionatura, gli addetti che effettuano il ribaltamento e la pulizia delle forme e loro movimentazione, sono esposti a microclima freddo-umido. È anche da considerare il rischio che l’addetto rimanga accidentalmente chiuso all'interno.
DANNO ATTESO
L’esposizione prolungata a microclima freddo – umido può essere causa di: disordini cardiovascolari, metabolici; disturbi muscolo – scheletrici; atrocianosi; stress psicologico; orticaria da freddo; criopatie. Alcuni di questi effetti si aggravano se l’esposizione a freddo è abbinata a fatica fisica e/o alla movimentazione manuale dei carichi.
PREVENZIONE
Nel caso di permanenze prolungate nelle celle frigorifero sono consigliabili pause nell’esposizione.
In genere, nelle situazioni di maggior esposizione a stress termico, è utile prevedere anche l’uso di abbigliamento idoneo specifico in relazione al rischio da esposizione a bassa temperatura (indumenti di protezione contro il freddo), oltre a prevedere, nell’organizzazione del lavoro, idonei periodi di acclimatamento.
Naturalmente la migliore misura di prevenzione consiste nell'evitare l'esposizione. Oggi questo è tecnologicamente possibile utilizzando sistemi di automazione del magazzino basati sull'impiego di gabbie da riempire di formaggi della stessa partita, e che quindi devono subire le stesse vicende di stagionatura. Questi sistemi permettono infatti di movimentare meccanicamente i formaggi ai vari livelli del magazzino tramite guidovie completamente automatiche, in moda da poter spostare i formaggi all'interno del magazzino nelle sue diverse parti che presentano condizioni microclimatiche diverse e più confacenti al grado di stagionatura raggiunto. Tali sistemi possono raggiungere un levato grado di meccanizzazione, anche con l'ausilio di computers tali da governare l'intero magazzino senza o con il minimo intervento da parte degli addetti.
Per le celle frigorifere è necessario prevedere un sistema di apertura sicuro delle paratie anche dall’interno, tramite maniglie di sicurezza, in modo che qualora un addetto vi acceda, non possa accadere che vi rimanga accidentalmente chiuso all’interno.

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
DESCRIZIONE
Le porte delle celle frigorifere, quando sono costituite da paratie mobili a comando pneumatico, comportano il rischio di schiacciamento dell'addetto che dovesse trovarsi a passare in quel momento.
Gli organi di trasmissione del moto delle macchine spazzolatrici utilizzate per pulire le forme possono costituire un rischio di presa e trascinamento.
DANNO ATTESO
Lesioni traumatiche, quali ferite e contusioni.
PREVENZIONE
Le paratie ad apertura e chiusura automatica delle celle frigorifere, devono essere protette contro il rischio di schiacciamento, ad esempio:
- per la fase di chiusura, la paratia può essere dotata di barra sensibile sul bordo che, in caso di urto, ne blocchi la corsa.
- per la fase di apertura, quando la paratia vada ad occupare uno porzione di spazio accessibile ai lavoratori, può essere utilizzato un sistema analogo al precedente, oppure la zona operativa può essere resa inaccessibile tramite una adeguata recinzione.
Gli organi di trasmissione del moto delle macchine spazzolatrici devono essere protetti tramite riparo fisso o munito di dispositivo di blocco.
Esposizione ad agenti biologici
DESCRIZIONE
All'inizio della fase di stagionatura, sulla superficie del formaggio si impiantano delle muffe che si possono definire primarie, come certi Aspergilli, ben presto raggiunte ed utilizzate a fini trofici dagli acari fungivori stretti detti acari primari tra cui il Glycyphagus domesticus. Nel lavoro di distruzione del feltro fungino, gli acari possono danneggiare la crosta e determinare delle caverne nel formaggio, dove si impiantano altri acari detriticoli, quali l'acarus Siro e il Tyrolochus casei, o saprofiti detti acari terziari. Durante la maturazione del formaggio si modificano le condizioni ecologiche favorendo l'impianto di nuove specie fungine e, contemporaneamente, l'enorme numero di acari diventa cibo per specie predatrici, come il Cheyletus eruditus; si tratta dei cosiddetti acari secondari i quali hanno la capacità di formare uno stadio ulteriore, detto ipopiale, che ne favorisce la sopravvivenza anche in condizioni sfavorevoli, compresa la mancanza nutrimento, anche per più di un anno. Questa particolare forma può essere trasportata da insetti e quindi può colonizzare nuovi ambienti. La densità di acari e muffe che si raggiunge in poche settimane, richiede interventi periodici di pulizia delle forme in maturazione di significato sia merceologico che igienico-sanitario. La pulizia evita infatti l'accumulo di guanina (principale sottoprodotto del metabolismo azotato degli acari e presente nelle loro particelle fecali), che determinerebbe l'alterazione del prodotto, lo sviluppo di microrganismi e la alterazione del valore biologico dell'alimento e della sua digeribilità. Dal punto di vista sanitario la pulitura delle forme riduce la quantità di acari nell'ambiente e quindi il rischio di sensibilizzazione degli addetti. Gli acari si depositano anche sulle assi degli scaffali dove vengono posti i formaggi a stagionare.
Le tubazioni ed i canali di convogliamento dell'aria condizionata dei locali di stagionatura dei formaggi, possono facilmente diventare un ricettacolo di muffe ed altri contaminati, specie in caso siano presenti numerosi punti di convogliamento dell'aria.
DANNO ATTESO
La presenza di polveri allergizzanti nel caseificio può comportare l'insorgenza di sensibilizzazione nei lavoratori e la comparsa di patologie allergiche (asma, rinite). Nell'anno 1993 è stata valutata la prevalenza di questi effetti (test spirometrici, allergometrici, immunologici e questionario anamnestico) in 140 lavoratori di età compresa fra 18 e 65 anni addetti a varie mansioni in 10 caseifici dell'area grossetana e senese. E' stata evidenziata una bassa prevalenza di alterazioni respiratorie di tipo bronchitico ostruttivo, nessun quadro di tipo restrittivo e 10 casi di patologia allergica di non chiara attribuzione lavorativa. Piuttosto elevata risulta invece la prevalenza di sensibilizzazione ad acari e miceti presenti nell'ambiente di lavoro (intorno al 34% dei soggetti studiati), senza differenze significative fra gruppi di mansioni (caseificazione e salamoia, magazzino frigorifero e lavaggio formaggi, etichettatura e spedizione, preparazione ricotta, autista). Occorre quindi approfondire questo dato in rapporto all'insorgenza di patologie allergiche respiratorie.
È ipotizzabile che la presenza di allergeni nell’ambiente di lavoro, sensibilizzando i lavoratori, possa aver costretto alcuni di loro all’allontanamento per la manifestazione di patologie a sintomatologia acuta e di entità rilevante; del resto l’anzianità lavorativa media piuttosto bassa, della popolazione esaminata, rafforzerebbe questa ipotesi.
PREVENZIONE
Per evitare che nell'impianto di condizionamento si sviluppino e si accumulino muffe ed altri agenti contaminanti, è opportuno che l'impianto sia progettato in modo da permettere una facile e frequente pulizia e disinfezione all'interno dei condotti.
La periodica pulizia delle forme evita l’accumulo sulle stesse e nell’ambiente di lavoro di acari e miceti; questa operazione oltre ad essere necessaria per la qualità del prodotto, può essere vista come misura di prevenzione per ridurre il rischio di sensibilizzazione degli addetti alla fase stagionatura. Tuttavia l’operazione di pulizia può comportare, specie per chi la esegue, un maggior rischio di esposizione a tali agenti allergizzanti, i quali si possono diffondere nell’ambiente di lavoro in forma di polveri derivanti dalla spazzolatura delle forme; pertanto la postazione di pulizia delle forme deve essere separata dagli altri reparti di lavorazione, ad esempio mediante opportune pannellature, aerata e le macchine spazzolatrici devono essere dotate di un sistema di captazione e aspirazione localizzata il più vicino possibile alla fonte di emissione e realizzato in modo tale che il flusso d’aria aspirata non investa l’operatore, il quale deve comunque indossare D.P.I. (grembiule, guanti, maschera di protezione delle vie respiratorie).
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APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non viene appaltata.


IMPATTO ESTERNO

Produzione di rifiuti
In questa fase il principale rifiuto è costituito dalla parte superficiale delle forme di formaggio che viene asportata dalle macchine spazzolatrici durante la pulizia; si tratta comunque di bassi quantitativi.


PRODUZIONE DI MOZZARELLA


DESCRIZIONE DELLA FASE
Il processo che porta alla produzione delle mozzarelle, anche in questo caso, comincia con il trattamento del latte (pastorizzazione) ed il riempimento delle macchine polivalenti (come sopra descritto).
Il Casaro delle mozzarelle, dopo aver immerso nel latte i fermenti selezionati, aggiunge il caglio per la coagulazione. Il caglio viene talvolta utilizzato allo stato liquido e dosato automaticamente. Una volta ottenuta la cagliata, essa viene trasferita tramite apposite coclee in tavoli di acciaio inossidabile con piano forato e vasca sottostante di raccolta del siero. Su di essi avviene il taglio manuale: prima in grosse fette, utilizzando un apposito coltello a manico lungo e lama non affilata, e successivamente con una lira a fili d'acciaio, fino a ridurre la cagliata in piccoli pezzi, della dimensione di una nocciola. Il siero che si raccoglie sul fondo del tavolo viene estratto tramite una pompa per poi essere utilizzato per la produzione della ricotta.
La cagliata tagliata viene lasciata riposare al caldo su altri tavoli (simili ai precedenti), per un tempo abbastanza lungo da consentire al fermento di terminare il suo lavoro, cioè fino alla completa maturazione. A questo punto iniziano le prove di filatura: con una tecnica vecchia di secoli, il Casaro prova e riprova a filare la pasta ottenuta con un mastellino pieno d'acqua molto calda ed una bacchetta a forma di forcella.
Una volta che il Casaro ha terminato il suo compito, la mozzarella viene riscaldata con acqua molto calda, e subentra il Filatore che si occupa di produrre la treccia di mozzarella con movimenti delle mani molto veloci perché la pasta filata scotta. Successivamente, la treccia viene raffreddata con acqua fredda ottenuta tramite uno scambiatore di calore alimentato a fluido frigorifero. Dopo che il prodotto si è raffreddato, si procede al confezionamento con l'ausilio di apposite macchine (si veda la fase confezionamento ed etichettatura).

ATTREZZATURE E MACCHINE

Caldaie polivalenti
(vedere la fase di cagliatura precedentemente descritta).
Coclea
Si tratta di una coclea a doppia elica, che ha la funzione di fare avanzare la cagliata in lavorazione.

Tavoli per il taglio della cagliata e la formatura della mozzarella
Si tratta di tavoli di acciaio inossidabile, il cui piano è forato per premettere il drenaggio del siero. Quest'ultimo si raccoglie sul doppio fondo del tavolo, dal quale viene estratto tramite un’apposita pompa.


FATTORI DI RISCHIO

I principali fattori di rischio in questa fase sono dovuti al rischio di scivolamento, microclima sfavorevole, rumore delle pompe quando vengono azionate per il trasferimento della cagliata e del siero, analogamente a quanto trattato nelle fasi lavorative precedentemente descritte, cui si rimanda.

In questa fase sono inoltre presenti i seguenti fattori di rischio:

Manipolazione di materiali ad elevata temperatura
DESCRIZIONE
Durante la filatura e formatura manuale della mozzarella, precedentemente riscaldata, l'addetto è sottoposto al rischio di scottature.
DANNO ATTESO
Possibili scottature cutanee.
INTERVENTI PREVENZIONISTICI
Indossare guanti e grembiuli in lattice, pause, informazione e formazione degli addetti.
Movimenti manuali ripetitivi
DESCRIZIONE
Durante la filatura e formatura manuale della mozzarella, l'addetto effettua rapidi movimenti ripetitivi con le braccia e le mani.
DANNO ATTESO
Disturbi muscolo – scheletrici.
INTERVENTI PREVENZIONISTICI
Pause, turnazione, informazione e formazione degli addetti.
Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
DESCRIZIONE
La coclea per l’avanzamento della cagliata, può comporare rischio di presa e trascinamento.
DANNO ATTESO
Lesioni traumatiche quali ferite e contusioni.
INTERVENTI PREVENZIONISTICI
Segrazione della coclea con ripari fissi o muniti di dispositivo di interblocco.

APPALTI ESTERNI
Non tutti i caseifici producono mozzarella; quelli che invece la producono, eseguono in proprio questa fase lavorativa.


IMPATTO ESTERNO

Scarichi idrici
Per quanto riguarda lo scarico delle soluzioni di lavaggio si veda la fase sanificazione.


PRODUZIONE DI RICOTTA

DESCRIZIONE DELLA FASE
La ricotta non è un formaggio, ma un latticino ottenuto per riscaldamento del siero residuo che deriva dalla lavorazione dei formaggi, come evidenziato nelle fasi produttive sopra descritte. Per migliorare resa e qualità, talvolta al siero viene aggiunto latte (in una percentuale variabile dal 5 al 25% in volume) ed anche una minima quantità di panna di latte (circa l'1%).
In tal caso, generalmente il latte e la panna si aggiungono dopo aver preriscaldato il siero fino ad una temperatura di 60-70 °C. Il riscaldamento del siero o della miscela procede fino ad una temperatura di 80 - 90 °C, secondo l’acidità di partenza del siero e gli usi locali.
Il siero utilizzato per la produzione della ricotta, viene talvolta preventivamente filtrato per rimuovere eventuali residui di formaggio in esso presenti.
La produzione di ricotta può avvenire in caldaie a doppi fondi alimentati a vapore. In buona parte dei caseifici, per riscaldare più velocemente il siero, viene immesso vapore nel liquido stesso.
Per produrre il vapore da utilizzare per l'insufflazione diretta nel siero in caldaia, si utilizza un apposito evaporatore alimentato con acqua potabile, riscaldato dal vapore a sua volta prodotto dalla centrale termica. Quando il prodotto coagula tende ad affiorare sul bagno e si produce anche della schiuma che deve essere eliminata. La massa coagulata che affiora si lascia consolidare, sospendendo il riscaldamento per qualche minuto; a questo punto si raccoglie la ricotta con un mestolo forato e si deposita in canestri di vimini o fustelle di plastica forate, che permettono lo sgrondo della parte liquida in modo da favorire il consolidamento del prodotto. La ricotta viene lasciata asciugare per alcune ore in locali freschi e venduta fresca, previo confezionamento.
Fig. 13 Fustelle di plastica per la ricotta.

