APPLICAZIONE DEL TITOLO III DEL D.LGS 81/08 e NUOVA DIRETTIVA MACCHINE (D.Lgs 17/2010)
INDICAZIONI PROCEDURALI PER GLI OPERATORI DEI SERVIZI DI VIGILANZA DELLE ASL
L’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 81/08 prende in esame le azioni degli organi di vigilanza nel caso di utilizzo di attrezzature marcate CE, per le quali si ipotizza la non conformità ai requisiti essenziali di sicurezza previste dalle disposizioni legislative regolamentari di recepimento di Direttive europee di prodotto.
Il dettato giuridico pone l’attenzione ai “rischi” connessi con il possibile mancato rispetto di uno o più Requisiti Essenziali di Sicurezza (RES) constatati sull’attrezzatura.
La verifica della corretta applicazione delle Direttive sociali, effettuata nell’ambito dell’attività di vigilanza in materia di sicurezza e salute sul lavoro, parte dal presupposto che l’attrezzatura sia stata immessa sul mercato e messa in servizio:
· conformemente alla legislazione nazionale di recepimento delle Direttive comunitarie ad essa applicabili e, cioè, provvista di marcatura CE, dichiarazione CE di conformità ed istruzioni, come previsto dal D.Lgs. 17/2010;
· utilizzata conformemente alle istruzioni del fabbricante.
Partendo da queste due condizioni iniziali, le possibili contravvenzioni, cioè i reati per i quali è previsto l’arresto, solo o congiunto con l’ammenda, sono riconducibili al mancato rispetto di uno o più RES che comportino un rischio per la salute dei lavoratori.
Tali RES possono riguardare aspetti di carattere tecnico, inerenti la progettazione e la costruzione, ma anche di tipo documentale e informativo, come le istruzioni per l’uso ed i relativi schemi.
Procedure in caso di presenza di rischio riconducibile a non conformità ai RES
Le azioni da mettere in campo da parte degli Organi di vigilanza territorialmente competenti sono di due tipi:
1) azioni di tipo amministrativo, con la segnalazione dell’esemplare riscontrato non conforme alle Autorità nazionali per la sorveglianza del mercato: Ministero dello Sviluppo Economico e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, secondo la procedura prevista dall’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 81/08 e dall’art. 6, comma 3, del D.Lgs. 17/2010; a tale scopo si dovrà utilizzare il modello riportato in allegato 1 (con segnalazione per conoscenza anche alla propria Regione);
2) azioni di tipo penale, previste dall’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 81/08, nei confronti del datore di lavoro utilizzatore e comunicazione al Pubblico Ministero della notizia di reato relativa al costruttore ed ai soggetti della catena di distribuzione.
L’azione penale da adottare nei confronti del datore di lavoro utilizzatore è quella prevista dagli art. 20 e 21 del D.Lgs. 758/94 e, cioè, idonea “prescrizione” atta a rimuovere la situazione di rischio riscontrata.
L’art. 20 del D.Lgs. 758/94 precisa che, oltre alla specifica prescrizione, l’Organo di Vigilanza può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo, es.: divieto d’uso o altra misura ritenuta utile in attesa dell’adeguamento dell’attrezzatura.
Nei confronti del fabbricante e dei soggetti della catena di distribuzione le procedure previste dagli articoli 20 e 21 del D.Lgs. 758/94 saranno invece espletate, ai sensi dell’art. 70, comma 4, lettera b), del D.Lgs. 81/08, solo successivamente all’accertamento da parte dell’Autorità nazionale per la sorveglianza del mercato della effettiva non rispondenza ai RES della macchina segnalata.
Nel caso in cui il fabbricante ed i soggetti della catena di distribuzione non risiedano nel territorio di competenza dell’organo di vigilanza che ha rilevato le carenze, in attesa del pronunciamento dell’Autorità nazionale per il controllo del mercato, eventuali contatti o comunicazioni agli organi di vigilanza territorialmente competenti non dovranno dar luogo ad interventi da parte di questi ultimi.
La comunicazione agli organi di vigilanza territorialmente competenti, per l’attivazione delle procedure di cui sopra nei confronti del fabbricante e dei soggetti della catena di distribuzione, sarà trasmessa dall’organo di vigilanza accertante solamente quando questi riceverà risposta positiva da parte dell’Autorità nazionale per il controllo del mercato su quanto segnalato.
Prescrizione o disposizione (vizio palese o vizio occulto)
L’art. 70 comma 4 definisce le modalità di intervento nei confronti del datore di lavoro utilizzatore e prevede la possibilità di procedere mediante “apposita prescrizione” o “idonea disposizione”.
Considerato che il legislatore specifica che la prescrizione deve essere impartita “nel caso in cui sia stata accertata una contravvenzione”, cioè l’illecito che determina il rischio è riconducibile all’azione o all’omissione del datore di lavoro, tale procedura può essere attivata solamente nel caso che la situazione di rischio sia definibile come “vizio palese”.
Infatti, si può considerare “vizio palese” una situazione di pericolo che si sia manifestata in fase di utilizzo dell’attrezzatura o di valutazione dei rischi della stessa, mentre può essere definito “vizio occulto” una situazione di rischio determinata da difetti di progettazione e/o costruzione.
E’, altresì, evidente che un rischio “occulto” non è più tale nel momento in cui il datore di lavoro ne viene a conoscenza per iniziative informative del fabbricante e/o di qualsiasi altro soggetto, ad esempio, in seguito a indagini e analisi approfondite come nel caso di inchiesta per infortunio.
Procedure in caso di “vizio palese”
Nei confronti del datore di lavoro “utilizzatore” viene contestata la violazione dell’art. 70, comma 1, del D.Lgs. 81/08, si applica la procedura prevista dal D.Lgs. 758/94 e si comunica la notizia di reato alla Autorità Giudiziaria competente per territorio.
E’ evidente che tale azione andrà attuata quando si accerta un rischio per il lavoratore e non quando si è in presenza di vizi formali, dei quali si dirà nel seguito.
Si contesta: per aver messo a disposizione dei lavoratori attrezzature non conformi alle specifiche disposizioni legislative, in quanto l“attrezzatura XYZ” presentava il rischio di … (specificare il rischio riscontrato).
La prescrizione idonea ad eliminare il rischio può contenere:
a) indicazioni precise se:
• è possibile una sola soluzione, oppure
• le soluzioni possibili possono essere realizzate senza modificare i componenti e le soluzioni impiantistiche previste dal fabbricante dell’attrezzatura ai fini della sicurezza (soluzioni diverse possono comportare livelli di affidabilità o rischi che richiedono una nuova valutazione degli stessi e, quindi, una “rimarcatura” CE dell’attrezzatura);
b) indicazioni generiche se:
• esistono più soluzioni possibili ed ugualmente idonee;
• a seconda della soluzione adottata può essere necessario intervenire sulle scelte progettuali previste dal fabbricante con gli stessi obblighi sopra richiamati.
In questo caso è opportuno lasciare al datore di lavoro la scelta di adeguare l’attrezzatura rivolgendosi al costruttore della stessa o ad altro tecnico di sua fiducia.
In questo caso l’organo di vigilanza può far riferimento a:
RES richiamati in allegato I del D.Lgs. 17/2010; oppure
Norma (se esiste) che prende in esame tale/i rischio/i; oppure
punti in allegato V del D.Lgs. 81/08.
