collaborazioni organizzate dal committente e tutele del lavoro tramite piattaforme.
CIRCOLARE INL N. 7/2020
Il d.l. 101/2019 (conv. da L. n. 128/2019) è intervenuto a modificare il d.lgs. n. 81/2015 con particolare riferimento alla disciplina della c.d. etero-organizzazione contenuta nell’art. 2 ed ha introdotto, nel corpo dello stesso decreto, il Capo V bis (artt. dal 47 bis al 47 octies), dedicato alla specifica attività dei “ciclo-fattorini” esercitata tramite piattaforme digitali.
Alla luce delle citate novità e della giurisprudenza più recente in materia di etero- organizzazione appare opportuno fornire le seguenti istruzioni per un corretto svolgimento dell’attività di vigilanza che, d’intesa con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sostituiscono i contenuti della circolare dello stesso Ministero n. 3 del 1° febbraio 2016.
I caratteri della etero-organizzazione
L’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015 prevede l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato alle collaborazioni aventi alcune caratteristiche individuate dalla medesima disposizione, come novellata dal d.l. n. 101/2019 (conv. da L. n. 128/2019).
Va premesso che la disciplina dell’art. 2, comma 1, in ragione del riferimento generico alle collaborazioni utilizzato dal legislatore, è suscettibile di applicazione nei confronti di tutti i rapporti di collaborazione non riconducibili, secondo i criteri di natura generale, allo schema di cui all’art. 2094 c.c. .
L’ambito applicativo della disposizione ricomprende pertanto ogni ipotesi di collaborazione “continuativa” (come esplicita l’art. 2 comma 1), comprese quelle in cui le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante “piattaforme anche digitali” (cfr. ultimo periodo del comma 1).
I requisiti indicati dal legislatore ai fini dell’applicazione della disciplina de qua – e che possono riguardare tipologie contrattuali differenziate – sono da individuarsi in una prestazione prevalentemente personale, continuativa ed eseguita secondo modalità organizzate dal committente.
I tre requisiti devono tutti ricorrere perché si possa applicare la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
Segue: personalità
La novella ha sostituito l’espressione “esclusivamente personali” con “prevalentemente personali”, rifacendosi pertanto al rapporto di collaborazione indicato dall’art. 409 c.p.c. (per l’appunto definito come prestazione di opera continuativa e coordinata e “prevalentemente personale”). Ciò comporta che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 2, comma 1:
per un verso, le prestazioni che siano svolte anche con l’ausilio di altri soggetti (cfr. Cass. sent.
19 aprile 2002, n. 5698, secondo cui è sufficiente la prevalenza del lavoro personale del soggetto incaricato alla realizzazione dell’opera);
per altro verso, quelle prestazioni che vengono rese anche mediante l’utilizzo di strumentazione o mezzi nella disponibilità del collaboratore.
Sul punto è opportuno precisare che la mera previsione contrattuale di una “clausola di sostituzione” che abilita il prestatore a farsi sostituire occasionalmente da un terzo nell’esecuzione della prestazione, non può di per sé escludere il requisito della personalità. L’indagine va infatti necessariamente svolta in concreto, rifacendosi a criteri obiettivi e valutando nel loro complesso tutte le circostanze del caso. Inoltre, andrà verificata la concreta praticabilità della sostituzione, l’effettiva effettuazione della stessa e, in caso affermativo, lo strumento – anche giuridico – adoperato per la sostituzione, in modo da chiarire i rapporti fra il lavoratore obbligato sul piano contrattuale ed i terzi eventualmente impegnati nella esecuzione delle attività.
Segue: continuità
Come già precisato nella circolare ML n. 3/2016, una prestazione si connota per la sua continuità quando, per essere di utilità per il committente, deve ripetersi in un determinato ed apprezzabile arco temporale.
Tale caratteristica può evincersi, così come ha inteso la giurisprudenza, anche dal perdurare dell’interesse del committente al ripetersi della prestazione lavorativa (senza la predeterminazione di un arco temporale) da parte del collaboratore, in modo tale da escluderne l’episodicità, anche con una ricostruzione ex post sulla base delle prestazioni effettivamente svolte. In tal senso la Corte di Appello di Torino, nella sentenza n. 26/2019, ha precisato che la continuità va intesa “da un lato come non occasionalità e dall’altro, riguardo alla esecuzione della prestazione, come svolgimento di attività che vengono (anche se intervallate) reiterate nel tempo al fine di soddisfare i bisogni delle parti”.
