Prevenzione Rischio Silice e Pietre artificiali

Documento per l’autovalutazione

1. Introduzione


1.1 Silice, silicosi e altre patologie correlate con l’esposizione a Silice Cristallina Respirabile La Silicosi Cronica, è una patologia professionale generalmente correlata all’esposizione a basse concentrazioni di silice per lunghi periodi di tempo (>15 anni). La diagnosi viene posta associando la storia lavorativa di esposizione a silice cristallina ad un quadro clinico, funzionale e radiologico compatibile. La silice libera cristallina presente nei luoghi di lavoro deriva più frequentemente dalla lavorazione di quarzo, tridimite e cristobalite.

L’esposizione a silice libera cristallina Respirabile oltre alla silicosi polmonare (nelle sue forme cronica - semplice o complicata, acuta ed accelerata) può determinare anche l’insorgenza di sindrome di Caplan, broncopneumopatia cronica ostruttiva, bronchite cronica, enfisema, tumore polmonare e patologie autoimmuni.
Le occupazioni tradizionalmente associate ad un aumento del rischio di silicosi includono quelle effettuate in fonderia, la lavorazione di materiali lapidei e della ceramica, lavorazioni di pietra e cemento (quali l'estrazione, la sabbiatura etc). Altre attività meno tradizionali associate ad esposizione a silice cristallina sono inoltre la sbiancatura meccanica dei jeans, la produzione di alginato in ambito di amalgame odontoiatriche, la lavorazione di pietre semipreziose (es. agata), l’estrazione di idrocarburi mediante tecnica “fracking”.
Recentemente inoltre, a livello nazionale e internazionale, sono stati riportati diversi casi di silicosi in lavoratori addetti alla produzione e lavorazione di conglomerati quarzo-resina (anche detti “pietre artificiali”) destinati all’allestimento di cucine e bagni.



1.2 Conglomerati in quarzo-resina: composizione e lavorazione
Negli ultimi decenni i conglomerati di quarzo-resina hanno acquisito sempre più popolarità, essendo largamente impiegati nella realizzazione di top per cucine e bagni.
I conglomerati quarzo-resina sono formati da rocce costituite prevalentemente da quarzo e/o cristobalite finemente frantumate mescolate con una resina polimerica. Il loro contenuto di silice cristallina è di circa il 90%, una percentuale molto più elevata rispetto al marmo naturale (3%) o ai graniti (30%).
I conglomerati di quarzo-resina sono prodotti in lastre di diverso spessore, squadrate e con il piano superiore levigato. Per la produzione di manufatti, viene eseguito il taglio e la molatura delle lastre di conglomerato con attrezzature provviste di utensili in rotazione raffreddati con acqua (taglio, fresatura e foratura a umido). Normalmente sono eseguite operazioni di finitura meccanica (levigatura e lucidatura) dei bordi e dei piani con uso di attrezzature, i cui utensili sono anch’essi raffreddati ad acqua; infine, a completamento dell’opera, sono eseguite operazioni di finitura manuale. Spesso, quest’ultime operazioni sono eseguite a secco con utensili elettrici portatili e, più raramente, ad umido con utensili specifici.
Si segnala poi come nella fase di installazione dei piani presso i clienti possano essere effettuate lavorazioni sui piani di conglomerato per necessità di adattamento dei manufatti al sito.



1.3 Rischio emergente di silicosi nelle lavorazioni dei conglomerati di quarzo-resina (pietre artificiali)
Numerosi studi in diversi paesi del mondo, tra cui l’Italia, hanno evidenziato cluster di silicosi tra i
lavoratori addetti alla fabbricazione, lavorazione e installazione di pietre artificiali in quarzo-resina. E’ opportuno sottolineare che la crescente preoccupazione della comunità scientifica rispetto alla lavorazione di questi materiali è legata, non solo ad una maggiore incidenza della malattia nei lavoratori, ma anche alle diverse caratteristiche patologiche e all’elevato grado di gravità della silicosi. Infatti, la maggior parte degli studi epidemiologici o clinici hanno riportato casi di silicosi accelerata caratterizzata da un breve periodo di latenza, un danno polmonare esteso e dall’interessamento di lavoratori di fasce di età e con anzianità lavorativa sensibilmente inferiori rispetto al passato. La maggiore aggressività della silicosi associata alla lavorazione dei piani in conglomerato di quarzo-resina viene solitamente attribuita al rischio di sovraesposizione a silice cristallina e alla mancanza di adeguate misure preventive o protettive: spiegazione plausibile visti gli elevati livelli di esposizione che si generano in un breve periodo di tempo sia per lavorazioni condotte a secco che per quelle condotte ad umido. Infatti anche nelle lavorazioni condotte con utensili raffreddati con acqua si producono aerosol, contenenti particelle di silice cristallina, le cui dimensioni risultano respirabili.



