COMPORTAMENTO UMANO IN CASO DI INCENDIO: MODELLI DI EVACUAZIONE
Lo studio dei meccanismi di esodo in caso di emergenza Nell’ambito della prevenzione incendi
Lo studio dei meccanismi di esodo in caso di emergenza è stato condotto negli ultimi anni sempre con maggiore interesse. Nell’ambito della prevenzione incendi, infatti, le misure atte a favorire l’esodo sono sicuramente le più importanti per la salvaguardia della vita umana. La riflessione sulla quale si vuole richiamare l’attenzione attraverso questo articolo, è come il tempo di evacuazione sia strettamente dipendente dal comportamento umano e come l’efficacia dell’azione preventiva sia quindi correlata anche a tale valutazione. A questo scopo la ricerca ha come obiettivo lo studio delle caratteristiche comportamentali sia a livello dei singoli individui sia dei gruppi, al fine di consentire lo sviluppo di modelli di calcolo in grado di implementare anche tali proprietà. Ci si propone, infine, di approfondire questo aspetto peculiare della modellazione dell’evacuazione, affiancando alla simulazione di un caso caratterizzato da una geometria semplice, quella di uno più complesso riguardante una galleria stradale, con l’obiettivo di individuare i parametri più significativi e studiarne i risultati ottenuti con l’ausilio del software FDS+Evac.
CARATTERISTICHE DEL SINGOLO INDIVIDUO
Per assicurare una efficace sicurezza antincendio degli occupanti di una struttura è necessario comprendere i fattori e le condizioni che possono influenzarne il comportamento. In una situazione di minaccia, le persone percepiscono il problema ed interpretano l’informazione che ricevono sul pericolo in vari modi. Tale operazione appartiene a quello che in inglese viene chiamato problem solving, definito come processo cognitivo messo in atto per analizzare la situazione problematica ed escogitare una soluzione. Gli individui infatti, di fronte ad una situazione di emergenza, devono prendere delle decisioni che cambiano a seconda dell’individuo e delle sue caratteristiche principali, riassumibili come di seguito [1].
• Genere: dallo studio di numerosi incendi, sono state riscontrate delle differenze relative al comportamento tra uomo e donna. I primi sono più propensi a cercare di spegnere il fuoco, mentre le donne preferiscono raggiungere la famiglia e scappare.
• Età: secondo lo studio di Kose (1999) [2], è possibile valutare le prestazioni dei singoli individui in base all’età, utilizzando tre categorie, abilità sensoriali, decisionali e di azione. È
immediato notare come le persone anziane possono avere una scarsa resistenza all’effetto debilitante del fumo e del calore e quindi sono più esposte al rischio.
• Capacità fisiche e sensoriali: durante una situazione di emergenza, possono essere presenti persone con disabilità fisiche o sensoriali (Figura 1), che possono quindi rallentare sia la propria evacuazione che quella degli altri individui presenti.
• Familiarità: secondo il modello affiliativo proposto da Sime nel 1985 [3], in caso di emergenza gli individui tendono a muoversi verso luoghi o persone a loro familiari. Il concetto di familiarità può essere anche inteso come la conoscenza che gli individui hanno di un edificio.
• Attaccamento sociale: se da un lato le persone con legami sociali o affettivi possono aiutarsi reciprocamente durante una situazione di emergenza, dall’altro, sono proprio tali legami che rallentano l’evacuazione e riducono la percezione di pericolo, portando a conseguenze anche fatali. Un esempio è quanto accaduto durante l’incendio di un hotel che ha provocato la morte di 165 persone: all’interno erano presenti 2.500 ospiti, in particolar modo coppie e gruppi di persone conoscenti, legati da legami sociali significativi. Durante l’incendio, l’evacuazione non è stata di tipo individualistico ma i clienti si sono comportati come membri di un gruppo, spesso esitando nella fuga per assicurarsi che i propri cari li stessero seguendo. Le persone che non avevano legami, invece, sono state più rapide nella risposta agli stimoli di pericolo, come ad esempio al fumo, e nessuno di loro si è ferito. Questi risultati mettono quindi in luce il doppio effetto delle interazioni sociali sulla sopravvivenza nella fuga.