Come previsto all’art. 71, comma 5, del D.Lgs. 81/08, se l’adeguamento dell’attrezzatura di lavoro oggetto di prescrizione, non comporta modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore, non deve essere “rimarcata” CE.
A seconda dei casi può essere, però, necessaria la dichiarazione di corretta installazione rilasciata dal tecnico che ha effettuato l’adeguamento dell’attrezzatura.
Procedure in caso di “vizio occulto”
Nel caso di situazione di rischio riconducibile a “vizio occulto”, dove non è ipotizzabile una violazione attribuibile al datore di lavoro e, quindi, dove non è rilevabile una contravvenzione, il legislatore indica la possibilità per l’organo di vigilanza di impartire “idonea disposizione in ordine alle modalità di uso in sicurezza dell’attrezzatura di lavoro”.
Nei confronti del datore di lavoro la disposizione potrà fornire, a seconda dei casi, indicazioni specifiche o generiche. Queste ultime potranno essere: eliminare la condizione di rischio adottando le misure tecniche (che coinvolgono oppure no l’attrezzatura), organizzative o procedurali ritenute più idonee
A seconda del tipo di rischio può essere necessario, in attesa dell’adeguamento, diffidare il datore di lavoro al divieto d’uso o all’allontanamento della macchina dal ciclo produttivo.
Di seguito vengono individuate alcune situazioni in cui è possibile utilizzare la “disposizione”:
• Nel caso di errori nella traduzione delle istruzioni (per l’uso) o carenze delle stesse che riguardano aspetti formali che non incidono sulla sicurezza della macchina. In questi casi, considerato che si è in assenza di un rischio, non si procederà con la segnalazione ai Ministeri competenti, ma si interverrà presso l’utilizzatore, se del caso, al fine di far eliminare gli errori o le carenze di traduzione del manuale d’istruzioni attraverso l’atto dispositivo.
• Nel caso in cui la macchina non sia conforme ai RES per un vizio occulto. Al datore di lavoro utilizzatore si impartirà idonea disposizione come sopra richiamato.
Si procederà con la segnalazione ai Ministeri competenti e, al termine degli accertamenti, con eventuale prescrizione al fabbricante/mandatario.
La mancata ottemperanza della disposizione impartita configura la violazione dell’art. 10 del D.P.R. 520/55 e sanzionata dall’art. 11 del D.P.R. 520/55, così come modificato dall’art. 11 del D.Lgs. 758/94.
Il “vizio occulto” presente su una macchina, una volta individuato, non è più tale; ne consegue che il datore di lavoro deve adeguare la macchina o adottare misure organizzative e/o procedurali ritenute idonee ad eliminare i rischi prima di metterla a disposizione dei lavoratori.
Il mancato adeguamento configura per il datore di lavoro la violazione dell’art. 70, comma 1, del D.Lgs. 81/08 trattandosi, a questo punto, di “vizio palese”.
1.4. Procedura nei confronti del fabbricante e/o dei soggetti della catena di distribuzione
Alla conclusione dell’accertamento tecnico effettuato dall’Autorità nazionale per il controllo del mercato, nel caso in cui risulti confermata la non conformità dell’attrezzatura ad uno o più RES, viene contestata la violazione dell’art. 23, comma 1, del D.Lgs. 81/08 con applicazione della procedura prevista dal D.Lgs. 758/94 a:
Costruttore/mandatario
Soggetti della catena della distribuzione
La prescrizione emessa nei confronti dei soggetti di cui sopra deve contenere il vincolo di adeguare tutte le macchine già immesse sul mercato eliminando il rischio rilevato.
Nel caso in cui siano note le soluzioni che il fabbricante intende adottare per adeguare la macchina ai RES contestati, soluzioni trasmesse al Ministero dello Sviluppo Economico e da questi non contestate, la prescrizione farà riferimento a tali soluzioni.
L’ottemperanza alla prescrizione è subordinata alla dimostrazione di adeguamento di tutte le macchine immesse sul mercato o all’evidenza del ravvedimento operoso attuato dallo stesso per raggiungere tale obiettivo. In quest’ultimo caso deve essere dimostrato che sono state attuate tutte le azioni necessarie per mettere l’azienda proprietaria della macchina nelle condizioni di adeguare la stessa e che l’eventuale mancato adeguamento è da imputare esclusivamente alla indisponibilità dell’azienda a mettere a disposizione la macchina.
All’organo di vigilanza, dovrà in ogni caso, essere data evidenza di:
• disponibilità del kit di adeguamento predisposto;
• nominativo del soggetto a cui rivolgersi per l’adeguamento;
• elenco delle macchine che sono state adeguate;
• elenco delle aziende proprietarie della macchina che non hanno acconsentito all’adeguamento della stessa;
• strumenti previsti ed adottati per comunicare ai possessori della macchina la necessità di interventi di adeguamento;
• eventuali altre soluzioni intraprese per il raggiungimento dell’obiettivo
Nel caso in cui, nonostante le azioni messe in campo, il fabbricante o il soggetto della catena di distribuzione non fosse stato in grado di adeguare tutte le macchine commercializzate, per ragioni indipendenti dalla sua volontà e dalle sue azioni, tale soggetto sarà ammesso comunque al pagamento di ¼ dell’ammenda prevista per la violazione dell’art. 23 del D.Lgs. 81/08.
La prescrizione sarà da considerarsi ottemperata solo in presenza di elementi oggettivi che dimostrino gli interventi attuati (o l’impossibilità ad attuarne alcuni), in alternativa andranno adottate le azioni conseguenti.
Si precisa che, qualora gli organi di vigilanza nell’espletamento nelle loro funzioni rilevassero nei luoghi di lavoro, sulla base anche dell’elenco delle macchine immesse sul mercato fornito dal fabbricante, macchine uguali a quelle oggetto di indagine e non conformi ai RES segnalati, non dovranno attivarsi con ulteriore comunicazione della notizia di reato al Pubblico Ministero competente per territorio, relativamente al costruttore ed ai soggetti della catena di distribuzione. Mentre per il datore di lavoro utilizzatore sono ipotizzabili tre situazioni:
• il vizio è palese (vedi indicazioni precedenti);
• il vizio è occulto, il datore di lavoro ha ricevuto una comunicazione dal costruttore ma non si è adeguato (assimilabile al caso precedente dato che il vizio è diventato palese);
• il vizio è occulto ma il datore di lavoro non ha ricevuto comunicazione per adeguarsi (si procede con la disposizione).
Nel caso di vizio occulto, non saranno adottate azioni di tipo penale nei confronti dei soggetti della catena della distribuzione.
Si precisa che, per i reati contravvenzionali, per i quali è prevista la pena dell’arresto (art. 157, comma 5, C.P.), quale l’art. 23 del D.Lgs. 81/08, il termine di prescrizione è di anni 4; tale termine decorre dalla data in cui si è compiuta una della azioni richiamate in tale articolo per l’ultimo esemplare di macchina di cui trattasi (Art. 6, Legge 5 dicembre 2005, n. 251, G.U. n. 285 del 7/12/2005).
Nel caso di vendita, ad esempio, il termine di prescrizione decorre dalla data di commercializzazione dell’ultimo esemplare.
Nel caso in cui, per l’esemplare accertato e confermato non conforme, il termine di prescrizione sia già scaduto, ai fini dell’applicazione della procedura prevista dagli articoli 20 e 21 del D.Lgs. 758/94, l’organo di vigilanza deve accertare, pertanto, la data in cui è stato commesso l’ultimo reato inerente tale macchina.