Ogni qual volta la ripetizione di una medesima prestazione lavorativa sia oggetto o presupposto del contratto (o sia accertata sulla base del reale andamento del rapporto tra le parti), anche laddove non sia predefinito l’arco temporale di esecuzione della prestazione, va pertanto escluso il carattere dell’occasionalità. Sotto tale aspetto, quindi, non rileva esclusivamente la misurazione della durata del rapporto di lavoro, atteso che anche prestazioni rese in un arco temporale limitato, ma comunque significativo, possono realizzare un interesse continuativo del committente.
Il concetto di continuità, nei termini sopra indicati, risponde peraltro alle caratteristiche più moderne del mercato del lavoro, in cui risulta difficile predeterminare il tempo di lavoro per tutte quelle prestazioni che rientrano nell’area della c.d. “on-demand-economy” e “just-in-time- workforce”. Trattasi di modelli organizzativi caratterizzati dalla frammentazione del lavoro in compiti spesso discontinui, tendenzialmente fungibili e assegnati attraverso modalità talvolta del tutto automatizzate ad una platea di lavoratori di fatto costantemente disponibile e spesso in eccedenza rispetto al fabbisogno, così da garantire una risposta alle esigenze del committente e dell’utenza. In tali ipotesi il requisito della continuità va quindi riconosciuto tutte le volte in cui la disponibilità del collaboratore sia funzionale alla soddisfazione di un interesse della committenza– ancorché non prestabilito ma costante in un arco temporale obiettivamente di rilievo –e tutte le volte in cui la stessa disponibilità si sia effettivamente concretata in una prestazione apprezzabile e significativa.
Segue: etero-organizzazione
Il d.l. 101/2019 ha abrogato il riferimento, contenuto nella previgente formulazione dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015 alla necessaria predeterminazione da parte del committente dei tempi e del luogo di lavoro, che pertanto non risultano più i parametri esclusivi per la definizione del modello etero-organizzato rimanendo, tuttavia, elementi di raffronto di assoluto rilievo per l’individuazione della fattispecie.
I primi arresti giurisprudenziali (Cass. sent. 24 gennaio 2020, n. 1663) hanno individuato tale requisito nell’imposizione, da parte del committente, delle modalità esecutive della prestazione lavorativa, così determinando una sorta di inserimento del collaboratore nell’organizzazione aziendale.
Sotto tale aspetto, quindi, l’etero-organizzazione differisce anche dalla fattispecie di cui all’art.
409 c.p.c., così come novellata, caratterizzata da un semplice raccordo tra il collaboratore e la struttura organizzativa del committente. In questa ipotesi non si rinviene infatti una ingerenza del committente nell’individuazione delle modalità esecutive della prestazione quanto un mero coordinamento tra le parti finalizzato a garantire che l’attività del collaboratore, pur restando estranea all’organizzazione nella quale si inserisce, contribuisca efficacemente alle finalità della stessa.
Sussiste invece etero-organizzazione quando l’attività del collaboratore è pienamente integrata nell’attività produttiva e/o commerciale del committente e ciò risulti indispensabile per rendere la prestazione lavorativa. L’eventuale regime di pluricommittenza in cui opera il collaboratore non è di per sé idoneo ad escludere l’etero-organizzazione, atteso che ciò che rileva è la circostanza che la prestazione necessiti della struttura organizzativa del committente. Ciò anche laddove tale struttura sia rappresentata da una piattaforma informatica che non si limiti a mettere in contatto il collaboratore con l’utente finale ma che realizzi una vera e propria mediazione, organizzando il lavoro anche attraverso il ricorso a funzionalità completamente automatizzate.
La contrattazione collettiva di settore
La novella del 2019 non ha modificato il secondo comma dell’art. 2 del d.lgs. n. 81/2015 che esclude l’applicazione della disposizione di cui al comma 1 nelle ipotesi, fra l’altro, di “collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore”.
