Esposizione al radon nei luoghi di lavoro secondo normativa vigente

esposizione al radon nei luoghi di lavoro secondo la normativa vigente

È noto che il radon è la sorgente che fornisce alla popolazione il maggior contributo alla dose da radiazioni ionizzanti (UNSCEAR, 2008).
Il radon è un gas che si genera nelle rocce o nei suoli per effetto del decadimento radioattivo degli elementi appartenenti alle serie dell’uranio e del torio.
In questo documento si fa riferimento solo all’isotopo 222 del radon, appartenente alla serie dell’uranio-238.
Dalle rocce o dai suoli, il radon può fuoriuscire all’aria aperta, ove solitamente i livelli si mantengono bassi.
Diversamente, la penetrazione all’interno degli edifici fa sì che il radon possa accumularsi e raggiungere concentrazioni in aria anche molto elevate.
Per tale ragione, il radon è considerato come fattore di rischio presente negli ambienti confinati (indoor).
Il radon può essere presente in qualunque ambiente confinato: di vita, di svago o di lavoro.
In Italia la concentrazione media di radon indoor è di circa 70 Bq/m3 (Iss, 2010), quasi il doppio del valore medio mondiale di 40 Bq/m3 (UNSCEAR, 2008).
Sulla base dei dati attualmente disponibili si stima che in Italia:
• le abitazioni con concentrazione di radon superiori a 200 Bq/m3 siano circa 800.000;
• i luoghi di lavoro con livelli di radon maggiori di 300 Bq/m3 siano circa 200.000, anche se non si ha un quadro esaustivo dell’intero territorio nazionale (PNAR, 2024).
Dal punto di vista degli effetti sanitari, il radon rappresenta il secondo agente di rischio di sviluppo di cancro ai polmoni, dopo il fumo di tabacco.
Gli studi epidemiologici attribuiscono al radon circa il 10% di tutti i casi di cancro polmonare (con un range di 3% - 14%), evidenziando un rischio sanitario molto più alto nei fumatori a causa di un effetto sinergico radon-fumo di tabacco che moltiplica gli effetti di ciascun singolo agente.
L’Iss ha valutato che, dei 31 mila casi di cancro ai polmoni che si registrano in Italia ogni anno, tra i 1.000 e i 5.500 siano attribuibili all’esposizione al radon.
Gli studi epidemiologici internazionali hanno evidenziato un aumento del rischio relativo di cancro al polmone statisticamente significativo al crescere del valore di esposizione al radon (dove per “esposizione al radon” si intende il prodotto della concentrazione di attività di radon in aria x il tempo di esposizione).
È un dato internazionalmente condiviso che su un periodo di osservazione di 25 - 35 anni, si abbia un aumento del rischio relativo del 10 - 16% per ogni incremento di 100 Bq/m3 della concentrazione di attività di radon in aria.
Poiché il rischio relativo cresce linearmente al crescere dei livelli di radon, è opportuno che questi ultimi siano i più bassi ragionevolmente ottenibili (principio ALARA - As Low As Reasonably Achievable).


IL RADON NEI LUOGHI DI LAVORO - VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Il radon è potenzialmente presente in ogni luogo di lavoro, indipendentemente dal tipo di attività in esso svolta.
Dal punto di vista regolatorio, l’esposizione dei lavoratori al radon è gestita come una situazione di esposizione esistente (d.lgs. 101/2020, definizione 134 - “situazione di esposizione esistente”: una situazione di esposizione che è già presente quando deve essere adottata una decisione sul controllo della stessa e per la quale non è necessaria o non è più necessaria l’adozione di misure urgenti) e lo strumento decisionale è il livello di riferimento (LdR).


La normativa del settore (d.lgs. 101/2020 e s.m.i.) ha identificato le situazioni ove è più probabile riscontrare un rischio di esposizione al radon, chiedendo per queste la valutazione del rischio come misurazione della concentrazione media annua in aria e prescrivendo l’adozione di misure correttive (interventi di risanamento) laddove i livelli riscontrati siano superiori al LdR.
Nel caso dei luoghi di lavoro, il LdR corrisponde ad una concentrazione media annua di radon in aria pari a 300 Bq/m3.
È bene rammentare che il LdR è quel valore di concentrazione oltre il quale “non è appropriato consentire le esposizioni, derivanti dalle suddette situazioni” e che “l’ottimizzazione della protezione continua a essere messa in atto al di sotto di detto livello” (d.lgs. 101/2020, art. 6).
Ciò vuol dire che in presenza di valori di concentrazione di radon superiori al LdR è obbligo del datore di lavoro/esercente adottare misure correttive per ridurre le concentrazioni al livello più basso ragionevolmente ottenibile, sulla base delle indicazioni tecniche degli esperti in interventi di risanamento.