• Attaccamento agli oggetti: molte persone, prima di evacuare, si preoccupano di recuperare oggetti personali o animali, anche se ciò rallenta la loro fuga. Da numerosi studi è emerso che, quando un incendio avviene nella propria abitazione, le persone ritardano l’evacuazione. Le motivazioni sono da ricercare in un maggiore attaccamento verso la proprietà o al maggiore senso di sicurezza e protezione che si percepisce in casa propria.
• Cultura, ruolo e responsabilità: gli occupanti caratterizzati da una posizione gerarchica o da un livello culturale superiore, si comportano in maniera diversa rispetto agli occupanti privi di una certa responsabilità. Essi possono anche influenzare il comportamento dei loro sottoposti. Ciò non vale ad esempio per le gallerie stradali, in cui la struttura gerarchica non può essere riscontrata. • Reattività: le persone coinvolte in una situazione di emergenza possono essere sotto l’effetto di medicinali, alcool o droghe, sostanze che alterano la percezione del pericolo e che possono ostacolare una corretta evacuazione.
Quindi di fronte ad un pericolo d’incendio, i singoli individui reagiscono in maniera differente in funzione anche delle caratteristiche personali e condizioni socio-ambientali che incoraggiano (o scoraggiano) determinati comportamenti. Conoscere il fattore umano in queste circostanze, può aiutare sia a migliorare l’azione di soccorso che a garantire la sicurezza degli individui coinvolti.
CARATTERISTICHE COLLETTIVE
L’evoluzione di una situazione di emergenza è l’esito di un confronto sociale in cui si osservano e si interpretano le risposte altrui al fine di prendere una decisione [4]. Il comportamento del singolo, infatti, si trasforma in comportamento collettivo quando l’attività di un individuo è influenzata dai suoi vicini in modo da modificare il comportamento di tutti verso un pattern comune. Negli anni ’60 gli esperimenti di Latané e Darley [5] avevano messo in luce tale concetto attraverso il famoso esperimento del fumo in una stanza: dei soggetti ignari vengono chiusi in una camera con la scusa di compilare un questionario, mentre da una feritoia viene fatto uscire del fumo. L’esperimento, ripetuto in diverse condizioni, ha ottenuto i seguenti risultati:
• soggetti soli nella stanza: il 63% si accorge del fumo dopo 5 secondi di emissione; • soggetti in presenza di altre persone: 26% si accorge del fumo dopo 5 secondi di emissione.
La presenza di altre persone può quindi non solo inibire l’ispezione dell’ambiente ma anche ritardare (o impedire) la consapevolezza che stia accadendo qualcosa di anomalo. Per tale motivo è necessario conoscere anche le tipologie di comportamento che la folla può assumere, raggruppate nelle categorie riportate di seguito.
• Comportamenti gregari: durante la fuga, le persone possono avere comportamenti individualistici o gregari. Se si pensa ad una situazione ordinaria, come l’uscita da un cinema o da un teatro, si nota immediatamente come, anche in situazione di normalità, il deflusso sia notevolmente influenzato dalle differenze dei comportamenti individuali e dall’interazione tra le persone. In caso di emergenza, sotto uno stato di ansia e preoccupazione per la sopravvivenza, le persone tenderanno a muoversi con una velocità superiore, inizieranno a spingere, con il risultato della creazione di code in corrispondenza delle uscite e con la formazione di strutture ad arco (Figura 2). L’aumento della velocità quindi, provoca un effetto negativo in corrispondenza dei colli di bottiglia, effetto quasi paradossale definito come faster is slower: più le persone si dirigono velocemente verso le uscite, più rallentano a causa dell’accalcamento che si genera. Inoltre ciò può provocare la caduta degli individui, i quali possono essere feriti e calpestati, diventando dei veri e proprio ostacoli.
• Comportamenti pro-sociali: in caso di emergenza, è stato spesso riscontrata la creazione, tra gli individui coinvolti, di un comportamento pro-sociale, cioè essi diventano cooperativi, altruisti ed alcuni tendono a mostrare capacità di leadership spontanea, comportamenti che li portano ad essere protagonisti efficaci dell’evacuazione.
