Agenti inquinanti aria indoor
- Gli opuscoli del Ministero della Salute sugli agenti inquinanti aria indoor
- Fumo di tabacco ambientale (ETS)
- Ossido e biossido di azoto (NOx e NO2)
- Ossidi di zolfo (SOx)
- Monossido di carbonio (CO)
- Idrocarburi aromatici policiclici (IPA)
- Composti Organici Volatili (COV)
- Formaldeide
- Benzene
- Particolato
- Ozono (O3)
- Amianto
- Fibre minerali sintetiche
- Agenti microbiologici
- Acari
- Derivati epidermici di animali domestici
- Umidità e muffe
- Radon
Gli opuscoli del Ministero della Salute sugli agenti inquinanti aria indoor
Il Ministero della Salute, Direzione generale della prevenzione sanitaria e Direzione generale della comunicazione e dei rapporti europei e internazionali, ha pubblicato ieri sul proprio sito una serie di opuscoli divulgativi raccolti sotto il titolo di Agenti inquinanti aria indoor.
La qualità dell’aria indoor (Indoor Air Quality-IAQ) definisce l’aria interna che si respira nelle abitazioni, uffici, strutture comunitarie, ambienti destinati ad attività ricreative e sociali, mezzi di trasporto.
“Negli ultimi decenni, si legge nella presentazione della nuova area tematica, si sono verificati profondi mutamenti nella qualità dell’aria interna, con progressivo aumento delle fonti e delle concentrazioni degli inquinanti. In presenza di fonti interne di inquinamento e scarsa ventilazione degli ambienti, i livelli degli inquinati (chimici, fisici e biologici) nell’aria indoor possono essere di gran lunga superiori rispetto a quelli rilevati all’esterno”.
Il rischio espositivo interessa una parte estesa della popolazione e risulta di particolare gravità per alcuni gruppi più vulnerabili (bambini, donne in gravidanza, anziani, malati cronici e poveri).
Per quanto possa riguardare la nostra rubrica sulla sicurezza sul lavoro, dedicheremo alcuni articoli prendendo spunto dalle informazioni della pubblicazione del Ministero della salute.
Qui sotto i titoli dei vari opuscoli:
Fumo di tabacco ambientale;
Ossido e biossido di azoto;
Ossidi di zolfo;
Monossido di carbonio;
Idrocarburi aromatici policiclici;
Composti organici volatili;
Formaldeide;
Benzene;
Particolato;
Ozono;
Amianto;
Fibre minerali sintetiche;
Agenti microbiologici;
Acari;
Derivati epidermici di animali domestici;
Umidità e muffe;
Radon.
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Fumo di tabacco ambientale (ETS)
Che cosa è
Il Fumo di tabacco ambientale Environmental Tobacco moke (ETS) è il fumo che si libera dalla sigaretta di un fumatore nell’ambiente e che viene inalato involontariamente dalle persone che si trovano vicino ad uno o più fumatori. E’ tutt’ora il principale inquinante degli ambienti chiusi. Consiste nell’esposizione ambientale agli agenti tossici generati dalla combustione del tabacco: un complesso di oltre 4.000 sostanze chimiche sotto forma di particelle e di gas. Almeno un terzo della popolazione è esposto a questo inquinante in casa.
Effetti sulla salute
L’esposizione al fumo di tabacco si associa ad aborto, nascita prematura, basso peso alla nascita, malformazioni congenite e anche ad effetti nella vita adulta, come aumento del rischio di malattie respiratorie croniche, infarto del miocardio e cancro del polmone.
Ambedue le fasi dello Studio SIDRIA (Studi Italiani sui Disturbi Respiratori dell’Infanzia e l’Ambiente) evidenziano che il fumo materno in gravidanza è associato al respiro sibilante in età prescolare (“early wheezing”) e al “respiro sibilante” che persiste in età scolare (“persistent wheezing”), con un rischio che tende ad aumentare con il numero di sigarette fumate dalla gestante. In una coorte di bambini ad alto rischio (familiarità per asma o patologie allergiche IgE mediate), durante il follow- up di un anno, si è inoltre dimostrato che l’esposizione precoce ad ETS insieme con l’esposizione ad altri fattori di rischio ambientale (allergene del cane e NO2) determina un maggior rischio di incidenza di asma.
Esiste anche un’evidenza sufficiente per la relazione causale tra l’esposizione passiva al fumo dei genitori, in particolare il fumo della madre, e malattie dell’orecchio medio, incluse l’otite media acuta, l’otite ricorrente e le infezioni croniche dell’orecchio medio. Per le patologie delle basse vie aeree è ampiamente dimostrata una relazione causale tra l’esposizione passiva al fumo dei genitori e tosse, catarro, sibili, e dispnea (mancanza di fiato) in bambini nei primi anni di vita e per l’asma in quelli in età scolare.
Accanto al fumo attivo detto “di prima mano” (First-Hand Smoking - FHS) ] e al fumo passivo “di seconda mano” (Second-Hand Smoking-SHS), esiste anche il fumo di “terza mano” (Third-Hand Smoking - THS, cioè i residui tossici rilasciati nell’ambiente da sigarette spente che si depositano su vestiti, tappezzeria, oggetti, mobili e persino sulla pelle. Il fumo di terza mano può essere inalato ed è molto pericoloso per la salute, soprattutto dei bambini.
Fumo in macchina.
L’accensione di una sola sigaretta all’interno di un’automobile comporta l’immediato
accumulo delle sostanze inquinanti tipiche del fumo passivo a concentrazioni elevatissime,
con potenziale danno immediato per bambini e soggetti asmatici e cardiopatici.
Quando si fuma all’interno dell’automobile, nemmeno l’apertura completa del finestrino è in grado di impedire l’esposizione ad alcuni inquinanti pericolosi presenti nel fumo ambientale come le polveri con diametro inferiore ad un micron considerate quelle più pericolose per la salute.
Fumo di tabacco ambientale (ETS)
Misure per ridurre l’esposizione
Non fumare negli ambienti chiusi, soprattutto in macchina e in presenza di bambini, malati cronici (BPCO e Malattie cardiovascolari) e donne in stato di gravidanza.
Normativa
Applicazione della normativa vigente sul divieto del fumo:
La legge n.3/2003, art. 51, “Tutela della salute dei non fumatori”, entrata in vigore il 10/01/2005, estende il divieto di fumo a tutti i locali chiusi ad eccezione di quelli privati non aperti ad utenti o al pubblico e di quelli riservati ai fumatori e come tali contrassegnati(il divieto è assoluto in scuole e ospedali) e stabilisce sanzioni più gravi se si fuma in presenza di bambini e donne in cinte. La legge non prevede un obbligo, ma concede la possibilità di creare locali per fumatori, le cui caratteristi-che strutturali e i parametri di ventilazione sono stati definiti con il Decreto del Presidente del Con-siglio dei Ministri del 23 dicembre 2003, che prevede anche la vigilanza e sanzioni delle infrazioni.
Il decreto 12 settembre 2013 n.104 “Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca” è stato convertito nella legge 8 novembre 2013, n.128 “Divieto di fumo per la tutela della salute nel-le scuole” e rappresenta la normativa che vieta di fumare in tutte le aree all’aperto di pertinenza degli istituti scolastici (parcheggi, porticati, giardini, impianti sportivi) e estende il divieto anche alle sigarette elettroniche.
Il Decreto legislativo del 3 aprile 2014, di recepimento della direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio stabilisce il divieto di fumo anche negli autoveicoli in presenza di minori e donne in gravidanza e il divieto di fumo nelle pertinenze esterne degli ospedali e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) pediatrici, nonché nelle pertinenze esterne dei singoli reparti pediatrici, ginecologici, di ostetricia e neonatologia.
www.salute.gov.it
Ossido e biossido di azoto (NOx e NO2)
Che cosa è
Il biossido d’azoto (un tipico inquinante dell’aria esterna, originato prevalentemente dal traffico veicolare) è tra gli inquinanti più comuni dell’aria indoor, specialmente in Italia, dove sussiste un uso pressoché esclusivo di gas, sia per il riscaldamento, sia per cucinare. L’esposizione a questo composto può risultare, in assenza di adeguata ventilazione, anche superiore a quella dell’aria esterna.
Le principali fonti sono costituite da radiatori a cherosene, da stufe e radiatori a gas privi di scarico e dal fumo di tabacco. Nelle abitazioni si riscontrano generalmente concentrazioni inferiori a 0,1 mg/m3, tuttavia si possono verificare livelli più elevati (superiori a 0,2 mg/m3), soprattutto durante la cottura di cibi con stufe a gas o durante l'uso di stufe a cherosene.
