collaborazioni organizzate dal committente e tutele del lavoro tramite piattaforme.

CIRCOLARE INL  N. 7/2020

Il d.l.  101/2019 (conv. da L. n. 128/2019) è intervenuto a modificare il d.lgs.  n. 81/2015 con particolare riferimento alla disciplina della c.d. etero-organizzazione contenuta  nell’art. 2 ed ha introdotto, nel corpo dello stesso decreto, il Capo V bis (artt. dal 47 bis al 47 octies), dedicato alla specifica attività dei “ciclo-fattorini” esercitata tramite piattaforme digitali.
Alla   luce  delle  citate  novità  e  della  giurisprudenza  più  recente   in  materia  di  etero- organizzazione appare opportuno fornire le seguenti istruzioni per un corretto svolgimento dell’attività di  vigilanza che,  d’intesa con l’Ufficio legislativo  del Ministero del lavoro e  delle politiche sociali, sostituiscono i contenuti della circolare dello stesso Ministero n. 3 del 1° febbraio 2016.
 
 
I caratteri della etero-organizzazione
L’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015 prevede l’applicazione della disciplina del rapporto  di lavoro subordinato alle collaborazioni aventi alcune caratteristiche individuate dalla medesima disposizione, come novellata dal d.l. n. 101/2019 (conv. da L. n. 128/2019).
Va premesso  che la disciplina dell’art. 2, comma 1, in ragione del riferimento generico alle collaborazioni  utilizzato  dal legislatore, è  suscettibile  di applicazione  nei  confronti  di tutti  i rapporti  di collaborazione non riconducibili, secondo i criteri di natura  generale,  allo schema di cui all’art. 2094 c.c. .
L’ambito applicativo della disposizione ricomprende pertanto  ogni ipotesi di collaborazione “continuativa” (come esplicita l’art. 2 comma 1), comprese quelle in cui le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante “piattaforme anche digitali” (cfr. ultimo periodo del comma 1).
I requisiti indicati dal legislatore ai fini dell’applicazione della disciplina de qua – e che possono riguardare tipologie contrattuali differenziate – sono da individuarsi in una prestazione prevalentemente personale, continuativa ed eseguita secondo modalità organizzate dal committente.
I tre requisiti devono tutti ricorrere perché si possa applicare la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
 
Segue: personalità
 
La novella ha sostituito l’espressione “esclusivamente personali” con “prevalentemente personali”,  rifacendosi pertanto  al rapporto  di collaborazione indicato dall’art. 409 c.p.c. (per l’appunto definito come prestazione di opera continuativa e coordinata e “prevalentemente personale”). Ciò comporta che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 2, comma 1:
   per un verso, le prestazioni che siano svolte anche con l’ausilio di altri soggetti (cfr. Cass. sent.
 
19 aprile  2002, n.  5698,  secondo  cui  è  sufficiente  la prevalenza  del  lavoro  personale  del soggetto incaricato alla realizzazione dell’opera);
   per   altro   verso,   quelle   prestazioni   che   vengono   rese   anche   mediante   l’utilizzo   di strumentazione o mezzi nella disponibilità del collaboratore.
Sul  punto  è  opportuno  precisare che  la  mera  previsione  contrattuale  di  una  “clausola di sostituzione” che abilita il prestatore a farsi sostituire occasionalmente da un terzo nell’esecuzione della prestazione, non può di per sé escludere il requisito della personalità. L’indagine va  infatti necessariamente svolta in concreto, rifacendosi a criteri obiettivi e valutando nel loro complesso tutte  le circostanze del caso. Inoltre, andrà verificata la concreta  praticabilità della sostituzione, l’effettiva effettuazione della stessa  e,  in caso  affermativo, lo strumento  – anche  giuridico  – adoperato  per la sostituzione, in modo da chiarire i rapporti fra il lavoratore obbligato sul piano contrattuale ed i terzi eventualmente impegnati nella esecuzione delle attività.
 