In altri termini, la legge esclude l’estensione della disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni etero-organizzate che siano state disciplinate dalla contrattazione collettiva in possesso di determinate caratteristiche (contrattazione di livello nazionale che coinvolga associazioni comparativamente più rappresentative e che disciplini il trattamento economico e normativo del rapporto “in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore”).
L’esistenza stessa di accordi aventi i requisiti di cui sopra comporta quindi l’esclusione del meccanismo di estensione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato, con la conseguenza che l’eventuale scostamento, rilevato in sede di vigilanza, tra il trattamento economico e normativo in concreto applicato ai collaboratori e quello previsto dall’accordo collettivo di cui al comma 2 dell’art. 2 in esame – risultante dalla documentazione di lavoro in possesso del committente (es. UNIEMENS, LUL in caso di collaborazioni coordinate e continuative o contratto individuale di lavoro) – permetterà il ricorso ai tipici provvedimenti ispettivi legati alla mancata applicazione degli accordi collettivi, ivi compresa la diffida accertativa ex art. 12 del d.lgs.n. 124/2004, in relazione alle differenze tra gli importi contrattualmente previsti e quelli effettivamente corrisposti (cfr. Trib. Roma sent. n. 4243 del 6 maggio 2019).
Applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato
La circ. n. 3/2016 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva ritenuto che il legislatore, non avendo individuato gli istituti del rapporto del lavoro subordinato da estendere alle collaborazioni etero-organizzate, propendesse per una “applicazione di qualsiasi istituto, legale o contrattuale (ad es. trattamento retributivo, orario di lavoro, inquadramento previdenziale, tutela avverso i licenziamenti illegittimi ecc. …), normalmente applicabile in forza di un rapporto di lavoro subordinato”.
Tale orientamento ha trovato conferma nella sentenza della Corte di Cassazione n. 1663/2020 che si è pronunciata sulla natura da attribuire alla disciplina di cui all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n.
81/2015. In proposito la Corte, discostandosi dall’orientamento espresso dalla giurisprudenza di merito sulla quale è stato sollecitato l’intervento di legittimità, non individua nelle collaborazioni etero-organizzate una diversa tipologia contrattuale costituente un “tertium genus” intermedio fra il lavoro autonomo e quello subordinato ritenendo, piuttosto, che il legislatore abbia inteso “valorizzare alcuni indici fattuali ritenuti significativi (personalità, continuità, etero-organizzazione) e sufficienti a giustificare l’applicazione della disciplina dettata per il lavoro subordinato”.
In altri termini, l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato costituisce un “rimedio” dell’ordinamento alla particolare posizione di soggezione del collaboratore, che tuttavia non interferisce sul tipo contrattuale scelto dalle parti.
Sul piano dell’individuazione degli istituti del rapporto di lavoro subordinato da applicare, la Corte prende atto del fatto che il legislatore non vi abbia provveduto in maniera esplicita, con la conseguenza che deve ritenersi applicabile l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato con l’unico limite delle disposizioni “ontologicamente incompatibili con le fattispecie da regolare che per definizione non sono comprese nell’ambito dell’art. 2094 cod. civ.”. Il rinvio alla “disciplina del rapporto di lavoro subordinato” contenuto nel primo comma dell’art. 2 cit. va quindi inteso come rinvio alla relativa disciplina legale e contrattuale concretamente applicabile.
L’intervento ispettivo
Sulla base di quanto chiarito dalla Suprema Corte, la sussistenza di una etero-organizzazione non determina quindi una riqualificazione del rapporto di lavoro autonomo o parasubordinato in lavoro subordinato, fatte salve ovviamente le ipotesi in cui la etero-organizzazione sconfini in una vera e propria etero-direzione.
Ne consegue che è esclusa l’applicazione delle sanzioni previste per la violazione degli obblighi connessi all’instaurazione di rapporti di lavoro subordinato, quali la comunicazione preventiva e la consegna della dichiarazione di assunzione. Sul punto, pertanto, devono ritenersi superate le indicazioni contenute nella citata circolare ML n. 3/2016.