Effetti sulla salute
Il biossido di azoto ha un odore pungente e può provocare irritazione oculare, nasale o a carico della gola e tosse. Alterazioni della funzionalità respiratoria si possono verificare in soggetti sensibili, quali bambini, persone asmatiche o affette da bronchite cronica. Una sintomatologia precoce a carico delle prime vie aeree in soggetti con patologia polmonare può manifestarsi a partire da concentrazioni pari a 0,2 mg/m3.
Misure per ridurre l’esposizione
I dispositivi a gas devono essere regolarmente controllati
Il locale cucina deve essere ben ventilato
quando si cucina usare l’estrattore d’aria con scarico all’esterno, quando si cucina
far controllare e pulire regolarmente da personale esperto di sistemi di riscaldamento caldaie,
canne fumarie e camini
non fumare negli ambienti chiusi
far eseguire periodicamente, da tecnici specializzati, la manutenzione dei sistemi di ventilazione
Normativa
Il Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 155, in recepimento della Direttiva sulla Qualità dell’Aria Ambiente e Aria più Pulita per l’Europa n. 50/2008 del 21 maggio 2008, fissa i valori limite e gli obiettivi di qualità per le concentrazioni nell’aria ambiente di biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, piombo, particolato PM10, particolato PM2.5 e ozono.
WHO Air quality guidelines Global Update 2005 “Particulate matter, ozone, nitrogen dioxide and sulfur dioxide” applicabili ad ambienti indoor inclusi azioni, scuole e mezzi di trasporto.
www.salute.gov.it
Ossidi di zolfo (SOx)
Che cosa sono
Gli ossidi di zolfo comprendono l’anidride solforosa (SO2) e l’anidride solforica (SO3) che reagendo con l’acqua genera acido solforico. Negli ambienti indoor, in assenza di sorgenti interne, la presen-za degli ossidi di zolfo in genere è dovuta all'ingresso dell'aria outdoor. Le principali fonti indoor sono costitute da radiatori a cherosene, da stufe e radiatori a gas privi di scarico esterno e dal fumo di tabacco.
Effetti sulla salute
Queste sostanze producono gli stessi effetti biologici e sanitari degli ossidi di azoto. A basse con-centrazioni gli effetti del biossido di zolfo sono principalmente legati a patologie dell’apparato re-spiratorio come bronchiti, asma e tracheiti e a irritazioni della pelle, degli occhi e delle mucose.
Misure di prevenzione
Particolare attenzione deve essere posta nel caso di uso di combustibili negli ambienti confinati avendo cura di provvedere alla adeguata ventilazione degli ambienti e ad un'efficiente evacuazione dei fumi.
Normativa
Il Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 155, in recepimento della Direttiva sulla Qualità dell’Aria Ambiente e Aria più Pulita per l’Europa n. 50/2008 del 21 maggio 2008, fissa i valori limite e gli obiettivi di qualità per le concentrazioni nell’aria ambiente di biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, piombo, particolato PM10, particolato PM2.5 e ozono.
WHO Air quality guidelines Global Update 2005 “Particulate matter, ozone, nitrogen dioxide and sulfur dioxide” applicabili ad ambienti indoor inclusi azioni, scuole e mezzi di trasporto.
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Monossido di carbonio (CO)
Che cosa è
Il monossido di carbonio assume particolare rilevanza tra gli inquinanti prodotti dalla combustione. E’ un gas tossico, incolore, inodore, insapore e non irritante che, senza ventilazione adeguata, può raggiungere concentrazioni elevate. Si produce per combustione incompleta di qualsiasi materiale organico, in presenza di scarso contenuto di ossigeno nell’ambiente. Per le sue caratteristiche può essere inalato in modo subdolo ed impercettibile, fino a raggiungere nell’organismo concentrazioni letali. Il CO presente nell'aria degli ambienti confinati proviene principalmente dal fumo di tabacco e da fonti di combustione non dotate di idonea aspirazione (radiatori portatili a kerosene e a gas, caldaie, scaldabagni, caminetti e stufe a legna o a gas). Il monossido di carbonio può anche prove-nire dall'esterno quando il locale si trova annesso ad un garage o ad un'autofficina o in prossimità di strade con intenso traffico veicolare. Nelle abitazioni, in condizioni normali, i livelli sono com-presi tra 1,5 e 4,5 mg/m3. In presenza di processi di combustione, quali sistemi di riscaldamento e di cottura o di fumo di tabacco, e inadeguata ventilazione, le concentrazioni interne possono supe-rare quelle esterne e raggiungere livelli sino a 60 mg/m3. Durante l’inverno nelle abitazioni posso-no verificarsi concentrazioni superiori a quelle esterne e livelli di inquinamento elevati si riscontra-no più frequentemente in edifici vecchi, specie se abitati da famiglie a basso reddito.
Effetti sulla salute
Il monossido di carbonio (CO) inalato si lega con l'emoglobina, una proteina presente a livello dei globuli rossi e deputata al trasporto dell'ossigeno, formando la carbossiemoglobina (COHb). Tale legame è molto più stabile (circa 200-300 volte) di quello formato tra emoglobina ed ossigeno, in questo modo il CO impedisce il normale trasporto dell'ossigeno ai tessuti periferici, determinando effetti tossicologici di diversa entità. Per concentrazioni ambientali di CO inferiori a 5 mg/m3, corri-spondenti a concentrazioni di COHb inferiori al 3%, non si hanno effetti apprezzabili sulla salute, negli individui sani, mentre in pazienti con affezioni cardiache, anche basse concentrazioni possono provocare una crisi anginosa. A concentrazioni maggiori si verificano cefalea, confusione, disorien-tamento, capogiri, visione alterata e nausea. Concentrazioni particolarmente elevate possono cau-sare coma e morte per asfissia. La severità delle manifestazioni cliniche da intossicazione da CO dipende dalla sua concentrazione nell’aria inspirata, dalla durata dell’esposizione e dalle condizioni di salute delle persone coinvolte. Particolarmente suscettibili sono gli anziani, le persone con affe-zioni dell’apparato cardiovascolare e respiratorio, le donne in stato di gravidanza, i neonati ed i bambini in genere. Circa l’80% dei casi di avvelenamento da CO rilevati dai Pronto Soccorso, si veri-fica tra le mura domestiche. In Italia le statistiche ufficiali più recenti riportano 500-600 morti l’an-no, di cui circa i 2/3 per intossicazione volontaria. Tali cifre sicuramente sottostimano la vera entità del fenomeno poichè molti casi di intossicazione, soprattutto quelli accidentali o i casi non mortali, non vengono correttamente diagnosticati e registrati. Molto si è discusso sull’esistenza di un qua-dro di intossicazione cronica da CO. In alcuni soggetti esposti per lungo tempo all’assorbimento di piccole quantità dell’inquinante, è stata descritta una sintomatologia caratterizzata da astenia, ce-falea, vertigini, nevriti, sindromi parkinsoniane ed epilettiche, aritmie, crisi anginose.
Misure per ridurre l’esposizione
La corretta informazione della popolazione generale sulla pericolosità del monossido di carbonio rappresenta il punto centrale nella prevenzione degli effetti dannosi causati da questo pericoloso agente tossico, soprattutto nei periodi a maggiore rischio, come durante i mesi invernali.
Gli impianti di riscaldamento devono essere sottoposti ad una regolare manutenzione da parte di personale specializzato.
I motori degli autoveicoli vanno tenuti spenti negli spazi chiusi.
I sistemi di cottura, progettati per l’utilizzo all’aria aperta non devono essere usati all’interno di spazi chiusi.
L’uso di apparecchiature rivelatrici della presenza di CO può essere incoraggiato, ma non deve essere considerato una alternativa ad una appropriata manutenzione degli impianti.
La classe medica deve essere sensibilizzata in modo particolare al problema, affichè nella dia-gnosi etiologica non trascuri di valutare il monossido di carbonio come probabile agente eziolo-gico in presenza di quadri clinici compatibili.
Normativa
La progettazione, la installazione, la manutenzione ed il collaudo del sistema di combustione devono rispettare quanto previsto dalle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza degli impianti ed in particolare il Decreto 22 gennaio 2008, n. 37, recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici. (GU Serie Generale n.61 del 12-3-2008), come pure le norme tecniche di sicurezza dell’Ente Italiano di Unificazione (UNI) e del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI). I soggetti abilitati rilasciano al committente idonea dichiarazione della messa in opera, secondo “le regole dell’arte” e di conformità degli impianti alla normativa vigente.
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Idrocarburi aromatici policiclici (IPA)
Che cosa sono
Gli idrocarburi aromatici policiclici (IPA) sono un ampio gruppo di composti organici, per lo più non volatili, che nell'aria indoor si trovano in parte in fase di vapore e in parte adsorbiti su partico-lato. Le sorgenti principali sono le fonti di combustione, quali caldaie a cherosene, camini a legna e il fumo di sigaretta. Importati emissioni di IPA si hanno in occasione di cottura di cibi alla griglia.