1.4 Protezione dei lavoratori da agenti cancerogeni secondo il D.Lgs. 81/2008
Con il recepimento della Direttiva (UE) 2017/2398 nel 2020 è stata introdotta, nell’elenco degli agenti cancerogeni previsti D.Lgs. 81/2008, la voce “Lavori comportanti esposizione a polvere di Silice Cristallina Respirabile (SCR) generata da un procedimento di lavorazione”.
Per frazione “respirabile” s’intende la frazione in massa delle particelle inalate, che giunge negli alveoli polmonari grazie alle loro piccole dimensioni. Secondo la norma UNI EN 481, che differenzia tre tipologie di frazioni di polveri in base alla loro dimensione (inalabili, toraciche e respirabili), la frazione respirabile è rappresentata da una sospensione di particelle con classe granulometrica inferiore a 10 micron, in cui la probabilità per una particella di 4 micron di entrare nell’albero respiratorio profondo è del 50%.
Ciò premesso, in tutte le lavorazioni nelle quali si generano polveri contenenti silice occorre effettuare la valutazione del rischio da esposizione ad agenti cancerogeni. Ai sensi dell’articolo 236 del D.Lgs. 81/2008, il datore di lavoro effettua una valutazione dell’esposizione ad agenti cancerogeni che tenga conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza nonché, dei quantitativi di agenti cancerogeni utilizzati.
Conseguentemente, a fronte di una possibile esposizione dei lavoratori a SCR, il Datore di lavoro verifica la possibilità di sostituire i materiali contenenti silice cristallina (quarzo) con altri materiali non pericolosi o, qualora la sostituzione non sia tecnicamente possibile, verifica la possibilità di svolgere le lavorazioni tramite un ciclo chiuso che impedisca tecnicamente qualsiasi esposizione. Qualora le precedenti misure non risultino applicabili, adotta tutte le misure di prevenzione e protezione necessarie a ridurre il livello di esposizione al “più basso valore tecnicamente possibile”. Tali misure devono essere adattate alla particolarità della situazione lavorativa.

Il documento di valutazione dei rischi deve riportare:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di SCR;
b) i quantitativi di sostanze cancerogene utilizzati (percentuale di SCR nei materiali lavorati);
c) il numero dei lavoratori esposti o potenzialmente esposti a SCR;
d) l’esposizione dei suddetti lavoratori a SCR e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione dei materiali contenenti SCR o la giustificazione dell’impossibilità di sostituzione

Il datore di lavoro deve aggiornare la valutazione dell’esposizione a sostanze cancerogene in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione.

Fermo restando l’obbligo di attuazione di tutte le misure generali di tutela previste dal D.Lgs.
81/2008, che comprendono, tra le altre, la valutazione del rischio (come sopra descritta), la sorveglianza sanitaria, la formazione/informazione dei lavoratori, etc., sono riportate di seguito alcune considerazioni sulle principali misure da mettere in atto.

1.4.1 Misure specifiche di riduzione del rischio (tecniche, organizzative, procedurali) Di seguito si riportano le misure tecniche, organizzative e procedurali da applicare al fine di ridurre al minimo i livelli di esposizione a SCR:

● progettare l’attività produttiva e le singole postazioni di lavoro al fine di eliminare o ridurre al minimo i livelli di esposizione prevedendo anche la compartimentazione/separazione delle attività a maggior rischio rispetto ad altre a minor rischio;
● programmare lo svolgimento dell’attività produttiva al fine di evitare le interferenze tra lavorazioni e il corretto svolgimento delle stesse, comprese le operazioni di pulizia e manutenzione;
● prevedere modalità di controllo e sorveglianza per garantire nel tempo il mantenimento delle misure previste;
● limitare al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti a
SCR;
● prevedere l’aspirazione localizzata delle polveri o aerosol, posta il più vicino possibile ai punti di emissione;
● prevedere metodi e procedure di lavoro adeguate al fine di evitare o ridurre al minimo la produzione di polveri e aerosol contenenti SCR;
● prevedere una regolare e sistematica pulizia di locali, attrezzature ed impianti dalle polveri al fine di evitare nuove dispersioni in aria;
● prevedere la misurazione dei livelli di esposizione a SCR per verificare l'efficacia delle misure adottate per il controllo del rischio;
● prevedere misure particolari, su indicazioni del Medico Competente, per i lavoratori per i quali l’esposizione a SCR può determinare rischi particolarmente elevati.