Segue: continuità
 
Come  già  precisato  nella  circolare  ML  n.  3/2016,  una  prestazione  si  connota  per  la  sua continuità quando, per essere di utilità per il committente, deve ripetersi  in un determinato ed apprezzabile arco temporale.
Tale caratteristica può evincersi, così come ha inteso la giurisprudenza, anche dal perdurare dell’interesse  del  committente  al  ripetersi  della  prestazione   lavorativa  (senza  la predeterminazione di un arco temporale)  da parte del collaboratore, in modo tale da escluderne l’episodicità, anche  con  una  ricostruzione ex post  sulla  base  delle prestazioni effettivamente svolte. In tal senso la Corte di Appello di Torino, nella sentenza  n. 26/2019, ha precisato che la continuità va intesa “da un lato come non occasionalità e dall’altro, riguardo alla esecuzione della prestazione, come svolgimento di attività che vengono (anche se intervallate) reiterate nel tempo al fine di soddisfare i bisogni delle parti”.
Ogni  qual  volta  la  ripetizione   di  una  medesima   prestazione   lavorativa   sia  oggetto   o presupposto del contratto (o sia accertata sulla base del reale  andamento del rapporto  tra le parti), anche  laddove non sia predefinito  l’arco temporale di esecuzione  della prestazione,  va pertanto escluso il carattere dell’occasionalità. Sotto tale aspetto,  quindi, non rileva esclusivamente la misurazione della durata  del rapporto  di lavoro, atteso  che anche prestazioni rese in un arco temporale limitato, ma comunque  significativo, possono realizzare un interesse continuativo del committente.
Il  concetto  di continuità, nei termini sopra indicati, risponde peraltro alle caratteristiche più moderne del mercato del lavoro, in cui risulta difficile predeterminare il tempo di lavoro per tutte quelle prestazioni che rientrano nell’area della c.d. “on-demand-economy” e “just-in-time- workforce”. Trattasi di modelli organizzativi  caratterizzati dalla frammentazione del lavoro in compiti spesso discontinui, tendenzialmente fungibili e assegnati attraverso  modalità talvolta del tutto  automatizzate ad una platea di lavoratori di fatto  costantemente disponibile e spesso  in eccedenza rispetto al fabbisogno, così da garantire una risposta alle esigenze del committente e dell’utenza. In tali ipotesi il requisito della continuità va quindi riconosciuto tutte  le volte in cui la disponibilità del collaboratore sia funzionale alla soddisfazione di un interesse della committenza– ancorché non prestabilito ma costante  in un arco temporale obiettivamente di rilievo –e tutte  le volte in cui la stessa disponibilità si sia effettivamente concretata in una prestazione apprezzabile e significativa.
 
Segue: etero-organizzazione
 
Il d.l. 101/2019 ha abrogato il riferimento, contenuto  nella previgente formulazione dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015 alla necessaria predeterminazione da parte  del committente dei tempi e del luogo di lavoro, che pertanto  non risultano più i parametri esclusivi per la definizione del modello etero-organizzato rimanendo,  tuttavia,  elementi  di raffronto  di assoluto  rilievo per l’individuazione della fattispecie.
I primi  arresti giurisprudenziali  (Cass. sent. 24 gennaio 2020, n. 1663) hanno  individuato  tale requisito nell’imposizione, da parte del committente, delle modalità esecutive della prestazione lavorativa, così determinando una sorta di inserimento del collaboratore nell’organizzazione aziendale.
Sotto tale aspetto,  quindi, l’etero-organizzazione differisce anche dalla fattispecie di cui all’art.
 
409 c.p.c., così come novellata, caratterizzata da un semplice raccordo tra il collaboratore e la struttura  organizzativa del committente. In questa ipotesi non si rinviene infatti una ingerenza del committente nell’individuazione delle modalità esecutive della prestazione quanto un mero coordinamento tra  le parti finalizzato a garantire che l’attività del collaboratore, pur restando estranea  all’organizzazione nella quale si inserisce, contribuisca efficacemente alle finalità della stessa.
Sussiste  invece  etero-organizzazione   quando   l’attività  del  collaboratore  è  pienamente integrata  nell’attività  produttiva  e/o commerciale  del committente e ciò risulti indispensabile per  rendere  la prestazione  lavorativa.  L’eventuale regime di pluricommittenza in cui opera  il collaboratore non è di per sé idoneo ad escludere l’etero-organizzazione, atteso che ciò che rileva è la circostanza  che la prestazione  necessiti  della  struttura  organizzativa  del  committente.  Ciò anche laddove tale struttura  sia rappresentata da una piattaforma informatica che non si limiti a mettere   in  contatto   il  collaboratore  con  l’utente  finale  ma  che  realizzi  una  vera  e  propria mediazione, organizzando il lavoro anche attraverso il ricorso a funzionalità completamente automatizzate.
 