Tuttavia, anche laddove i livelli di radon non superino il LdR, se le condizioni lo consentono, sarebbe opportuno ridurre la presenza del radon a valori più bassi possibile per tutelare la salute dei lavoratori.
La riduzione delle concentrazioni di radon indoor, infatti, è una misura di protezione di tutti gli occupanti (lavoratori e membri del pubblico).
Poiché tipicamente il suolo è la sorgente di radon che fornisce il contributo maggiore ai livelli di radon indoor, le attività lavorative svolte in luoghi sotterranei (miniere, gallerie, tunnel, ecc.) e quelle al seminterrato e/o pianoterra possono essere maggiormente interessate dal problema, così come le attività lavorative in cui è prevista la movimentazione di grandi volumi di acqua.
La normativa vigente (d.lgs. 101/2020) identifica le situazioni lavorative ove questo rischio non può essere ignorato dal punto di vista della radioprotezione e rispetto ad esse definisce gli obblighi per il datore di lavoro 
I luoghi di lavoro identificati dalla norma sono:
• luoghi di lavoro interrati (definizione 86-bis - “luogo di lavoro sotterraneo”: ai fini dell’applicazione del Capo I del Titolo IV, locale o ambiente con almeno tre pareti sotto il piano di campagna, indipendentemente dal fatto che queste siano a diretto contatto con il terreno circostante o meno - d.lgs. 203/2022);
• luoghi di lavoro situati al piano terra e al seminterrato, localizzati nelle aree prioritarie identificate dalle Regioni e dalle Provincie autonome di Trento e Bolzano (ex art. 11 d.lgs. 101/2020 e s.m.i.);
• specifiche attività lavorative identificate nell’ambito delle azioni previste dal Piano nazionale d’azione per il radon (PNAR)
• stabilimenti termali.


Oltre alle situazioni sopra descritte, è bene tener presente che esistono categorie di lavoratori che lavorano per un tempo limitato in una moltitudine di luoghi (temporary workers) come, ad esempio, gli addetti ad attività di ispezione/manutenzione di impianti posti in locali sotterranei, i lavoratori impegnati in attività di restauro o di manutenzione di siti archeologici ipogei, le guide turistiche, ecc.
Per queste categorie di lavoratori è più opportuno adottare un approccio radioprotezionistico basato sulla stima individuale dell’esposizione cumulativa al radon (o della dose efficace) che deve tener conto dei livelli di radon e del tempo trascorso nei diversi ambienti in cui hanno lavorato.
Nella realizzazione delle azioni previste dal PNAR saranno pubblicate linee guida con indicazioni tecniche per la stima dell’esposizione cumulativa al radon e della relativa dose efficace.
A tal proposito, si rammenta che un’esposizione cumulativa (2000 ore/anno) ad una concentrazione media annua di radon di 300 Bq/m3 corrisponde ad una esposizione integrata al radon pari a 600 kBq h/m3 e che per la stima della dose da radon si applica un fattore convenzionale di conversione di 6,7 x10-9 Sv m3/Bq h (Icrp, 2017).

LA MISURAZIONE DELLA CONCENTRAZIONE MEDIA ANNUA DI RADON IN ARIA
Secondo la normativa vigente, per valutare il rischio connesso al radon occorre che un servizio di dosimetria riconosciuto o un organismo in possesso dei requisiti previsti dalla legge determini la concentrazione media annua di radon in aria, con le modalità riportate nell’Allegato II del d.lgs. 101/2020, che fornisce inoltre indicazioni circa il contenuto della relazione tecnica con la quale sono rilasciati i risultati della misurazione.
Ulteriori criteri per l’individuazione dei punti di misura sono contenuti nel PNAR, in particolare per quanto concerne i luoghi che possono essere esentati dalla misurazione 