I livelli di esposizione dei lavoratori a SCR in nessun caso possono superare il valore limite stabilito, attualmente pari a 0,1 mg/m3 come valore ponderato in un turno di 8 ore. Si evidenzia comunque, che tale limite rappresenta il livello al di sotto del quale si ritiene che la maggior parte dei lavoratori possa rimanere esposta ripetutamente giorno per giorno, per una vita lavorativa, senza effetti negativi per la salute. Pertanto, il rispetto di tale valore limite non rappresenta una condizione di completa tutela della salute dei lavoratori esposti a SCR, e di conseguenza risulta necessario cercare di ridurre al minimo i livelli di esposizione per quanto tecnicamente possibile.

1.4.2 Misure igieniche
Di seguito si elencano alcune misure igieniche:
● mettere a disposizione dei lavoratori adeguati servizi igienici, docce e locali ad uso spogliatoio;
● fornire indumenti protettivi da riporre separatamente dagli abiti civili;
● prevedere il divieto nei luoghi di lavoro di assumere cibo e bevande e il divieto di fumare;
● custodire in luogo adeguato, controllare e mantenere i Dispositivi di Protezione Individuale(DPI) delle vie respiratorie qualora non siano del tipo monouso.


1.4.3 Dispositivi di protezione individuale per le vie respiratorie
In ogni operazione o attività lavorativa in cui non è possibile ridurre il valore di esposizione ad un livello di accettabilità, il datore di lavoro deve prevedere l’obbligo, per i lavoratori, di utilizzare i DPI per le vie respiratorie. Considerata la granulometria particolarmente piccola delle polveri o aerosol di SCR e i limiti di esposizione particolarmente bassi, devono essere utilizzati dispositivi di protezione per polveri e aerosol di tipo “P” con grado di protezione non inferiore a 3. Possono essere utilizzati quindi facciali filtranti marcati FFP3 o semimaschere con filtro P3. La scelta deve essere valutata in funzione delle caratteristiche del volto del singolo lavoratore (FIT Test norma UNI 11719:2018) e dell’attività lavorativa e mobilità richiesta al lavoratore per garantire la tenuta sul viso del DPI.

1.4.4 Formazione, informazione e addestramento dei lavoratori

Le attività di informazione, formazione e addestramento possono essere complementari ad altre misure, sia di tipo tecnico che di tipo organizzativo, o rappresentare la misura di prevenzione principale dove solo il comportamento corretto dei lavoratori, e il rispetto di specifiche procedure operative, può tutelare la loro sicurezza e la loro salute.

Il Datore di lavoro si assicura che ogni lavoratore riceva una informazione, una formazione ed un addestramento sufficienti ed adeguati inerenti la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, secondo
i vigenti Accordi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province Autonome di Trento e Bolzano.
I contenuti minimi dell’informazione e della formazione sono riportati negli Accordi sopra indicati e devono essere facilmente comprensibili ai lavoratori, al fine di consentire loro di acquisire le relative conoscenze, competenze e abilità, tenuto conto anche della lingua e della cultura di origine; informazione e formazione devono essere aggiornate secondo le periodicità previste.

L’informazione, la formazione e, se necessario, l’addestramento devono essere svolti:
- alla costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione, qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
- al trasferimento o al cambio di mansioni;
- all’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e miscele pericolose.

Pertanto nella lavorazione di materiali lapidei contenenti quarzo dovrà essere particolarmente curata l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori sui rischi per la salute che può determinare l’esposizione a polveri e aerosol di SCR e sulle misure di prevenzione e protezione che il datore di lavoro ha adottato a seguito della valutazione dei rischi. Ogni lavoratore deve essere informato sul proprio livello di esposizione: considerata la gravità del rischio e la particolare complessità nell’uso di protezioni individuali delle vie respiratorie (DPI di terza categoria) è necessario che i lavoratori effettuino, oltre che i necessari percorsi di informazione e formazione, anche un adeguato percorso di addestramento.

1.5 Sorveglianza sanitaria
La sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a SCR deve essere orientata alla prevenzione ed


al monitoraggio delle patologie ad essa associate, quali: silicosi (acuta, accelerata, cronica- nelle sue forme nodulare semplice ed interstiziale diffusa); broncopneumopatia cronica ostruttiva; tumori del polmone; tubercolosi; patologie autoimmuni sistemiche (ad es. sclerosi sistemica, artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, sindrome di Sjogren, polimiosite-dermatomiosite, poliangioite microscopica, granulomatosi di Wegener, patologie renali [1–7]).