La contrattazione collettiva di settore
 
La novella del 2019 non ha modificato il secondo comma dell’art. 2 del d.lgs. n. 81/2015 che esclude l’applicazione della disposizione di cui al comma 1 nelle ipotesi, fra l’altro, di “collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore”.
In altri termini, la legge esclude l’estensione della disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni etero-organizzate che siano state disciplinate dalla contrattazione collettiva in possesso di determinate caratteristiche (contrattazione di livello nazionale che coinvolga associazioni comparativamente più rappresentative e che disciplini  il trattamento economico e normativo del rapporto  “in  ragione delle  particolari esigenze  produttive ed  organizzative del relativo settore”).
L’esistenza stessa  di accordi aventi  i requisiti di cui sopra  comporta  quindi l’esclusione del meccanismo   di  estensione  della   disciplina  del   rapporto    di  lavoro   subordinato,  con  la conseguenza   che  l’eventuale  scostamento,   rilevato  in  sede  di  vigilanza,  tra  il  trattamento economico e normativo in concreto applicato ai collaboratori e quello previsto dall’accordo collettivo di cui al comma 2 dell’art. 2 in esame  – risultante dalla documentazione di lavoro in possesso del committente (es. UNIEMENS, LUL in caso di collaborazioni coordinate e continuative o contratto  individuale di lavoro) – permetterà il ricorso ai tipici provvedimenti ispettivi legati alla mancata applicazione degli accordi collettivi, ivi compresa la diffida accertativa ex art. 12 del d.lgs.n. 124/2004, in relazione alle differenze tra gli importi contrattualmente previsti e quelli effettivamente corrisposti (cfr. Trib. Roma sent. n. 4243 del 6 maggio 2019).
 
Applicazione della disciplina del rapporto  di lavoro subordinato
 
La circ. n. 3/2016 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva ritenuto che il legislatore, non avendo individuato gli istituti del rapporto  del lavoro subordinato da estendere alle  collaborazioni  etero-organizzate,  propendesse   per  una  “applicazione  di  qualsiasi  istituto, legale   o   contrattuale   (ad   es.   trattamento  retributivo,   orario   di   lavoro,   inquadramento previdenziale, tutela avverso i licenziamenti illegittimi ecc. …), normalmente applicabile in forza di un rapporto di lavoro subordinato”.
Tale orientamento ha trovato conferma nella sentenza della Corte di Cassazione n. 1663/2020 che si è pronunciata sulla natura da attribuire alla disciplina di cui all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n.
81/2015. In proposito la Corte, discostandosi dall’orientamento espresso  dalla giurisprudenza di merito sulla quale è stato sollecitato l’intervento di legittimità, non individua nelle collaborazioni etero-organizzate una diversa tipologia contrattuale costituente un “tertium genus” intermedio fra il lavoro autonomo e quello subordinato ritenendo, piuttosto, che il legislatore abbia inteso “valorizzare alcuni indici fattuali ritenuti significativi (personalità, continuità, etero-organizzazione) e sufficienti a giustificare l’applicazione della disciplina dettata per il lavoro subordinato”.
In altri termini, l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato costituisce un “rimedio” dell’ordinamento  alla  particolare posizione  di  soggezione del  collaboratore, che  tuttavia  non interferisce sul tipo contrattuale scelto dalle parti.
Sul piano dell’individuazione degli istituti del rapporto  di lavoro subordinato da applicare, la Corte prende atto del fatto che il legislatore non vi abbia provveduto in maniera esplicita, con la conseguenza che deve ritenersi applicabile l’intera disciplina del rapporto  di lavoro subordinato con l’unico limite delle disposizioni “ontologicamente incompatibili con le fattispecie da regolare che  per  definizione  non  sono  comprese  nell’ambito  dell’art.  2094  cod.  civ.”. Il  rinvio  alla “disciplina del rapporto di lavoro subordinato” contenuto  nel primo comma dell’art. 2 cit. va quindi inteso come rinvio alla relativa disciplina legale e contrattuale concretamente applicabile.
 
L’intervento ispettivo
 
Sulla base di quanto  chiarito dalla Suprema Corte, la sussistenza di una etero-organizzazione non determina quindi una riqualificazione del rapporto  di lavoro autonomo o parasubordinato in lavoro subordinato, fatte salve ovviamente le ipotesi in cui la etero-organizzazione sconfini in una vera e propria etero-direzione.
Ne  consegue  che  è  esclusa  l’applicazione  delle  sanzioni  previste  per  la  violazione  degli obblighi connessi  all’instaurazione di rapporti  di lavoro  subordinato, quali la comunicazione preventiva e la consegna della dichiarazione di assunzione. Sul punto, pertanto,  devono ritenersi superate le indicazioni contenute  nella citata circolare ML n. 3/2016.