Effetti sulla salute
Gli IPA sono un gruppo di sostanze tra le quali diverse sono risultate dotate di attività cancerogena/mutagena. In particolare possono provocare tumori cutanei per contatto e tumori polmonari per via respiratoria. Essendo una classe di composti contenenti agenti cancerogeni si raccomanda di mantenere il livello di concentrazione il più basso possibile.
Misure per ridurre l’esposizione
Limitare la cottura di cibi alla griglia negli ambienti chiusi.
Dotare stufe, camini e grill di adeguate prese d’aria per una buona combustione.
Mantenere una adeguata ventilazione dei luoghi dove vi sono in uso stufe, camini e grill.
Assicurare un buon funzionamento ed un regolare controllo delle cappe.
Se possibile, installare un sistema di ventilazione meccanica per ricambiare l’aria nell’abitazio-ne.
Eliminare il fumo negli ambienti confinati.
Normativa
Per l’aria atmosferica esterna esiste come riferimento normativo il Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 155, in recepimento della Direttiva sulla Qualità dell’Aria Ambiente e Aria più Pulita per l’Europa n. 50/2008 del 21 maggio 2008.
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Composti Organici Volatili (COV)
Che cosa sono
Appartengono a questa classe numerosi composti chimici quali idrocarburi alifatici, aromatici e clo-rurati, aldeidi, terpeni, alcooli, esteri e chetoni. Tra questi i più diffusi negli edifici residenziali sono il limonene, il toluene, ma il più importante da un punto di vista tossicologico e mutageno è la for-maldeide. In base al comma 11, art.268 del DLgs152/2006, vengono definiti COV, qualsiasi compo-sto organico che abbia a 293,15 K (20°C) una pressione di vapore di 0,01 KPa superiore. Varie sono le sorgenti di inquinamento di Composti Organici Volatili (COV) nell'aria degli ambienti indoor: gli “occupanti” attraverso la respirazione e la superficie corporea, i prodotti cosmetici o deodoranti, i dispositivi di riscaldamento, i materiali di pulizia e prodotti vari (es. colle, adesivi, solventi, vernici,), abiti trattati recentemente in lavanderie, il fumo di sigaretta e strumenti di lavoro, quali stampanti e fotocopiatrici.
Altre importanti fonti di inquinamento sono i materiali da costruzione e gli arredi (es. mobili, mo-quette, rivestimenti) che possono determinare emissioni continue durature nel tempo (settimane o mesi). Elevate concentrazioni di COV sono riscontrabili, specialmente, nei periodi immediatamente successivi alla posa dei vari materiali o alla installazione degli arredi. L’emissione di COV è più alta all’inizio della vita del prodotto e tende a diminuire notevolmente in tempi abbastanza brevi (da una settimana per vernici e adesivi, a sei mesi per altri composti chimici). Fa eccezione la formal-deide, che tende a presentare rilasci relativamente costanti per molti anni. Infine, un'errata collo-cazione delle prese d'aria in prossimità di aree ad elevato inquinamento (es. vie ad alto traffico, parcheggio sotterraneo, autofficina) può determinare una importante penetrazione di COV dall'esterno.
Effetti sulla salute
I COV possono essere causa di una vasta gamma di effetti che vanno dal disagio sensoriale fino a gravi alterazioni dello stato di salute; ad alte concentrazioni negli ambienti interni, possono causa-re effetti a carico di numerosi organi o apparati, in particolare a carico del sistema nervoso centra-le. Alcuni di essi sono riconosciuti cancerogeni per l'uomo (benzene) o per l'animale (tetracloruro di carbonio, cloroformio, tricloroetilene, tetracloroetilene).
E' stato ipotizzato che l'inquinamento indoor da COV possa costituire un rischio cancerogeno per i soggetti che trascorrono molto tempo in ambienti confinati, anche se l'insufficiente caratterizzazio-ne di tale inquinamento rende queste valutazioni non ancora conclusive.
Misure per ridurre l’esposizione
I livelli dei COV presenti negli ambienti interni si possono controllare effettuando un’accurata scel-ta dei materiali da costruzione e da arredo e dei prodotti utilizzati per la pulizia. I progettisti, gli ar-chitetti, nonché i responsabili della manutenzione, devono prediligere prodotti certificati, che ri-spettino il requisito igiene salute e ambiente e mantenersi aggiornati sulle nuove disponibilità.
In particolare si raccomanda di:
Ridurre al minimo l’uso di materiali contenenti COV (cosmetici, deodoranti, materiali di pulizia, colle, adesivi, solventi, vernici).
Utilizzare, quando possibile, vernici a base di acqua.
Utilizzare il meno possibile le colle per fissare la moquette al pavimento, eventualmente pren-dendo in considerazione soluzioni alternative.
Ventilare adeguatamente i locali quando vi sono possibili sorgenti di VOC (materiali contenenti COV, abiti trattati recentemente in lavanderie, fumo di sigaretta, stampanti, fotocopiatrici) e durante e subito dopo la posa di materiali di costruzione e gli arredi (es. mobili, moquette, rive-stimenti).
Mantenere, comunque, gli ambienti sempre ben ventilati.
Non fumare negli ambienti chiusi.
Mantenere i dispositivi di riscaldamento regolarmente controllati.
Usare l’estrattore d’aria con scarico all’esterno quando si cucina.
Effettuare il regolare controllo e pulizia da parte di personale esperto dei sistemi di riscalda-mento (caldaie, canne fumarie, camini).
Eventuali sistemi di ventilazione meccanica devono essere dotati di idonei filtri, regolarmente controllati.
Normativa
Direttiva 2004/42/CE - Decreto Legislativo 27 marzo 2006 n.161 su: Limitazione delle emissioni di VOCs dovuti all’uso di solventi organici in alcune vernici e pitture (2006). La Direttiva subordina l’im-missione sul mercato delle pitture e dei i rivestimenti utilizzati in edilizia a: un contenuto massimo di COV diverso per ogni categoria, specifici obblighi di etichettatura; include diverse sanzioni; deli-nea i metodi analitici di calcolo del tasso di COV; definisce i valori limite per le diverse sottocate-gorie di prodotti. La Direttiva introduce l’obbligo di apporre sui prodotti inclusi nel suo ambito di applicazione un’apposita etichetta da cui risultino evidenti alcune informazioni basilari: la natura del prodotto ed il relativo contenuto di COV.
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Formaldeide
Che cosa è
La formaldeide è un composto organico in fase di vapore, caratterizzato da un odore pungente. Oltre a essere un prodotto della combustione (fumo di tabacco e altre fonti di combustione), è an-che emesso da resine urea-formaldeide usate per l'isolamento (cosiddette UFFI) e da resine usate per truciolato e compensato di legno, per tappezzerie, moquette, tendaggi e altri tessili sottoposti a trattamenti antipiega e per altro materiale da arredamento. Nelle abitazioni i livelli sono general-mente compresi tra 0,01 e 0,05 mg/m3. Anche per questo composto i livelli indoor sono general-mente superiori rispetto a quelli outdoor.
Negli ambienti indoor i livelli sono generalmente compresi tra 10 e 50 μg/m3. Le maggiori concen-trazioni si possono osservare in case prefabbricate, dopo interventi edilizi ed in locali con recente posa di mobili in truciolato, parquet o moquette.
Effetti sulla salute
La formaldeide causa irritazione oculare, nasale e a carico della gola, starnuti, tosse, affaticamento e eritema cutaneo; soggetti suscettibili o immunologicamente sensibilizzati alla formaldeide posso-no avere però reazioni avverse anche a concentrazioni inferiori. Le concentrazioni di formaldeide rilevate nelle abitazioni possono essere dell'ordine di quelle che provocano irritazione delle vie ae-ree e delle mucose, particolarmente dopo interventi edilizi o installazioni di nuovi mobili o arredi. La formaldeide è fortemente sospettata di essere uno degli agenti maggiormente implicati nella Sindrome dell’edificio malato (Sick Building Syndrome), tanto da essere utilizzata come unità di ri-ferimento per esprimere la contaminazione di un ambiente indoor da una miscela di sostanze non risolvibili. Nel 2004 la formaldeide è stata indicata dallo IARC tra i composti del gruppo I (cancerogeni certi). Essendo un agente con probabile azione cancerogena è raccomandabile un li-vello di concentrazione il più basso possibile. L’OMS ha fissato un valore guida pari a 0,1 mg/m3 (media su 30 minuti).