Anche nel caso in cui siano trascorsi 4 anni dalla consumazione del reato, va trasmessa la notizia di reato al Pubblico Ministero competente per territorio.
Procedure in caso di rischio grave e immediato
Nel caso di RISCHIO GRAVE ED IMMEDIATO si devono adottare, da parte dell’ASL che effettua il riscontro, le misure ritenute più opportune per garantire la sicurezza quali:
sequestro preventivo
richiesta dell’elenco dei clienti delle attrezzature vendute.
La trasmissione alle Regioni di tale elenco consentirà, attraverso le ASL competenti per territorio di intervenire presso i datori di lavoro utilizzatori di tali attrezzature per verificare se le stesse sono state adeguate (azione del fabbricante o dei soggetti della catena di distribuzione o propria) o se, pur in presenza di informazione specifica del fabbricante, non sono state adottate le misure necessarie.
In questo caso si procederà nei confronti di questi datori di lavoro secondo le modalità già indicate per il vizio palese.
Istruzioni per l’uso
Il punto 1.7.4 dell’allegato I dell’ex DPR 459/96 e il punto 1.7.4.2 dell’allegato I del D.Lgs. 17/2010 prevedono che ogni macchina sia accompagnata da istruzioni per l’uso che forniscano almeno le informazioni previste nei punti stessi.
Le non conformità, riguardanti carenze dei contenuti delle “istruzioni” devono, pertanto, essere riferite a quanto previsto nei punti relativi.
A questo proposito si precisa che:
a) Le istruzioni per l’uso non devono necessariamente essere tutte contenute in un unico volume ma possono essere in documenti diversi forniti all’utilizzatore anche in momenti differenti (istruzioni per l’installazione e il montaggio, istruzioni per l’uso, istruzioni per la manutenzione, ecc.). Tutte le istruzioni per l’uso devono essere disponibili prima della messa in servizio.
b) Non tutte le informazioni devono necessariamente essere fornite all’utilizzatore finale. Alcune istruzioni destinate a personale specializzato potranno essere fornite solamente a questi operatori che possono anche non dipendere dall’utilizzatore finale (ad esempio le istruzioni per il montaggio di una gru su autocarro, le istruzioni per alcune manutenzioni riservate a tecnici con specifiche competenze individuate dal costruttore, ecc.).
c) Il “registro di controllo della macchina” richiesto per gli apparecchi di sollevamento (punto 4.4.2 lettera b dell’allegato I), è previsto per registrare tutti gli interventi che incidono sulla “vita” della macchina ai fini della sicurezza.
Gli interventi di manutenzione “ordinaria” effettuati su qualsiasi tipologia di macchina al fine di garantire il mantenimento nel tempo del livello di efficienza/sicurezza (controllo delle funi e delle catene, controllo dispositivi di sicurezza, cambio olio, serraggio dei bulloni, consumo della frizione o del freno, ecc.), potranno essere registrati con altre modalità.
d) Le informazioni relative a specifici obblighi determinati da leggi nazionali non necessariamente devono essere riportate nelle istruzioni per l’uso in quanto sono specifiche di ogni Paese (ad esempio la verifica trimestrale delle funi/catene, salvo diversa indicazione del fabbricante, è richiesta in Italia, mentre in altri Paesi tale periodicità può essere diversa).
e) Le informazioni inerenti i limiti di utilizzo della macchina (non operare con velocità del vento superiore a ..., con temperature superiori o inferiori a..., in atmosfere esplosive, ecc) non obbligano il costruttore a fornire anche gli strumenti tecnici per il rilevamento di tali valori (anemometro, termometro, esplosimetro, ecc). Impiegare la macchina solo nelle condizioni previste dal fabbricante ed attrezzarsi per poterlo fare è quindi esclusiva responsabilità dell’utilizzatore.
Questi casi non sono da considerare violazione dei RES da parte del fabbricante; ne consegue che non si procederà con la segnalazione ai Ministeri competenti.
Eventuali potenziali situazioni di rischio riconducibili alle carenze sopracitate (punti c-d-e), sono da attribuire ad una non corretta messa in servizio, effettuata senza una preventiva valutazione dei rischi e senza adottare tutte “ … le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte. …. omissis….”. (art. 71, comma 3, del D.Lgs. 81/08).
Si dovrà, pertanto, procedere nei confronti del datore di lavoro utilizzatore della macchina prescrivendo l’adozione o l’adeguamento delle procedure necessarie a garantire condizioni di sicurezza in fase di utilizzo.
Un aspetto particolare riguarda la traduzione delle istruzioni per l’uso nella lingua italiana.
La lettera b) del punto 1.7.4 e 1.7.4.1 delle leggi richiamate, stabiliscono che “le istruzioni per l’uso sono redatte in una o più lingue ufficiali della Comunità. Il fabbricante o dal suo mandatario si assume la responsabilità di tali istruzioni apponendovi la dicitura “istruzioni originali”. Qualora non esistano “istruzioni originali” nella o nelle lingue ufficiali del paese di utilizzo della macchina, il fabbricante o il suo mandatario o chi immette la macchina nella zona linguistica in questione deve fornire la traduzione nella o nelle lingue di tale zona. Tali traduzioni devono recare la dicitura “Traduzione delle istruzioni originali”.
Come è chiaramente indicato, la traduzione deve essere fatta da chi introduce la macchina in Italia ed è un atto che è collegato direttamente alla messa in servizio.
Quando l’utilizzatore italiano acquista la macchina utilizzando la rete di vendita del fabbricante estero, l’obbligo della traduzione ricade sul fabbricante stesso o sul suo mandatario costituito nella comunità o sul rivenditore, secondo gli accordi commerciali che questi soggetti hanno stabilito.
Nel caso in cui l’utilizzatore italiano acquisti direttamente dal fabbricante estero, la traduzione del manuale rientra, invece, nell’ambito della trattativa commerciale e deve essere attuata dal soggetto che se ne è fatto carico secondo gli accordi.
La presenza di errori od omissioni nella traduzione non è, pertanto, automaticamente raffigurabile come responsabilità del costruttore.
Nel caso di errori nella traduzione o carenze che riguardino aspetti formali che non incidono sulla sicurezza della macchina (riepilogo delle indicazioni previste per la marcatura, uno schema/tabella non in lingua dell’utilizzatore, ecc.), non si procederà con la segnalazione ai Ministeri competenti, ma si interverrà presso l’utilizzatore al fine di far eliminare gli errori o le carenze di traduzione nel manuale d’istruzioni.
Qualora gli errori o le carenze di traduzione comportino anche reali situazioni di rischio, si procederà:
• nei confronti del datore di lavoro utilizzatore della macchina, ai sensi del D.Lgs. 758/94, per la violazione dell’art. 36, comma 2, del D.Lgs. 81/08 (per non aver fornito istruzioni per l’uso comprensibili ai lavoratori, se il rischio determinato dalla traduzione è palese, in alternativa di farà una verbale di disposizioni);
• nei confronti del/dei soggetti che hanno immesso sul mercato la macchina, nel caso in cui non si tratti di un acquisto diretto, il fabbricante o il suo mandatario o il rivenditore, seguendo le stesse procedure già riportate precedentemente, e cioè:
segnalazione ai Ministeri competenti per il mancato rispetto del RES 1.7.4.1;
espletamento da parte dell’organo di vigilanza territorialmente competente delle procedure previste dagli articoli 20 e 21 del D.Lgs. 758/94 nei confronti del/i contravventore/i nel caso in cui l’Autorità nazionale per la sorveglianza confermasse la non conformità dell’attrezzatura di lavoro ai RES segnalati.