Profili sanzionatori
 
L’estensione del regime delle tutele del rapporto  di  lavoro subordinato può  invece avere conseguenze sanzionatorie in relazione a quelle condotte che, ferma restando la tipologia contrattuale che rimane formalmente quella della collaborazione, il committente avrebbe dovuto osservare applicando la disciplina del rapporto  di lavoro subordinato, ad esempio in relazione ai tempi di lavoro e specificatamente in relazione ai limiti massimi dell’orario, alle pause e ai riposi. Va tuttavia segnalato che l’accertamento su tali aspetti potrebbe  risultare particolarmente complesso, non potendo  fare affidamento sull’utilizzo di adeguati sistemi di tracciamento dell’attività lavorativa svolta dal collaboratore o, ancora,  in ragione del fatto  che l’attività del collaboratore  non  è resa  in regime  di mono-committenza.  In  relazione  a tale  ultimo  aspetto, infatti,  la  frammentazione  della  prestazione  lavorativa  resa   in  favore  di  una  pluralità  di committenti rende  più difficile  l’individuazione del soggetto  nei cui  confronti sia da  ritenere esigibile  il comportamento doveroso.
Sotto il profilo  del rispetto delle disposizioni in materia di salute e sicurezza – ferme restando le limitate  competenze  del  personale  ispettivo  in materia  – appare  opportuno  premettere che il d.lgs. n. 81/2008 trova  applicazione “a tutti i  lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati, fermo restando  quanto  previsto dai commi successivi del presente  articolo”  (art.  3,  comma  4). In questo  caso,  dunque,  la  qualificazione  giuridica  del rapporto  non è sempre  dirimente per l’applicazione delle tutele prevenzionistiche che seguono invece criteri diversi,  primo fra tutti quello della presenza  del collaboratore in uno  specifico contesto lavorativo. In materia si evidenziano dunque le seguenti previsioni:
    art. 3, comma 7, nel quale viene precisato che il T.U. si applica ai collaboratori coordinati e continuativi “ove la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente”;
   art.  3, comma  10, laddove si dispone che per  i  “lavoratori subordinati che effettuano  una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico” trovano  applicazione le disposizioni di cui al TITOLO  VII in ordine alle attrezzature  munite di videoterminali e “nell’ipotesi in cui in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature  proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature  devono essere conformi alle disposizioni di cui al TITOLO III” (concernente  “Uso delle attrezzature  di lavoro e dei dispositivi di protezione individuali”); è altresì prevista l’applicazione, per i lavoratori a distanza, della disciplina in materia di informazione  “circa  le  politiche  aziendali  in  materia  di  salute  e  sicurezza  sul  lavoro,  in particolare in ordine alle esigenze relative ai videoterminali”;
   art. 3, comma 11 nel quale si prevede,  per i lavoratori autonomi, l’applicazione del decreto, sebbene  limitatamente agli  artt.  21  e  26.  In particolare, l’art. 21 riguarda  l’osservanza di determinati obblighi da parte del lavoratore, fra cui quello di utilizzare attrezzature  di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al citato TITOLO  III mentre  l’art. 26 prevede che, nel caso in cui il lavoratore autonomo  svolga la propria attività all’interno dei locali del committente, su quest’ultimo  gravano alcuni compiti  (ad es. la verifica dell’idoneità  tecnico  professionale dei lavoratori autonomi e gli obblighi di informazione circa i rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui operano e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla attività). Laddove una collaborazione coordinata e continuativa svolta presso i locali  del committente
venga considerata etero-organizzata non vi saranno dunque differenze rispetto al regime di tutele applicabile, posto  che  il  citato art.  3, comma  7, del d.lgs. n. 81/2008 prevede  già l’integrale applicazione del T.U. alle collaborazioni coordinate e continuative.
Maggiori criticità potrebbero essere invece riscontrate nelle ipotesi di collaborazioni rese al di fuori dei locali del committente (v. ad es. infra con specifico riferimento ai c.d. riders). In tali casi, l’accertamento della natura  etero-organizzata della collaborazione comporterà  l’estensione della disciplina  in materia di salute e  sicurezza  del rapporto  di lavoro subordinato con particolare riguardo ad alcuni profili, quali la formazione e l’informazione dei collaboratori, il controllo del committente sulle attrezzature  di lavoro, la denuncia di infortunio, la sorveglianza sanitaria e la completezza del documento di valutazione dei rischi, oltre all’obbligo a carico del datore di lavoro di fornitura  e manutenzione  dei  dispositivi di protezione  individuale (cfr. Trib. Firenze  decr. 1° aprile 2020 e Trib. Bologna decr. 14 aprile 2020).
Risulta, a tale ultimo riguardo, decisivo che le specificità legate alle modalità esecutive delle prestazioni  dei  lavoratori  etero-organizzati  siano  contemplate  all’interno  della  valutazione  dei rischi effettuata dal committente (si pensi, a titolo meramente esemplificativo, alla necessità di inserire nella valutazione dei rischi l’utilizzazione da parte dei lavoratori di attrezzature  proprie o di propri mezzi di spostamento).
Tutela retributiva
 