A volte viene introdotto del sale nella caldaia, allo scopo sia di favorire la coagulazione, sia per insaporire il prodotto. La quantità di sale introdotta può variare, ma generalmente è intorno allo 0,5 - 1% in peso, nella ricotta finale asciutta.
Nei locali di produzione della ricotta possono essere presenti le pompe per l’immissione e l’aspirazione del siero ed anche una macchina scrematrice, la quale è usata per estrarre la crema dal siero nel caso in cui non proceda alla produzione della ricotta.
Il siero residuo che resta dopo l’ottenimento della ricotta, prende il nome di scotta.
La scotta viene prelevata dalle caldaie doppio fondo tramite pompe e stoccato in cisterne, dalle quali viene prelevata da autocisterne ed inviata alla sua destinazione finale, in genere per l’alimentazione dei suini, ma anche verso industrie di trasformazione per la produzione di derivati del latte quali lattosio, ecc.. impiegati nella industria farmaceutica.
Un’azienda del comparto, dispone anche di un allevamento suinicolo adiacente allo stabilimento produttivo. Le deiezioni dei suini sono inviate all’impianto di depurazione delle acque presente presso l’azienda, nel quale confluiscono anche le acque di lavaggio degli impianti.

ATTREZZATURE E MACCHINE

Caldaia a doppio fondo
La caldaia a doppio fondo è essenzialmente costituita da una tazza in acciaio inossidabile, dotata di una camicia per il passaggio del vapore utilizzato per il riscaldamento del siero. In alcuni impianti, lo scarico della condensa che si forma internamente alla camicia, viene scaricato direttamente, mentre in altri impianti si ha il recupero verso la centrale termica tramite una apposita tubazione. In questo secondo caso le caldaie a doppio fondo sono collaudate come apparecchi a pressione.
La tazza è dotata di una bocca di uscita sul fondo, utilizzata per lo scarico delle acque di lavaggio nella pulizia quotidiana. In alcuni casi, la tazza è dotata di coperchio incernierato a tenuta, che viene chiuso per le operazioni di lavaggio in ciclo C.I.P. (vedere fase sanificazione). La camiciatura di alcuni tipi di caldaie è coibentata e la coibentazione è rivestita esternamente in acciaio inossidabile.
Scrematrice
Si tratta essenzialmente di un separatore centrifugo in acciaio inossidabile, simile a quello della pulitrice descritta per la fase trattamenti preliminari del latte.



FATTORI DI RISCHIO

Esposizione a rumore
DESCRIZIONE
L'immissione di vapore per riscaldare il siero comporta un aumento del livello di rumore a cui sono soggetti gli addetti alla produzione della ricotta.

DANNO ATTESO
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari musure preventive.
Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.
PREVENZIONE
Per ridurre l'esposizione a rumore:
- L’operazione di immissione di vapore deve essere limitata ai casi strettamente necessari (come, ad esempio, l’immissione di vapore nei doppi fondi) e che occorre una nuova manutenzione all’impianto che porta il vapore dal generatore all’utilizzo per evitare le inutili perdite che comportano un sensibile aumento del livello di rumorosità.
- Separare la scrematrice dalla zona di lavoro tramite pareti fonoassorbenti o spostarla in altro locale dove non è necessaria la presenza continua dei lavoratori.

Esposizione a vapore ed a microclima sfavorevole caldo - umido
DESCRIZIONE
L'evaporazione derivante dal riscaldamento del siero nelle caldaie a doppio fondo aperte, rende l'ambiente caldo e umido; questa situazione è peggiore quando avvenga l'insufflazione diretta di vapore nella massa liquida, pertanto gli addetti sono esposti a condizioni microclimatiche sfavorevoli. Anche l'utilizzo di idropulitrici a getto d'acqua e vapore in pressione per la pulizia delle attrezzature, contribuisce all'elevato tasso di umidità nell'ambiente di lavoro.
DANNO ATTESO
Disturbi da scomfort termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psico fisico.
PREVENZIONE
In alcune aziende si è proceduto con varie misure, ad esempio:
- coibentazione delle caldaie a doppio fondo, in modo da ridurre il calore radiante;
- recupero della condensa delle caldaie stesse, in modo da eliminare lo scarico diretto con conseguente diffusione di vapore nell'ambiente di lavoro.
- separazione della zona dove sono ubicate le caldaie a doppio fondo con pannellature che calano dal soffitto fino al di sopra della zona operativa delle caldaie stesse, in modo da favorire la captazione dei vapori i quali vengono aspirati da ventilatori posti sulla parete opposta alla zona dove stazionano gli addetti. Inoltre, l'immissione di aria pulita che entra da apposite bocchette (a valle di un impianto di filtrazione dell'aria per ridurre il rischio di contaminazioni del prodotto da eventuali inquinanti esterni), determina un flusso di aria laminare al di sopra delle caldaie, in modo da impedire che il vapore prodotto si diffonda nell'ambiente di lavoro.


Transito su pavimenti resi scivolosi
DESCRIZIONE
In tutti i reparti di produzione del caseificio il pavimento tende a bagnarsi e sporcarsi di grasso, ma in questo reparto il problema può essere maggiore rispetto altri reparti, specie quando si verifichino sgocciolamenti durante l'operazione manuale di prelievo della ricotta con mestolo forato, con il quale si trasferisce il prodotto dalla superficie del bagno di siero caldo alle fustelle di raccolta.
In tali situazioni il pavimento può diventare molto scivoloso per la natura grassa del liquido che può sgocciolare sul pavimento.
Si veda a tal proposito quanto riportato alla fase sanificazione, tenendo conto che tra le varie le misure di prevenzione indicate, nel reparto di produzione della ricotta può essere necessario un pavimento che abbia maggiori caratteristiche di antiscivolosità.

APPALTI ESTERNI
Questa fase in genere non è appaltata.

IMPATTO ESTERNO

Diffusione di rumore all’esterno
Le lavorazioni rumorose sopra descritte possono dare luogo ad elevati livelli di rumore e se non è prevista un’adeguata insonorizzazione, possono provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente nelle adiacenze dell’impianto produttivo.

Scarichi idrici
Per quanto riguarda lo scarico delle soluzioni di lavaggio si veda la fase sanificazione.


MARCHIATURA, CONFEZIONAMENTO ED ETICHETTATURA.


DESCRIZIONE DELLA FASE

Alcuni tipi di formaggi a denominazione di origine protetta (D.O.P.) vengono marchiati ad inchiostro (nel caso dei formaggi freschi) o a fuoco (nel caso del formaggio stagionato).
La marchiatura a fuoco avviene manualmente tramite un apposito stampo metallico riscaldato dalla fiamma prodotta da una fiaccola a gas.
Il formaggio maturo viene confezionato a mano o a macchina, talvolta in sacchetti di plastica nei quali viene praticato il vuoto, nei modi richiesti dal mercato (a spicchi, ecc...).
ATTREZZATURE E MACCHINE

Macchina porzionatrice
Si tratta di una macchina ad azionamento manuale dotata di una lama a discesa verticale, che taglia la forma di formaggio che viene appoggiata sul piano della macchina dall’operatore. Una volta eseguito il taglio, l’operatore ruota la forma ed esegue un altro taglio, ripetendo l’operazione tante volte secondo il numero di spicchi nel quale deve essere tagliata la forma.

Macchine confezionatrici
Si tratta di macchine automatiche o semiautomatiche di diversi tipi, utilizzate per confezionare il formaggio in involucri (talvolta sotto vuoto), oppure la ricotta in vaschette di plastica ricoperte con una pellicola plastificata termosaldata.
FATTORI DI RISCHIO
I rischi professionali sono fondamentalmente legati al rumore, ad eventuali traumatismi, alle sorgenti energetiche.

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
DESCRIZIONE
L’addetto all’azionamento della macchina porzionatrice può essere esposto al rischio di taglio per contatto con la lama tagliente.
Il sistema di avanzamento e confezionamento dei prodotti nelle macchine confezionatrici, può comportare il rischio di presa e trascinamento; nel caso della termosaldatura delle confezioni, può essere presente anche il rischio di contatto con superfici calde.
STIMA
La probabilità di infortunio si può ritenere molto bassa se vengono attuate le norme di prevenzione sotto indicate.
DANNO ATTESO
Lesioni traumatiche quali ferite da taglio ed amputazioni alla macchina porzionatrice; ferite e contusioni per presa e trascinamento, ustioni alle macchine confezionatrici.
PREVENZIONE
Utilizzare macchine porzionatrici di sicurezza, dotate ad esempio di comando a doppi pulsanti distanziati tra loro in modo che, durante il taglio, l’operatore debba necessariamente tenere le mani lontane dalla zona operativa.
La parte affilata della lama, quando non impegnata nell’operazione di taglio, deve essere protetta contro eventuali contatti accidentali, ad esempio durante la pulizia della macchina.

Esposizione a rumore
DESCRIZIONE
In questa fase il rumore deriva prevalentemente dalle macchine confezionatrici, ove presenti, in particolare quelle che eseguono il sotto vuoto.

DANNO ATTESO
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari musure preventive.
Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.
PREVENZIONE

APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non è appaltata.


IMPATTO ESTERNO

Produzione di rifiuti
Il principale rifiuto prodotto in questa fase lavorativa è costituito da sfridi di materiale utilizzato per il confezionamento. Si tratta di quantità scarsamente significative.





STOCCAGGIO PRODOTTI FINITI E CONSEGNA AL CLIENTE.

DESCRIZIONE DELLA FASE
I cartoni con il formaggio confezionato vengono tenuti in stoccaggio in celle frigorifere, dove vengono movimentati e caricati sugli automezzi frigoriferi per la consegna finale.

ATTREZZATURE E MACCHINE

Carrelli elevatori
Si tratta di carrelli elevatori a trazione elettrica.

Furgoni frigoriferi
Si tratta di automezzi commerciali il cui vano di carico è refrigerato.

FATTORI DI RISCHIO
I rischi sono fondamentalmente legati al microclima freddo-umido (si rimanda alla fase stagionatura), alla movimentazione manuale e meccanica dei carichi (si rimanda alla fasi confezionamento e movimentazione meccanica dei carichi) e al rischio di incidenti stradali durante la consegna (si rimanda ad altri documenti, essendo oggetto di uno specifico profilo di rischio dedicato agli autotrasportatori).

APPALTI ESTERNI
Gli addetti alla consegna possono essere gli stessi lavoratori del caseificio ed in certi casi essi svolgono questa mansione a rotazione, ma talvolta questa fase viene appaltata a ditte esterne.




LAVAGGIO FUSTELLE.

DESCRIZIONE DELLA FASE
Le operazioni di lavaggio dei contenitori delle forme di formaggio, nei caseifici più piccoli è effettuata manualmente ed in tal caso sono spesso utilizzate idropulitrici a getto d’acqua e di vapore in pressione; nei caseifici a produzione industriale e in alcuni artigianali, invece, il lavaggio si effettua con l’ausilio di un’apposita macchina. Talvolta essa si trova nello stesso locale adibito alla produzione del formaggio, ma spesso è posta in un locale separato (locale lavaggio stampi).

ATTREZZATURE E MACCHINE

Macchina per il lavaggio delle fustelle
La macchina è costituita da una caldaia riscaldata a vapore nella quale vengono poste, in apposite gabbie, le fustelle da lavare.
FATTORI DI RISCHIO

Per quanto riguarda i rischi relativi all’utilizzo delle idropulitrici manuali, sostanze chimiche, e pavimenti scivolosi si rimanda alla fase sanificazione, mentre qui si affronta il problema del rumore.

Esposizione a rumore
DESCRIZIONE
Nei caseifici in cui il lavaggio delle fustelle viene effettuato in apposite caldaie, questa operazione è senza dubbio la fase che comporta la maggiore esposizione al rumore per i lavoratori addetti.
Nei caseifici artigianali, la cui produzione è quantitativamente minore, il fatto che il lavaggio viene eseguito a mano senza l’utilizzo di vapore, comporta una drastica riduzione del rumore durante questa fase lavorativa.

DANNO ATTESO
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari musure preventive.
Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.
PREVENZIONE
Nei caseifici di maggiore capacità produttiva, dove vengono utilizzate caldaie alimentate a vapore per il lavaggio delle fustelle, una delle possibili soluzioni per diminuire l’esposizione al rumore degli addetti, è quella di ridurre i tempi di esposizione automatizzando il più possibile tutto il processo, fermo restando che si rende necessario un continuo controllo e manutenzione dell’impianto.

APPALTI ESTERNI
Questa fase non viene appaltata.


IMPATTO ESTERNO
Lo scarico delle acque di lavaggio deve avvenire secondo le norme vigenti, rispettando i limiti di Legge per gli inquinanti contenuti nello scarico e, ove necessario, depurare le acque reflue tramite specifici impianti.