MISURE DI PROTEZIONE DAL RADON
Laddove i livelli di radon indoor superano il LdR, quale misura di protezione collettiva, è necessario introdurre accorgimenti tecnici volti ad ostacolare l’ingresso del radon nell’edificio e quindi a ridurre i valori di concentrazione negli ambienti interni.
Questi accorgimenti tecnici, denominati “misure correttive”, “interventi di risanamento” o “azioni di rimedio”, possono basarsi su diversi approcci, la cui efficacia è documentata in letteratura.
La scelta dell’intervento più idoneo per la situazione specifica è compito di una figura professionale introdotta dalla normativa vigente: l’esperto in interventi di risanamento (EIIR), ex art. 15 del d.lgs. 101/2020.
L’EIIR deve essere un professionista, con abilitazione professionale per lo svolgimento di attività di progettazione di opere edili, iscritto all’albo professionale e che abbia frequentato un corso di formazione della durata di 60 ore con verifica finale dell’apprendimento, su progettazione, attuazione, gestione e controllo degli interventi correttivi per la riduzione della concentrazione di attività di radon negli edifici.
Qualora non sia possibile adottare interventi di risanamento o quelli adottati non siano stati abbastanza efficaci da ridurre i livelli di radon al di sotto del LdR, è necessario mettere in atto misure di protezione individuale, a partire dalla valutazione della dose ricevuta da ciascun lavoratore da parte dell’esperto di radioprotezione (EdR).
In questi casi, le stime di dose vanno confrontate con un livello di dose efficace pari a 6 mSv/anno: laddove un lavoratore è suscettibile di ricevere una dose superiore si devono adottare i provvedimenti tipici delle situazioni pianificate di cui al Titolo XI del d.lgs. 101/2020.
Qualora le dosi stimate siano inferiori a 6 mSv/anno, è previsto che l’esercente/datore di lavoro tenga sotto controllo le dosi efficaci o le esposizioni dei lavoratori, fino a che ulteriori misure correttive non riducono la concentrazione media annua di attività di radon in aria al di sotto del LdR.
MISURE DI PREVENZIONE DAL RADON
Data l’ampia diffusione di radon, anche i luoghi di lavoro al di fuori del campo di applicazione della legge possono avere elevati livelli di radon: ad esempio locali posti ai piani superiori al piano terra, così come luoghi di lavoro situati in aree non classificate come prioritarie.
Eseguire la misurazione della concentrazione di radon e - se necessario - adottare interventi di risanamento è una misura di prevenzione raccomandata per ogni edificio.
IL RISCHIO DI ESPOSIZIONE AL RADON NEL QUADRO DELLA VALUTAZIONE DEI RISCHI (D.LGS. 81/2008 E S.M.I.)
L’art. 244 del d.lgs. 101/2020 modifica il comma 3 (“la protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti è disciplinata, nel rispetto dei principi di cui al Titolo I, dalle disposizioni speciali in materia”) dell’art. 180 del d.lgs. 81/2008 rendendo più chiara ed evidente la relazione tra la normativa di radioprotezione e quella più generale di salute e sicurezza sul lavoro, richiedendo esplicitamente che i documenti inerenti la valutazione del rischio di esposizione al radon siano parte integrante del documento di valutazione del rischio (DVR), ex art. 17 d.lgs. 81/2008.
In particolare, il DVR dovrà includere:
• la relazione tecnica delle misurazioni di radon (a cura del servizio di dosimetria);
• il documento contenente l’esito delle misurazioni (a cura dell’esercente), che laddove i livelli medi annui di radon non superano i 300 Bq/m3 include anche la valutazione delle misure correttive attuabili;
• laddove i livelli medi annui di radon superano i 300 Bq/m3, il documento con l’esito delle misurazioni dovrà riportare anche:
o la descrizione delle misure correttive attuate, sulla base delle indicazioni dell’EIIR (a cura dell’esercente);
o la relazione tecnica delle misurazioni di radon post-risanamento (a cura del servizio di dosimetria);
• la relazione con la stima delle dosi individuali, laddove i livelli medi annui di radon post risanamento sono ancora superiori a 300 Bq/m3 (a cura dell’EdR).
Dalla lettura delle due norme si evince che il datore di lavoro di lavoratori esterni deve poter valutare i possibili rischi ossia il fatto che in alcuni locali era stato verificato il superamento del LdR, che delle misure correttive sono state adottate e se queste ultime hanno avuto sufficiente efficacia (art. 18, c. 4, del d.lgs. 101/2020 e art. 26 del d.lgs. 81/2008).
Specie se i livelli di radon post-risanamento fossero ancora superiori ai 300 Bq/m3, il datore di lavoro di lavoratori esterni deve, avvalendosi dell’EdR, effettuare per detti lavoratori la valutazione delle dosi efficaci annue, tenendo conto degli eventuali contributi dovuti all’esposizione in altri luoghi di lavoro.
Infine, si rammenta che, nel caso di superamento del LdR per il radon nei luoghi di lavoro, l’esercente ha l’obbligo di informare gli organi di vigilanza territoriali (Asl, Arpa/Appa e Inl) e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali mediante l’invio di una comunicazione recante anche la relazione tecnica inerente i risultati della misurazione.
Analoga comunicazione va inviata al termine della verifica di efficacia dell’intervento di risanamento indicando anche una descrizione della tipologia di interventi adottati (art.18 d.lgs. 101/2020).


FONTE:INAIL 2024

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