Misure per ridurre l’esposizione
Eliminare o limitare, dove possibile, l’impiego di materiali contenenti formaldeide (tappezzerie, moquette, mobili in truciolato etc..).
Utilizzare prodotti a basso contenuto di formaldeide; ad esempio utilizzare prodotti a base di legno truciolare a minor emissione che contengono resine fenoliche, non a base di urea-formaldeide.
Aumentare la ventilazione, particolarmente dopo aver introdotto nuove fonti di formaldeide nell'ambiente confinato.
Utilizzare dispositivi di condizionamento dell’aria o deumidificatori per mantenere moderata la temperatura e ridurre i livelli di umidità
Normativa
Nella Circolare del Ministero della Sanità n. 57 del 22 giugno 1983“Usi della formaldeide - Rischi connessi alle possibili modalità d’impiego”, viene riportato un limite massimo di esposizione di 0,1 ppm (124 μg/m3) negli ambienti di vita e di soggiorno in via sperimentale e provvisoria. Orienta-mento confermato nel decreto del 10 ottobre 2008 “Disposizioni atte a regolamentare l’emissione di aldeide formica da pannelli a base di legno e manufatti con essi realizzati in ambienti di vita e soggiorno”. Per quanto riguarda le metodiche da utilizzare per le misurazioni delle concentrazioni, il decreto del 2008 riporta i riferimenti dei metodi UNI ovvero: UNI EN 717-1:2004 Pannelli a base di legno. Determinazione del rilascio di formaldeide con il metodo di camera; UNI EN 717-2: 1996 corretta nel 2004 Pannelli a base di legno. Determinazione del rilascio di formaldeide con il metodo dell’analisi dei gas.
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Benzene
Che cosa è
Si tratta di un composto organico volatile diffusamente presente, la cui principale sorgente nell’aria esterna è costituita dalla benzina per autoveicoli. Negli ambienti indoor il benzene può essere emesso dal fumo di sigaretta e da vari prodotti eventualmente contaminati (es. colle, adesivi, sol-venti, vernici). Importanti concentrazioni di benzene sono riscontrabili in particolare nei periodi immediatamente successivi alla posa dei vari materiali. Un'errata collocazione delle prese d'aria in prossimità di aree ad elevato inquinamento (es. vie ad alto traffico, parcheggio sotterraneo, au-tofficina) può determinare una importante penetrazione di benzene dall'esterno.
Nelle abitazioni senza fumatori sono generalmente rilevati livelli inferiori a 0,01 mg/m3, mentre in quelle con fumatori sono presenti livelli generalmente superiori (0,01-0,02 mg/m3).
Effetti sulla salute
Il benzene è un riconosciuto agente cancerogeno per l’uomo, potendo causare, in particolare, leu-cemie. E' stato ipotizzato che l'inquinamento indoor da benzene possa costituire un significativo rischio cancerogeno per i soggetti che trascorrono molto tempo in ambienti confinati, anche se l'in-sufficiente caratterizzazione di tale inquinamento rende questa valutazione non ancora conclusiva.
Misure per ridurre l’esposizione
Non utilizzare materiali contenenti benzene.
Non fumare negli ambienti chiusi.
Ridurre al minimo l’uso di materiali che possono contenere benzene (colle, adesivi, solventi, vernici).
Ventilare adeguatamente i locali quando vi sono possibili sorgenti di benzene e particolarmen-te durante e subito dopo la posa di materiali di costruzione e rivestimenti.
Mantenere ambienti sempre ben ventilati.
Eventuali sistemi di ventilazione meccanica devono essere dotati di idonei filtri e regolarmente controllati.
Il benzene è un agente cancerogeno si raccomanda di mantenere il livello di concentrazione il più basso possibile.
Normativa
Non può essere raccomandato nessun livello sicuro di esposizione al benzene. Per l’aria atmosferi-ca esterna esiste come riferimento normativo il Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 155, in rece-pimento della Direttiva sulla Qualità dell’Aria Ambiente e Aria più Pulita per l’Europa n. 50/2008 del 21 maggio 2008, fissa i valori limite e gli obiettivi di qualità per le concentrazioni nell’aria am-biente di biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, piombo, particolato PM10, particolato PM2.5 e ozono.
Particolato
Che cosa è
L’aria contiene in sospensione del pulviscolo che può essere innocuo, se d’origine naturale e pre-sente in piccole quantità, o dannoso, se abbondante ed inalabile. Le fonti possono essere di origine naturale o antropica (ad es. fuliggine, processi di combustione, fonti naturali ed altro). La composi-zione risulta pertanto molto varia (metalli pesanti, solfati, nitrati, ammonio, carbonio organico, idrocarburi aromatici policiclici, diossine/furani). Possono essere individuate due classi principali di particolato, suddivise sia per dimensioni, sia per composizione: particolato grossolano e particola-to fine. Il particolato grossolano è costituito da particelle, compresi pollini e spore, con diametro superiore a 10 μm (micron). Sono in genere trattenuti dalla parte superiore dell'apparato respirato-rio (naso, laringe).Vengono definite polveri fini le particelle di polvere con un diametro aerodinami-co inferiore a10 μm (PM10), in grado di penetrare nel tratto respiratorio superiore (naso, faringe e trachea) e le particelle con diametro inferiore a 2,5 micrometri (PM2,5), particolato fine in grado di penetrare profondamente nei polmoni specie durante la respirazione dalla bocca. Per dimensioni ancora inferiori (particolato ultra fine, UFP o UP) si parla di polvere respirabile, cioè in grado di pe-netrare profondamente nei polmoni fino agli alveoli. Nano polveri di particolato con diametro dell'ordine di grandezza dei nanometri (un nanometro sarebbe PM 0,001), si tratta, in questo caso, di misure atomiche e molecolari. Queste nano particelle hanno la possibilità di entrare nelle cellu-le e addirittura arrivare al nucleo creando diversi disturbi tra i quali le mutazioni del DNA. Mentre le particelle fini sono trattenute negli alveoli con una percentuale del 30 -40%, le nano particelle possono superare l'80% di ritenzione. A questo livello mancano estese indagini epidemiologiche, a causa della difficoltà di precise misurazioni e monitoraggio ambientale delle nano polveri, ma so-prattutto a causa della relativa recente attenzione che l'argomento sta destando.
Effetti sulla salute
Il particolato aerodisperso è in grado di adsorbire gas e vapori tossici sulla superficie delle particel-le. Tale fenomeno contribuisce ad aumentare le concentrazioni degli inquinanti gassosi che rag-giungono le zone più profonde del polmone, trasportati dalle particelle PM10 e PM2.5.
Numerosi studi hanno evidenziato una correlazione tra esposizione acuta a particolato aerodiperso e sintomi respiratori, alterazioni della funzionalità respiratoria, ricoveri in ospedale e mortalità per malattie respiratorie. Inoltre, l'esposizione prolungata nel tempo a particolato, già a partire da bas-se dosi, è associata all'incremento di mortalità per malattie respiratorie e di patologie quali bron-chiti croniche, asma e riduzione della funzionalità respiratoria. L'esposizione cronica, inoltre, è ve-rosimilmente associata ad un incremento di rischio di tumore delle vie respiratorie. Il cancro è sta-to associato in particolare con l'esposizione a particolato di combustione (particolato più fine); la fuliggine ha infatti proprietà cancerogene e numerosi idrocarburi aromatici policiclici, alcuni dei quali cancerogeni, sono assorbiti sul particolato fine che viene inalato profondamente nei polmoni. Si segnala che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato di mantenere la concentra-zione di tale inquinante al livello il più basso possibile, non esistendo un livello soglia al disotto del quale non sono dimostrabili effetti sulla salute.
Misure per ridurre l’esposizione
Munire tutte le fonti di riscaldamento di areazione verso l’esterno.
Mantenere aperte le porte delle altre stanze quando si utilizzano radiatori portatili privi di sca-rico.
Scegliere stufe a legna di dimensioni adeguate, che soddisfino i requisiti per le emissioni stan-dard; accertare che tutti gli sportelli sulle stufe a legna siano a tenuta stagna.
Mantenere i dispositivi di riscaldamento regolarmente controllati, far riparare immediatamen-te ogni fessura.
Mantenere gli ambienti ben ventilati.
Usare l’estrattore d’aria con scarico all’esterno quando si cucina.
Effettuare regolare controllo e pulizia da parte di personale esperto dei sistemi di riscaldamen-to (caldaie, canne fumarie, camini).
Eventuali sistemi di ventilazione meccanica devono essere dotati di idonei filtri ed essere rego-larmente controllati.
Non fumare negli ambienti chiusi.
Mantenere un’umidità relativa nelle abitazioni di 35-40%.