APPLICAZIONE ARTICOLO 70, COMMA 1, E ARTICOLO 71, COMMA 1, D.Lgs. 81/08
L’art. 71, comma 1, pone a carico del datore di lavoro un precetto di carattere generale, prevedendo l’obbligo di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee ai fini della salute e sicurezza ed adeguate al lavoro da svolgere.
La violazione di tale precetto è sanzionata dall’art. 87, comma 2, lettera c), con sanzione penale.
La norma prevede poi, espressamente, che le attrezzature siano conformi ai requisiti di cui all’art. 70 e, cioè, che siano conformi alle specifiche disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie o, nel caso di attrezzature costruite in assenza di tali disposizioni o non rientranti in specifiche norme di prodotto, siano conformi ai requisiti generali di sicurezza richiamati nell’allegato V.
L’allegato V si compone di due parti: mentre per la violazione delle prescrizioni di cui alla parte II è prevista una sanzione, penale o amministrativa, nulla è previsto per la violazione delle prescrizioni di cui alla parte I.
Nel caso di violazione di una prescrizione contenuta nell’allegato V, parte I, risultando violato un precetto posto in termini generali dall’art. 71, comma 1, è applicabile la sanzione penale prevista per questi e, cioè, quella prevista dall’art. 87, comma 2, lettera c).
Negli altri casi si procede applicando la sanzione specifica indicata. In particolare:
- violazione dell’art. 70, comma 1, quando le attrezzature non sono conformi alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie, sanzione prevista dall’art. 87, comma 2, lettera a);
- violazione dell’art. 70, comma 2, quando le attrezzature costruite in assenza di direttive di prodotto non sono conformi alle disposizioni di cui all’allegato V, parte II, sanzioni previste dagli artt. 87, comma 2, lettera b) e comma 3, lettera a), oppure, sanzione amministrativa prevista dall’art. 87, comma 4, lettera a).
Si ritiene, inoltre, che la violazione di ogni precetto contenuto nell’allegato V, parte I, costituisca autonomo reato, non essendo prevista una disposizione analoga a quella prevista dall’art, 87, comma 5, per l’allegato V, parte II, secondo cui la violazioni di più precetti riconducibili a categorie omogenee di requisiti è considerata una unica violazione.
3. VIOLAZIONE DI PIU’ PRECETTI RICONDUCIBILI A CATEGORIA OMOGENEA DI REQUISITI DI SICUREZZA (ART. 87, COMMA 5, D.Lgs 81/08)
L’art. 87, comma 5, del D.Lgs. 81/08 prevede che la violazione di più precetti compresi in una “categoria omogenea” di requisiti di sicurezza sia considerata un’unica violazione, penale o amministrativa a seconda della natura dell’illecito, e sia punita con la pena o la sanzione amministrativa a seconda di come quegli illeciti sono sanzionati nei vari commi dell’art. 87.
Si ritiene che analogo comportamento debba essere seguito nel caso in cui la stessa violazione sia riscontrata su macchine diverse.
Nel caso in cui per una determinata violazione sia prevista la pena dell’arresto o dell’ammenda, al contravventore si applica la pena prevista per tale violazione considerandola una sola volta (cioè, senza moltiplicare per il numero di macchine che presenta tale violazione).
Analogamente, nel caso in cui per una determinata violazione sia prevista la sanzione amministrativa, al contravventore si applica la sanzione amministrativa prevista per quella violazione considerandola una sola volta.
Va da se che, nel caso in cui macchine diverse presentino sia violazioni punite con la pena dell’arresto o dell’ammenda nonché violazioni punite con la sanzione amministrativa, al contravventore verrà applicata sia la pena dell’arresto o dell’ammenda sia la sanzione amministrativa, per ognuna delle violazioni riscontrate, ma computate una sola volta, indipendentemente dal numero di macchine su cui tali violazioni sono state riscontrate.
4.1. Macchine semoventi, diverse dai trattori, senza struttura di protezione in caso di capovolgimento o con struttura di protezione non conforme alla normativa di sicurezza
Le strutture di protezione in caso di capovolgimento (ROPS) hanno lo scopo di garantire alle persone trasportate un adeguato volume limite di deformazione, ovvero uno spazio vitale sufficiente attorno ad esse in caso di ribaltamento dell’attrezzatura di lavoro semovente. Il loro dimensionamento deve tener conto, dunque, sia degli spazi vitali del conducente (volume limite di deformazione), in relazione anche alle deformazioni che esse possono subire in caso di ribaltamento, sia della massa dell’attrezzatura di lavoro sulla quale devono essere installate.
Queste attrezzature di lavoro possono essere state immesse sul mercato o messe in servizio facendo riferimento a tre periodi di costruzione ben distinti; e cioè:
1. costruite antecedentemente al 21 settembre 1996, in regime di applicazione del D.P.R. 547/55.
Il datore di lavoro deve adeguare queste attrezzature di lavoro secondo i requisiti previsti nell’allegato V, parte II, punto 2.4, del D.Lgs. 81/08;
2. costruite successivamente al 21 settembre 1996, ma prima del 06 marzo 2010; in vigenza, quindi, del D.P.R. 459/96 di recepimento della prima direttiva macchine 98/37/CE.
In questo caso le attrezzature di lavoro devono essere dotate, fin dall’origine, di punti di ancoraggio che consentano di ricevere una struttura di protezione in caso di ribaltamento.
E’ responsabilità del datore di lavoro adeguare dette attrezzature installando la struttura di protezione in caso di ribaltamento prevista dal costruttore dell’attrezzatura stessa;
3. costruite successivamente al 06 marzo 2010; in vigenza, quindi, del D.Lgs. 17/2010 di recepimento della nuova direttiva macchine 2006/42/CE.
In questo caso le attrezzature di lavoro devono essere dotate, fin dall’origine, di struttura di protezione in caso di ribaltamento, ad eccezione del caso in cui il fabbricante non evidenzi nelle istruzioni, in modo chiaro ed inequivocabile, che sulla base delle prove e verifiche da lui eseguite l’attrezzatura di lavoro mobile non presenti tale rischio.
Indipendentemente dal periodo di costruzione, perciò, se l’attrezzatura di lavoro è priva di struttura di protezione, il datore di lavoro deve procedere all’adeguamento della stessa installando una idonea struttura di protezione, fatta eccezione per la condizione di cui al punto 3 prevista dal fabbricante.
Per queste attrezzature di lavoro mobili, non trattandosi di trattori, non può essere applicata la Linea Guida nazionale ISPESL “Adeguamento dei trattori agricoli o forestali ai requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro previsti al punto 2.4, della parte II, dell’allegato V del D.Lgs. 81/08”.
Per la costruzione della struttura di protezione in caso di capovolgimento per le macchine agricole semoventi, al momento, non esistono norme tecniche armonizzate di riferimento. Per altre categorie di macchine semoventi, invece, esistono specifiche norme armonizzate che definiscono le metodologie di prova ed i criteri di accettazione per le strutture ROPS ad esse destinate quali, ad esempio, le macchine forestali semoventi (ISO 8082), le macchine movimento terra (EN ISO 3471) ed i trattorini da giardinaggio (ISO 21299, al momento non armonizzata).
