Disegno di legge di semplificazione sicurezza lavoro 2016
Depositato nella Commissione Lavoro del Senato un disegno di legge che ridurrebbe il Testo Unico sulla sicurezza da 306 a 22 articoli. Le proposte, i principi generali, le modifiche in materia di responsabilità e le prime reazioni delle parti sociali.
l disegno di legge prevede che l'attività di supporto sia garantita daimedici del lavoro o da altri professionisti esperti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che sotto la propria responsabilità potranno certificare la correttezza delle misure di prevenzione e protezione in azienda. La platea è composta da professionisti con un ordine di riferimento o esperti che svolgono professioni relative alla salute e sicurezza, iscritti a un elenco presso il ministero del Lavoro previa verifica del possesso di determinati requisiti professionali e di esperienza. La semplificazione della disciplina ridurrebbe gli attuali 306 articoli e 51 allegati previsti dal D. Lgs. 81/08 a soli 22 articoli e 5 allegati. Contestualmente cambia anche la responsabilità del datore di lavoro, rielaborata dal DDL come "colpa da organizzazione", che non sussiste qualora si il datore dimostri di aver adottato tutte le misure organizzative idonee rispetto alle esigenze di tutela dei lavoratori. Mutamento della logica sottesa alla normativa sulla sicurezza sul lavoro, che – oggi – è concettualmente fondata sul modello della produzione industriale meccanizzata e sulla standardizzazione delle mansioni lavorative. Secondo la commissione, questo modello prevede – erroneamente - un’applicazione omogenea delle norme a tutti gli insediamenti produttivi indipendentemente dalle dimensioni dei luoghi di lavoro e dai dati infortunistici di riferimento. Dal punto di vistarepressivo e sanzionatorio, il DDL dispone, la "razionalizzazione" delle sanzioni. Si dispone infatti che – in sede di vigilanza – gli Ispettori potranno dettare disposizioni esecutive ai datori di lavoro, comunque impugnabili ma il mancato rispetto delle quali comporterà l’arresto fino a 12 mesi e una sanzione di € 10.000 per ciascuna disposizione non attuata.
La normativa di salute e sicurezza vigente in Italia – in larga parte contenuta nel decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modifiche e integrazioni (provvedimento conosciuto come “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro) – è assolutamente coerente con le pertinenti direttive comunitarie e individua elevati livelli di tutela per ogni lavoratore, pubblico e privato. Tuttavia, essa si caratterizza per la sua eccessiva complessità, legislativa e di attuazione, già bene esemplificata dal numero (ben 306, ai quali si aggiungono gli oltre 50 allegati) degli articoli del d.lgs. n. 81/2008, a sua volta neppure esaustivo rispetto alle disposizioni vigenti. Tale complessità è ancora più preoccupante ove si consideri che il “testo unico” (come già il d.lgs. n. 626/1994) non prevede alcuna “modularità” delle disposizioni applicabili alle aziende rispetto alle peculiarità dei settori e delle attività di riferimento imponendo in modo indistinto a tutti i datori di lavoro l’adozione – tendenzialmente assistita da sanzione penale – delle stesse misure di tutela, progettate avuto riguardo al modello di una impresa manifatturiera, strutturata e organizzata in modo tradizionalmente gerarchico. A ciò si aggiunga che da sempre l’Italia ha provveduto alla trasposizione nel proprio ordinamento giuridico delle Direttive comunitarie di riferimento, a partire dalla direttiva “quadro” in materia (la n. 89/391), attraverso una tecnica di recepimento che ha individuato procedure spesso più complesse di quelle imposte – quale livello minimo da garantire – dalle fonti comunitarie, al fine di imporre una serie di regole di prevenzione maggiormente tutelanti nei riguardi dei lavoratori. Tali procedure (si pensi, per tutte, alle regole “di dettaglio” della formazione o, ancora, alla complessità della struttura obbligatoria di alcuni documenti quali, ad esempio, il Documento di valutazione dei rischi o, nell’ambito della sorveglianza sanitaria, la cartella sanitaria e di rischio), imposte obbligatoriamente, hanno “appesantito” sensibilmente la regolamentazione italiana – obbligatoria e sanzionata penalmente anche su tali aspetti documentali e procedimentali – senza alcun miglioramento in termini prevenzionistici. Inoltre, esse nel tempo si sono dimostrate penalizzanti per le imprese italiane nei riguardi di altre imprese comunitarie che, chiamate ad applicare le normative comuni per mezzo di leggi nazionali, si sono invece limitate al recepimento delle procedure minime ma sufficienti ad essere adempienti.
Per illustrare più nel dettaglio il disegno di legge “Disposizioni per il miglioramento sostanziale della salute e sicurezza dei lavoratori” riportiamo alcune parti significative presenti nella presentazione del DDL.
Si indica che la disciplina sulla salute e sicurezza durante il lavoro è stata “prodotta nel presupposto della produzione industriale seriale fortemente meccanizzata e di mansioni lavorative standardizzate, venendo applicata in modo tendenzialmente omologo a tutti i luoghi produttivi di beni come di servizi”.