Normativa
Il Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 155, in recepimento della Direttiva sulla Qualità dell’Aria Ambiente e Aria più Pulita per l’Europa n. 50/2008 del 21 maggio 2008, fissa i valori limite e gli obiettivi di qualità per le concentrazioni nell’aria ambiente di biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, piombo, particolato PM10, particolato PM2.5 e ozono.
WHO Air quality guidelines Global Update 2005 “Particulate matter, ozone, nitrogen dioxide and sulfur dioxide” applicabili ad ambienti indoor inclusi azioni, scuole e mezzi di trasporto.
www.salute.gov.it
Ozono (O3)
Che cosa è
L’ozono è un gas composto da molecole instabili con un odore pungente e dotato di grande reatti-vità. Viene prodotto in atmosfera dalla reazione tra ossidi di azoto, composti organici volatili e raggi solari. In genere, la quota proveniente dall’esterno rappresenta la maggior parte dell’ozono pre-sente in un ambiente confinato, tuttavia, nelle abitazioni può essere emesso in maniera significati-va da strumenti elettrici ad alto voltaggio, quali motori elettrici, stampanti laser e fax, da apparec-chi che producono raggi ultravioletti, da filtri elettronici per pulire l’aria, non correttamente instal-lati e senza una adeguata manutenzione.
In ambiente esterno, le principali sorgenti di particolato sono sia di origine naturale (suolo, sospen-sioni marine, emissioni vulcaniche, spore, ecc.), per le quali si riscontra una maggiore frazione di particelle grossolane, sia di origine antropica (motori a combustione, impianti industriali, impianti per riscaldamento, ecc.), per le quali si riscontra una maggiore frazione di particelle fini.
Le principali sorgenti di particolato negli ambienti indoor sono l’aria esterna, tutti i sistemi di com-bustione e il fumo di tabacco. Altre sorgenti secondarie sono spray, fumi di alimenti cotti. La pre-senza di polveri e fibre nell'aria interna è legata anche al grado di usura dei prodotti come pavi-mentazioni, tappezzerie, intonaci, pitturazioni o alla possibilità che materiali fibrosi (come alcuni tipi di isolanti) che entrano in contatto con l'aria interna.
Effetti sulla salute
Può causare effetti irritativi alle mucose oculari e alle prime vie aeree, tosse, fenomeni bronco-struttivi ed alterazione della funzionalità respiratoria. In studi epidemiologici condotti in popolazio-ni urbane esposte ad ozono sono stati osservati sintomi irritativi sulle mucose oculari e sulle prime vie respiratorie per esposizioni di alcune ore a livelli di ozono a partire da 0,2 mg/m3 (media ora-ria). In bambini ed in giovani adulti sono state osservate riduzioni transitorie della funzionalità re-spiratoria, a livelli inferiori di ozono, a partire da 0,12 mg/m3 (media oraria). Sono invece disponibili pochi studi sugli effetti per esposizioni croniche a questo inquinante.
Misure per ridurre l’esposizione
Limitare l’uso di fonti indoor, quali strumenti elettrici ad alto voltaggio (motori elettrici, stam-panti laser e fax), apparecchi che producono raggi ultravioletti e filtri elettronici per pulire l’a-ria.
Assicurare una corretta localizzazione e manutenzione delle fonti indoor.
Mantenere una buona ventilazione degli ambienti.
Utilizzare un sistema di ventilazione meccanica dotato di filtri speciali al carbone attivo o char-coal in grado di convertire l’ozono in ossigeno.
Normativa
Il Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 155, in recepimento della Direttiva sulla Qualità dell’Aria Ambiente e Aria più Pulita per l’Europa n. 50/2008 del 21 maggio 2008, fissa i valori limite e gli obiettivi di qualità per le concentrazioni nell’aria ambiente di biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, piombo, particolato PM10, particolato PM2.5 e ozono.
WHO Air quality guidelines Global Update 2005 “Particulate matter, ozone, nitrogen dioxide and sulfur dioxide” applicabili ad ambienti indoor inclusi azioni, scuole e mezzi di trasporto;
Amianto
Che cosa è
L’amianto (o asbesto) è un materiale fibroso, costituito da fibre minerali naturali appartenenti ai silicati e alle serie mineralogiche del serpentino (crisotilo o amianto bianco) e degli anfiboli (crocidolite o amianto blu). Le fibre minerali comprendono sia materiali fibrosi naturali, come l’a-mianto; sia fibre artificiali, tra le quali la lana di vetro, la lana di roccia, ed altri materiali affini.
L'amianto ha trovato un vasto impiego particolarmente come isolante o coibente e, secondaria-mente, come materiale di rinforzo e supporto per altri manufatti sintetici (mezzi di protezione e tute resistenti al calore). Attualmente l’impiego è proibito per legge, tuttavia la liberazione di fibre di amianto da elementi strutturali preesistenti, all'interno degli edifici può avvenire per lento dete-rioramento di materiali che lo contengono oppure per danneggiamento diretto degli stessi da par-te degli occupanti o per interventi di manutenzione.
L’amianto di solito si ritrova in forma compatta, inglobato in una matrice cementizia (cemento-amianto in copertura, canne fumarie ecc.) o in altre matrici (pavimenti in linoleum, pareti, pannelli ecc.), ma e possibile trovarlo anche in forma friabile, più pericolosa, nel caso di utilizzo come inso-norizzante o isolante sui controsoffitti e/o sulle pareti. La liberazione di fibre di amianto all’interno degli edifici, dove è presente, può avvenire per lento deterioramento dei materiali costitutivi (isolanti o coibenti), per danneggiamento diretto degli stessi da parte degli occupanti o per inter-venti di manutenzione inappropriata.
Effetti sulla salute
La presenza delle fibre di amianto nell’ambiente comporta inevitabilmente dei danni a carico della salute, anche in presenza di pochi elementi fibrosi. E’ un agente cancerogeno. Particolarmente no-civo per la salute è il fibrocemento (meglio conosciuto come “eternit”), una mistura di amianto e cemento particolarmente friabile e quindi soggetta a danneggiamento o frantumazione.
I rischi maggiori sono legati alla presenza delle fibre nell’aria. Una volta inalate, le fibre si possono depositare all’interno delle vie aeree e sulle cellule polmonari. Le fibre che si sono depositate nelle parti più profonde del polmone possono rimanere nei polmoni per diversi anni, anche per tutta la vita. La presenza di queste fibre estranee all’interno dei polmoni può comportare l’insorgenza di malattie come l’asbestosi, il mesotelioma ed il tumore dei polmoni. Il mesotelioma è un tipo di tu-more che si sviluppa a carico della membrana che riveste i polmoni (pleura) e gli altri organi inter-ni. La sua casistica è fortemente relazionata alla presenza di asbesto aerodisperso e la sua compar-sa si manifesta dopo 15-30 anni. Come il mesotelioma, anche il cancro polmonare compare solita-mente a molti anni di distanza dall’inizio dell’esposizione e può insorgere anche per esposizione a bassi livelli di asbesto. L’effetto cancerogeno dell’amianto viene amplificato nei fumatori o più in generale in chi è esposto ad altri agenti inquinanti (es. gas di scarico, fumi industriali, ecc). Anche se in forma minore sono state riscontrate patologie del tratto intestinale e per la laringe connesse all’esposizione all’amianto.
Misure per ridurre l’esposizione
Essendo un agente cancerogeno occorre evitare l’esposizione, anche a bassi livelli di concentrazio-ne, poiché una minima esposizione per subirne gli effetti nocivi.
Un discorso a parte merita la bonifica e lo smaltimento di manufatti già esistenti (eternit, tubature, rivestimenti per centrali elettriche ecc.). In questo caso occorre rivolgersi sempre a personale qua-lificato o preposto da enti locali e regionali (ASL – Azienda Sanitaria Locale e ARPA - Agenzia Regio-nale per la Protezione dell'Ambiente) in modo da non recare danni maggiori a se stessi ed agli altri.
Amianto
Normativa
Con la legge 257 del 1992 è stata ormai vietata la produzione e l’installazione di materiali in amianto.
Per ulteriori informazioni relative agli effetti sulla salute e la normativa vigente, consultare la sezio-ne Amianto del portale del Ministero.
www.salute.gov
Fibre minerali sintetiche
Che cosa sono
Sono fibre minerali prodotte artificialmente: fibre vetrose (lana di vetro e di roccia), fibre cerami-che, fibre di carbonio e numerose altre che sono andate nel tempo a sostituire le fibre di amianto il cui impiego è stato proibito per legge. Sono molto utilizzate come rivestimenti isolanti/coibentanti, in resine rinforzate, in certi tessuti ignifughi e per vari impieghi industriali fra cui materiali di freni e frizioni. Le fibre possono essere rilasciate nell’ambiente durante la posa in opera o interventi che implichino la manipolazione del materiale installato (ristrutturazioni, riparazioni).