L’applicazione della disciplina della subordinazione comporta l’applicazione del contratto collettivo di riferimento. Pertanto,  il compenso del collaboratore non potrà  essere  inferiore alla retribuzione  minima previste dal CCNL di settore, riferita al livello e alla qualifica individuata in ragione delle mansioni svolte e riparametra in base all’estensione temporale della prestazione.
Esemplificativamente, la sentenza  n. 26/2019 della Corte di Appello di Torino, in relazione al trattamento economico e normativo dei riders, ha ritenuto che agli stessi dovesse essere riconosciuta “la retribuzione diretta, indiretta e differita stabilita per i dipendenti del V livello  del CCNL  logistica-trasporto-merci [poiché] in tale livello sono (…)  inquadrati i fattorini addetti alla presa e alla consegna”.
In tali casi, quindi, alla luce della interpretazione giurisprudenziale, gli eventuali scostamenti retributivi accertati tra  i  compensi effettivamente erogati e  la retribuzione stabilita dal CCNL stipulato  dalle  associazioni sindacali comparativamente  più  rappresentative  sul piano  nazionale nel settore  di riferimento potranno consentire  l’adozione della diffida accertativa per il recupero delle differenze retributive.
Quanto stabilito dal Giudice nella sentenza  citata riguarda dunque il caso in cui l’impresa non
 
sia iscritta ad alcuna organizzazione. Laddove infatti il committente applichi uno specifico CCNL, anche  in  virtù  della  propria  affiliazione  all’organizzazione firmataria,  le  differenze  retributive andranno  calcolate  facendo  riferimento  ai livelli  retributivi  previsti  da tale  contratto  collettivo. Solo nel caso in cui il CCNL applicato non consenta di rinvenire alcuna coerenza tra le attività del collaboratore e le qualifiche contrattuali, si dovrà effettuare  il recupero  sulla base del CCNL del settore di riferimento secondo quanto sopra illustrato.
In  proposito,  in un’ottica  di armonizzazione  del  sistema  di tutele  previste  per  il  lavoratore etero-organizzato rispetto a quelle del lavoratore etero-diretto, si  ritiene di dover  superare  i contenuti della circolare ML n. 1/2013 nella parte in cui, pur riconoscendo nelle ipotesi di riqualificazione dei rapporti di lavoro l’insussistenza di ragioni giuridiche impeditive all’emanazione della diffida accertativa, ha ritenuto preferibile, per motivi di mera opportunità, dare indicazione al personale ispettivo di evitarne l’adozione. Ne consegue  che, sia nelle ipotesi  di collaborazioni etero-organizzate cui trovi applicazione l’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015, sia nelle ipotesi di  riqualificazione  dei  rapporti  di  lavoro  autonomi   in  rapporti  di  lavoro  subordinato,  sarà possibile adottare il provvedimento di diffida accertativa  per il recupero  dei crediti patrimoniali del lavoratore.
 