Profili sanzionatori
L’estensione del regime delle tutele del rapporto di lavoro subordinato può invece avere conseguenze sanzionatorie in relazione a quelle condotte che, ferma restando la tipologia contrattuale che rimane formalmente quella della collaborazione, il committente avrebbe dovuto osservare applicando la disciplina del rapporto di lavoro subordinato, ad esempio in relazione ai tempi di lavoro e specificatamente in relazione ai limiti massimi dell’orario, alle pause e ai riposi. Va tuttavia segnalato che l’accertamento su tali aspetti potrebbe risultare particolarmente complesso, non potendo fare affidamento sull’utilizzo di adeguati sistemi di tracciamento dell’attività lavorativa svolta dal collaboratore o, ancora, in ragione del fatto che l’attività del collaboratore non è resa in regime di mono-committenza. In relazione a tale ultimo aspetto, infatti, la frammentazione della prestazione lavorativa resa in favore di una pluralità di committenti rende più difficile l’individuazione del soggetto nei cui confronti sia da ritenere esigibile il comportamento doveroso.
Sotto il profilo del rispetto delle disposizioni in materia di salute e sicurezza – ferme restando le limitate competenze del personale ispettivo in materia – appare opportuno premettere che il d.lgs. n. 81/2008 trova applicazione “a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati, fermo restando quanto previsto dai commi successivi del presente articolo” (art. 3, comma 4). In questo caso, dunque, la qualificazione giuridica del rapporto non è sempre dirimente per l’applicazione delle tutele prevenzionistiche che seguono invece criteri diversi, primo fra tutti quello della presenza del collaboratore in uno specifico contesto lavorativo. In materia si evidenziano dunque le seguenti previsioni:
art. 3, comma 7, nel quale viene precisato che il T.U. si applica ai collaboratori coordinati e continuativi “ove la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente”;
art. 3, comma 10, laddove si dispone che per i “lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico” trovano applicazione le disposizioni di cui al TITOLO VII in ordine alle attrezzature munite di videoterminali e “nell’ipotesi in cui in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al TITOLO III” (concernente “Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuali”); è altresì prevista l’applicazione, per i lavoratori a distanza, della disciplina in materia di informazione “circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative ai videoterminali”;
art. 3, comma 11 nel quale si prevede, per i lavoratori autonomi, l’applicazione del decreto, sebbene limitatamente agli artt. 21 e 26. In particolare, l’art. 21 riguarda l’osservanza di determinati obblighi da parte del lavoratore, fra cui quello di utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al citato TITOLO III mentre l’art. 26 prevede che, nel caso in cui il lavoratore autonomo svolga la propria attività all’interno dei locali del committente, su quest’ultimo gravano alcuni compiti (ad es. la verifica dell’idoneità tecnico professionale dei lavoratori autonomi e gli obblighi di informazione circa i rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui operano e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla attività). Laddove una collaborazione coordinata e continuativa svolta presso i locali del committente
venga considerata etero-organizzata non vi saranno dunque differenze rispetto al regime di tutele applicabile, posto che il citato art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 81/2008 prevede già l’integrale applicazione del T.U. alle collaborazioni coordinate e continuative.
Maggiori criticità potrebbero essere invece riscontrate nelle ipotesi di collaborazioni rese al di fuori dei locali del committente (v. ad es. infra con specifico riferimento ai c.d. riders). In tali casi, l’accertamento della natura etero-organizzata della collaborazione comporterà l’estensione della disciplina in materia di salute e sicurezza del rapporto di lavoro subordinato con particolare riguardo ad alcuni profili, quali la formazione e l’informazione dei collaboratori, il controllo del committente sulle attrezzature di lavoro, la denuncia di infortunio, la sorveglianza sanitaria e la completezza del documento di valutazione dei rischi, oltre all’obbligo a carico del datore di lavoro di fornitura e manutenzione dei dispositivi di protezione individuale (cfr. Trib. Firenze decr. 1° aprile 2020 e Trib. Bologna decr. 14 aprile 2020).