Il Medico Competente, ai fini di un'appropriata sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a SCR, dovrà considerare diversi aspetti:
- anamnesi lavorativa, con particolare riferimento a pregresse esposizioni a SCR, acquisendo a tal fine anche eventuali cartelle sanitarie pregresse;
- valutazione del rischio e risultati delle indagini ambientali e/o campionamenti personali condotti in azienda per gruppo omogeneo: a tal fine si ricorda l’importanza di riportare in cartella gli esiti di tali indagini relative alla mansione svolta dal lavoratore;
- tipologia, modalità, caratteristiche, durata e frequenza delle lavorazioni svolte dal lavoratore con particolare attenzione anche all’uso di DPI per le vie respiratorie;
- addestramento dei lavoratori all’uso corretto dei DPI per le vie respiratorie;
- formazione e informazione dei lavoratori riguardo il rischio da SCR, i possibili effetti negativi per la salute e le misure di prevenzione e protezione da adottare;
- particolari condizioni cliniche, incluse condizioni di ipersuscettibilità;
- possibili difficoltà nella diagnosi (precoce) delle patologie correlate all’esposizione a SCR.


Con riferimento a quest’ultimo punto, la letteratura scientifica ha dimostrato che la spirometria basale (che include la misurazione del FEV1 e della FVC) presenta una bassa sensibilità nella diagnosi precoce di deficit ventilatori restrittivi [8,9]. Inoltre, negli ultimi anni, anche a seguito delle casistiche emerse nel settore dei conglomerati in quarzo-resina, è stata posta l’attenzione su metodiche radiologiche di sorveglianza che assicurino una più precoce diagnosi [10]. L’Rx torace, infatti, dimostra scarsa sensibilità soprattutto nelle forme di silicosi accelerata, comportando un ritardo diagnostico, a detrimento della tutela della salute dei lavoratori interessati. Tale rischio è presente soprattutto nei soggetti esposti ad alte concentrazioni, anche per brevi periodi, quali i lavoratori che effettuano compiti di finitura a secco, in assenza di dispositivi di protezione collettiva ed individuale adeguati.
Sebbene l’Rx torace rimanga lo strumento più utilizzato per valutare ampie popolazioni di lavoratori, si sottolinea come sia fondamentale, per la sorveglianza di lavoratori esposti ad inalazione di polveri pneumoconiogene, tra cui la SCR, acquisire radiografie di qualità classificate in base agli standard ILO [11].
Esami di secondo livello quali TC ad alta risoluzione (HRTC) e spirometrie globali saranno necessari qualora gli esami di primo livello non risultino dirimenti.
L’esperienza internazionale, nazionale e quella maturata in questi anni in Regione Veneto ha dimostrato come la prevenzione risulti fondamentale per evitare l’insorgenza di nuovi casi di patologia associata a SCR. Assicurare ai soggetti esposti una sorveglianza sanitaria di qualità, in linea con le evidenze scientifiche più recenti e più avanzate è obbligo del Medico Competente e diritto del lavoratore esposto a SCR. La diagnosi precoce di patologie associate a pregresse esposizioni a SCR deve essere assicurata mediante accertamenti mirati e approfonditi, preferibilmente condotti in centri specialistici che abbiano maturato opportune esperienze e che dimostrino specifiche conoscenze scientifiche.

Per quanto riguarda la possibile individuazione di un protocollo standard per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a SCR, con la declinazione degli accertamenti clinici, strumentali e


di laboratorio e della loro periodicità, si anticipa che rientra tra gli obiettivi finali del presente Piano Mirato di Prevenzione, predisporre un documento tecnico di riferimento, utile anche quale contributo per la discussione scientifica in corso a livello nazionale, che non ha ancora prodotto esiti condivisi.

1.5.1 Registro degli esposti

I lavoratori, per i quali la valutazione del rischio ha evidenziato un rischio di natura cancerogena, sono iscritti nel “Registro degli esposti” (art 243, D.Lgs 81/2008), nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l’attività svolta, l’agente cancerogeno o mutageno utilizzato e il valore dell’esposizione a tale agente. Detto Registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del Medico Competente; il Responsabile del Servizio di Prevenzione Protezione (RSPP) ed i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) hanno accesso a detto Registro.
Istituire il Registro degli Esposti dimostra indubbiamente la grande attenzione che viene posta nei confronti di tale rischio da parte del Datore di Lavoro, attraverso la sua misurazione, finalizzata al contenimento dell’esposizione, per la protezione della salute dei lavoratori. Il Medico Competente, come detto, cura la tenuta del Registro risultando pertanto informato sulle esposizioni dei lavoratori: si sottolinea quindi l’importanza di riportare nella cartella sanitaria e di rischio i valori dei livelli di esposizione a tali agenti (art. 230).