Obblighi contributivi
 
Sotto il profilo  contributivo va anzitutto ricordato che la Corte di Cassazione, nel far proprie le argomentazioni  della  Corte  di  Appello  di  Torino,  ha  evidenziato  che  “il  lavoratore  etero organizzato resta  tecnicamente “autonomo”  ma  per  ogni  altro aspetto  ed  in  particolare  per sicurezza e igiene, retribuzione diretta e differita (e quindi inquadramento professionale), limiti di orario, ferie e previdenza, il rapporto è regolato nello stesso modo”.
Ne consegue  che  la base  imponibile  va calcolata  secondo  il criterio  generale  dei  minimi contrattuali previsti dai contratti  collettivi leader (art. 1, comma 1, d.l. n. 338/1989), applicando le aliquote previste per i lavoratori subordinati dal Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti.
È  appena  il caso di sottolineare che, laddove si registri l’avvenuto versamento  da parte  del committente di contributi presso altra gestione previdenziale, gli stessi dovranno essere scompu- tati dall’ammontare dei contributi complessivamente dovuti.
 
Sanzioni civili, tutele e automaticità delle prestazioni
 
Nel richiamare i principi discretivi tra evasione ed omissione contributiva di cui alla circolare INPS n. 106/2017 si ritiene che, nelle fattispecie in esame, debbano  trovare  applicazione le san- zioni previste per l’omissione contributiva (art. 116, comma 8 lett. a), L. n. 388/2000).
Ai lavoratori etero-organizzati vanno, inoltre, applicate le tutele connesse  alla cessazione del rapporto di lavoro (ad es. la NASPI), l’indennità di malattia, l’indennità di maternità e gli assegni al nucleo familiare nella misura riconosciuta ai lavoratori subordinati.
Inoltre, ai lavoratori verrà estesa la tutela dell’automaticità delle prestazioni propria del FPLD.
 
Tutela assicurativa
 
In via generale, per quanto concerne i collaboratori, la retribuzione imponibile è individuata nel compenso effettivamente erogato nel rispetto del minimale e massimale di rendita di cui al d.P.R. n. 1124/1965. L’applicazione della disciplina della subordinazione impone tuttavia, per i collabora- tori etero-organizzati, il richiamo al principio di carattere  generale in materia di assicurazione con- tro gli infortuni sul lavoro di cui all’art. 27, comma 1, del d.P.R. n. 1124/1965, secondo il quale “la spesa dell'assicurazione è a esclusivo carico del datore di lavoro”. Per tali lavoratori non trova dun- que applicazione il principio,  di carattere  eccezionale, sancito dall’art. 5, comma 3, del d.lgs. n.
38/2000 secondo il quale “il premio assicurativo è ripartito nella misura di un terzo a carico del la- voratore e di due terzi a carico del committente”.
 
Incidenza sull’organico aziendale
 
Va, infine,  chiarito che  l’estensione della disciplina del lavoro subordinato al collaboratore etero-organizzato, configurandosi come un meccanismo di tutela del singolo lavoratore, non può incidere sulla determinazione dell’organico aziendale e, di conseguenza, sugli istituti normativi o contrattuali  connessi  alle  soglie dimensionali  dell’azienda  (ad es. obblighi disciplinati dalla  L.  n.
68/1999).
 
 
La disciplina dei riders che svolgono prestazioni di lavoro autonomo
 
Il d.l.  n. 101/2019 ha  altresì dettato una  disciplina specifica  per  i  lavoratori autonomi che “svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore di cui all’art. 47, comma 2, lettera a) del codice della strada,  cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, attraverso piattaforme anche digitali”.
La disciplina, inserita nel corpo del d.lgs. n. 81/2015 (Capo  V bis),  regolamenta le prestazioni lavorative rese,  in regime di autonomia, dai ciclo-fattorini individuati con specifico rinvio alle richiamate   norme   del  codice  della  strada,   attraverso   piattaforme  anche   digitali  ossia  “i programmi e le procedure  informatiche utilizzati  dal committente che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, sono strumentali alle attività di consegna di beni, fissandone il compenso e determinando le modalità di esecuzione della prestazione”.
La disciplina  di cui al Capo V bis  trova  tuttavia applicazione solo  qualora  il rapporto  non presenti  le  caratteristiche di  etero-organizzazione   (ed  anche  di continuità)  di cui all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015, che invece richiede di applicare la più favorevole disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
Alla luce di quanto osservato, risulta necessario individuare i casi in cui sia possibile configurare un genuino rapporto di lavoro autonomo e quelli in cui, invece, trovi applicazione la disciplina sulle collaborazioni etero-organizzate di cui all’art. 2, comma 1.
 