Per le fibre minerali sintetiche sono state nel tempo utilizzate diverse definizioni. Inizialmente que-ste fibre venivano classificate MMMF (Man Made Mineral Fibres) cioè fibre minerali artificiali. Suc-cessivamente, considerando la natura cristallina delle sostanze minerali, si è introdotto l’acronimo MMVF (Man Made Vitreus Fibres) per sottolinearne la natura vetrosa.
Effetti sulla salute
Possono dare irritazione di cute e mucose delle alte vie respiratorie. Dal momento che si tratta di fibre dal diametro relativamente grande raramente determinano patologie delle basse vie respira-torie, tuttavia alcune fibre vetrose di diametro molto piccolo (0,5 μm) possono raggiungere il pol-mone dando alveoliti e modesti ispessimenti pleurici in soggetti esposti a quantità considerevoli.
La IARC ha classificato i materiali lana di vetro, lana di roccia, lana di scoria e fibre ceramiche quali "possibili agenti cancerogeni per l'uomo" (categoria "2B").
Misure per ridurre l’esposizione
Quando si maneggiano materiali contenenti fibre minerali sintetiche utilizzare sempre guanti (di gomma), maschere protettive speciali per fibre e seguire le istruzioni del costruttore.
Utilizzare, durante la manipolazione dei materiali, vestiti lisci o grembiuli per evitare che le fi-bre rilasciate vengano trattenute; alla fine togliere i vestiti contaminati fuori dall’ambiente con-finato e lavarli prima di un nuovo utilizzo.
Si raccomanda di mantenere il livello di concentrazione di fibre minerali sintetiche il più basso possibile, inferiore ai livelli esterni di fondo.
Normativa
Agenti microbiologici
Che cosa sono
Negli ambienti indoor è presente una grande varietà di agenti microbiologici che comprendono microrganismi (virus, batteri, muffe, lieviti, funghi, protozoi, alghe), insetti (acari, aracnidi), mate-riale biologico derivato (frammenti di esoscheletro, escreti, tossine) e materiale organico di origine vegetale (pollini).
Le principali fonti di inquinamento microbiologico degli ambienti indoor sono gli occupanti (uomo e animali), la polvere, le strutture e i servizi degli edifici. Bisogna comunque considerare che la più comune fonte di microrganismi in un ambiente indoor è il corpo umano: le concentrazioni microbi-che possono essere molto elevate in funzione delle diverse zone del corpo, anche gli abiti possono essere serbatoio e fonte di diffusione di organismi. Comunque, sono soprattutto gli atti del parlare, starnutire e tossire le maggiori fonti di diffusione microbica nell’aria all’interno dei locali. Anche gli animali domestici possono essere un buon serbatoio di microrganismi. Oltre alla polvere domesti-ca, ogni altro substrato può essere terreno di coltura per i diversi microrganismi quando si verifica-no condizioni idonee di temperatura e umidità (ad esempio legno, materiale isolante, carta da pa-rati, manufatti tessili per arredamento, tappeti, tappezzerie). Altri possibili serbatoi di contaminanti microbiologici sono l'acqua stagnante, i residui di alimenti, le piante ed i rifiuti. Infine un gruppo importante di possibili sorgenti di microrganismi sono gli umidificatori e i condizionatori dell'aria. L'elevata umidità presente e l'inadeguata manutenzione possono facilitare l'insediamento e la mol-tiplicazione dei microrganismi, che vengono diffusi negli ambienti attraverso le bocchette dell’im-pianto di distribuzione dell'aria.
Effetti sulla salute
L’inquinamento microbiologico all’interno degli ambienti chiusi può essere considerato una fonte di trasmissione di numerose malattie infettive a carattere epidemico: influenza, varicella, morbillo, polmoniti, legionellosi, psittacosi-ornitosi, ecc. La possibilità che un microrganismo provochi una malattia dipende sia da fattori legati al microrganismo stesso (patogenicità, virulenza, dose inalata, modalità di immissione nell’aria, capacità di sopravvivenza in aria in relazione all’umidità, tempera-tura, luce, presenza di materiale organico), sia da fattori legati all’ospite (maggiore suscettibilità come nei broncopneumopatici, bambini ed anziani, immunodepressi, fumatori, esposti a irritanti).
Misure per ridurre l’esposizione
I contaminanti microbiologici possono essere controllati mediante una manutenzione adeguata dell’edificio, dei materiali impiegati e dei sistemi di ventilazione e condizionamento.
In particolare si raccomandano le seguenti misure:
mantenere accuratamente pulite tutte le superfici, in particolare quelle che vengono a con-tatto con i cibi
ridurre il più possibile i livelli di polvere nelle abitazioni
lavare regolarmente cuscini, lenzuola, coperte, tende e tappeti (soprattutto in camera da letto)
aumentare la ventilazione negli ambienti, riscaldare tutte le stanze durante l’inverno, mante-nere un livello di umidità relativa nell’abitazione inferiore al 60%
assicurarsi che venga fatta regolare manutenzione e pulizia di umidificatori, vaporizzatori e componenti degli impianti di climatizzazione, compresa la pulizia e sostituzione regolare dei filtri; utilizzare, ove necessario, sistemi di ventilazione/condizionamento, dotati di filtri speciali.
Legionella pneumophila
E’ batterio gram-negativo aerobio. L’infezione da Legionella pneumophila è stata segnalata in rela-zione a diffusione di aerosol provenienti da torri di raffreddamento, impianti di climatizzazione e condensatori evaporativi, nonché a impianti di distribuzione di acqua potabile (soffioni delle docce, rubinetti), apparecchiature sanitarie (es. per la terapia inalatoria), deumidificatori e fontane. Condi-zioni di rischio sono anche quelle associate ad aerosol di stabilimenti termali e di vasche per idro-massaggio. Con il termine “legionellosi” si definiscono tutte le forme morbose causate da del ge-nere Legionella. Il rischio di acquisire la malattia è prevalentemente correlato alla suscettibilità del soggetto esposto (fattori predisponenti la malattia sono l’età avanzata, il fumo di tabacco, la pre-senza di malattie croniche e l’immunodeficienza) e all’intensità di esposizione (virulenza, carica batterica infettante e tempo di esposizione). L’infezione può dar luogo a due distinti quadri clinici, la Legionellosi e la febbre di Pontiac. La Legionella è considerata responsabile di gran parte delle malattie infettive respiratorie in ambienti ospedalieri e comunità. La legionellosi è una polmonite grave soggetta a notifica obbligatoria in Italia e in Europa.
Sono state sviluppate procedure di abbattimento delle concentrazioni di Legionella negli impianti idrici. Il contenimento delle sue densità richiede un approccio complesso i cui criteri sono dettati da specifiche linee guida europee e nazionali.
Per approfondire consulta il documento sul portale del Ministero della Salute: Linee guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi
Normativa
Accordo del 5 ottobre 2006, recante “Linee guida per la definizione di protocolli tecnici di ma-nutenzione predittiva sugli impianti di climatizzazione”
Accordo del 7 febbraio 2013, Repertorio Atti n. 55, recante “Procedure operative per la valu-tazione e gestione dei rischi correlati all’igiene degli impianti di trattamento dell’aria”
Accordo in Conferenza Unificata del 7 maggio 2015, recante “Linee guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi”.
www.salute.gov.it
Acari
Che cosa sono
Gli acari sono piccolissimi Artropodi appartenenti alla classe degli Aracnidi. Tra gli acari le specie maggiormente rappresentate nell’ambiente e di conseguenza maggiormente studiate sono il Der-matophagoides pteronyssinus e il Dermatophagoides farinae. Gli allergeni maggiori sono rappre-sentati da Der p 1 e Der f 1, glicoproteine presenti soprattutto nelle feci, e da Der p 2 e Der f 2, estratte dal corpo dell’acaro. Per quanto riguarda i valori soglia di esposizione, ad oggi sono ritenu-ti validi i limiti stabiliti nell’ambito del 3rd International Workshop on Indoor Allergens and Asthma: 2 μg/g di Der p 1 o Der f 1 (valore teorico soglia per la sensibilizzazione allergica) e 10 μg/g (valore soglia per l’insorgenza di attacchi acuti di asma). Si annidano principalmente nella polvere domesti-ca. Una notevole concentrazione di acari, insieme alle loro spoglie ed escrementi, è riscontrabile nelle case e in particolare in materassi, poltrone, tappeti e altre suppellettili domestiche, ma anche in ambienti pubblici. La loro crescita è largamente condizionata da fattori di natura fisica e biologi-ca, in particolare da umidità, temperatura e disponibilità di cibo; le condizioni ottimali di crescita sono un’umidità relativa fra il 60 e l'80% e una temperatura fra i 18-24°C.