Risulta, a tale ultimo riguardo, decisivo che le specificità legate alle modalità esecutive delle prestazioni dei lavoratori etero-organizzati siano contemplate all’interno della valutazione dei rischi effettuata dal committente (si pensi, a titolo meramente esemplificativo, alla necessità di inserire nella valutazione dei rischi l’utilizzazione da parte dei lavoratori di attrezzature proprie o di propri mezzi di spostamento).
Tutela retributiva
L’applicazione della disciplina della subordinazione comporta l’applicazione del contratto collettivo di riferimento. Pertanto, il compenso del collaboratore non potrà essere inferiore alla retribuzione minima previste dal CCNL di settore, riferita al livello e alla qualifica individuata in ragione delle mansioni svolte e riparametra in base all’estensione temporale della prestazione.
Esemplificativamente, la sentenza n. 26/2019 della Corte di Appello di Torino, in relazione al trattamento economico e normativo dei riders, ha ritenuto che agli stessi dovesse essere riconosciuta “la retribuzione diretta, indiretta e differita stabilita per i dipendenti del V livello del CCNL logistica-trasporto-merci [poiché] in tale livello sono (…) inquadrati i fattorini addetti alla presa e alla consegna”.
In tali casi, quindi, alla luce della interpretazione giurisprudenziale, gli eventuali scostamenti retributivi accertati tra i compensi effettivamente erogati e la retribuzione stabilita dal CCNL stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel settore di riferimento potranno consentire l’adozione della diffida accertativa per il recupero delle differenze retributive.
Quanto stabilito dal Giudice nella sentenza citata riguarda dunque il caso in cui l’impresa non
sia iscritta ad alcuna organizzazione. Laddove infatti il committente applichi uno specifico CCNL, anche in virtù della propria affiliazione all’organizzazione firmataria, le differenze retributive andranno calcolate facendo riferimento ai livelli retributivi previsti da tale contratto collettivo. Solo nel caso in cui il CCNL applicato non consenta di rinvenire alcuna coerenza tra le attività del collaboratore e le qualifiche contrattuali, si dovrà effettuare il recupero sulla base del CCNL del settore di riferimento secondo quanto sopra illustrato.
In proposito, in un’ottica di armonizzazione del sistema di tutele previste per il lavoratore etero-organizzato rispetto a quelle del lavoratore etero-diretto, si ritiene di dover superare i contenuti della circolare ML n. 1/2013 nella parte in cui, pur riconoscendo nelle ipotesi di riqualificazione dei rapporti di lavoro l’insussistenza di ragioni giuridiche impeditive all’emanazione della diffida accertativa, ha ritenuto preferibile, per motivi di mera opportunità, dare indicazione al personale ispettivo di evitarne l’adozione. Ne consegue che, sia nelle ipotesi di collaborazioni etero-organizzate cui trovi applicazione l’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015, sia nelle ipotesi di riqualificazione dei rapporti di lavoro autonomi in rapporti di lavoro subordinato, sarà possibile adottare il provvedimento di diffida accertativa per il recupero dei crediti patrimoniali del lavoratore.
Obblighi contributivi
Sotto il profilo contributivo va anzitutto ricordato che la Corte di Cassazione, nel far proprie le argomentazioni della Corte di Appello di Torino, ha evidenziato che “il lavoratore etero organizzato resta tecnicamente “autonomo” ma per ogni altro aspetto ed in particolare per sicurezza e igiene, retribuzione diretta e differita (e quindi inquadramento professionale), limiti di orario, ferie e previdenza, il rapporto è regolato nello stesso modo”.
Ne consegue che la base imponibile va calcolata secondo il criterio generale dei minimi contrattuali previsti dai contratti collettivi leader (art. 1, comma 1, d.l. n. 338/1989), applicando le aliquote previste per i lavoratori subordinati dal Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti.
È appena il caso di sottolineare che, laddove si registri l’avvenuto versamento da parte del committente di contributi presso altra gestione previdenziale, gli stessi dovranno essere scompu- tati dall’ammontare dei contributi complessivamente dovuti.