Riders autonomi e riders etero-organizzati
 
Come  già  accennato,  secondo  i  primi   orientamenti  giurisprudenziali  in  materia,  appaiono ricadere nello schema delle collaborazioni etero-organizzate quelle ipotesi in cui, anche attraverso le piattaforme digitali, il committente realizzi l’integrazione della prestazione  del collaboratore nella propria organizzazione d’impresa, intervenendo unilateralmente nella determinazione delle modalità esecutive della stessa e senza lasciare pressoché nessuno spazio d’intervento alla discrezionalità del collaboratore il quale, manifestata la propria disponibilità in ordine all’esecuzione  della  prestazione,  è   vincolato  a  seguire  le  indicazioni   predeterminate  dal committente in relazione alla fase esecutiva del rapporto.
Pertanto, le ipotesi di lavoro autonomo disciplinate nel Capo V bis appaiono  caratterizzate da un maggiore grado di autonomia decisionale da parte  del collaboratore in ordine alle modalità esecutive  delle prestazioni  le quali, pur con l’utilizzo di piattaforme digitali, dovrebbero  essere connotate  dall’autonomia organizzativa e decisionale normalmente propria dei prestatori d’opera di cui all’art. 2222 c.c., nonché  dall’assenza dell’elemento determinante della continuità della prestazione così come sopra definita.
Posto  che  nell’ambito delle  attività di  consegna  dei  beni tramite  piattaforme digitali  tale discrimine può  risultare difficilmente  apprezzabile, risulta  tuttavia   opportuno effettuare una valutazione complessiva che tenga conto contestualmente dell’aspetto organizzativo della prestazione  e del carattere di continuità  della stessa,  su cui  ci si è già soffermati in termini generali.
Ferma restando  la necessità, da parte del personale ispettivo, di verificare se la collaborazione dei ciclo-fattorini non sia riconducibile addirittura ad un rapporto  di natura  subordinata in forza dell’esistenza  di una  vera e propria  etero-direzione,  la natura  etero-organizzata del rapporto dovrà fondarsi come di consueto su una serie di indici sintomatici da valutare complessivamente e contestualizzare  nei diversi modelli organizzativi rinvenuti nella prassi.
La  qualificazione  dovrà  pertanto   tener   conto  del  particolare  atteggiarsi  della  sequenza negoziale nei casi considerati, a partire dalle fasi di accesso alla piattaforma, passando per quelle esecutive, per  finire all’identificazione di condotte  ascrivibili al  recesso,  tenendo  in particolar modo conto dei profili concernenti la durata del rapporto, la disponibilità alla prestazione di cui si è detto e il numero di prestazioni effettivamente svolte in un arco temporale significativo.
In via esemplificativa, si sottolinea come in riferimento ai modelli più diffusi di food delivery, la fase di “reclutamento” sia molto poco formalizzata. Sono infatti sufficienti uno smartphone  e una connessione a internet per  aspirare a lavorare per  gli  hub digitali operanti nel settore,  senza particolari barriere all’ingresso. Lo stesso  modello organizzativo  si fonda  sulla disponibilità di lavoratori in sovrannumero,  funzionale a far fronte alle richieste dell’utenza. Nella maggior parte dei  casi,  la  “registrazione” ad  un  sito dedicato prelude  alla  conclusione di  un  contratto   per adesione in cui, secondo  lo schema legale, le clausole sono predeterminate dall’impresa e non sottoposte a negoziazione individuale e pertanto  seriali e standardizzate.