SANIFICAZIONE (SANITAZIONE)

DESCRIZIONE DELLA FASE
Per sanificazione (anche detta sanitazione) si intendono due importanti operazioni: la detergenza e la disinfezione degli impianti, in particolare di tubazioni, pompe e serbatoi di stoccaggio del latte, precedentemente descritti al paragrafo relativo all'approvvigionamento, stoccaggio e trattamento preliminare del latte.
Queste operazioni hanno l’obiettivo fondamentale di mantenere le volute caratteristiche del prodotto, non solo per ovvi motivi di difesa del consumatore, ma anche per evitare che la qualità del prodotto sia compromessa per la presenza di microbi indesiderati capaci di provocare alterazioni dei caratteri organolettici (aspetto, aroma, sapore).
Per la sanificazione si usano specifici prodotti (detergenti acidi o alcalini; disinfettante a base di cloro; sali d’ammonio quaternario).
Più in generale, la fase sanificazione riguarda anche la pulizia dei pavimenti e pareti dei vari reparti, i quali devono essere facilmente lavabili, il lavaggio delle assi di legno dove sono poste a stagionare le forme, il lavaggio dei cestelli utilizzati per il trasporto dei prodotti, ecc…, pertanto si tratta di una fase trasversale a tutti i reparti di produzione.
Operazioni di lavaggio manuale di recipienti, serbatoi, caldaie e tubazioni precedentemente smontate, stanno cedendo il passo a moderne tecniche di lavaggio.
In particolare, la procedura chiamata C.I.P. (dalla terminologia anglosassone Cleaning in Place o anche Cleaning Integrated Process), consiste in un lavaggio a ciclo chiuso ed automatico, utilizzando soluzioni di lavaggio che, inviate sotto pressione nelle tubazioni e nei serbatoi, tolgono lo sporco: in tal modo non è necessario alcuno smontaggio.
In genere i lavaggi C.I.P. sono eseguiti con la seguente metodologia operativa:
1. risciacquo con acqua della tubazione sporca di latte;
2. passaggio di una soluzione di soda caustica alla concentrazione dell'1,5% (per saponificare i grassi ed allontanare la maggior parte possibile di sostanza organica presente);
3. risciacquo;
4. passaggio di soluzione di acido nitrico alla concentrazione dell'1,5% (per eliminare la cosiddetta pietra del latte, cioè i sali inorganici insolubili);
5. risciacquo;
Talvolta seguono altre due fasi:
6. passaggio di soluzione disinfettante o di acqua quasi bollente;
7. risciacquo.
Nei caseifici più moderni, la tendenza è quella di dotare di coperchi le caldaie polivalenti e quelle di produzione della ricotta, in modo da poterle pulire in C.I.P.
Le operazioni di sanificazione giornaliera, quando non sono realizzate attraverso il C.I.P., sono svolte manualmente e talvolta possono richiedere lo smontaggio di alcune parti dell'impianto.
In ogni caso, anche quando la pulizia avviene in C.I.P., alcune macchine e attrezzature vengono sottoposte ad una prima pulizia grossolana, avente lo scopo di rimuovere eventuali coaguli di latte che potrebbero rimanere attaccati alle macchine da pulire. Questa pulizia preliminare è svolta manualmente con l’ausilio di lunghe spazzole e di idropulitrici a getto d’acqua e vapore in pressione.

ATTREZZATURE E MACCHINE

Impianto di pulizia C.I.P.
L'impianto è costituito essenzialmente da una o più pompe per la circolazione delle soluzioni detergenti, dai serbatoi dove esse sono contenute, dagli scambiatori termici dove esse vengono riscaldate e dalle linee di ritorno che vengono fatte seguire ad ogni linea di processo produttivo.
Ad esempio, ad una linea di flusso del processo produttivo, costituita da serbatoio - tubazione - caldaia, si fa seguire una tubazione dalla caldaia ritorni al serbatoio, in modo da realizzare un circuito chiuso continuo.
Il tutto è corredato di un sistema di controllo e comando automatico elettronico o computerizzato.

Macchina per lavare le assi di legno degli scaffali di stagionatura
Nei caseifici più piccoli sono utilizzate macchine semiautomatiche dove le assi sono sottoposte a lavaggio con acqua calda e opportuni detergenti; le assi sono introdotte manualmente da un lato della macchina da un operatore, mentre un altro riceve la tavola dall’altra parte.
Nei caseifici più grandi, ove si faccia uso di tavole di legno, questa operazione avviene in macchine automatiche di maggiori dimensioni.


Idropulitrice a getto d’acqua e vapore in pressione
Si tratta di un’apparecchiatura mobile ad azionamento manuale dotata di lancia per il getto a pressione, alimentata tramite tubazione flessibile collegata all’impianto d’acqua calda attraverso punti di presa dislocati in diverse zone dei reparti produttivi.


FATTORI DI RISCHIO

In questa fase lavorativa, i principali fattori di rischio sono i seguenti:

Manipolazione di sostanze chimiche pericolose
DESCRIZIONE
La preparazione e l’impiego di soluzioni di soda caustica, acido fosforico, acido nitrico, ipoclorito di sodio ed altri prodotti nocivi, possono comportare gravi rischi per gli addetti.
DANNO ATTESO
Il contatto con soda caustica può provocare gravi ustioni alla pelle e agli occhi; per inalazione: intensa irritazione del naso e della gola, broncopolmonite chimica ed edema polmonare; per ingestione: lesioni gravi con pericolo di morte.
Il contatto con ipoclorito di sodio può provocare gravi ustioni alla pelle e agli occhi; per inalazione: intensa irritazione del naso e della gola, broncopolmonite chimica ed edema polmonare; per ingestione: lesioni gravi con pericolo di morte. L’odore pungente del prodotto rende meno probabile il rischio di ingestione accidentale.
Il contatto con acido nitrico può provocare ustioni alla pelle e agli occhi; per inalazione può provocare grave irritazione alle membrane e alle mucose; per ingestione: ustioni.
Il contatto con acido fosforico può provocare irritazione della pelle e degli occhi; per inalazione: irritazione delle membrane e delle mucose; per ingestione: moderatamente tossico.
Le parti del corpo maggiormente esposte al contatto con le suddette sostanze possono essere: occhi, volto, mani, piedi.
STIMA
Il rischio è maggiore durante l’utilizzo di acido nitrico, ipoclorito di sodio e soda caustica tal quali. Ciò può avvenire nel caso in cui la preparazione - diluizione delle soluzioni sia effettuata manualmente.
L’acido fosforico non è in genere utilizzato tal quale, ma solo come componente presente in bassa concentrazione in alcuni prodotti utilizzati per il lavaggio.
PREVENZIONE
E’ opportuno utilizzare apparecchiature automatiche di dosaggio e miscelazione dei componenti chimici delle soluzioni e di controllo automatico dei corretti rapporti di diluizione, evitando la preparazione manuale, come già attuato in alcune aziende del comparto.
Ove la preparazione delle soluzioni di lavaggio avvenga ancora manualmente, come ci si può attendere nei piccoli caseifici artigianali, tali prodotti pericolosi devono essere sostituiti con altri meno pericolosi. Ad esempio, nel corso di alcune visite effettuate dalla ASL, è stato sostituito un prodotto irritante per le vie respiratorie (contenente acido nitrico in elevata percentuale), impiegato come disincrostante per il lavaggio di caldaie, con un altro preparato a base di acido ortofosforico neutralizzato in bassa concentrazione.
È necessario indossare i D.P.I. quali visiere, guanti, stivali con suola antiscivolo, grembiuli (quest’ultimi devono essere lunghi fino a coprire il bordo superiore degli stivali, in modo da evitare l’ingresso di liquidi nelle calzature).
Devono essere rispettate le norme sulla colorazione delle tubazioni e l’etichettatura di tutti i contenitori, anche quelli utilizzati per travasi. In altri comparti produttivi sono accaduti infortuni mortali per ingestione accidentale di prodotti tossici.
Devono essere utilizzati serbatoi di sicurezza (ad esempio con doppio involucro) e/o bacini di contenimento separati per evitare possibili sversamenti e consentire il recupero o la neutralizzazione dei prodotti.
Eventuali travasi di prodotti pericolosi in piccoli contenitori devono essere effettuati in sicurezza senza possibilità di sgocciolamento, ed i contenitori stessi devono essere di sicurezza (a tenuta, con tappo dotato di molla di richiusura, etichettati).
E’ fondamentale l’esame da parte del responsabile della sicurezza aziendale, delle schede di sicurezza dei prodotti utilizzati, che il fornitore è tenuto a consegnare al caseificio utilizzatore, e la relativa opera di informazione e formazione degli addetti.
E’ anche opportuno che i lavoratori esposti ai diversi rischi vengano sottoposti a controlli sanitari preventivi per accertarne l’idoneità, tali controlli vanno ripetuti con periodicità da stabilire sulla base dei rischi specifici.

Utilizzo di attrezzature ad acqua calda o vapore in pressione
DESCRIZIONE
Per la pulizia di contenitori o parti di impianto, è frequente l’utilizzo di idropulitrici manuali a getto di acqua calda e vapore, con possibilità di bagnarsi e di scottarsi. Si possono verificare rischi di investimento di schizzi di acqua calda, anche per fuoriuscire accidentali da rubinetti allentati e mal rimontati dopo la pulizia manuale.
DANNO ATTESO
Ustioni da acqua calda e vapore in pressione.
PREVENZIONE
Durante l’utilizzo di idropulitrici manuali è necessario che gli addetti si proteggano dagli schizzi di acqua calda, indossando D.P.I. quali stivali a tenuta con suola antiscivolo, grembiuli impermeabili lunghi fino sopra gli stivali, guanti.
Un particolare accenno merita il diffuso uso degli stivali di gomma tra gli addetti al caseificio, anche durante lo svolgimento di mansioni per le quali non sono strettamente necessari; questa pratica è da sconsigliare non solo per l’impedimento della traspirazione e la conseguente macerazione con facilitazioni di eventuali infezioni, anche micotiche (piede del vecchio Casaro).
Pertanto è bene limitare l’uso degli stivali in gomma, ai casi in cui siano strettamente necessari per evitare di bagnarsi, e cambiare calzature non appena terminata l’operazione.
È fondamentale una corretta organizzazione del lavoro e l’informazione e formazione degli addetti.

Lavoro in postazioni sopraelevate
DESCRIZIONE
Talvolta è necessario smontare e rimontare parti di macchine ed impianti posti in altezza, per effettuare la loro pulizia, pertanto può esistere per gli addetti il rischio di cadute dall’alto.
DANNO ATTESO
Lesioni traumatiche per cadute dall’alto.
PREVENZIONE
Per evitare il rischio di cadute dall’alto, è necessario che gli addetti evitino di arrampicarsi su macchine e impianti quando sia necessario smontare parti di essi, ma invece utilizzare scale carrellate che possono essere facilmente spostate, dotate di gradini antiscivolo e parapetti – corrimano. E’ fondamentale l’informazione e la formazione degli addetti.

Transito su pavimenti resi scivolosi
DESCRIZIONE
In tutti i reparti del caseificio, specialmente quelli di produzione, il pavimento tende costantemente a bagnarsi, determinando il rischio di cadute per scivolamento. A tale rischio contribuisce anche il quotidiano uso di soluzioni saponate utilizzate per la pulizia dei pavimenti e l’impiego di idropulitrici a getto d’acqua e vapore in pressione.
DANNO ATTESO
Lesioni traumatiche per cadute da scivolamento.
PREVENZIONE
- pavimentazione realizzata con materiali antiscivolo le cui mattonelle siano montate a fuga larga per permettere un migliore deflusso del liquido, eventualmente grigliata e/o di pendenza adeguata con sistemi di raccolta dei liquidi che cadono sul pavimento.
- frequente pulizia del pavimento con prodotti detergenti.
- indossare calzature con suola antiscivolo.

Esposizione a microclima sfavorevole caldo - umido
DESCRIZIONE
L’utilizzo di idropulitrici manuali a getto di acqua calda e vapore, può comportare la determinazione di un microclima sfavorevole caldo - umido nell'ambiente di lavoro.
DANNO ATTESO
Disturbi da scomfort termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psico fisico.
PREVENZIONE
Nelle situazioni di maggior esposizione a stress termico, è utile prevedere l’uso di abbigliamento idoneo specifico, in relazione al rischio da esposizione ad elevata temperatura, oltre a prevedere, nell’organizzazione del lavoro, idonei periodi di acclimatamento.
È altresì opportuno valutare la possibilità di confinare in locali appositi le macchine che determinano il microclima caldo-umido, in modo da separarle dagli altri reparti di lavorazione, al fine di evitare l'esposizione indiretta degli addetti.
È fondamentale una corretta organizzazione del lavoro e l’informazione e formazione degli addetti.

Esposizione a rumore
DESCRIZIONE
In questa fase lavorativa il rumore dovuto essenzialmente a:
- impatto del getto d'acqua (o delle soluzioni utilizzate per la pulizia) sulle attrezzature e macchine in lavaggio.
- utilizzo di idropulitrici manuali a getto d'acqua o vapore in pressione.
DANNO ATTESO
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari musure preventive.
Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.
PREVENZIONE
Informazione e formazione degli addetti, indossare tappi antirumore.
Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

Installazioni elettriche in locali soggetti a spruzzi d'acqua
DESCRIZIONE
L'utilizzo di idropulitrici a getto d'acqua e vapore in pressione durante la fase di pulizia delle apparecchiature, comporta il rischio di cortocircuiti e contatti indiretti con parti in tensione.
DANNO ATTESO
Elettrocuzione.
PREVENZIONE
Le apparecchiature elettriche e gli impianti elettrici devono essere idonei al luogo nei quali sono installati, in particolare i quadri elettrici e di comando delle macchine devono essere a tenuta stagna.

APPALTI ESTERNI
In genere questa fase lavorativa non viene appaltata.


IMPATTO ESTERNO
Lo scarico delle acque di lavaggio deve avvenire secondo le norme vigenti, rispettando i limiti di Legge per gli inquinanti contenuti nello scarico e, ove necessario, depurare le acque reflue tramite specifici impianti.




LABORATORIO DI ANALISI


DESCRIZIONE DELLA FASE
La prima cosa a cui viene sottoposto il latte una volta giunto nel Caseificio è l'analisi di laboratorio, che ne certifica l'idoneità microbiologica per la trasformazione in formaggio.
Il latte viene valutato sulla base delle sua caratteristiche organolettiche, chimiche, igieniche, microbiologiche. Il latte destinato alla trasformazione casearia deve provenire da animali sani e deve essere esente da sostanze antifermentative (residui di antibiotici e disinfettanti), poiché la presenza di piccoli quantitativi di antibiotici sarebbe sufficiente per bloccare la moltiplicazione dei batteri lattici lasciando spazio ad altri microrganismi indesiderati. Di conseguenza, avverrebbe una insufficiente acidificazione con le relative implicazioni di ordine tecnologico. E' importante anche che il latte sia dotato di un buon residuo secco. Il rendimento in formaggio di una determinata quantità di latte dipende in gran parte dalla proporzione di caseina, materia grassa e sali minerali che partecipano alla formazione della cagliata.
Al di sotto di una determinata percentuale si hanno problemi di coagulazione, crescita limitata dei batteri lattici, scarse rese.
Il laboratorio di analisi nelle aziende del comparto è diviso in due settori:
- chimico, che ha lo scopo di determinare il grasso del latte e dei formaggi, gli antibiotici nel latte, le proteine e tutti quegli altri parametri fondamentali per un corretto controllo di qualità.
- microbiologico, che ha lo scopo di effettuare le analisi microbiologiche del latte e dei formaggi, l’eventuale ricerca di germi patogeni e di controllare che la sanificazione sia stata eseguita correttamente.