Effetti sulla salute
La presenza di acari della polvere rappresenta una delle principali cause di allergia respiratoria.
Misure per ridurre l’esposizione
mantenere l’umidità relativa nell’ambiente 60 C, nonché rivestendo materassi e cuscini con federe antiacaro
evitare di abbandonare, dopo l’uso, stracci ancora bagnati e sporchi
asportare quotidianamente la polvere dalle superfici con panni umidi
aspirare regolarmente ogni settimana tappeti e imbottiti con aspirapolvere dotati di filtri HEPA (High Efficiency Particulate Air Filters)
arieggiare continuamente e quotidianamente l’ambiente
evitare la presenza di tappeti, tende, giocattoli, peluche, libri, giornali
esporre la biancheria da letto (lenzuola, federe, coperte, cuscini ecc.) alla luce del sole
sostituire i mobili, con arredi che non trattengono polvere e che siano facili da pulire con un panno umido
le poltrone e i divani devono essere ricoperti con materiale impermeabile e lavabile.
Normativa
Decreto Ministeriale del 26/6/2015 che impone il calcolo in base alla norma UNI EN ISO 13788.
Accordo del 27 settembre 2001, recante “Linee di indirizzo per la tutela e la promozione della salu-te negli ambienti confinati” (G.U. del 27 novembre 2001, n. 276 S.G., S.O. n. 252)
Accordo Stato Regioni del 18 novembre 2010, recante “Linee di indirizzo per la prevenzione nelle scuole dei fattori di rischio indoor per allergie ed asma” (GU del 13 gennaio 2011, n. 9 SG).
Strategie di monitoraggio dell’inquinamento di origine biologica nell’aria ambiente indoor (Rapporti ISTISAN 13/37)
Derivati epidermici di animali domestici
Che cosa sono
I derivati epidermici di animali domestici sono rilasciati da saliva, forfora e urina di cani e gatti, ma anche di uccelli e scarafaggi. Una volta essiccati e frammentati, rimangono sospesi in aria nella pol-vere. In Italia, una fonte importante di allergeni negli ambienti interni è rappresentata dagli animali domestici, e in particolare dal gatto. Il gatto rappresenta un fattore di rischio per allergie non solo in ambiente domestico, ma anche negli uffici, nelle scuole e verosimilmente in tutti gli ambienti comunitari. L’allergene più importante è identificato con la sigla Fel d 1 ed è localizzato soprattutto sul pelo e in minor misura nella saliva. A differenza di quanto accade per gli acari, gli allergeni di gatto sono associati a particelle molto piccole, di diametro uguale o inferiore a 2.5 μm. Essendo molto leggere, le particelle rimangono sospese nell'aria in quantità molto elevata e per lungo tem-po e, quando precipitano, si accumulano negli imbottiti, tendoni, tappeti, tappezzerie, ove perman-gono a lungo anche dopo che l’animale è stato allontanato. Negli ambienti in cui sono vissuti gli animali, occorrono almeno sei mesi dal loro allontanamento per riportare i livelli di concentrazione ai valori di quelli in cui l’animale non è presente. Gli allergeni possono essere trasportati attraverso i vestiti e possono ritrovarsi anche in ambienti dove gli animali non sono stati mai presenti.
Effetti sulla salute
La presenza di allergeni di gatto può comportare la sensibilizzazione di soggetti non sensibilizzati e soprattutto, indurre o aggravare la sintomatologia (rinocongiuntiviti ed attacchi asmatici) nei sog-getti allergici. I problemi di origine allergica causati dalla forfora, il pelo e la saliva del cane sembra-no essere meno comuni in Italia rispetto a quelli causati dal gatto, ma esistono dubbi al riguardo.
Misure per ridurre l’esposizione
l'allontanamento definitivo dell'animale è la misura più efficace o almeno la pulizia a fondo dei locali da loro frequentati per ridurre la concentrazione dell'allergene
la filtrazione di aria (condizionata o meno) con filtri HEPA (High Efficiency Particulate Airborne) consente la riduzione degli allergeni aerodispersi
evitare di trasportare gli allergeni attraverso i vestiti, soprattutto quando si frequentano am-bienti pubblici frequentati dai bambini. Ad esempio a scuola appendere cappotti e giacche fuorri dalle aule
Normativa
Decreto Ministeriale del 26/6/2015 che impone il calcolo in base alla norma UNI EN ISO 13788.
Accordo del 27 settembre 2001, recante “Linee di indirizzo per la tutela e la promozione della salu-te negli ambienti confinati” (G.U. del 27 novembre 2001, n. 276 S.G., S.O. n. 252)
Accordo Stato Regioni del 18 novembre 2010, recante “Linee di indirizzo per la prevenzione nelle scuole dei fattori di rischio indoor per allergie ed asma” (GU del 13 gennaio 2011, n. 9 SG).
Strategie di monitoraggio dell’inquinamento di origine biologica nell’aria ambiente indoor (Rapporti ISTISAN 13/37)
Umidità e muffe
Umidità e muffe
Che cosa sono
Uno dei problemi più fastidiosi e dannosi per il comfort abitativo è quello legato all’umidità; la pre-senza di acqua nelle murature può provocare inconvenienti come la diminuzione del comfort termico, il degrado dei materiali a causa di reazioni chimiche distruttive e la comparsa di muffe.
Le muffe sono funghi microscopici che durante la loro crescita producono particelle di forma sferi-ca di piccole dimensioni (spore) che si disperdono nell'aria principalmente in estate e in autunno. Possono crescere sia all'interno che all'esterno delle abitazioni. All'interno si trovano soprattutto dove è presente umidità in eccesso e scarsa ventilazione e tendono a svilupparsi più rapidamente con un clima caldo umido, come in estate e in luoghi poco illuminati, su oggetti e materiali umidi, in umidificatori o sistemi di condizionamento d’aria, non sottoposti a regolare pulizia e manutenzio-ne.
Effetti sulla salute
E’ dimostrato che l’esposizione alle muffe e/o umidità domestica si associa alla maggiore prevalen-za di sintomi respiratori, asma e danni funzionali respiratori. In particolare, per quanto riguarda la salute dei bambini, i risultati complessivi di studi trasversali su bambini di 6-12 anni hanno confer-mato la relazione positiva tra la muffa visibile (riportata dai conviventi) e la tosse notturna e diurna dei bambini e, nelle famiglie più affollate, la relazione con asma e sensibilizzazione ad allergeni ina-lanti.
Misure per ridurre l’esposizione
assicurarsi che i muri esterni, le fondamenta, i sottotetti e l’attico siano isolati e ben ventilati
cercare di mantenere all’interno dell’abitazione un’umidità inferiore al 50%
assicurarsi che non vi sia terra o altro materiale che possa drenare l’umidità a diretto contatto con i muri della casa
non usare tappeti o moquette in zone con alta umidità come bagno, cucina, lavanderia
non lasciare i vestiti stesi ad asciugare per molto tempo in ambienti chiusi poco ventilati
cercare di eliminare fenomeni di condensa che spesso sono causa di umidità; in presenza di condense è consigliabile aerare frequentemente l’ambiente
eliminare le macchie di muffa con tinture speciali antimuffa a base di acqua
assicurare la corretta manutenzione di umidificatori e condizionatori e del sistema di ventila-zione meccanica, in particolare delle bocchette esterne e dei filtri
pulire regolarmente le guarnizioni dei frigoriferi; vuotare e pulire frequentemente le vaschette dell'acqua nei frigoriferi autosbrinanti
lavare regolarmente le tende della doccia, il lavandino, la vasca e le pareti di bagno e cucina con candeggina
limitare il numero delle piante ornamentali (le muffe possono essere aerodisperse quando le piante sono reinvasate, spostate o annaffiate, e comunque aumentano l'umidità ambientale)
i depuratori di aria muniti di filtri adeguati possono essere efficaci nel rimuovere le spore fungine.
Normativa
Decreto Ministeriale del 26/6/2015 che impone il calcolo in base alla norma UNI EN ISO 13788.
Accordo del 27 settembre 2001, recante “Linee di indirizzo per la tutela e la promozione della salu-te negli ambienti confinati” (G.U. del 27 novembre 2001, n. 276 S.G., S.O. n. 252)
Accordo Stato Regioni del 18 novembre 2010, recante “Linee di indirizzo per la prevenzione nelle scuole dei fattori di rischio indoor per allergie ed asma” (GU del 13 gennaio 2011, n. 9 SG).