La costruzione di una struttura di protezione in caso di capovolgimento, destinata alle macchine agricole semoventi prive di detta struttura, deve essere progettata per quel tipo di attrezzatura facendo riferimento alle metodologie di prova ed ai criteri di accettazione definiti nei codici OCSE 4 ovvero direttiva 79/622/CEE, in cui sono trattati i trattori agricoli o forestali a ruote, o nel codice OCSE 8, in cui sono trattati i trattori agricoli o forestali a cingoli.
Quando il rischio di ribaltamento laterale risulta il rischio prevalente ovvero qualora la macchina presenti stegole per la sua guida anziché un volante, in riferimento al quale è definito il volume di sicurezza del codice OCSE 4, è preferibile applicare il codice OCSE 8.
In alternativa a detti codici o direttive è possibile fare riferimento alle norme tecniche sopra richiamate (ISO 8082; EN ISO 3471; ISO 21299), nel caso in cui la macchina sia tecnicamente assimilabile alle specifiche macchine di riferimento.
Dette strutture, secondo la definizione richiamata nell’art 2, comma 2, lettera c, del D.Lgs. 17/2010, se immesse separatamente sul mercato, sono componenti di sicurezza e richiamate nell’elenco di cui all’allegato V del medesimo Decreto.
Queste strutture, inoltre, sono anche contemplate nell’allegato IV allo stesso Decreto e, qualora siano immesse sul mercato separatamente, devono essere sottoposte alle procedure di attestazione della conformità come richiesto dall’art. 9 del D.Lgs. 17/10. Questo è il caso in cui il dispositivo di protezione sia realizzato da un fabbricante per la sua immissione sul mercato.
Tuttavia, considerato che la definizione di componente di sicurezza non considera la messa in servizio, è possibile affermare che il D.Lgs. 17/10 non si applica ai componenti di sicurezza costruiti dall’utilizzatore per essere installati su proprie macchine già in servizio e, pertanto, non devono essere esplicate le procedure di attestazione di conformità di cui all’articolo 9 del predetto Decreto.
In questo caso la responsabilità della progettazione e costruzione della struttura di protezione ricade interamente sull’utilizzatore stesso che, con idonea documentazione tecnica, dovrà consentire di verificare il processo progettuale e costruttivo che lui, o chi per lui, ha seguito per la realizzazione della struttura di protezione.
Il ROPS immesso sul mercato prodotto da un fabbricante, ovvero messo in servizio ma realizzato dall’utilizzatore dell’attrezzatura stessa, se non rispetta le relative procedure previste, il fabbricante ovvero l’utilizzatore violano l’art. 23, comma 1, del D.Lgs. 81/08.
Il datore di lavoro utilizzatore che ha messo in servizio la struttura di protezione progettata e costruita in modo non conforme alle norme regolamentari sopra citate, indipendentemente dal periodo di costruzione dell’attrezzatura di lavoro su cui essa è installata, oltre ad avere violato l’art. 23, comma 1, del D.Lgs. 81/08, viola anche l’art. 71, comma 1, dello stesso Decreto, per aver messo a disposizione dei lavoratori attrezzature non adeguate al lavoro da svolgere.
Se detta attrezzatura di lavoro è utilizzata da un lavoratore autonomo, questo viola l’art. 21, comma 1, del D.Lgs. 81/08.
Il datore di lavoro utilizzatore che non adegua la macchina semovente con il componente di sicurezza in questione, indipendentemente dal periodo di costruzione di questa, viola l’art. 71, comma 1, del D.Lgs. 81/08.
L’alternativa alle condizioni di adeguamento sopra riportate, consiste nella messa fuori servizio dell’attrezzatura di lavoro mobile.
Nel caso di macchina costruita nel periodo di cui al precedente punto 2, ma priva di punti di ancoraggio per ROPS, ovvero macchina costruita nel periodo di cui al precedente punto 3, ma priva di struttura ROPS, e pertanto immesse sul mercato non conformemente alla legislazione nazionale di recepimento delle direttive comunitarie ad esse applicabili, l’organo di vigilanza deve effettuare la prevista segnalazione di non conformità all’Autorità nazionale per il controllo del mercato.
Nei confronti del fabbricante viene trasmessa la notizia di reato all’Autorità Giudiziaria competente per il territorio dell’utilizzatore dove, cioè, è stata ritrovata l’attrezzatura, per la violazione dell’art. 23, comma 1, del D.Lgs. 81/08.
L’eventuale verbale di prescrizione verrà rilasciato a seguito degli accertamenti tecnici esperiti dall’Autorità nazionale per il controllo del mercato, come indicato nel precedente punto relativo alle “Procedure per l’applicazione dell’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 81/08”, nel caso di vizio “palese”.
Nei confronti dell’utilizzatore si è già richiamato l’obbligo di adeguare la macchina secondo quanto specificato precedentemente.
Nel caso di macchina costruita nel periodo di cui al precedente punto 3, cioè in vigenza del D.Lgs. 17/2010 di recepimento della nuova direttiva macchine 2006/42/CE, messa a disposizione dei lavoratori dopo essere stata immessa sul mercato conformemente alla legislazione nazionale di recepimento delle direttive comunitarie ad essa applicabili ed utilizzata conformemente alle indicazioni del fabbricante, presenti un rischio connesso con il pericolo di ribaltamento e che questo non sia stato efficacemente ridotto dal fabbricante, ad esempio:
o Altezza inferiore a 900 mm misurata dalla seduta del sedile alla sommità della struttura di protezione con operatore seduto al posto di guida; oppure
o Macchina dotata di struttura di protezione ma sprovvista di sistema di ritenzione del conducente;
o Manuale di istruzione che evidenzia il rischio al quale non corrispondono efficaci misure tecniche di protezione
l’organo di vigilanza deve effettuare la prevista segnalazione di non conformità all’Autorità nazionale per il controllo del mercato.
Nei confronti del fabbricante, per l’ipotesi di violazione dell’art. 23, comma 1, D.Lgs. 81/08, viene trasmessa la notizia di reato all’Autorità Giudiziaria competente dell’utilizzatore dove, cioè, è stata ritrovata l’attrezzatura.
L’eventuale verbale di prescrizione verrà rilasciato a seguito degli accertamenti tecnici esperiti dall’Autorità nazionale per il controllo del mercato, come indicato nel precedente punto relativo alle “Procedure per l’applicazione dell’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 81/08”, nei confronti del fabbricante”.
In questo caso, considerato che il rischio in questione è un rischio “palese”, al datore di lavoro utilizzatore dell’attrezzatura viene contestata la violazione dell’art. 70, comma 1, del D.Lgs. 81/08, attivata la procedura prevista dal D.Lgs. 758/94 e trasmessa notizia di reato all’Autorità Giudiziaria competente.