ATTREZZATURE E MACCHINE

Cappe di aspirazione
Per l’analisi microbiologica sono utilizzate cappe di aspirazione a flusso d’aria laminare, mentre per le altre analisi in genere sono utilizzate cappe aspiranti di tipo tradizionale.

Crioscopio

Microscan a raggi infrarossi

Termostati

Termobilance

Centrifuge

Micropipette

Attrezzature in vetro


FATTORI DI RISCHIO

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti:



Esposizione ad agenti chimici e biologici
DESCRIZIONE
Durante l’analisi è possibile il contatto con gli agenti patogeni eventualmente presenti nei campioni e con i vari reagenti chimici utilizzati.
STIMA
Il rischio bologico è limitato per le minime quantità e dalla buona qualità attesa dei prodotti in analisi. Il rischio di contatto con agenti chimici è limitato per le minime quantità dei reagenti e per la scarsa variabilità delle analisi eseguite.
DANNO ATTESO
Possibili infezioni da agenti patogeni che possono essere presenti nei campioni in esame.
Possibili irritazioni della pelle e degli occhi in caso di contatto accidentale con reagenti.
PREVENZIONE
Utilizzare micropette automatiche al fine di evitare l’ingestione accidentale di sostanze e prodotti utilizzati durante l’analisi.
Effettuare la frequente pulizia e disinfezione (ad esempio con alcool e/o soluzioni a base di ipoclorito di sodio).
Indossare D.P.I. (guanti, maschere, occhiali, camici), rispettare le norme igieniche.
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
Utilizzo di attrezzature in vetro, lavoro in prossimità di superfici calde
DESCRIZIONE
Durante l’analisi sono spesso utilizzate attrezzature in vetro che, in caso di rottura, possono esporre gli addetti al rischio di tagliarsi.
Sono anche utilizzati termostati, stufe ed altre attrezzature che possono presentare superfici calde.
DANNO ATTESO
Possibili ferite da taglio, ustioni.
PREVENZIONE
Valutare la possibilità di sostituire le attrezzature in vetro con altre costituite da materiali infrangibili.
Coibentazione delle superifici calde.
Indossare D.P.I. (guanti, camici).
Informazione e formazione degli addetti.

APPALTI ESTERNI
Talvolta la ricerca della eventuale presenza di germi patogeni o altre analisi complesse sono appaltate a laboratori esterni.


IMPATTO ESTERNO
Non sono presenti significativi impatti esterni dovuti a questa fase lavorativa, per le scarse quantità in gioco. In ogni caso è necessario che gli scarichi idrici del lavaggio delle attrezzature siano inviati all’impianto di depurazione delle acque.




CENTRALE TERMICA - PRODUZIONE DI VAPORE


DESCRIZIONE DELLA FASE
La produzione del vapore che viene utilizzato nelle varie fasi dell'impianto come sopra descritto, avviene tramite centrali termiche di rilevante potenzialità produttiva, alimentate con vari combustibili (gas metano oppure olio combustibile) e poste in locali appositi.
Ad esempio una delle aziende del comparto, caratterizzata da una produzione di tipo industriale, dispone di n. 2 caldaie ognuna con le seguenti caratteristiche:
- Alimentazione: gasolio
- Produzione di vapore: 3 t./h
- Pressione: 12 bar
- KW al focolare: 2.470
- Kcal/h = 1.950.000
Fino ad alcune decine di anni fa erano installati solo generatori di vapore alimentati ad olio combustibile denso. Successivamente, tenendo presenti le problematiche derivanti dall'inquinamento atmosferico (D.P.R. 203/88), i generatori di vapore sono stati alimentati a olio combustibile fluido 3-5 °E, e adesso si tende a convertirle a metano.
Tuttavia diversi caseifici sono ubicati in zone dove la rete del gas metano non è presente, pertanto in tali casi permangono le centrali termiche alimentate a gasolio.
Tenute presenti le potenzialità in gioco e la pressione massima necessaria del vapore, tali generatori di vapore possono essere di due tipi: a tubi di fumo o a tubi d'acqua.
I più moderni generatori di vapore sono dotati dei vari sistemi di recupero del calore (pressurizzazione della camera di combustione delle caldaie, preriscaldatori d'aria e/o economizzatori nel giro fumi dei generatori, degasatori per il recupero delle condense).
Dal momento che i citati generatori di vapore necessitano della presenza continua dei conduttori patentati, si è estesa sempre più l'installazione di generatori ad olio diatermico dotati di scambiatori - evaporatori in grado di produrre, a loro volta, vapore alla pressione richiesta. Il crescente successo di tali tipi di generatori di calore è dovuto al fatto che gli stessi non richiedono la presenza del conduttore patentato.

L’acqua utilizzata nell’impianto termico necessita di essere preventivamente demineralizzata mediante un apposito impianto. Questo trattamento può essere ottenuto tramite due sistemi diversi: osmosi inversa oppure attraverso resine scambiatrici di ioni.

Il principio dell'osmosi inversa consiste nell'estrarre i sali minerali contenuti nell'acqua, facendola passare ad una pressione di circa 20 bar attraverso membrane semipermeabili che lasciano passare acqua demineralizzata trattenendo i sali che vi erano disciolti. L'impianto a osmosi inversa è essenzialmente costituito da una pompa che alza la pressione dell'acqua, dal modulo contenente le membrane semipermeabili e da due misuratori di flusso, uno sul concentrato (liquido contenente i sali che vengono trattenuti dalle membrane) e l'altro sul permeato (acqua demineralizzata). I misuratori di flusso hanno lo scopo di controllare che la produzione sia quella desiderata. Normalmente, sulla linea del permeato viene installato un rilevatore di salinità costituito da un conduttivimetro che segnala immediatamente una eventuale rottura della membrana perché in questo caso l'acqua in uscita avrebbe caratteristiche pressoché uguali a quella in entrata mettendo a rischio il buon funzionamento della caldaia. Il concentrato viene scaricato verso l'impianto di depurazione delle acque.

Gli impianti a resine scambiatrici di ioni, hanno lo scopo di trasformare tutti i sali contenuti in nell'acqua da demineralizzare, mediante successivi scambi ionici. Tali scambi ionici avvengono, di norma, in due colonne contenenti resina cationica forte la prima e resina anionica forte la seconda. Nelle colonne avvengono le seguenti reazioni chimiche:
 Colonna cationica: NaCl + H  R  HCl + Na  R
 Colonna anionica: HCl + R  OH  H2O + R  Cl
(dove con R è indicata la resina scambiatrice).
La rigenerazione delle colonne avviene con lavaggi in controcorrente con una soluzione acida (di solito a base di acido cloridrico) per quella cationica e con una soluzione alcalina (di solito a base di soda caustica) per quella anionica, sfruttando così le reazioni inverse a quelle descritte sopra.
In certi casi, specie per grossi impianti termici, tra le due colonne è posta una torre di decarbonatazione.
Per ottimizzare la demineralizzazione talvolta viene aggiunta una terza colonna con il compito di eliminare la silice.
L’acido cloridrico e l’idrossido di sodio (soda) utilizzati per la rigenerazione delle resine vengono stoccati in serbatoi che alimentano l’impianto tramite tubazioni.

Gli impianti ad osmosi inversa si stanno affermando rispetto a quelli a resine scambiatrici di ioni perché, nonostante che i primi presentino costi maggiori, essi sono di più facile gestione ed evitano gli scarichi idrici dovuti al lavaggio delle resine scambiatrici.

La centrale termica richiede interventi di manutenzione periodica ordinaria e straordinaria, anche in corrispondenza delle verifiche obbligatorie previste per Legge.

FATTORI DI RISCHIO

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti:

Esposizione a prodotti chimici
DESCRIZIONE E DANNO ATTESO
Il trattamento di demineralizzazione dell’acqua, talvolta prelevata da pozzi artesiani e immessa nell'impianto produzione calore in elevati quantitativi medi giornalieri, comporta l'impiego di vari prodotti chimici che possono essere causa di danni alla salute dei lavoratori. In particolare:
- Soda: il contatto con soluzioni di soda, essendo un prodotto caustico, può provocare lesioni alla cute ed agli occhi. Il rischio di contatto è maggiore nelle operazioni di travaso dalle autocisterne ai serbatoi. L’esposizione ai vapori può provocare irritazione per occhi e prime vie aeree.
- Acido cloridrico: il contatto con soluzioni di acido cloridrico, può provocare lesioni alla cute ed agli occhi. L’esposizione ai vapori può provocare irritazione per occhi e prime vie aeree.
- Idrazine: vengono utilizzate allo scopo di ridurre l’acidità dell’acqua di caldaia ed evitare la corrosione delle tubazioni ed altre superfici metalliche dell’impianto. Alcune idrazine sono classificare dalla CEE come cancerogene. Inoltre possono esercitare un’azione epato-nefrotossica e irritante sulle persone esposte. Si tratta di prodotti molto infiammabili capaci di formare miscele esplosive con l'aria.
PREVENZIONE
L’azienda deve richiedere ai propri fornitori le schede di sicurezza dei prodotti chimici utilizzati, renderle rapidamente disponibili per i lavoratori e valutare attentamente la possibilità di sostituire i prodotti più pericolosi con formulati meno tossici. I serbatoi e le tubazioni devono essere dotati della prescritta etichettatura.
Per eventuale prelievo, trasporto e dosaggio manuale dei suddetti prodotti possono essere utilizzate attrezzature atte ad evitare sgocciolamenti, sversamenti e diffusione di vapori, quali ad esempio rubinetti autochiudenti, pompe di travaso dotate di valvole di ritegno, contenitori di sicurezza a chiusura ermetica con tappo provvisto di molla autochiudente e beccuccio di scarico flessibile.

I serbatoi dei prodotti chimici diversi devono essere dotati di bacini di contenimento separati, per evitarne la possibilità di miscelazione.
E’ necessario che gli addetti indossino Dispositivi di Protezione Individuali (D.P.I.) quali guanti, grembiuli, maschere, ecc… nelle fasi di preparazione e impiego, che vengano informati circa i rischi ed i danni potenziali a seguito dell’esposizione, che vengano formati alle corrette procedure di lavoro in sicurezza e che siano messi a loro disposizione servizi igienico assistenziali: armadietti con doppio scomparto per separare gli indumenti da lavoro da quelli civili, lavabi, docce, lavaocchi, ecc…. I lavoratori devono essere sottoposti ad opportuna sorveglianza sanitaria.

Esposizione a gas di combustione
DESCRIZIONE
La centrale termica può rilasciare i prodotti della combustione (NOx, CO, ecc.) nell'aria del locale.
DANNO ATTESO
L'esposizione ai prodotti di combustione che ristagnano nell'ambiente di lavoro può comportare fenomeni di intossicazione da ossido di carbonio (CO), irritazione delle mucose congiuntivali, delle prime vie aeree e broncopneumopatie.
PREVENZIONE
Nei locali delle caldaie, per evitare il rischio di inalazione di gas tossici, occorre verificare che il tiraggio della caldaia sia mantenuto in perfetta efficienza e non debbano verificarsi fuoriuscite dei gas di combustione nell’ambiente di lavoro e comunque garantire l’arieggiamento costante dei locali caldaia.
In caso di interventi straordinari di manutenzione, devono essere messi a disposizione degli addetti idonei DPI.


Movimentazione manuale dei carichi
DESCRIZIONE
Nelle operazioni necessarie alla conduzione della centrale termica è presente un rischio da movimentazione carichi, dovuto all’utilizzo di prodotti chimici contenuti in sacchi di carta del peso di circa 25 Kg.
DANNO ATTESO
Possibili disturbi muscolo-scheletrici.
PREVENZIONE
Per la movimentazione manuale dei carichi, dove possibile, devono essere impiegati ausili meccanici (apparecchi di sollevamento ecc.).

Esposizione a rumore
DESCRIZIONE
Il rumore il questa fase lavorativa deriva prevalentemente dai bruciatori delle caldaie, le quali sono collocate in locali separati dagli altri ambienti di lavoro, ma la conduzione dell'impianto può richiedere una presenza continua dell'addetto.

DANNO ATTESO
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari musure preventive.
Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.
PREVENZIONE
Per ridurre il rumore è necessaria una buona coibentazione termico-acustica dell’impianto, e mantenere in buono stato di manutenzione ed efficienza bruciatori, aspiratori e ventilatori. Inoltre devono essere evitati sfiati liberi di vapore. In caso di rumorosità eccessiva l’operatore deve poter disporre di una cabina insonorizzata e climatizzata e di D.P.I. (cuffie, tappi antirumore) per gli interventi di manutenzione.
Esposizione a microclima sfavorevole e lavoro in prossimità di superfici calde
DESCRIZIONE
La caldaia e le condutture dell’impianto termico possono presentare una elevata temperatura; nel locale si può determinare un microclima sfavorevole.
DANNO ATTESO
L'esposizione a microclima sfavorevole e a calore radiante può determinare disturbi da scomfort termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psico fisico.
In caso di contatto cutaneo con superfici ad elevata temperatura, si possono verificare infortuni per ustioni di vario grado e lesioni cutanee.
PREVENZIONE
E’ necessaria la protezione di tutte le superfici calde mediante coibentazione e indossare guanti anticalore ed indumenti adeguati. Anche per questo fattore di rischio sono consigliabili locali di ristoro e cabine climatizzate.