Sanzioni civili, tutele e automaticità delle prestazioni
Nel richiamare i principi discretivi tra evasione ed omissione contributiva di cui alla circolare INPS n. 106/2017 si ritiene che, nelle fattispecie in esame, debbano trovare applicazione le san- zioni previste per l’omissione contributiva (art. 116, comma 8 lett. a), L. n. 388/2000).
Ai lavoratori etero-organizzati vanno, inoltre, applicate le tutele connesse alla cessazione del rapporto di lavoro (ad es. la NASPI), l’indennità di malattia, l’indennità di maternità e gli assegni al nucleo familiare nella misura riconosciuta ai lavoratori subordinati.
Inoltre, ai lavoratori verrà estesa la tutela dell’automaticità delle prestazioni propria del FPLD.
Tutela assicurativa
In via generale, per quanto concerne i collaboratori, la retribuzione imponibile è individuata nel compenso effettivamente erogato nel rispetto del minimale e massimale di rendita di cui al d.P.R. n. 1124/1965. L’applicazione della disciplina della subordinazione impone tuttavia, per i collabora- tori etero-organizzati, il richiamo al principio di carattere generale in materia di assicurazione con- tro gli infortuni sul lavoro di cui all’art. 27, comma 1, del d.P.R. n. 1124/1965, secondo il quale “la spesa dell'assicurazione è a esclusivo carico del datore di lavoro”. Per tali lavoratori non trova dun- que applicazione il principio, di carattere eccezionale, sancito dall’art. 5, comma 3, del d.lgs. n.
38/2000 secondo il quale “il premio assicurativo è ripartito nella misura di un terzo a carico del la- voratore e di due terzi a carico del committente”.
Incidenza sull’organico aziendale
Va, infine, chiarito che l’estensione della disciplina del lavoro subordinato al collaboratore etero-organizzato, configurandosi come un meccanismo di tutela del singolo lavoratore, non può incidere sulla determinazione dell’organico aziendale e, di conseguenza, sugli istituti normativi o contrattuali connessi alle soglie dimensionali dell’azienda (ad es. obblighi disciplinati dalla L. n.
68/1999).
La disciplina dei riders che svolgono prestazioni di lavoro autonomo
Il d.l. n. 101/2019 ha altresì dettato una disciplina specifica per i lavoratori autonomi che “svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore di cui all’art. 47, comma 2, lettera a) del codice della strada, cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, attraverso piattaforme anche digitali”.
La disciplina, inserita nel corpo del d.lgs. n. 81/2015 (Capo V bis), regolamenta le prestazioni lavorative rese, in regime di autonomia, dai ciclo-fattorini individuati con specifico rinvio alle richiamate norme del codice della strada, attraverso piattaforme anche digitali ossia “i programmi e le procedure informatiche utilizzati dal committente che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, sono strumentali alle attività di consegna di beni, fissandone il compenso e determinando le modalità di esecuzione della prestazione”.
La disciplina di cui al Capo V bis trova tuttavia applicazione solo qualora il rapporto non presenti le caratteristiche di etero-organizzazione (ed anche di continuità) di cui all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015, che invece richiede di applicare la più favorevole disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
Alla luce di quanto osservato, risulta necessario individuare i casi in cui sia possibile configurare un genuino rapporto di lavoro autonomo e quelli in cui, invece, trovi applicazione la disciplina sulle collaborazioni etero-organizzate di cui all’art. 2, comma 1.
Riders autonomi e riders etero-organizzati
Come già accennato, secondo i primi orientamenti giurisprudenziali in materia, appaiono ricadere nello schema delle collaborazioni etero-organizzate quelle ipotesi in cui, anche attraverso le piattaforme digitali, il committente realizzi l’integrazione della prestazione del collaboratore nella propria organizzazione d’impresa, intervenendo unilateralmente nella determinazione delle modalità esecutive della stessa e senza lasciare pressoché nessuno spazio d’intervento alla discrezionalità del collaboratore il quale, manifestata la propria disponibilità in ordine all’esecuzione della prestazione, è vincolato a seguire le indicazioni predeterminate dal committente in relazione alla fase esecutiva del rapporto.