La fase esecutiva è governata  da algoritmi che, nella maggior parte  dei modelli considerati, abbina  i   lavoratori  ai  clienti  sulla  base   delle  richieste  e  secondo   metriche  preimpostate dall’impresa  committente.  Questo  aspetto   organizzativo  va  valutato  con  attenzione  nel  suo concreto  atteggiarsi  poiché  la  sola  previsione  di  funzioni  di  “no  show”  o  “swap”  o  simili possibilità riconosciute  al lavoratore  per declinare  la chiamata  non è sufficiente ad escludere una etero-organizzazione.  Occorre infatti valutare l’integrazione di tali sistemi con quelli interni ed esterni (cioè riservati ai clienti) di rating eventualmente previsti, nonché  con altri meccanismi interni di tipo gestionale e valutativo che disciplinano la singola prestazione lavorativa e le ipotesi di recesso.
Da un lato, infatti, la giurisprudenza europea tende ad escludere che la facoltà del lavoratore di scegliere quando  eseguire la prestazione di lavoro abbia valore addirittura discretivo e tende  ad una lettura più “sfumata” dell’asserita “libertà” di scelta (cfr. Allonby  CGUE 13 gennaio 2004, C-
256/01 e  Aber Crombie & Fitch Italia CGUE  19 luglio 2017, C-143/16 in cui la  Corte giudica “irrilevante, ai fini della qualificazione del contratto,  il  fatto  che sui lavoratori non gravi alcun obbligo di accettare  un incarico”) atteso  che, a prescindere da tale facoltà, ciò che conta  è la ripetizione della prestazione in un apprezzabile arco temporale.
Per altro verso, la stessa previsione di sistemi di rating potrebbe  risultare determinante ai fini del giudizio sulla sussistenza o meno della etero-organizzazione tutte  le volte in cui, così come già emerso in sede ispettiva, tali sistemi siano finalizzati ad orientare l’algoritmo (id est l’organizzazione)  nella  selezione  delle  consegne  da  affidare  al  collaboratore  (eliminando  ad esempio le più vantaggiose), nella abilitazione/disattivazione della possibilità di scelta delle fasce orarie o delle “piazze”  di sosta  (consentendo  o meno  la scelta di quelle più “remunerative”) oppure siano addirittura strumentali ad una applicazione automatica di decurtazioni del compenso spettante quale “sanzione” per non aver conformato  la prestazione allo standard  imposto dalla piattaforma. Trattasi di sistemi che  contrastano  evidentemente con la normativa del 2019 in quanto impediscono quella libertà di scelta che il legislatore ha assegnato ai ciclo-fattorini.
Ora, laddove si accerti che le prestazioni non siano caratterizzate dagli elementi di cui al comma
 
1 dell’art. 2 del d.lgs. n. 81/2015, rilevano le nuove disposizioni che introducono norme minime di tutela inderogabili in alcuni  casi (ad esempio sulla non  discriminazione disciplinata all’art. 47 quinquies che proibisce anche  l’esclusione dalla piattaforma per  mancata  accettazione di una prestazione) e derogabili in altri attraverso la contrattazione collettiva.
In sostanza, una volta esclusa la ricorrenza dei suddetti elementi– ivi compreso  quello della continuità – si dovrà accertare,  a partire dal 3 novembre  p.v. (data di “operatività” dell’art. 47 quater  del  d.lgs. n. 81/2015),  se esiste  un contratto  collettivo  applicato  dal  committente  e se questo  contratto  sia idoneo (in quanto  sottoscritto dai soggetti indicati all’art. 47 ter e cioè le organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) a superare il divieto di cottimo e la garanzia di un compenso minimo orario parametrato sui minimi dei contratti di settori affini 
In assenza di un contratto  idoneo, anche alla luce dello standard  di rappresentatività fissato dalla legge, saranno quindi applicabili  i minimi  tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (art. 47 ter ultima parte), in sostanza quello della logistica. Nella ipotesi descritte sarà pertanto  possibile, per il personale ispettivo, utilizzare lo strumento della diffida accertativa per  il  recupero  dei crediti patrimoniali dei lavoratori risultanti da  un raffronto   tra   quanto   loro  dovuto   in  applicazione  dei  predetti  minimi  tabellari  e  quanto effettivamente erogato dal committente che non applichi alcun contratto  collettivo o applichi una disciplina collettiva non conforme alle prescrizioni di legge.
 
Tutela assicurativa
 
Con l’art. 47 septies del d.lgs. n. 81/2015 viene esteso  l’obbligo assicurativo INAIL, sul quale l’Istituto    è    intervenuto    a    fornire    ogni    utile    indicazione    con    nota    operativa    n.
60010.23/01/2020.0000866, alla quale pertanto  si rinvia.
 
Salute e sicurezza
 
Rimane, infine, ferma, per  il  caso specifico di “lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui (…)” contemplati dagli artt.  47 bis e ss., D.Lgs. n. 81/2015, la doverosa  estensione della tutela in materia di salute e sicurezza prevista espressamente dallo stesso decreto, ai sensi del quale il committente che utilizzi la piattaforma anche digitale è tenuto “nei confronti dei lavoratori  di cui al comma 1, a propria cura e spese, al rispetto del D.Lgs. n.
81/2008” (art. 47 septies, comma 3) e, quindi, anche al rispetto di quanto previsto dall’art. 71 del predetto T.U. recante  gli “obblighi  del datore  di lavoro”  anche  in relazione alla fornitura delle attrezzature  (cfr. Trib. Firenze ord. 5 maggio 2020 che conferma il decreto del 1° aprile 2020).

Fonte: INL

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