WHO guidelines for indoor air quality: dampness and mould, 2009
Radon
Che cosa è
Il radon è un gas nobile, inerte chimicamente, presente in atmosfera come gas monoatomico. Inol-tre il radon non ha odore, né colore per cui la sua presenza non può essere avvertita dai sensi. Il radon si trova in natura a seguito del decadimento radioattivo dell’Uranio e del Torio, presenti diffusamente nella crosta terreste. Essendo un gas radioattivo si disperde rapidamente in atmosfe-ra mentre si concentra negli ambienti chiusi e viene, quindi, considerato un inquinante tipicamente indoor. Proviene principalmente dalle rocce presenti nel sottosuolo, specie se di origine vulcanica (graniti, pozzolane, tufi, lave), o dai materiali da costruzione ricchi di radionuclidi naturali. Un’altra sorgente è l’acqua (< all’1%), in quanto il gas radon è moderatamente solubile in acqua.
In un edificio la principale sorgente di radon è il suolo su cui esso poggia, per cui i locali più interes-sati da questo tipo di inquinamento sono gli interrati, i seminterrati e tutti quelli al pianoterra. Una caratteristica peculiare del radon indoor è la grande variabilità della sua concentrazione (da circa 10 Bq/m3 a diverse migliaia di Bq/m3), legata non solo alla “potenza” e alle caratteristiche fisiche delle sue sorgenti principali (suolo e materiali da costruzione), ma anche ai parametri microclimati-ci (pressione e temperatura), alle tecniche costruttive dell’edificio, nonché alla ventilazione.
Il radon è quindi un gas radioattivo proveniente principalmente dal suolo ed è presente in tutti gli edifici, ma a concentrazione anche molto diversa da un edificio all'altro.
Il radon dà origine ad una serie di prodotti di decadimento, anch’essi radioattivi, che si attaccano a particelle di aerosol e solo una parte di essi resta in forma libera. Quando il radon e i suoi prodotti di decadimento (o “figli” del radon) vengono inalati, essi possono decadere all’interno dell’appara-to respiratorio, emettendo radiazioni ionizzanti, soprattutto particelle alfa, di elevata energia. In realtà il radon agisce soprattutto come trasportatore e sorgente dei suoi prodotti di decadimento; sono questi ultimi, e in particolare le particelle α, i principali responsabili degli effetti sanitari.
Effetti sulla salute
Il radon rappresenta la più importante fonte naturale di esposizione alle radiazioni ionizzanti della popolazione nel suo insieme ed è un importante agente di rischio per la salute umana. Il gas radon ed i suoi prodotti di decadimento sono stati classificati dalla IARC (International Agency for Rea-search on Cancer), nel gruppo 1 dei cancerogeni, cioè nel gruppo delle sostanze per le quali vi è evidenza sufficiente di cancerogenicità sulla base di studi su esseri umani. Le particelle α entrano nei polmoni attraverso la respirazione e possono danneggiare il DNA delle cellule dei tessuti pol-monari fino alla loro trasformazione in cellule tumorali. Il radon, dopo il fumo di tabacco, è verosi-milmente il principale singolo agente più importante per l’induzione del cancro del polmone.
Possiamo quindi concludere che l'esposizione al radon indoor nelle abitazioni aumenta il rischio di contrarre un tumore polmonare e si è stimato che una percentuale che va dal 3% al 14% di tutti i tumori polmonari è attribuibile al radon.
Gli studi epidemiologici hanno osservato un significativo aumento di rischio di tumore polmonare all'aumentare dell'esposizione al radon ed, in particolare, un aumento di rischio di tumore polmo-nare del 16% per ogni 100 Bq/m3 di incremento di concentrazione media di radon. Inoltre il rischio di contrarre un tumore polmonare causato dall’esposizione al radon è 25 volte più alto nei fumato-ri rispetto ai non-fumatori; è dimostrato un effetto moltiplicativo radon-fumo di tabacco.
Il radon in Italia
Le campagne di misura svolte dalle Regioni al fine di individuare le aree a elevata probabilità di alte concentrazioni di radon (radon prone areas), secondo quanto previsto dal d.lgs. n. 241/2000 hanno rilevato che la concentrazione media nazionale di radon nelle abitazioni italiane è di 70 Bq/m3: più alto rispetto al valor medio mondiale, che è di circa 40 Bq/m3. A livello regionale le concentrazioni medie sono risultate variabili da circa 25-30 Bq/m3 (in Basilicata, Calabria, Marche) a circa 100 Bq/m3 e oltre (Lombardia, Lazio, Campania, Friuli-Venezia Giulia). In alcune aree l’esposizione indoor a radon e considerata la più importante sorgente di radiazioni ionizzanti naturali o artificiali.
Il rischio per la salute attribuibile al radon in Italia è stato valutato dall’ISS: si stima che 3.300 casi di tumore polmonare ogni anno siano attribuibili al radon (la stima oscilla da un minimo di 1.100 a un massimo di 5.900 in relazione alle incertezze delle stime di rischio).
Misure per ridurre l’esposizione
Occorre far sì che la concentrazione di radon negli ambienti interni sia la più bassa possibile e so-prattutto è fortemente raccomandato non fumare in ambienti chiusi situati nelle “radon prone areas”.
Misure specifiche di prevenzione e mitigazione per nuove e vecchie costruzioni
La Raccomandazione del Sottocomitato Scientifico del progetto CCM “Avvio del Piano Nazionale Radon per la riduzione del rischio di tumore polmonare in Italia” (2008), approvata anche dal Con-siglio Superiore di Sanità, richiede che negli strumenti urbanistici (piani di coordinamento, PRG, regolamenti edilizi, ecc.) venga previsto per tutti i nuovi edifici di adottare accorgimenti costruttivi finalizzati alla ridurre l’ingresso di radon e a facilitare l’installazione di sistemi di rimozione del ra-don che potrebbero dimostrarsi necessari in una fase successiva alla costruzione dell’edificio. Le stesse prescrizioni dovrebbero essere adottate nel caso di edifici esistenti, oggetto di lavori di ri-strutturazione o manutenzione straordinaria che coinvolgano in modo significativo le parti a con-tatto con il terreno (attacco a terra).
E’ opportuno evidenziare che negli ultimi anni le misure adottate in edilizia per realizzare il conteni-mento dei consumi energetici rischiano di causare un aumento della concentrazione di gas radon negli ambienti indoor, con conseguente aumento dei valori di esposizione dei residenti e incremen-to del rischio di cancro al polmone, qualora queste misure non vengano affiancate da interventi specifici per prevenire la migrazione e l’accumulo di radon nelle abitazioni. Una misura raccoman-data è quella di ventilare frequentemente gli ambienti.
Normativa
In Italia, una normativa sul radon esiste al momento solo per i luoghi di lavoro e per le scuole. Il Decreto legislativo n.241/2000, che integra e modifica il D.Lgs n.230/1995, per la protezione dei lavoratori dall’esposizione al radon ha introdotto un livello di azione pari a 500 Bq/m3 in termini di concentrazione di attività di radon in aria media nell’anno. Tale livello si applica agli ambienti di lavoro interrati ed a quelli situati in aree definite a rischio.
La nuova direttiva europea 2013/59/Euratom in materia di protezione dalle radiazioni ionizzanti (approvata il 5 dicembre 2013) contiene anche disposizioni riguardanti il radon nelle abitazioni e una più stringente protezione dal radon nei luoghi di lavoro ed ha introdotto un livello di riferimen-to, valido sia gli ambienti di vita che per quelli di lavoro, pari a 300 Bq/m3. Tale direttiva è in via di recepimento.
Dotarsi di un Piano Nazionale Radon (PNR) è diventato obbligatorio per ogni Paese membro dell'UE, in base alla nuova direttiva europea in materia di radioprotezione, pubblicata il 17 gennaio 2014. Il PNR italiano è stato preparato (e pubblicato nel 2002) da un sottogruppo ad hoc della “Commissione indoor” del Ministero della Salute, composta da esperti di diversi enti nazionali e regionali. Il Piano PNR Italiano, in analogia a quanto fatto in altri Paesi - consiste in un piano plu-riennale per realizzare, in modo coordinato a livello nazionale, il complesso di azioni necessarie per ridurre il rischio di tumore polmonare associato all’esposizione al radon. Il PNR rappresenta uno strumento necessario per: programmare azioni finalizzate alla riduzione del rischio radon ottimiz-zando le risorse a disposizione; programmare e mettere in atto tali azioni in modo coordinato; valu-tare l’efficacia delle azioni intraprese per valutarne quantitativamente l’impatto ed effettuare eventuali correzioni alla programmazione.
Il testo approvato dal Consiglio Superiore di Sanità e valutato positivamente dalla Conferenza Stato Regioni è disponibile al sito dell’ISS.