Pertanto, le ipotesi di lavoro autonomo disciplinate nel Capo V bis appaiono caratterizzate da un maggiore grado di autonomia decisionale da parte del collaboratore in ordine alle modalità esecutive delle prestazioni le quali, pur con l’utilizzo di piattaforme digitali, dovrebbero essere connotate dall’autonomia organizzativa e decisionale normalmente propria dei prestatori d’opera di cui all’art. 2222 c.c., nonché dall’assenza dell’elemento determinante della continuità della prestazione così come sopra definita.
Posto che nell’ambito delle attività di consegna dei beni tramite piattaforme digitali tale discrimine può risultare difficilmente apprezzabile, risulta tuttavia opportuno effettuare una valutazione complessiva che tenga conto contestualmente dell’aspetto organizzativo della prestazione e del carattere di continuità della stessa, su cui ci si è già soffermati in termini generali.
Ferma restando la necessità, da parte del personale ispettivo, di verificare se la collaborazione dei ciclo-fattorini non sia riconducibile addirittura ad un rapporto di natura subordinata in forza dell’esistenza di una vera e propria etero-direzione, la natura etero-organizzata del rapporto dovrà fondarsi come di consueto su una serie di indici sintomatici da valutare complessivamente e contestualizzare nei diversi modelli organizzativi rinvenuti nella prassi.
La qualificazione dovrà pertanto tener conto del particolare atteggiarsi della sequenza negoziale nei casi considerati, a partire dalle fasi di accesso alla piattaforma, passando per quelle esecutive, per finire all’identificazione di condotte ascrivibili al recesso, tenendo in particolar modo conto dei profili concernenti la durata del rapporto, la disponibilità alla prestazione di cui si è detto e il numero di prestazioni effettivamente svolte in un arco temporale significativo.
In via esemplificativa, si sottolinea come in riferimento ai modelli più diffusi di food delivery, la fase di “reclutamento” sia molto poco formalizzata. Sono infatti sufficienti uno smartphone e una connessione a internet per aspirare a lavorare per gli hub digitali operanti nel settore, senza particolari barriere all’ingresso. Lo stesso modello organizzativo si fonda sulla disponibilità di lavoratori in sovrannumero, funzionale a far fronte alle richieste dell’utenza. Nella maggior parte dei casi, la “registrazione” ad un sito dedicato prelude alla conclusione di un contratto per adesione in cui, secondo lo schema legale, le clausole sono predeterminate dall’impresa e non sottoposte a negoziazione individuale e pertanto seriali e standardizzate.
La fase esecutiva è governata da algoritmi che, nella maggior parte dei modelli considerati, abbina i lavoratori ai clienti sulla base delle richieste e secondo metriche preimpostate dall’impresa committente. Questo aspetto organizzativo va valutato con attenzione nel suo concreto atteggiarsi poiché la sola previsione di funzioni di “no show” o “swap” o simili possibilità riconosciute al lavoratore per declinare la chiamata non è sufficiente ad escludere una etero-organizzazione. Occorre infatti valutare l’integrazione di tali sistemi con quelli interni ed esterni (cioè riservati ai clienti) di rating eventualmente previsti, nonché con altri meccanismi interni di tipo gestionale e valutativo che disciplinano la singola prestazione lavorativa e le ipotesi di recesso.
Da un lato, infatti, la giurisprudenza europea tende ad escludere che la facoltà del lavoratore di scegliere quando eseguire la prestazione di lavoro abbia valore addirittura discretivo e tende ad una lettura più “sfumata” dell’asserita “libertà” di scelta (cfr. Allonby CGUE 13 gennaio 2004, C-
256/01 e Aber Crombie & Fitch Italia CGUE 19 luglio 2017, C-143/16 in cui la Corte giudica “irrilevante, ai fini della qualificazione del contratto, il fatto che sui lavoratori non gravi alcun obbligo di accettare un incarico”) atteso che, a prescindere da tale facoltà, ciò che conta è la ripetizione della prestazione in un apprezzabile arco temporale.