Esposizione ad amianto
DESCRIZIONE
Durante l’esecuzione di lavori di manutenzione e coibentazione su guarnizioni, raccordi e condutture dell’impianto termico, nel caso tali interventi vengano effettuati su un vecchio impianto nel quale era stato utilizzato l’amianto prima che questo venisse vietato , gli addetti possono essere esposti a polveri di amianto.
DANNO ATTESO
L’inalazione di polveri di amianto può provocare asbestosi, mesoteliomi e tumori polmonari.
PREVENZIONE
In caso di lavori di demolizione – rimozione di parti dell’impianto termico contenenti amianto, è necessario notificare alla Azienda Sanitaria Locale competente per territorio, il relativo piano di lavoro in sicurezza. Tali operazioni, quando necessarie, vengono di solito affidate a ditte specializzate.
RIFERIMENTI NORMATIVI
Incendio – esplosione
DESCRIZIONE
In una centrale termica è sempre presente il rischio di incendio - esplosione.
Inoltre le idrazine (vapori) sono in genere prodotti facilmente infiammabili e, in opportune condizioni, esplosivi: devono essere conservate pertanto entro contenitori di sicurezza, in ambienti separati (preferibilmente compartimentati), provvisti di idonea aerazione.
DANNO ATTESO
In caso di incendio - esplosione, sono possibili lesioni traumatiche, ustioni, intossicazioni.
PREVENZIONE
È necessario che la centrale termica sia rispondente in tutto alle specifiche norme di sicurezza antincendio, impianti elettrici a norma e predisporre idonei programmi di controlli e manutenzione programmata dell’impianto.
Il locale della centrale termica deve essere provvisto almeno di estintori (normalmente del tipo a polvere od anidride carbonica) omologati.
Per la prevenzione di esplosione ed incendio occorre che l’unità produttiva abbia ottenuto il C.P.I. rilasciato dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco. Inoltre l’addetto alla conduzione della caldaia deve essere provvisto della autorizzazione prevista dalla Legge, nei casi richiesti.
La presenza degli apparecchi a pressione (generatori di vapore, degasatori) comporta il pericolo di scoppio con conseguente rischio per i lavoratori presenti; il problema può essere ritenuto trascurabile se le caldaie e i recipienti a pressione sono stati regolarmente omologati da ISPESL e subiscono le regolari verifiche periodiche annuali da parte dell'Azienda Sanitaria Locale competente per territorio.

IMPATTO ESTERNO

I principali fattori di impatto ambientale di questa fase sono i seguenti:

Emissioni in atmosfera
Si tratta delle emissioni dei gas prodotti dalla combustione in caldaia del metano per produrre il vapore necessario, distribuito poi, mediante apposite linee, ai reparti per l’utilizzazione.
I residui di questa combustione sono facilmente prevedibili: infatti un m3 di metano bruciato, in minimo eccesso di comburente, produce quantità note di residui (anidride carbonica, azoto, ossigeno, ecc...).
Quando la centrale termica è alimentata a gasolio è lecito aspettarsi un peggioramento delle emissioni a causa delle impurità presenti nell’olio combustibile.
Le emissioni sono controllate da ARPAT attraverso la determinazione delle concentrazioni degli ossidi di carbonio, di azoto, di zolfo e delle polveri.
Queste emissioni avvengono a temperature piuttosto elevate (circa 230 °C).

Scarichi idrici
Negli impianti a resine scambiatrici di ioni, sono costituiti dai reflui della rigenerazione delle resine utilizzate per la demineralizzazione dell’acqua, nonché dai cosiddetti spurghi di caldaia. Si tratta di soluzioni a pH acido o basico con elevata concentrazione di sali minerali e contenenti acido cloridrico e soda, che scaricate tal quali potrebbero inquinare le acque e il suolo. Pertanto tali reflui devono essere convogliati, tramite canalizzazioni in materiale chimicamente resistente, alla vasca di neutralizzazione nella quale viene corretto il pH mediante soda o acido cloridrico, prima di essere convogliate all’impianto di depurazione delle acque.
Negli impianti ad osmosi inversa, si ha solo lo scarico della soluzione concentrata dei sali trattenuti dalle membrane semipermeabili, pertanto ciò costituisce un impatto ambientale notevolmente minore rispetto a quello derivante dall'impianto a resine.

Produzione di rifiuti
Il rifiuto principale prodotto da questa fase del ciclo produttivo è costituito dalle resine esauste utilizzate nell’impianto di demineralizzazione dell’acqua.

Consumo delle risorse
Per la produzione del vapore viene utilizzata una notevole quantità di acqua e di combustibile.
Il consumo di acqua può essere minimizzato con sistemi di recupero delle condense. Il consumo di combustibile può essere ridotto mediante l’utilizzo di economizzatori per recuperare il calore e per riscaldare aria comburente e acqua di caldaia. Il consumo di energia elettrica può essere ridotto tramite l’utilizzo di sistemi di cogenerazione.

I principali fattori di rischio ambientale di questa fase sono i seguenti:

Sversamenti di olio combustile sul suolo
In caso di rottura del serbatoio interrato dell’olio combustibile, utilizzato come carburante della centrale termica secondaria, si possono verificare sversamenti sul terreno circostante, con conseguente inquinamento del suolo e possibile penetrazione nelle falde acquifere. Pertanto è richiesto che i serbatoi interrati siano realizzati secondo la recente emanazione del Ministero dell’Ambiente "Requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di serbatoi interrati".

Sversamenti di prodotti chimici sul suolo
I prodotti chimici utilizzati nell’impianto di demineralizzazione dell’acqua, quali acido cloridrico e idrossido di sodio (soda), possono dare luogo a sversamenti sul suolo, sia durante il rifornimento dei serbatoi da autocisterne, sia in caso di rotture o cedimenti. In caso di sversamento si può verificare inquinamento del suolo, con possibile penetrazione nelle falde acquifere, ed emissione di vapori in atmosfera. Pertanto, per evitare il rischio di dispersione sul suolo, possono essere utilizzati bacini di contenimento in materiale chimicamente resistente e prevedere misure di emergenza per la neutralizzazione dei prodotti chimici.



Incendio - esplosione
In caso di incendio a carico della centrale termica il danno atteso per l’ambiente consiste prevalentemente nella formazione di prodotti parzialmente incombusti immessi nell’atmosfera. L’esplosione può comportare danni strutturali al locale sede della centrale termica ed a locali ed edifici limitrofi.




TRATTAMENTO SCARICHI IDRICI

DESCRIZIONE DELLA FASE
La depurazione delle acque riguarda i reflui provenienti dalla centrale termica, dai servizi civili e dal lavaggio delle varie attrezzature, impianti e pavimenti del locali di lavoro. In alcuni casi, abbinato al caseificio, vi è anche un allevamento di suini, pertanto all'impianto di depurazione delle acque confluiscono anche le deiezioni animali.
In genere la depurazione delle acque viene effettuata a piè di fabbrica con un impianto classico aerobico a fanghi attivi, ma talvolta gli scarichi vengono inviati ad impianti di depurazione consortili.
L’impianto è essenzialmente costituito dalle vasche di omogeneizzazione, sedimentazione primaria e secondaria, dalle vasche di aerazione, dal trattamento finale di disidratazione dei fanghi, dall’impianto di dosaggio dei reagenti che generalmente sono posti fuori terra dove si accede alle postazioni sopraelevate tramite scale.
I reagenti generalmente utilizzati nell’impianto di depurazione sono elencati nella tabella seguente:

Reagenti utilizzati nell’impianto di trattamento delle acque di scarico
PRODOTTO STATO FISICO MODALITA' DI ALIMENTAZIONE
Policloruro di alluminio 18% Soluzione acquosa Da serbatoi, mediante pompe
Solfato di alluminio 27%
Calce bianca superventilata Polvere Sacchi aggiunti manualmente

FATTORI DI RISCHIO

I lavoratori addetti alla conduzione dell’impianto sono soggetti ai rischi derivanti dall’esposizione a polveri, vapori, manipolazione di prodotti chimici, movimentazione manuale dei carichi, lavoro in postazioni sopraelevate e transito in ambiente scivoloso. Particolare attenzione deve essere rivolta durante la manutenzione e pulizia degli impianti, ove sono presenti ulteriori rischi di infortuni e intossicazione per il ristagno di gas tossici o asfissianti e rischi biologici.

Esposizione a prodotti chimici
DESCRIZIONE E DANNO ATTESO
In caso di prelievo, trasporto e dosaggio manuale, i lavoratori possono essere esposti a contatto e inalazione dei vari prodotti chimici da aggiungere nelle vasche di trattamento delle acque. In particolare, per i vari prodotti, si possono evidenziare i seguenti danni attesi:
Policloruro di alluminio
Il contatto con soluzioni di policloruro di alluminio può provocare irritazione della cute. Può risultare caustico per contatto con gli occhi.
Solfato di alluminio
Il contatto con soluzioni di concentrate di solfato di alluminio può provocare lesioni agli occhi.
Calce bianca superventilata
L’esposizione a polveri di calce può provocare irritazione di cute, occhi e vie aeree. Può risultare caustico per contatto con la cute e gli occhi.
PREVENZIONE
Per ridurre l'esposizione ai prodotti chimici impiegati, occorre valutare attentamente la possibilità di sostituire i prodotti più pericolosi con formulati meno tossici e l’adozione di impianti automatici a ciclo chiuso di dosaggio e miscelazione.
Per il prelievo, trasporto e dosaggio manuale dei prodotti pericolosi è necessario utilizzare attrezzature atte ad evitare sgocciolamenti, sversamenti e diffusione di vapori, quali ad esempio rubinetti autochiudenti per i fusti, pompe di travaso, contenitori di sicurezza a chiusura ermetica con tappo provvisto di molla autochiudente e beccuccio di scarico flessibile.
Inoltre è necessario che, nelle fasi di preparazione e impiego, gli addetti indossino idonei Dispositivi di Protezione Individuali (D.P.I.) quali guanti, grembiuli, dispositivi di protezione degli occhi e delle vie respiratorie, e che vengano informati circa i rischi ed i danni potenziali a seguito dell’esposizione, formati alle corrette procedure di lavoro in sicurezza e siano messi a loro disposizione idonei servizi igienico assistenziali: armadietti con doppio scomparto per separare gli indumenti da lavoro da quelli civili, lavabi, docce, lavaocchi, ecc…) ed infine che vengano sottoposti ad opportuna sorveglianza sanitaria.

Movimentazione manuale dei carichi
DESCRIZIONE E DANNO ATTESO
La movimentazione manuale dei sacchi di calce può comportare danni a carico dell’apparato muscolo - scheletrico in particolare alla colonna vertebrale degli addetti.
PREVENZIONE
Per la movimentazione manuale dei carichi, dove possibile, devono essere impiegati opportuni ausili meccanici (apparecchi di sollevamento, ecc...). La soluzione più idonea risulta comunque essere l’adozione di impianti automatizzati per il dosaggio, la miscelazione e il trasporto dei preparati.

Lavoro in postazioni sopraelevate e scivolose
DESCRIZIONE E DANNO ATTESO
Durante la conduzione dell’impianto, i lavoratori accedono talvolta a postazioni di lavoro che comportano il rischio di caduta dall’alto. Il rischio è aggravato dalla scivolosità delle superfici di calpestio.
PREVENZIONE
Le zone transitabili intorno alle vasche devono essere dotate di parapetti per evitare che gli addetti possano caderci dentro e dotate di fascia ferma piede. Inoltre le scale e le passerelle nelle zone di lavoro e transito devono essere antiscivolo e anch’esse dotate di parapetti e di fascia ferma piede. Le scale fisse a pioli devono essere dotate di gabbie di protezione anticaduta. I lavoratori devono indossare calzature adeguate.



Esposizione a gas asfissianti
DESCRIZIONE
Durante la manutenzione periodica delle vasche di depurazione delle acque, il fermo degli impianti, anche per breve durata, può provocare il ristagno di anidride carbonica, a cui gli addetti possono essere esposti nel caso entrino dentro le vasche vuote.
DANNO ATTESO
Intossicazione da anidride carbonica, rischio di asfissia per mancanza di ossigeno.
PREVENZIONE
Le operazioni di pulizia e manutenzione degli impianti di deposito o trattamento o delle acque talvolta vengono affidate a ditte esterne e in tal caso la sicurezza di tali operazioni deve essere coordinata dal servizio di prevenzione e protezione dell'azienda. In particolare, prima di consentire l’accesso dei lavoratori alle vasche, deve essere verificata l’assenza di gas pericolosi tramite idonea strumentazione (misuratori di ossigeno). Per le operazioni preliminari di svuotamento e lavaggio, nella vasca deve essere soffiata aria esterna tramite soffiatori d’aria, altrimenti gli addetti devono essere dotati di autorespiratori. In caso di rischio di presenaza di gas pericolosi o mancanza di ossigeno, l’addetto che accede all’interno della vasca, deve essere dotato di apposita imbracatura collegata ad un sistema che garantisca il recupero da parte di altra persona che presidia all’esterno. Se si fa uso di scale, queste devono essere di adeguata lunghezza, ben ancorate, stabili.
E’ fondamentale la formazione degli addetti sui rischi specifici e sulle sequenze operative per lavorare in sicurezza.

Esposizione a rischio biologico
DESCRIZIONE
Gli addetti alla conduzione e manutenzione dell’impianto di depurazione delle acque possono essere esposti a rischio biologico.
STIMA
Il rischio maggiore deriva dall’esposizione ad aerosol, specie quelli provenienti dalle vasche aperte relative alle fasi iniziali di trattamento degli scarichi dove essi sono sottoposti ad aerazione per mezzo di organi meccanici in movimento (agitatori).
DANNO ATTESO
Possibili infezioni da agenti patogeni.
PREVENZIONE
Vaccinazione degli addetti: antitetanica ed eventualmente antiepatite A, antitifica, antileptospirosi.
Norme igieniche: non mettere in bocca mani sporche; non bere, mangiare o fumare durante il lavoro; cambiarsi gli indumenti di lavoro e farsi la doccia al termine del turno di lavoro; armadietti a doppio scomparto per riporre separatamente gli abiti civile da quelli di lavoro.
Indossare maschere di protezione delle vie respiratorie specifiche per aerosol, in caso di transito o stazionamento in prossimità delle vasche dove si possono produrre aerosol; occhiali protettivi con riparo laterale per la protezione da schizzi.
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli esposti.


IMPATTO ESTERNO

I principali fattori di impatto ambientale di questa fase sono i seguenti:

Produzione di rifiuti
Il rifiuto principale prodotto da questa fase del ciclo produttivo è costituito dai fanghi disidratati derivanti dall’impianto di depurazione.