4.2. Dispositivo di protezione in caso di capovolgimento per un trattore non costruito in conformità alle Linee Guida ISPESL relative, ovvero a riferimenti tecnici considerati equivalenti (es. Codici OCSE)
I trattori agricoli e forestali che sono sprovvisti del dispositivo di protezione in caso di capovolgimento possono essere adeguati adottando una delle seguenti possibili soluzioni reperibili sul mercato:
1. dispositivo di protezione omologato per lo specifico modello di trattore di che trattasi;
2. dispositivo di protezione in caso di capovolgimento costruito in conformità alla Linea Guida nazionale Ispesl;
3. dispositivo di protezione rispondente a Direttive europee ovvero ai codici OCSE di riferimento validati con prove sperimentali;
4. dispositivo di protezione progettato ad hoc per il modello di trattore in esame.
Per il punto 1. è valida la punzonatura o la targhetta metallica attestante l’omologazione applicata dal fabbricante della struttura di protezione.
E’ necessaria la dichiarazione dell’installatore della stessa con contenuti analoghi a quelli richiamati nell’allegato IV o IV bis previsti nelle Linee guida ISPESL.
Per il punto 2. è valida la certificazione rilasciata dal costruttore della struttura di protezione e dall’installatore della stessa, secondo gli allegati III e IV alle Linee guida ISPESL.
Per il punto 3. è necessaria la dichiarazione del fabbricante della struttura di protezione che la stessa ha superato le prove OCSE, è idonea per il tipo di trattore su cui è installata e riporti il numero di approvazione OCSE.
E’ necessaria la dichiarazione dell’installatore della stessa con contenuti analoghi a quelli richiamati nell’allegato IV o IV bis previsto nelle Linee guida ISPESL
Per il punto 4 è necessaria relazione tecnica rilasciata dal progettista che certifichi l’idoneità del dispositivo alle sollecitazioni previste per il tipo di trattore su cui è montato.
E’ necessaria la dichiarazione dell’installatore dello stesso con contenuti analoghi a quelli richiamati nell’allegato IV o IV bis previsto nelle Linee guida ISPESL.
In caso di dubbio è possibile trasmettere detta relazione a INAIL ex ISPESL che verificherà la validità della certificazione.
Per i punti 1, 2 e 3, siccome la struttura di protezione è stata sottoposta a prove di resistenza su di un prototipo, ai fini degli adempimenti previsti per la circolazione stradale, a seguito dell’installazione della struttura di protezione, non è richiesto l’aggiornamento della carta di circolazione del trattore, come specificato nella circolare prot. n. 15253/DIV2-B del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 16 maggio 2011.
Per il punto 4, ed in tutti i casi in cui la verifica del superamento delle prove di resistenza previste dalle direttive comunitarie ovvero dai codici OCSE di riferimento, sia stata eseguita solamente mediante calcoli strutturali, ai fini degli adempimenti previsti per la circolazione stradale, a seguito dell’installazione della struttura di protezione, è richiesto l’aggiornamento della carta di circolazione del trattore con visita e prova del veicolo presso i Centri Prova Autoveicoli del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Tali prove non sono necessarie per i trattori non immatricolati ovverosia che non possono circolare su pubblica strada.
In tutti i casi sopra richiamati le dichiarazioni del costruttore e dell’installatore devono essere conservate a cura dell’utente ed accompagnare la carta di circolazione del trattore.
Nel caso di trattori agricoli omologati e dotati di struttura di protezione fin dall’origine, ma allo stato attuale non più provvisti, è ammessa l’installazione di una struttura di protezione rispondente ai requisiti previsti nei punti precedenti solo nel caso in cui la struttura di protezione originaria, conforme a quella approvata in sede di omologazione del trattore, non sia più commercialmente disponibile.
L’indisponibilità commerciale deve essere:
• espressamente dichiarata dal costruttore del trattore (vedi allegato V alla linea guida ISPESL). Una struttura di protezione è considerata commercialmente non disponibile anche nel caso in cui la dichiarazione di cui sopra non sia prodotta dal costruttore del trattore entro il termine di 30 giorni dalla richiesta dell’utente;
ovvero
• espressamente indicata nel catalogo ricambi ufficiale del costruttore del trattore. In tal caso è necessario che l’utente sottoscriva l’indisponibilità commerciale tramite apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi dell’articolo 47 del DPR 445 del 28 dicembre 2000 (vedi allegato VI alla linea guida ISPESL).
La documentazione di cui sopra è conservata a cura dell’utente insieme al certificato di conformità e alla dichiarazione di corretta installazione.
La struttura di protezione deve comunque essere dello stesso tipo della struttura originaria riconosciuta in sede di omologazione del trattore.
Anche in questo caso, ai fini degli adempimenti previsti per la circolazione stradale a seguito dell’installazione della struttura di protezione, non è richiesto l’aggiornamento della carta di circolazione del trattore
In attesa di definire in modo formale le procedure da applicare in caso di segnalazione di presunte non conformità, è auspicabile richiedere il supporto dei tecnici dell’INAIL ex ISPESL.
Si precisa, infatti, che per la struttura di protezione in caso di capovolgimento per i trattori agricoli o forestali non si deve attivare nessuna procedura di segnalazione in quanto, non rientrando questa nel campo di applicazione di una direttiva di prodotto, non è stato definito il Ministero competente.
Il costruttore che ha fabbricato e immesso sul mercato una struttura di protezione in caso di capovolgimento non conforme ai criteri richiamati dalla linea guida ISPESL, dalle Direttive europee ovvero ai codici OCSE di riferimento, o da specifiche norme tecniche di riferimento, viola l’art. 23, comma 1, del D.Lgs. 81/08.
Il rivenditore di una struttura di protezione in caso di capovolgimento per trattori agricoli o forestali che fornisca una struttura non idonea per il trattore su cui deve essere installata (es. struttura a due montanti anteriore per trattori a carreggiata standard sui cui può essere installata solamente una struttura a due montanti posteriore od a quattro montanti) viola l’art. 23, comma 1, del D.Lgs. 81/08.
Analogamente, un rivenditore che commercializza un trattore agricolo o forestale sprovvisto di struttura di protezione in caso di capovolgimento ovvero dotato di una struttura di protezione in caso di capovolgimento non idonea per il trattore su cui è installata, viola l’art. 23, comma 1, del D.Lgs. 81/08.
Il datore di lavoro utilizzatore che non adegua il trattore agricolo o forestale con struttura di protezione in caso di capovolgimento e di sistema di ritenzione del conducente viola l’art. 70, comma 2, che rinvia allegato V, parte II, punto 2.4, del D.Lgs. 81/08.
Nel caso in cui la struttura di protezione in caso di capovolgimento, realizzata indicando la conformità alla linea guida ISPESL, presenti carenze individuabili con un esame visivo del tipo:
- distanza, in direzione verticale, inferiore ad almeno 1200 mm dalla seduta del sedile all’estremo superiore della struttura di protezione;
- tubolari con cui è realizzato il telaio di dimensioni inferiori a quanto previsto;
- errata tipologia della struttura di protezione in relazione al tipo di trattore sui cui è installata,
trattandosi di vizi “palesi”, al datore di lavoro utilizzatore viene contestata la violazione dell’art. 70, comma 2, che rinvia allegato V, parte II, punto 2.4, del D.Lgs. 81/08 e si attiva la relativa procedura prevista dal D.Lgs. 758/94.
Nel caso in cui le carenze della struttura di protezione non siano rilevabili ad un esame visivo, ma ascrivibili alla progettazione, trattandosi di vizi “occulti”, al datore di lavoro utilizzatore viene rilasciata idonea disposizione analogamente a quanto indicato al punto relativo “Procedure per l’applicazione dell’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 81/08”, nel caso di vizio “occulto”.