Per altro verso, la stessa previsione di sistemi di rating potrebbe risultare determinante ai fini del giudizio sulla sussistenza o meno della etero-organizzazione tutte le volte in cui, così come già emerso in sede ispettiva, tali sistemi siano finalizzati ad orientare l’algoritmo (id est l’organizzazione) nella selezione delle consegne da affidare al collaboratore (eliminando ad esempio le più vantaggiose), nella abilitazione/disattivazione della possibilità di scelta delle fasce orarie o delle “piazze” di sosta (consentendo o meno la scelta di quelle più “remunerative”) oppure siano addirittura strumentali ad una applicazione automatica di decurtazioni del compenso spettante quale “sanzione” per non aver conformato la prestazione allo standard imposto dalla piattaforma. Trattasi di sistemi che contrastano evidentemente con la normativa del 2019 in quanto impediscono quella libertà di scelta che il legislatore ha assegnato ai ciclo-fattorini.
Ora, laddove si accerti che le prestazioni non siano caratterizzate dagli elementi di cui al comma
1 dell’art. 2 del d.lgs. n. 81/2015, rilevano le nuove disposizioni che introducono norme minime di tutela inderogabili in alcuni casi (ad esempio sulla non discriminazione disciplinata all’art. 47 quinquies che proibisce anche l’esclusione dalla piattaforma per mancata accettazione di una prestazione) e derogabili in altri attraverso la contrattazione collettiva.
In sostanza, una volta esclusa la ricorrenza dei suddetti elementi– ivi compreso quello della continuità – si dovrà accertare, a partire dal 3 novembre p.v. (data di “operatività” dell’art. 47 quater del d.lgs. n. 81/2015), se esiste un contratto collettivo applicato dal committente e se questo contratto sia idoneo (in quanto sottoscritto dai soggetti indicati all’art. 47 ter e cioè le organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) a superare il divieto di cottimo e la garanzia di un compenso minimo orario parametrato sui minimi dei contratti di settori affini
In assenza di un contratto idoneo, anche alla luce dello standard di rappresentatività fissato dalla legge, saranno quindi applicabili i minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (art. 47 ter ultima parte), in sostanza quello della logistica. Nella ipotesi descritte sarà pertanto possibile, per il personale ispettivo, utilizzare lo strumento della diffida accertativa per il recupero dei crediti patrimoniali dei lavoratori risultanti da un raffronto tra quanto loro dovuto in applicazione dei predetti minimi tabellari e quanto effettivamente erogato dal committente che non applichi alcun contratto collettivo o applichi una disciplina collettiva non conforme alle prescrizioni di legge.
Tutela assicurativa
Con l’art. 47 septies del d.lgs. n. 81/2015 viene esteso l’obbligo assicurativo INAIL, sul quale l’Istituto è intervenuto a fornire ogni utile indicazione con nota operativa n.
60010.23/01/2020.0000866, alla quale pertanto si rinvia.
Salute e sicurezza
Rimane, infine, ferma, per il caso specifico di “lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui (…)” contemplati dagli artt. 47 bis e ss., D.Lgs. n. 81/2015, la doverosa estensione della tutela in materia di salute e sicurezza prevista espressamente dallo stesso decreto, ai sensi del quale il committente che utilizzi la piattaforma anche digitale è tenuto “nei confronti dei lavoratori di cui al comma 1, a propria cura e spese, al rispetto del D.Lgs. n.
81/2008” (art. 47 septies, comma 3) e, quindi, anche al rispetto di quanto previsto dall’art. 71 del predetto T.U. recante gli “obblighi del datore di lavoro” anche in relazione alla fornitura delle attrezzature (cfr. Trib. Firenze ord. 5 maggio 2020 che conferma il decreto del 1° aprile 2020).
Fonte: INL
MESSAGGIO INFORMATIVO SUL NOSTRO SERVIZIO DI NEWSLETTER PROFESSIONAL: Gli iscritti alla nostra Newsletter Professional hanno accesso all'area condivisione gratuita dove trovare oltre 7000 file gratuiti utili sulle tematiche prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro e cantieri temporanei e mobili.
Abbonarsi alla nostra newsletter è conveniente e permette di
ricevere via mail notizie, approfondimenti,software freeware,documenti
in materia di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro...e non solo.
L'iscrizione alla Newsletter Professional non ha scadenze o rinnovi annuali da sostenersi. |