• Panico: il concetto di panico, nel corso della storia, ha subito numerose modifiche. Dapprima si riteneva che le persone in situazioni di emergenza perdessero la loro umanità e si trasformassero in animali in preda alla paura; negli Anni ’50, Quarantelli [6] ha classificato il panico come un comportamento asociale: le persone non si comportano come animali ma cercano di soddisfare i propri bisogni, non prestando attenzione a quelli degli altri. Studi successivi hanno definito la reazione di panico come: comportamento collettivo in cui le capacità di giudizio e di ragionamento sono deteriorate, in cui vi sono emozioni forti di paura e in cui vi è comportamento (solitamente fuga) che può risultare in azioni autodistruttive ed eterodistruttive.
In particolare, lo studio psicosociale sul comportamento di evacuazione, ha mostrato come, affinché si abbiano manifestazioni di panico, debbano verificarsi contemporaneamente diverse condizioni [7]:
− ansietà diffusa precedente al disastro, per esempio sotto forma di previsione che possa presentarsi un pericolo reale o come informazione da fonti autorevoli; − mancanza di una leadership riconoscibile e che sappia dare istruzioni chiare (per esempio quali comportamenti protettivi assumere); − percezione di rimanere intrappolati per lo sbarramento dell’unica via di fuga; − comparsa di un fattore precipitante dell’ansia.
Nonostante sia quindi comune parlare di panico di massa, deve essere sottolineato come questo comportamento distruttivo si verifichi solo in casi eccezionali ed in concomitanza di dei quattro fattori sopra ricordati.
• Comportamento affiliativo: tale modello è stato sviluppato da Sime e mette in luce come i legami di gruppo in alcuni casi contribuiscano sui tassi di mortalità e ferimento. Egli ha intervistato 500 sopravvissuti ad un incendio di un grande complesso turistico in Gran Bretagna, in cui morirono 50 persone. L’autore ha osservato come il 73% degli individui è fuggito con una o più persone del proprio gruppo (nella maggioranza dei casi la famiglia). Tutte le persone decedute in una particolare area della residenza, erano insieme al loro gruppo quando sono state allertate ma probabilmente hanno deciso di andare via insieme, con un ritardo che è stato fatale. Le persone che non avevano legami sociali, invece, sono state più rapide nella riposta al pericolo e nessuno si è ferito. Un altro studio interessante è quello del 1995 di Proulx [8]: analizzando le registrazioni di evacuazioni da condomini, egli ha notato come le famiglie con bambini tendono tipicamente ad evacuare in un gruppo in cui l’adulto trasporta il bambino più piccolo. Proulx ha anche osservato come i gruppi di occupanti assumono la velocità del membro più lento, come anziani o bambini, ragion per cui, nel caso di legami affiliativi, si ha un netto ritardo nell’evacuazione.
• Cluster di convergenza: è stato osservato come spesso i gruppi di persone convergano verso un punto comune, da loro percepito come un luogo sicuro. Solitamente tale luogo è una zona caratterizzata da migliori condizioni, come l’assenza di fumo, una maggiore visibilità o la presenza di un balcone, che facilita la ventilazione. Riunendosi in gruppi gli occupanti percepiscono una riduzione dell’ansia e della tensione provocate dell’evento in atto;
• Tendenza al rientro: numerosi studi passati hanno messo in luce il fenomeno secondo cui, le persone sfuggite da un incendio, spesso scelgono di rientrare all’interno della struttura. Uno dei più interessanti fu quello relativo all’incendio di Arundel Park, in cui si evidenziò che un terzo delle persone che si erano messe in salvo, era successivamente rientrato. Questa scelta fu dettata dalla volontà di salvare le persone care o di recuperare gli effetti personali. Le statistiche hanno mostrato che solitamente sono gli individui di sesso maschile ad assumere questo comportamento, decisione che prendono in maniera razionale, intenzionale e senza ansia emotiva.
Autori:
Linda Caira, Ingegnere della Sicurezza e Protezione Civile
Marcello Mangione, Ingegnere Civile, Ufficiale Ruolo Tecnico dell’Arma dei Carabinieri e Dottore di Ricerca presso l’Università La Sapienza di Roma
Franco Bontempi, Professore Ordinario di Tecnica delle Costruzioni nella Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza
COMPORTAMENTO UMANO IN CASO DI INCENDIO – L. Caira, M. Mangione, F. Bontempi