5. MANUTENZIONE DEGLI IMPIANTI ELETTRICI
Tra le misure generali di tutela riportate nell’articolo 15 del Decreto alla lettera z) viene elencato: “la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alle indicazioni dei fabbricanti”. Nei vari titoli del Decreto sono indicati gli specifici obblighi relativi alla manutenzione, in particolare:
per i luoghi di lavoro all’articolo 64 c. 1 lettera c)
per le attrezzature all’articolo 71 comma 4
per gli impianti elettrici in modo specifico all’articolo 80 comma 3
per gli impianti elettrici in modo specifico all’articolo 80 comma 3 bis
Ricordando che, ai fini dell’applicazione del titolo III del Decreto, la definizione di attrezzatura comprende solo gli impianti, intesi come “il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo” e destinati ad essere usati durante il lavoro. In caso di mancata o insufficiente manutenzione degli impianti, si ritiene che il datore di lavoro possa essere ritenuto responsabile delle violazioni
La mancata redazione ed applicazione delle procedure di manutenzione prevista dall’articolo 80 comma 3 bis del Decreto non è sanzionata, per un evidente errore di redazione dell’articolo 87 comma 3 lettera d) che cita un inesistente comma 4 dell’articolo 80. Tuttavia se in sede di verifica ispettiva vengono riscontrate carenze di manutenzione dell’impianto elettrico (es. involucro di un quadro elettrico non più integro) è palesemente violato il comma 3 dell’articolo 80 perché non sono state adottate le misure tecniche ed organizzative necessarie ad eliminare o ridurre al minimo i rischi presenti (ripristino dell’involucro e del grado di protezione del quadro).
Gli impianti devono essere considerati dotazione infrastrutturale dell’ambiente di lavoro e destinati ad assicurare una adeguata fruibilità del luogo di lavoro, nel rispetto delle norme igienico sanitarie e di sicurezza. Si rammenta che ove vi sia un obbligo specifico, esso prevale su un obbligo di portata più generale (principio di specialità) e ciò riguarda in particolare gli impianti elettrici. Tuttavia alcuni componenti di impianto possono essere considerati attrezzature, quando insieme ad altre attrezzature sono necessari all’attuazione di un processo produttivo e destinati ad essere usati durante il lavoro (es. cavo di prolunga dell’alimentazione di un martello demolitore portatile).
VERIFICA PERIODICA DEGLI IMPIANTI ELETTRICI
La validità del DPR 462/01 in materia di denuncie e di verifiche degli impianti elettrici di terra, degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche e delle installazioni elettriche in luogo con pericolo di esplosione, é confermata dagli articoli 86, comma 1, e 296 del Decreto. Lo stesso comma 1 dell’articolo 86 del Decreto obbliga il datore di lavoro ad assoggettare gli impianti elettrici e gli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche a periodici controlli secondo le norme di buona tecnica (controlli manutentivi) e secondo la normativa vigente (D.P.R. 462/01, DM 37/08). Ne consegue che per gli impianti elettrici di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche:
la mancata denuncia dell’impianto all’INAIL (ex ISPESL) e alla ASL competenti per territorio e di conseguenza non aver permesso l’attivazione del regime di verifiche periodiche previsto dal D.P.R. 462/01 costituisce violazione dell’art. 86, comma 1, per non aver rispettato l’art. 2 del D.P.R. 462/01;
la mancata verifica periodica dell’impianto, secondo la periodicità derivante dal tipo di azienda e delle lavorazioni effettuate, effettuata dall’Ente pubblico o dai soggetti privati abilitati, costituisce violazione dell’art. 86, comma 1, per non aver rispettato l’art. 4, comma 1, del D.P.R. 462/01.
Per le installazioni in luogo con pericolo di esplosione il D.Lgs. 233/03 ha recepito in Italia la direttiva 1999/92/CE (ATEX) ed ha imposto l’obbligo al datore di lavoro di sottoporre alle verifiche di cui al DPR 462/01 le installazioni elettriche presenti nelle zone 0, 1, 20, 21, così come definite nella stessa direttiva. Detto obbligo e la classificazione delle zone sono stati ripresi in toto dal D.Lgs. 81/08 all’articolo 296 e all’allegato XLIX. E quindi:
la mancata denuncia dell’impianto alla ASL competente per territorio e di conseguenza non aver permesso la prima verifica di omologazione costituisce violazione dell’art. 296, comma 1, per non aver rispettato l’articolo 5, comma 4, del D.P.R. 462/01;
la mancata verifica periodica dell’impianto, effettuata dall’Ente pubblico o dai soggetti privati abilitati, costituisce violazione dell’art. 296, comma 1, per non aver rispettato l’art. 6, comma 1, del D.P.R. 462/01.
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 81/08 sono stati esplicitamente o implicitamente abrogati alcuni decreti (ad esempio DPR 547/55, DPR 164/56, etc.) e ulteriori provvedimenti legislativi ad essi collegati.
Possono essere considerati abrogati dal D.Lgs. 81/08 i seguenti provvedimenti:
DM 9 agosto 1960: abrogazione implicita a seguito dell’entrata in vigore del DPR 459/96 (modalità per l’effettuazione delle prove di carico relative alla prima verifica delle gru di cui al DM 12/9/59);
DM 12 settembre 1959: abrogazione esplicita degli artt. 2, 3 e 4 dovuta al DPR 462/01;
DM 12/9/59 articolo 11 inerente le verifiche periodiche degli impianti di messa a terra delle officine e cabine elettriche in esercizio presso aziende produttrici o distributrici di energia elettrica. Pertanto anche le aziende produttrici o distributrici di energia elettrica sono ora soggette al DPR 462/01;
DM 22 dicembre 1958: abrogazione esplicita Tab. A (voci 1-50) e Tab. B a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 233/03 e sostituzione con i risultati della classificazione delle aree attraverso il calcolo condotto secondo norme di buona tecnica;
DPR 689/59: abrogazione implicita a seguito del D.Lgs 81/08, in quanto quest’ultimo abroga il DPR 547/55 e la materia della protezione dai fulmini ivi trattata viene sostituita dall'art. 84 del decreto, che recita testualmente: "il datore di lavoro provvede affinché gli edifici, gli impianti, le strutture, le attrezzature siano protetti dagli effetti dei fulmini con sistemi di protezione realizzati secondo le norme di buona tecnica". L'individuazione dei luoghi non è pertanto più affidata a tabelle convenzionali ma alle risultanze di calcolo secondo le norme specifiche; per inciso, si osserva che, in base alle precedenti considerazioni, essendo esplicitati gli impianti, si giunge alla conclusione che è soggetta all'obbligo di trasmissione della dichiarazione di conformità ai sensi dl DPR 462/01 anche l'installazione di SPD (dispositivi che limitano le sovratensioni e deviano le sovracorrenti), con il risultato dell’estensione del campo di applicazione previgente degli obblighi di denuncia e verifica, originariamente limitato agli LPS (impianti completi installati per ridurre il danno dovuto alla fulminazione diretta della struttura).
7. LAVORATORI AUTONOMI, COMPONENTI DELL'IMPRESA FAMILIARE, COLTIVATORI DIRETTI DEL FONDO, SOCI DELLE SOCIETÀ SEMPLICI OPERANTI NEL SETTORE AGRICOLO, ARTIGIANI E PICCOLI COMMERCIANTI
L’art. 21 del D.Lgs. 81/08 (di seguito Decreto) individua gli obblighi in materia di salute e sicurezza che ricadono sui componenti di impresa familiare, i lavoratori autonomi, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti che compiono opere o servizi ai sensi dell’articolo 2222 del codice civile.