Diffusione di cattivi odori
Dall’impianto di depurazione acque si può avere la diffusione di cattivi odori nell’ambiente circostante. In particolare, la presenza di notevoli quantità di sostanze altamente degradabili nei fanghi possono essere causa di cattivi odori. Da qui la necessità di un completo e prolungato trattamento di ossidazione, di un corretto ed opportuno stoccaggio provvisorio che impedisca il contatto con il terreno e le acque meteoriche, nonché del frequente invio allo smaltimento definitivo.

I principali fattori di rischio ambientale di questa fase sono i seguenti:

Scarichi idrici
In caso di cattiva gestione dell’impianto si possono verificare sversamenti sul terreno o nei corpi idrici pertanto deve essere prevista una vasca di emergenza.

Sversamenti di prodotti chimici sul suolo
I prodotti chimici utilizzati nell’impianto di trattamento delle acque di scarico, quali calce bianca, policloruro di alluminio e solfato di alluminio, possono dare luogo a sversamenti sul suolo, sia durante il rifornimento dei serbatoi da autocisterne, sia in caso di rotture o cedimenti. In caso di sversamento si può verificare l’inquinamento del suolo con possibile penetrazione nelle falde acquifere e l’emissione di vapori in atmosfera. Pertanto, devono essere previsti bacini di contenimento in materiale chimicamente resistente, tali da evitare la dispersione sul suolo in caso di sversamento e devono essere previste misure di emergenza per la neutralizzazione.


MOVIMENTAZIONE MECCANICA DEI CARICHI


DESCRIZIONE DELLA FASE

Nelle varie fasi lavorative precedentemente descritte, si è visto che ricorre spesso l’utilizzo di ausili per la movimentazione meccanica dei carichi, quali carrelli elevatori e carri-ponte.
Le modalità di impiego di queste attrezzature e macchine si sono descritte nelle relative fasi di lavorazione.

ATTREZZATURE E MACCHINE

Carrelli elevatori
Si tratta di carrelli elevatori a forche ad alimentazione elettrica. Talvolta nei piazzali esterni sono essere utilizzati anche carrelli elevatori a trazione diesel.

Carro ponte
Si tratta di carroponte di tipo tradizionale


FATTORI DI RISCHIO

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti:

Movimentazione meccanica dei carichi con carrelli elevatori.
DESCRIZIONE
Durante le operazioni di movimentazione può avvenire il ribaltamento del carrello elevatore nel caso in cui il carico non sia bene bilanciato e/o per asperità e dislivelli eccessivi del terreno, raggio di curvatura troppo stretto. In caso di ribaltamento l’addetto può venire sbalzato fuori dal posto di guida e rimanere schiacciato sotto il carrello.
Può anche avvenire l’investimento di altri lavoratori da parte dei carrelli elevatori o dal materiale trasportato. In una azienda del comparto è recentemente accaduto un infortunio per investimento da parte di un carrello elevatore guidato in retromarcia.
Quando viene accatastato in modo non corretto, il materiale può cadere ed investire gli addetti.
DANNO ATTESO
Durante le suddette operazioni, gli addetti possono riportare gravi lesioni traumatiche
DANNO RILEVATO
Nei casi di infortunio accaduti in diversi comparti produttivi (cioè anche in aziende diverse dai caseifici), le lesioni riportate per infortuni occorsi durante questa fase lavorativa sono risultate gravi o anche mortali.
PREVENZIONE
I rischi sopra evidenziati possono essere limitati garantendo le seguenti condizioni:
• sistemare o attrezzare i carrelli elevatori in modo da limitare i rischi di ribaltamento; come esempi delle possibili soluzioni attuabili, quali:
- cabina per il conducente;
- struttura concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, uno spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo:
- struttura che trattenga il lavoratore sul sedile del posto di guida per evitare che, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati da parti del carrello stesso.
• dispositivi di trattenuta del conducente al posto di guida dei muletti, per eliminare il rischio di essere sbalzati fuori, in caso di ribaltamento.
• pavimenti privi di buche, sporgenze o sconnessioni.
• percorsi dei mezzi senza curve troppo strette, senza pendenze eccessive, preferibilmente a senso unico, oppure ampi a sufficienza per il passaggio di due carrelli caricati.
• limitazione delle interferenze fra i percorsi dei mezzi e quelli pedonali.
• percorsi pedonali e luoghi di stazionamento dei lavoratori protetti dal pericolo di investimento da parte di materiali stivati.
• protezione delle uscite da locali o altri punti frequentati dai lavoratori, quando incrociano i percorsi dei mezzi.
• buona illuminazione dei percorsi e tinteggiatura con colori chiari delle pareti dei locali di lavoro.
• specchi parabolici ove occorrenti; in casi particolari valutare la possibilità di installare semafori.
• segnalazione e, se necessario, protezione di eventuali ostacoli sul percorso dei carrelli elevatori.
• individuazione di zone di attraversamento delle linee di trasporto che consentano il passaggio delle persone senza pericoli di investimento.
• organizzazione spaziale e/o temporale del magazzino in modo da limitare al minimo le interferenze fra il carico e lo scarico del magazzino stesso.
• idonei ancoraggi, funi ed imbracatura in tutti i casi in cui è necessario intervenire in altezza
• i prodotti in entrata devono riportare l’indicazione del loro peso in modo che l’addetto possa verificare che il carrello ed il sistema di presa sia di adeguata capacità.
• dispositivi acustici e luminosi di segnalazione di manovra dei mezzi.
• mantenimento della visibilità dal posto di guida dei mezzi anche mediante opportuno posizionamento del carico trasportato, che comunque deve essere posizionato più in basso possibile in modo da garantire la stabilità del carrello; in casi occasionali in cui l’ingombro del carico sia tale da pregiudicare la visuale, il carrello può essere preceduto da un altro lavoratore che aiuti il carrellista nella manovra e segnali agli altri lavoratori eventualmente presenti nei dintorni, la presenza del trasporto.
• preferenza dell’acquisto di mezzi con pedaliera analoga a quella degli automezzi.
• limitazione della velocità dei mezzi in relazione alle caratteristiche del percorso, anche con eventuali dispositivi regolabili che limitano la velocità.
• protezione degli organi di comando contro l’avviamento accidentale.
• protezione del posto di guida contro il pericolo di investimento di corpi che possono cadere dall’alto.
• regolare manutenzione e periodica revisione del mezzo meccanico e delle sue varie componenti.
• il conducente deve guidare con prudenza senza fare sporgere gambe o braccia dall’abitacolo di guida, prestare particolare attenzione in retromarcia, condurre il carrello all’interno dei percorsi segnalati a terra, interrompere il lavoro se qualcuno si trova nel raggio di azione del mezzo, inserire il freno prima di lasciare il carrello in sosta.
• disporre il divieto di trasportare persone facendole salire sulle forche di sollevamento.
• puntuale informazione, formazione, ed addestramento dei lavoratori all’uso corretto e sicuro dei mezzi nelle diverse condizioni di impiego. Ad esempio l’addetto deve essere sapere come comportarsi se il mezzo dovesse accidentalmente ribaltarsi, ovvero: non buttarsi giù dal mezzo, ma tenersi saldamente al volante, puntare i piedi e inclinarsi dalla parte opposta a quella di ribaltamento.

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
DESCRIZIONE
Gli organi meccanici mobili del carrello elevatore possono essere causa di presa, impigliamento, cesoiamento.
DANNO ATTESO
Lesioni temporanee e permanenti per presa, trascinamento, taglio, amputazione, schiacciamento degli arti.
PREVENZIONE
Le parti pericolose devono essere rese inaccessibili tramite adeguati ripari fissi.
Movimentazione manuale dei carichi.
DESCRIZIONE
L’operazione di sostituzione delle batterie dei muletti richiede la loro movimentazione.
DANNO ATTESO
La movimentazione manuale può comportare disturbi e danni muscolo – scheletrici.
PREVENZIONE
I rischi connessi alla movimentazione manuale dei carichi possono essere ridotti utilizzando mezzi meccanici di sollevamento per le batterie.
Si può anche mettere sotto carica la batteria del muletto lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene posto all’interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia nel piazzale in prossimità della parete esterna del locale sulla quale sono poste prese e spine per il collegamento elettrico; questa soluzione limita anche l’esposizione agli acidi degli accumulatori elettrici e il rischio di esplosione e incendio.
Nel caso della movimentazione manuale occorre procedere alla valutazione del rischio in sede di misure attuative del D.Lgs. 626/94 ed informare e formare gli addetti.

Esposizione a prodotti della combustione diesel
DESCRIZIONE
Qualora vengano utilizzati carrelli elevatori diesel, gli addetti possono essere esposti ai prodotti della combustione, costituiti prevalentemente da: particolato da idrocarburi incombusti, ossidi di azoto (NO, NO2), anidride solforosa (SO2), ossido di carbonio (CO), formaldeide (HCHO), idrocarburi aromatici e alifatici, sostanze organiche volatili (S.O.V.).
DANNO ATTESO
L’esposizione ai suddetti inquinanti può provocare broncopneumopatie, ossicarbonismo, sindrome irritative delle estremità cefaliche, asma bronchiale, emopatie, epatopatie, neuropatie, nefropatie, miocardiopatie, dermatiti. Inoltre la formaldeide è un sospetto cancerogeno.
DANNO RILEVATO
Dalle indagini svolte in altri comparti produttivi, i lavoratori esposti ai gas di combustione dei carrelli diesel hanno lamentato l’irritazione delle congiuntive oculari e delle vie respiratorie.
PREVENZIONE
Per limitare l’esposizione a questo fattore di rischio, è bene che i carrelli elevatori diesel siano provvisti di marmitta catalitica (valida per NO2 e CO) o ad acqua (valida per il particolato) ed il loro impiego deve essere limitato all’esterno dei locali di lavoro (nel piazzale antistante lo stabilimento produttivo), mentre all’interno è necessario utilizzare muletti a trazione elettrica. Tra l’altro sono attualmente disponibili sul mercato carrelli elevatori a trazione elettrica la cui portata è sufficiente per le esigenze di produzione del comparto.




Esposizione a rumore
DESCRIZIONE
La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa di esposizione al rumore degli addetti, sia per il rumore generato dai mezzi stessi, sia nel caso esposizione indiretta se il mezzo viene introdotto in reparti voe si svolgono lavorazioni rumorose.
DANNO ATTESO
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari musure preventive.
Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.
PREVENZIONE
È necessario la valutazione della esposizione e l’adozione delle relative misure di prevenzione, in primo luogo una accurata manutenzione dei mezzi. È opportuno valutare la possibilità di sostituire i carrelli elevatori diesel (talvolta utilizzati nei piazzali esterni), con i carrelli elettrici che sono meno rumorosi.
Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di

Esposizione a vibrazioni
DESCRIZIONE
La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa di esposizione a vibrazioni.
DANNO ATTESO
L’esposizione continuativa a vibrazioni può causare una malattia professionale detta Sindrome di Raynaud (anche conosciuta come fenomeno del dito bianco). Si tratta di una alterazione vasoplastica della microcircolazione delle mani per esposizione a vibrazioni e favorita da esposizione alle basse temperature e dal fumo di sigaretta. L’insorgenza di questa patologia è correlata ai tempi ed all’entità di esposizione.
PREVENZIONE
Utilizzare mezzi del tipo a bassa vibrazione e minore impatto vibratorio, oltre a effettuare su di essi una accurata manutenzione.

Manipolazione di oli minerali
DESCRIZIONE
I carrelli elevatori, come la generalità delle macchine, necessitano di oli minerali come lubrificanti degli organi meccanici.
DANNO ATTESO
Gli oli minerali sono una classe di composti che possono presentare rischi per i lavoratori di danni di tipo acuto (allergie, dermatiti) e di tipo cronico (tumori).
La IARC suddivide gli oli in due grandi categorie:
- non severamente raffinati: classificati certamente cancerogeni per l’uomo (Gruppo 1).
- severamente raffinati: classificati tra le sostanze per le quali non è possibile esprimere un giudizio di cancerogenicità (Gruppo 3).
PREVENZIONE
Utilizzare oli minerali del tipo meno pericoloso (oli severamente raffinati) ed evitare l’imbrattamento, specie durante il prelievo degli oli esausti. È pertanto necessario utilizzare D.P.I. (guanti, tuta, grembiuli, occhiali) ed evitare di tenere in tasca stracci o utilizzare guanti impregnati di olio minerale. È importante una adeguata informazione, formazione, e sorveglianza sanitaria degli esposti.

Esposizione ad acidi di accumulatori elettrici
DESCRIZIONE
Durante la ricarica delle batterie di carrelli a trazione elettrica, i lavoratori possono essere esposti ad acidi contenuti nelle batterie.
DANNO ATTESO
Irritazione e ustione chimica della cute e delle mucose con cui vengono in contatto.
PREVENZIONE
L’inalazione di vapori degli acidi presenti negli accumulatori elettrici viene limitata effettuando la ricarica in locale separato adeguatamente aerato. Se l’aerazione naturale non è sufficiente è necessario un sistema di aspirazione. In alternativa possono essere utilizzati apparecchi di ricarica chiusi e posti sotto aspirazione.
Una ulteriore soluzione può essere quella di mettere sotto carica la batteria del muletto lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene posto all’interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia nel piazzale in prossimità della parete esterna del suddetto locale; questa soluzione evita anche il problema della movimentazione dei carichi per la sostituzione delle batterie.
Per evitare il contatto degli acidi con la pelle, durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle batterie, i tappi devono essere chiusi e i lavoratori devono indossare guanti antiacido. L’aggiunta dell’acqua demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione acida.