Infine, a completamento, si rammenta che dal 1° gennaio 2019 il premio supplementare per l’assicurazione contro la silicosi (e l’asbestosi) non deve più essere versato dai datori di lavoro che svolgono le lavorazioni previste nell’allegato n. 8 al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 [12].

1.5.2 Adempimenti certificativi

Si ricorda l’obbligo di denuncia per le patologie insorte in lavoratori esposti a SCR (DPR 1124/1965 e smi, art. 39), nello specifico in caso di silicosi polmonare (I.4.01. J62.8), siderosilicosi (I.4.02. J62.8) e tumore del polmone (I.6.42. C34); sclerodermia (II.1.05. M34.9), artrite reumatoide (II.1.05. M06) e lupus eritematoso sistemico (II.1.05. M32.9); poliangite microscopica (III.1.01. M30.8) e granulomatosi di Wegener [13].



1.6 Verifica di efficacia delle misure di gestione del rischio e monitoraggio dei livelli di esposizione
Dopo l’applicazione delle misure di controllo e gestione del rischio per esposizione a SCR, è previsto sia valutata l’efficacia di tali misure nel ridurre al minor livello possibile il rischio stesso. Tale valutazione di efficacia deve essere eseguita attraverso la misura dei livelli di esposizione dei lavoratori alle polveri in frazione respirabile e alla silice cristallina in frazione respirabile.
Le misurazioni di polverosità comprendono campionamenti di tipo personale o di tipo statico, fissato su un supporto stabile, e l’impiego di un selettore per raccogliere il particolato con granulometria definita “respirabile” secondo la convenzione riportata nella norma UNI EN
481:1994.
Per la determinazione dei livelli di esposizione dei lavoratori deve essere data priorità ai campionamenti di tipo personale, rispetto a quelli statici, seguendo le disposizioni riportate dalle normative europee EN 689 e EN 1232 e dalle altre norme di riferimento citate dall’allegato XLI del D.Lgs. 81/2008 nonché dalla norma UNI-ISO 24095:2020. In particolare la norma UNI EN

689:2019 prevede l’individuazione di possibili gruppi di lavoratori/mansioni con esposizione similare (SEG) in modo da poter applicare i criteri di validazione dei risultati su pochi gruppi omogenei.


La strumentazione di campionamento e i selettori della frazione respirabile delle polveri devono essere conformi alla Norma Europea EN 481:1994 e a quanto indicato nella norma UNI-ISO
24095:2020, e in funzione anche del metodo analitico previsto (diffrattometria RX o FTIR norme ISO-16258:2017 parte 1 e parte 2). Nel rapporto di analisi di ogni campionamento deve essere specificata l’incertezza estesa associata al risultato in conformità alla norma UNI EN 482:2021.
Il tempo di campionamento deve essere protratto, per quanto possibile, per l’interno turno di lavoro giornaliero per assicurare che i risultati del monitoraggio siano rappresentativi dell’esposizione complessiva e siano in grado di misurare livelli di esposizione pari a circa un decimo del valore limite di esposizione. Qualora le mansioni comportino variazioni importanti dei livelli di esposizione a SCR si deve tener conto, inoltre, di questa variabilità monitorando giorni differenti e prioritariamente le attività a maggior rischio.

1.6.1 Confronto con i valori limite e Report finale del monitoraggio
Per ogni Gruppo con Esposizione Similare (SEG) devono essere eseguiti almeno 3 campionamenti. E’ auspicabile siano effettuate un numero di misurazioni tale da consentire l’applicazione del test statistico (minimo 6 misure). Se i criteri di confronto con il valore limite di esposizione professionale (VLEP) non sono soddisfatti, il numero di campionamenti per ogni SEG deve essere aumentato come previsto dalla norma UNI EN 689:2019. In ogni caso il numero dei campionamenti deve essere proporzionato alla numerosità del gruppo SEG.
Nel report finale dei campionamenti eseguiti, deve essere riportato:
- Finalità della valutazione e identità del valutatore
- Agenti chimici considerati
- Descrizione dei fattori caratterizzanti del luogo di lavoro e delle Condizioni di lavoro
- Osservazioni inerenti il campionamento
- Risultati e discussione della caratterizzazione di base
- Livelli di esposizione
- Assicurazione di qualità del dato (es. incertezza estesa)
- Chiara identificazione dei risultati
- Risultati del confronto con VLEP (test di confronto).

Fonte: Regione Veneto

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