Occorre innanzitutto precisare che, qualora nelle attività gestite da queste tipologie di soggetti siano occupati anche altri lavoratori, come definiti dall’art. 2, comma 1, lettera a) del Decreto, le figure considerate nel presente paragrafo assumono la qualifica di datore di lavoro con tutti gli obblighi conseguenti.
Per quanto riguarda il riferimento all’art. 2222 del codice civile si precisa che la definizione contenuta (“quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente...) non consente esclusioni dall’applicazione dell’art. 21 in quanto l’elemento discriminante è costituito dalla fornitura senza vincolo di subordinazione di ”un’opera o un servizio”. Anche le attività di natura intellettuale che comportano la fornitura di un servizio rientrano, quindi, tra le attività soggette.
Per le categorie di lavoratori individuate l’art. 21 indica tre obblighi:
..omissis
a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III;
b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui ai titolo III;
c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie
generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.
omissis
La sorveglianza sanitaria e la partecipazione a corsi di formazione specifici sono facoltativi.
Il titolo III citato nei punti a) e b) sopraindicati è costituito da tre capi:
• Capo I — Uso delle attrezzature di lavoro;
• Capo Il — Uso dei dispositivi di protezione individuale;
• Capo III — impianti e apparecchiature elettriche.
La definizione di attrezzature di lavoro riportata nel primo articolo del capo I (art. 69) è valida e si applica, per esplicita affermazione, al solo Titolo III.
Il capo II definisce nel primo articolo (art. 74) i dispositivi di protezione individuale e, anche in questo caso costituisce norma specifica per questo tipo di attrezzature.
Il capo III si riferisce esclusivamente agli impianti e apparecchiature elettriche (materiali, macchinari, apparecchiature, installazioni impianti elettrici ed elettronici).
Considerato che l’art. 21 cita in due punti differenti gli obblighi relativi alle attrezzature di lavoro e ai dispositivi di protezione individuale indicando in entrambi i casi genericamente il titolo III, si deve intendere che gli obblighi sono quelli riferiti al titolo III con le sue definizioni.
Pertanto, considerato che la definizione di attrezzatura di lavoro ricomprende i soli impianti intesi come ‘il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo” e destinati ad essere usati durante il lavoro, gli altri impianti fissi (elettrico, idraulico, di riscaldamento, di condizionamento) non possono essere considerati attrezzatura di lavoro e devono essere considerati “parte strutturale” del luogo di lavoro. Naturalmente ciò non consente ai lavoratori di cui all’art. 21 di utilizzare impianti elettrici non conformi in quanto dovranno comunque essere rispettati tutti gli obblighi previsti da D.M. 37 del 2008 che sono applicabili agli impianti posti a servizio di tutti gli edifici, indipendentemente dalla destinazione d’uso.
Per quanto riguarda gli aspetti sanzionatori, in caso di situazioni di rischio determinate dalle caratteristiche degli impianti elettrici installati negli ambienti dove operano i lavoratori di cui all’art. 21, si applica il D.M. 37/08.
Per quanto sopra esposto, l’obbligo di verifica degli impianti di cui al DPR 462/01 e richiamata nel comma 1 dell’art. 86, a carico dei datori di lavoro, non può essere posta in carico ai soggetti di cui all’articolo 21.
8. VENDITA, NOLEGGIO O CONCESSIONE IN USO O LOCAZIONE FINANZIARIA DI MACCHINE COSTRUITE O MESSE IN SERVIZIO AL DI FUORI DELLA DISCIPLINA DI CUI ALL’ART. 70, COMMA 1
L’art. 72 del D.Lgs. 81/08 stabilisce che in caso di vendita, noleggio, concessione in uso o locazione finanziaria di macchine, apparecchi o utensili costruiti o messi in servizio al di fuori della disciplina dell’art. 70, comma 1, si debba attestare la conformità ai requisiti di sicurezza di cui all’allegato V.
A parte alcune specifiche esclusioni dal campo di applicazione della “direttiva macchine”, questo aspetto, nella maggior parte dei casi, riguarda la commercializzazione delle macchine costruite prima dell’entrata in vigore dei regolamenti di recepimento della “direttiva macchine”.
Considerato che il mercato dell’usato rappresenta una quota significativa del mercato totale si è ritenuto opportuno riproporre le indicazioni procedurali fornite nelle precedenti “linee guida” diffuse dal Coordinamento tecnico interregionale
La linea di comportamento indicata si prefigge l’obbiettivo della sicurezza ponendo in subordine gli aspetti formali che, in alcuni casi, sono richiesti per il rispetto pedissequo di quanto previsto dalla norma.
Nel seguito verranno considerati i casi più frequenti che si potranno incontrare nella pratica.
A) Permuta contro nuovo acquisto
Secondo l’art. 11, comma 1, del DPR 459/96 (tuttora vigente come previsto dall’art. 18 del D.Lgs. 17/10), l’utilizzatore (datore di lavoro) che cede una macchina usata in permuta contro un nuovo acquisto, deve attestare all’atto della vendita la rispondenza della stessa alla legislazione previgente.
L’art. 72 del D.Lgs. 81/08 ha integrato questo precetto precisando che l’attestazione riguarda la conformità ai requisiti di sicurezza di cui all’allegato V.
Tuttavia, nel caso di “permuta contro nuovo acquisto” non si è in presenza di un passaggio ad un utilizzatore diretto e non vi è, quindi, intenzionalità di reimmettere sul mercato una macchina che presenti eventuali carenze.
Sulla base di queste considerazioni si ritiene che, l’obbligo di attestare la conformità della macchina competa al rivenditore della stessa. Pertanto, in sede di accertamento si procederà verificando il rispetto di questo obbligo da parte del rivenditore.
Nell’atto di compravendita, relativamente all’usato ed in caso di macchine con eventuali carenze di sicurezza, sarebbe opportuno specificare:
• tipo di macchina e modello
• numero di matricola
• nome del costruttore
• dicitura “La macchina non può essere reimmessa sul mercato nelle condizioni di fatto; ciò è possibile solamente a seguito di un adeguamento alle norme di sicurezza”.
B) Vendita ad un altro utilizzatore diretto
Il proprietario di una macchina (es.: datore di lavoro) che vende la stessa ad un utilizzatore diretto (es.: altro datore di lavoro) deve sempre attestare la conformità della macchina ai requisiti di sicurezza di cui all’allegato V.
Tale obbligo riguarda anche chi concede la macchina in conto/lavoro, la noleggia o la fornisce in prestito d’uso.
C) Cessione per conto vendita
Il proprietario di una macchina, che fornisce la stessa ad una terza persona (es.: rivenditore) con procura di vendita del bene, al momento della vendita è tenuto ad attestare la conformità della macchina ai requisiti di sicurezza di cui all’allegato V.
Obblighi del curatore fallimentare
In caso di cessione o alienazione di una macchina il curatore assume tutti gli obblighi previsti nei punti precedenti.
fonte:
COORDINAMENTO TECNICO DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME DI PREVENZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO a cura del Gruppo Interregionale “Macchine e Impianti”
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