Sviluppo di sostanze capaci di creare miscele esplosive con l’aria
DESCRIZIONE
L’operazione di ricarica degli accumulatori dei carrelli a trazione elettrica comporta il pericolo di incendio – esplosione. Infatti, durante la ricarica, il passaggio della corrente elettrica determina un processo di elettrolisi con sviluppo di idrogeno. Si ha anche una parziale evaporazione degli acidi forti contenuti nella batteria. Pertanto, in assenza di idonea aerazione, si può arrivare ad un livello di saturazione ambientale che può determinare la formazione di una miscela esplosiva.
Se avviene l’esplosione si può anche verificare la proiezione violenta degli acidi forti contenuti nella batteria.
DANNO ATTESO
In caso di incendio-esplosione, gli addetti possono riportare gravi ustioni, lesioni traumatiche, intossicazioni. Se investiti da schizzi di acido della batteria, possono riportare anche ustioni cutanee e lesioni agli occhi.
PREVENZIONE
Per ridurre i rischi derivanti dalla ricarica degli accumulatori elettrici è necessario effettuare questa operazione in locale separato dai restanti locali di lavoro, adeguatamente aerato. L’impianto elettrico deve rispondere alle norme per gli ambienti a maggior rischio in caso di incendio. È opportuno che in tale locale non siano presenti altri materiali infiammabili.In caso di ricarica sotto aspirazione localizzata, i parametri geometrici dell’impianto di aspirazione devono essere adeguatamente dimensionati in relazione alla velocità di aspirazione per evitare che si formino miscele esplosive con l’aria.
La protezione antincendio deve prevedere la presenza almeno di estintori a polvere, del tipo omologato. Nei casi a rischio più elevato può essere opportuno installare un impianto di spegnimento automatico (ad esempio del tipo a CO2).
È necessaria la valutazione dettagliata del rischio d’incendio in base a quanto previsto dal D.M. del 10.03.98.
Lavoro in prossimità di carichi sospesi
DESCRIZIONE
L’utilizzo di argani, gru e carri-ponte comporta il rischio di caduta di carichi dall’alto. Inoltre, specie quando alla manovra partecipa più di un addetto, esiste il rischio di presa delle mani a contrasto tra le catene, e di investimento da parte del carico dovuto ad oscillazioni che esso può compiere durante la sua movimentazione.
DANNO ATTESO
Lesioni traumatiche per urto, investimento, schiacciamento.
PREVENZIONE
Per ridurre il rischio di investimento e schiacciamento da parte del carico, è necessario che si manovri in modo da ridurre le oscillazioni. Inoltre, sia chi manovra la gru (gruista), sia chi provvede alla imbracatura del carico, non si deve mai posizionare tra l’oggetto da sollevare ed eventuali ostacoli fissi.
Il gancio della gru deve essere dotato di chiusura di sicurezza o conformato in modo da garantire l’impossibilità della caduta accidentale del carico. In aziende di altri comparti sono accaduti diversi infortuni mortali proprio per la mancanza di questo semplice dispositivo di sicurezza.
Quando non utilizzato, il gancio non va mai lasciato ad altezza d’uomo, per evitare il rischio di urti.
Il binario sul quale scorre il carro ponte deve essere dotato di apposito dispositivo di fine corsa.
È necessario che l’apparecchio di sollevamento abbia portata idonea rispetto al peso pezzo da sollevare e venga sottoposto alle verifiche preventive e periodiche delle apparecchiature nel loro insieme o di loro parti (esempio funi). Gli esiti degli accertamenti vanno riportati sull’apposito registro tenuto dall’azienda. In particolare, se la portata essa è superiore a 200 Kg., l’impianto è soggetto a denuncia e visita preventiva di primo impianto da INAIL, a controlli annuali da parte della A.S.L. al fine di verificarne le condizioni di efficienza per quanto riguarda i dispositivi meccanici e di scorrimento, e verifiche trimestrali da parte di tecnici incaricati dall’azienda riguardo le funi metalliche impiegate per il sollevamento dei carichi (da registrare sull’apposito libretto).
L’impianto di sollevamento deve essere utilizzato solo da personale appositamente formato e che indossi D.P.I. (scarpe di sicurezza con punta rinforzata, guanti, elmetto).


IMPATTO ESTERNO

I principali fattori di impatto ambientale di questa fase lavorativa sono i seguenti:

Emissioni in atmosfera
Sono costituite dalle emissioni dei mezzi a trazione diesel e delle emissioni dei vapori degli acidi emessi durante la ricarica delle batterie. Si tratta di emissioni che hanno un impatto ambientale relativamente basso.

Produzione di rifiuti
I principali rifiuti prodotti in questa fase sono gli oli esausti e le batterie esauste dei carrelli elevatori. Tali rifiuti vengono ritirati da ditte specializzate (si veda il paragrafo 4.1).
L’olio esausto va tenuto, prima del conferimento alla ditta incaricata al ritiro, in modo idoneo ed in condizioni di sicurezza per l’ambiente e per gli addetti. Pertanto devono essere utilizzati contenitori adatti ad eliminare i rischi di rottura e sversamento. Contenitori adatti a questo scopo devono rispondere a regole precise. In particolare devono essere provvisti di:
• idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;
• accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza il riempimento e lo svuotamento;
• bacini di contenimento in caso di rotture o sversamenti;
• mezzi di presa per rendere sicure le operazioni di movimentazione.
La sistemazione dei contenitori deve essere studiata per evitare al massimo gli urti accidentali ed altri gravi inconvenienti.
In procinto di raggiungere la capacità massima del contenitore di olio usato chiamare esclusivamente l’incaricato del Consorzio Obbligatorio degli oli usati e conferirgli l’olio in condizioni di sicurezza (il conferimento al Consorzio di olio usato non inquinato avviene a titolo gratuito), ponendo la massima attenzione alla movimentazione dei contenitori ed alla situazione di lavoro intorno alle operazioni di trasferimento del liquido.
Le batterie al piombo esauste sono pericolose per l’uomo e per l’ambiente perché contengono il 60-65% in peso di piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed apparato riproduttivo, l’acido solforico provoca ustioni e contamina le acque. Inoltre l’acido solforico è classificato dalla ACGIH come sospetto cancerogeno.
Le batterie esauste devono essere conferite al raccoglitore incaricato COBAT.


I principali fattori di rischio ambientale di questa fase lavorativa sono i seguenti:


Sversamenti di acido solforico e contaminazione del suolo con piombo.
In caso di rottura delle batterie durante la loro movimentazione si possono verificare sversamenti della soluzione acida; sversamenti sono possibili anche durante la ricarica delle batterie e durante lo stoccaggio provvisorio delle batterie esauste nell’attesa del ritiro da parte dello smaltitore. In caso di sversamento si può verificare l’inquinamento del suolo e delle acque. La batteria al piombo esausta è pericolosa per l’uomo e per l’ambiente perché contiene il 60-65% in peso di piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed apparato riproduttivo, l’acido solforico provoca ustioni e contamina le acque. Inoltre l’acido solforico in nebbie di acidi forti è classificato dalla ACGIH come sospetto cancerogeno.
L’aggiunta dell’acqua demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione acida; durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle batterie, i tappi devono essere chiusi.
I luoghi di ricarica devono essere conformati in modo da evitare sversamenti, ad esempio può essere predisposto un apposito canale di raccolta, coperto da grigliato in materiale antiacido, e dotato di pozzetto di accumulo e neutralizzazione; l’acido raccolto nel pozzetto deve essere neutralizzato e rimosso.
I lavoratori devono essere adeguatamente formati per la gestione dell’evento accidentale, sia per quanto riguarda la protezione dell’ambiente, sia per le norme di prevenzione di salute e sicurezza.
In attesa dell’arrivo del raccoglitore incaricato COBAT, le batterie esauste vanno depositate temporaneamente in contenitori mobili costituiti in materiale antiacido e dotati delle seguenti caratteristiche (deliberazione Comitato interministeriale 27 luglio 1984):
• dotati di idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;
• dotati di maniglie per rendere sicure ed agevoli le operazioni di movimentazione;
• utilizzare accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza le operazioni di riempimento e svuotamento;
• le sponde siano più alte di almeno 20 cm dall’altezza massima dell’accumulo previsto;
• contrassegno con etichetta o targa visibili, apposte sui recipienti stessi o collocate nelle aree di stoccaggio;
• i recipienti che hanno contenuto le batterie e non reimpiegati per gli stessi tipi di rifiuti, devono essere sottoposti a trattamenti di bonifica appropriati ai nuovi usi. Non possono però essere mai utilizzati per contenere prodotti alimentari.

Sversamenti di oli minerali sul suolo o nelle acque
La sostituzione dell’olio usato dei muletti e le operazioni di rabbocco dell’olio devono essere effettuate in condizioni di massima sicurezza ed igiene per evitare che operazioni approssimative o mezzi tecnici non adeguati producano spandimenti e sversamenti sul suolo o nelle acque, perciò vanno usate tutte le cautele e le professionalità necessarie per eseguire il lavoro a regola d’arte.

Incendio – esplosione
L’incendio-esplosione del locale ricarica batterie può comportare danni strutturali interessanti anche altre parti dell’edificio, oltre che la propagazione dell’incendio ai locali limitrofi.








DESCRIZIONE DELLA FASE LAVORATIVA

Ogni azienda del comparto realizza il proprio ciclo produttivo utilizzando macchine, impianti complessi, ed una serie di attrezzature e dispositivi meccanici di varie dimensioni. Nella maggior parte gli impianti sono costituiti da lamiere e tubazioni di acciao inossidabile.

FATTORI DI RISCHIO

Per la manutenzione meccanica degli impianti dei caseifici vengono svolte operazioni tipiche delle officine meccaniche. Si riportano qui di seguito alcune informazioni generali, similmente trattate in ricerche relative ad altri comparti produttivi, rimandando per informazioni specifiche e più dettagliate, al profilo di rischio proprio di questa lavorazione.

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti:

Esposizione a rumore
DESCRIZIONE
Si può avere esposizione al rumore a causa dell’utilizzo di utensili elettrici portatili (trapano, mole, avvitatori, ecc…).
DANNO ATTESO
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari musure preventive.
Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.
Inoltre l’esposizione a rumore durante gli interventi di manutenzione può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.
PREVENZIONE
Per ridurre l’esposizione è necessario ridurre il rumore alla fonte ed attuare le misure di prevenzione in base ai livelli di esposizione personale ed ai valori limite; è opportuno effettuare la manutenzione preventiva e programmarla nei giorni o negli orari di fermo impianto per evitare eventuale esposizone indiretta; la scelta degli utensili da utilizzare deve essere indirizzata verso i tipi meno rumorosi; indossare DPI (cuffie, tappi), informare e formare gli addetti e sottoporli a sorveglianza.

Esposizione a vibrazioni
DESCRIZIONE
Le operazioni di manutenzione con utensili portatili (mola, trapano, avvitatori, ecc…) sono causa di esposizione a vibrazioni dell’apparato mano – braccio
DANNO ATTESO
L’esposizione continuativa a vibrazioni può causare una malattia professionale detta Sindrome di Raynaud (anche conosciuta come fenomeno del dito bianco). Si tratta di una alterazione vasoplastica della microcircolazione delle mani per esposizione a vibrazioni e favorita da esposizione alle basse temperature e dal fumo di sigaretta.
L’insorgenza di questa patologia è correlata ai tempi ed all’entità di esposizione.
PREVENZIONE
Per ridurre l’esposizione alle vibrazioni localizzate al sistema mano - braccio è necessario utilizzare utensili caratterizzati da bassi livelli di vibrazione o minore impatto vibratorio, utilizzare impugnature smorzanti le vibrazioni, riscaldare l’ambiente di lavoro nei mesi freddi, ridurre i tempi di esposizione alternando le lavorazioni tra più addetti. È importante l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli addetti.
Esposizione a polveri
DESCRIZIONE
Le operazioni di manutenzione sul posto, espongono i meccanici a inalazione di polveri aerodisperse dovute alle operazioni di molatura e di lavori riparazioni / manutenzioni in luoghi particolari con utensili portatili (trapani, mole, ecc…). Tali lavorazioni possono esporre gli addetti alle riparazioni meccaniche alle polveri di metallo e dei materiali abrasivi delle mole.
DANNO ATTESO
Irritazione delle vie respiratorie.
PREVENZIONE
È importante esaminare le schede di sicurezza dei composti abrasivi delle mole e valutare la sostituzione dei prodotti più pericolosi con altri meno pericolosi.
Durante interventi con utensili che possono dare luogo a diffusione di polveri, è opportuno utilizzare apparecchi mobili di aspirazione localizzata con braccio flessibile (proboscide) per captare l’inquinante il più vicino possibile alla fonte di emissione, ed eventualmente indossare anche D.P.I. idonei alla protezione delle vie respiratorie dalle polveri (maschere filtranti, occhiali a tenuta) ed indumenti adeguati (tute, guanti).
È importante osservare le norme igieniche, tra le quali non bere, mangiare, fumare durante il lavoro e mettere a disposizione degli addetti adeguati servizi igienico assistenziali: i lavoratori, soci compresi quando effettuano lavorazioni insudicianti o con esposizione a polveri o altri agenti nocivi, devono disporre di armadietti a doppio scomparto per l’alloggiamento distinto degli abiti civili e da lavoro; le installazioni e gli arredi destinati a refettori, spogliatoi, latrine, bagni, locali di riposo devono essere mantenuti puliti, ben aerati e riscaldati durante la stagione fredda; le docce devono essere in quantità sufficiente e ben attrezzate affinché tutti i lavoratori che lo desiderino possano lavarsi appena terminato il proprio turno di lavoro. In considerazione al tipo di attività lavorativa può essere disposto l’obbligo per i lavoratori a fare la doccia per la tutela della propria salute in relazione ai rischi ai quali sono esposti.
È importante l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli esposti.

Esposizione a fumi di saldatura
DESCRIZIONE
Può avvenire che si debbano eseguire saldature di riparazione in luoghi scarsamente aerati.
Le operazioni di saldatura possono esporre gli addetti ai fumi di saldatura, i quali possono essere di diversa natura a seconda del metallo da saldare, del suo eventuale rivestimento, del tipo di saldatrici utilizzate.
DANNO ATTESO
L’esposizione può provocare irritazione delle vie respiratorie o danni più gravi a seconda della natura dei fumi.
PREVENZIONE
Durante gli interventi di saldatura è necessario utilizzare apparecchi mobili di aspirazione localizzata con braccio flessibile di captazione (proboscide) e filtri idonei al tipo di inquinante aspirato; indossare D.P.I. (maschere filtranti idonee per la protezione delle vie respiratorie dai fumi di saldatura, tute, occhiali a tenuta). L’aspirazione localizzata deve avvenire in modo che l’operatore non si trovi tra l’aspirazione e il punto di emissione. In caso di saldature effettuate all’aperto è necessario che l’addetto si tenga sopravvento. Prima di effettuare la saldatura è necessario togliere, per quanto possibile, i rivestimenti del materiale da saldare scrostando le pitture. Altre persone non necessarie alla lavorazione devono essere allontanate. È necessario esaminare la scheda di sicurezza del produttore dell’elettrodo, utilizzare elettrodi appropriati al tipo di saldatura e informare gli addetti sulla natura dell’elettrodo e dei pezzi da saldare e sui relativi rischi ai quali sono esposti; è altresì necessario che gli addetti siano formati alle corrette procedure di lavorazione e sottoposti a sorveglianza sanitaria.
Manutenzioni su impianti e tubazioni del vapore
DESCRIZIONE
Le manutenzioni nel caseificio possono essere eseguite su tubazioni di adduzione del vapore, e su macchine ed impianti utilizzanti vapore in pressione. Questo può esporre gli addetti a sfiati di vapore e condensa ad elevata temperatura.
DANNO ATTESO
Ustioni.
PREVENZIONE
Informazione e formazione degli addetti alle procedure di lavoro corrette, come ad esempio l’intercettazione del vapore chiudendo le valvole sulla tubazione interessata dalla riparazione ed attendere il raffreddamento prima di intervenire. In caso di lavoro appaltato a ditta esterna, è necessario il coordinamento del lavoro e delle procedure di sicurezza con il responsabile della sicurezza aziendale.

Esposizione a radiazioni infrarosse e ultraviolette
DESCRIZIONE
Le operazioni di officina che richiedono la saldatura espongono gli addetti a radiazioni infrarosse ed ultraviolette.
DANNO ATTESO
Danneggiamento della vista.
PREVENZIONE
Per le operazioni di manutenzione in questo caso è opportuno schermare la sorgente di emissione e indossare D.P.I. (occhiali scuri specifici per la protezione dalle radiazioni).
È importante l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli addetti (visita e controlli oculistici).

Esposizione a schegge incandescenti
DESCRIZIONE
I lavori di saldatura possono essere causa di esposizione alla proiezione di materiale incandescente.
DANNO ATTESO
Ustioni, lesioni agli occhi.
PREVENZIONE
È necessaria la informazione e formazione degli addetti i quali sono tenuti ad indossare guanti, tuta e visiere protettive.

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
DESCRIZIONE
Le operazioni di manutenzione e in genere le mansioni di officina, comprese le mansioni elettromeccaniche, possono comportare rischi di presa, trascinamento, urti e schiacciamento.
DANNO ATTESO
Lesioni traumatiche quali contusioni, ferite e amputazioni.
PREVENZIONE
Occorre in primo luogo accertarsi che gli impianti siano conformi alle norme di sicurezza. Le macchine e gli impianti devono essere dotate di dispositivo di arresto di emergenza e di dispositivo che impedisca il riavvio intempestivo della macchina in caso ritorni l’alimentazione elettrica dopo che questa era venuta a mancare.
Gli operatori addetti all’officina meccanica devono conoscere in anticipo la parte di macchina o impianto che vanno a manipolare, attraverso la consultazione del manuale di uso e manutenzione in sicurezza. Pertanto l’azienda deve fornire al personale tutte le informazioni necessarie oltre a quelle dettate dalla pratica di esperienza giornaliera.
È anche necessario scongiurare il pericolo di avviamento intempestivo della macchina da parte di un addetto mentre un altro sta effettuando l’intervento di manutenzione. A tale scopo, prima di iniziare le operazioni di manutenzione, si può attuare una procedura di tipo “Blocca e Segnala”, che può consistere, ad esempio, nel bloccare tutte le forme di energia che possono fare muovere le varie parti della macchina, impossessarsi della chiave del quadro di controllo e apporre su quest’ultimo un cartello con una scritta del tipo “Non azionare la macchina – manutenzione in corso”.
Devono essere vietati interventi a macchina in moto con protezioni rimosse a meno che non vengano utilizzati dispositivi che garantiscano lo stesso livello di sicurezza (ad esempio pulsantiera ad uomo presente che permetta solo l’avanzamento a impulsi e che, una volta inserita, escluda il quadro di comando della macchina).
Gli addetti devono indossare indumenti idonei, privi di parti svolazzanti che potrebbero essere causa di impigliamento e conseguente presa e trascinamento da parte degli organi meccanici in movimento. Perciò le tute sono da preferire ai grembiuli ed è bene che le maniche siano chiuse al polso.
Movimentazione meccanica e manuale dei carichi
DESCRIZIONE
Le fasi di riparazione e manutenzione meccanica possono talvolta richiedere il sollevamento e il trasporto di grandi componenti di impianto (ventilatori, tramogge, parti meccaniche o macchine stesse) con rischi infortunistici per urti e schiacciamenti con conseguenti ferite e contusioni. Può avvenire anche il cedimento di una imbracatura o della struttura imbracata.
DANNO ATTESO
Lesioni quali contusioni, ferite e amputazioni.
PREVENZIONE
Si vedano le indicazioni di sicurezza riportate nella fase specifica su “movimentazione meccanica dei carichi”. Si ricorda qui in particolare l’importanza della verifica degli impianti di sollevamento e di indossare scarpe di sicurezza ed elmetto. Quest’ultimo diviene indispensabile per impianti o accessori d’impianto composti, infatti in tali spostamenti, possono cadere parti di impianto di peso considerevole che potrebbero accidentalmente essere non ben fissate.
Durante la movimentazione manuale di lamiere sono inoltre possibili ferite da taglio, pertanto è necessario indossare guanti adeguatamente resistenti.
La movimentazione manuale delle attrezzature di lavoro (valigie degli attrezzi, saldatrici, ecc...) può causare disturbi muscolo-scheletrici. È pertanto opportuno l'utilizzo di carrelli porta attrezzi e carrellini per le bombole di saldatura.
Sono fondamentali l’organizzazione del lavoro, la formazione e l’informazione degli addetti.

Lavoro in prossimità di parti elettriche
DESCRIZIONE
Durante le manutenzioni è possibile che l’intervento riguardi parti elettriche, pertanto può esistere il rischio di contatti diretti e indiretti con parti sotto tensione elettrica.
DANNO ATTESO
Folgorazione per elettrocuzione.
PREVENZIONE
Occorre in primo luogo accertarsi che gli impianti rispettino le norme di sicurezza. Gli interventi devono essere eseguiti su macchine / impianti disinseriti ed esclusivamente da parte di personale specializzato e formato ad intervenire in sicurezza nei casi specifici che il lavoro richiede.
Per gli apparecchi elettrici portatili (trapano, mola flessibile, saldatrici elettriche), ad ogni utilizzo è anche necessario controllare il buono stato dei cavi di alimentazione.

Utilizzo del cannello ossiacetilenico
DESCRIZIONE
L’utilizzo del cannello ossiacetilenico per la saldatura, può essere causa per gli addetti di esposizione a vari rischi.
DANNO ATTESO
Ustioni per contatto con la fiamma o superfici calde; lesioni traumatiche, in caso di scoppio delle bombole, le cui conseguenze per gli addetti potrebbero essere fatali; danni alla vista per esposizione a calore radiante e radiazioni luminose; intossicazioni e danni all’apparato respiratorio per esposizione ai fumi di combustione.
PREVENZIONE
L’attrezzatura ossiacetilenica deve essere dotata di valvole di sicurezza applicate quanto più possibile vicine ai cannelli, in modo tale da impedire il ritorno di fiamma e l’afflusso dell’ossigeno o dell’aria nelle tubazioni del gas combustibile, permettere un sicuro controllo in ogni momento del suo stato di efficienza, impedire la possibilità che avvenga uno scoppio per ritorno di fiamma.
Per ridurre l’esposizione ai fumi di combustione sono necessari impianti di aspirazione localizzata, fissi o portatili.
Gli addetti devono essere adeguatamente informati e formati alle corrette modalità di lavoro e all’utilizzo dei D.P.I. (tuta, guanti, maschere filtranti, occhiali o visiere) e sottoposti a sorveglianza sanitaria.

Stoccaggio e movimentazione bombole per cannello ossiacetilenico
DESCRIZIONE
Lo stoccaggio delle bombole per il cannello ossiacetilenico può comportare il rischio di fughe di gas e di scoppio, quest'ultimo dovuto in particolare al fatto che l'acetilene disciolto può decomporsi in idrogeno e carbonio. L'energia di attivazione della reazione di decomposizione dell'acetilene è relativamente bassa, ad esempio può essere sufficiente una esposizione prolungata al calore, e/o un forte urto della bombola. La reazione di composizione può durare anche diverse ore, tanto che l'esplosione può avvenire anche il giorno successivo a quello in cui il contenitore ha subito l'insulto; in altri comparti produttivi, si sono verificati infortuni mortali a causa dell'esplosione di bombole di acetilene, pertanto è necessaria la massima attenzione nello stoccaggio, movimentazione ed utilizzo di bombole di acetilene. Depositi con quantitativi maggiori o uguali a 75 Kg., sono soggetti a controllo obbligatorio di prevenzione incendi .
DANNO ATTESO
Lesioni traumatiche, in caso di scoppio delle bombole; possibili disturbi muscolo – scheletrici in caso di movimentazione manuale.
PREVENZIONE
Le bombole devono essere dotate della prescritta etichettatura ed essere stoccate in luogo separato, ventilato, al riparo dalle intemperie e lontane da fonti di calore. Nel locale di stoccaggio deve essere disposto e segnalato il divieto di fumare e usare fiamme libere. L’impianto elettrico deve essere idoneo alla classificazione di pericolosità del luogo secondo le norme CEI e deve essere rispettata la normativa generale antincendio. É opportuno predisporre una procedura di emergenza in caso si sospetti che le bombole di acetilene abbiano subìto un insulto tale che possa dare luogo ad esplosione.
Per la prevenzione dai disturbi muscolo scheletrici è opportuno l’utilizzo di appositi carrelli (si veda anche il paragrafo relativo alla movimentazione manuale).
Gli addetti devono essere informati e formati.

APPALTI ESTERNI
In genere, tutte le opere di manutenzione preventiva e non, vengono programmate dall’azienda ed eseguite da apposite squadre di manutenzione, le quali talvolta sono costituite da ditte esterne che lavorano presso la sede del caseificio.

IMPATTO ESTERNO

I principali fattori di impatto ambientale in questa fase lavorativa sono i seguenti:

Emissioni in atmosfera
Polveri, fumi e vapori che si sviluppano durante le riparazioni meccaniche sugli impianti possono diffondere nell’ambiente esterno. Si tratta di emissioni saltuarie in quanto dovute a manutenzioni e riparazioni e non direttamente connesse con il ciclo produttivo; in genere sono emissioni diffuse (cioè non convogliate) e, quando vengono utilizzati dispositivi mobili di aspirazione localizzata, l’aria filtrata viene nuovamente immessa nell’ambiente di lavoro.

Diffusione di rumore all’esterno
Alcune lavorazioni, specie quelle che necessitano l’utilizzo di attrezzature manuali (quali ad esempio martelli) e utensili elettrici (mole, trapani, ecc…) possono provocare diffusione di rumore nell’ambiente esterno con conseguente disturbo della popolazione. La soluzione consiste in primo luogo nel cercare di ridurre il rumore alla fonte, effettuare le lavorazioni più rumorose in orari diurni, utilizzare schermature fonoisolanti - fonoassorbenti.

Produzione di rifiuti
I principali rifiuti prodotti in questa fase sono:
- lamiere e parti meccaniche derivate dalla sostituzione e/o demolizione di parti di macchine e impianti meccanici.
- oli minerali esausti utilizzati per la lubrificazione delle macchine, sostituiti durante la manutenzione.

Consumo delle risorse
I consumi principali in questa fase riguardano oli minerali per la lubrificazione delle macchine, materiali per saldatura (elettrodi, gas per cannello ossiacetilenico), lamiere e parti metalliche. Inoltre si ha consumo di energia elettrica per l’alimentazione delle macchine utensili fisse o portatili.

I principali fattori di rischio ambientale in questa fase lavorativa sono i seguenti:

Sversamenti
Durante le operazioni di manutenzione, in particolare di smontaggio e sostituzione di parti meccaniche, possono avvenire sversamenti di eventuali prodotti chimici utilizzati negli impianti (soluzioni per il lavaggio, ecc…). Inoltre possono avvenire sversamenti di oli minerali durante la sua sostituzione in macchine e impianti.
Lo sversamento di tali inquinanti può provocare l’inquinamento del suolo e delle acque, pertanto sono necessarie misure organizzative, procedurali ed impiantistiche, atte a contenere e raccogliere eventuali sversamenti, e per lo smaltimento corretto dei prodotti recuperati.

Esplosione – Incendio
Lo stoccaggio di bombole ossiacetileniche e l’attività di saldatura possono determinare rischi di esplosione ed incendio che può estendersi a tutta l’azienda, con conseguente inquinamento dovuto alla emissione in atmosfera dei prodotti di combustione ed il rischio di spargimento delle acque utilizzate per lo spegnimento dell’incendio.

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Il contenuto della banca dati Profili di rischio rappresenta una prima base informativa, sviluppata grazie alla collaborazione dei Servizi di prevenzione delle Asl, aperta a tutti i contributi finalizzati all’aggiornamento dei profili esistenti, all’integrazione di nuovi profili nella banca dati, al collegamento con altre sorgenti informative (Sistema nazionale di sorveglianza infortuni e malattie professionali, Banche dati su fattori di rischio, Buone pratiche, ecc.) che approfondiscono temi specifici trattati nel profilo.


ATTENZIONE: ESSENDO LA VECCHIA BANCA DATI ISPESL ASSORBITA DA INAIL MOLTI RIFERIMENTI NORMATIVI SONO ANACRONISTICI.
PERTANTO IL PRESENTE PROFILO DI RISCHIO E’ DA LEGGERSI PER AVERE INDICAZIONE DESCRITTIVA SUI RISCHI PRESENTI NEL COMPARTO MA VERIFICARE SEMPRE SE VALORI LIMITE E ALTRO SIA STATO SUPERATO DA DISPOSIZIONI NORMATIVE SUCCESSIVE.
RIMANE COMUNQUE UN UTILE STRUMENTO PER AVERE INFORMAZIONI SUI RISCHI DI COMPARTO.

Fonte:Profili di rischio Inail

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