E si sottolinea che la normativa di salute e sicurezza vigente in Italia “si caratterizza per la sua eccessiva complessità, legislativa e di attuazione”, già bene esemplificata dal numero degli articoli del d.lgs. n. 81/2008, “a sua volta neppure esaustivo rispetto alle disposizioni vigenti”. Complessità ancora più preoccupante - continuano i due senatori - “ove si consideri che il ‘testo unico’ (come già il d.lgs. n. 626/1994) non prevede alcuna ‘modularità’ delle disposizioni applicabili alle aziende rispetto alle peculiarità dei settori e delle attività di riferimento imponendo in modo indistinto a tutti i datori di lavoro l’adozione – tendenzialmente assistita da sanzione penale – delle stesse misure di tutela, progettate avuto riguardo al modello di una impresa manifatturiera, strutturata e organizzata in modo tradizionalmente gerarchico”.
Secondo i proponenti è evidente ed improcrastinabile “indirizzare la normativa vigente in materia di salute e sicurezza verso una maggiore pertinenza rispetto alle dinamiche e ai rischi infortunistici di settore e tenendo conto delle diversità delle organizzazioni di lavoro”.
Insomma appare necessario “abbandonare definitivamente l’approccio formalistico” a favore di uno “pratico e sostanziale, che concepisca le regole di prevenzione in modo coerente con la gravità dei rischi propri delle imprese dei diversi settori di riferimento e che favorisca un approccio normativo fondato sulla sostenibilità degli obblighi di legge da parte degli studi professionali, degli uffici in generale e delle Piccole e Medie Imprese, cui non è logico né corretto chiedere gli stessi adempimenti imposti ad aziende con processi complessi e con numero elevato di lavoratori, senza alcuna considerazione dei dati infortunistici di riferimento”.
Prima di entrare nel dettaglio di qualche articolo riprendiamo i principi generalipresentati nel DDL:
a. “introduzione del principio del rispetto dei livelli di regolazione minimi previsti dalla legislazione comunitaria di riferimento, eliminando quelle parti delle normative italiane (leggi, decreti, altre fonti) che rispetto ai livelli di regolazione delle direttive comunitarie siano ulteriori e non giustificati da esigenze di tutela dei lavoratori;
b. riconoscimento del principio per il quale il datore di lavoro è tenuto ad adottare le misure di prevenzione e protezione che rappresentano lo ‘stato dell’arte’ in materia di prevenzione di infortuni e malattie, in quanto elaborate da soggetti competenti e, se necessario, ‘validate’ da soggetti pubblici;
c. identificazione di principi essenziali di sicurezza, tratti dalle direttive europee e contenuti nelle ‘norme tecniche’, nelle ‘buone prassi’ e nelle ‘linee guida’, che costituiscano i livelli inderogabili – applicati unitariamente a livello nazionale – della tutela dei lavoratori rispetto agli infortuni e alle malattie professionali e il parametro di valutazione dell’adempimento degli obblighi delle aziende, con conseguente abrogazione delle disposizioni ‘di dettaglio’ (tuttora vigenti, spesso risalenti agli anni ’50) di cui ai Titoli II e seguenti del d.lgs. n. 81/2008;
d. possibilità per i soggetti obbligati di rivolgersi a soggetti ‘esperti’ in materia di salute e sicurezza sul lavoro i quali, sotto la loro responsabilità professionale, possano ‘certificare’ la correttezza della progettazione e realizzazione delle misure di prevenzione e protezione in azienda, anche previo accesso al patrimonio informativo di cui al Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione (SINP);
e. incentivazione, con un meccanismo di ‘bonus-malus’ a valere sui premi INAIL, della adozione ed efficace attuazione in azienda delle misure di prevenzione di infortuni e malattie professionali;
f. complessiva rivisitazione della normativa vigente, eliminando ripetizioni e sovrapposizioni, anche con riferimento all’apparato sanzionatorio, garantendo la semplificazione della normativa nonché l’effettiva e corretta modulazione dei precetti, anche sanzionatori”.
Prima di raccogliere qualche breve commento sul disegno di legge entriamo nel dettaglio di qualche articolo.
Ad esempio riguardo alle responsabilità il comma 4 dell’articolo 6 evidenzia come la responsabilità penale e civile del datore di lavoro è esclusa ‘nel caso in cui siano intervenuti fatti dovuti a circostanze a lui estranee, eccezionali e imprevedibili, o a eventi eccezionali, le cui conseguenze sarebbero state comunque inevitabili, nonostante il datore di lavoro si sia comportato in modo diligente’.
Certo resta ferma la necessità che il datore di lavoro vigili sulle condotte altrui (comma 5), adempimento che egli può però ottemperare anche attraverso una corretta organizzazione aziendale, ‘per mezzo dei dirigenti e dei preposti e attraverso idonee procedure, anche disciplinari’”. E la responsabilità penale del datore di lavoro è esclusa (comma 6) in caso di infortunio occorso a seguito di grave negligenza del dirigente, del preposto o del lavoratore, ‘ove sia dimostrato il diligente comportamento del datore di lavoro, consistente nella adozione ed efficace attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge e di cui alla normativa vigente in materia di salute e sicurezza sul lavoro’.
L’articolo 7, “centrale nella logica e nella filosofia” della proposta, impone al datore di lavoro di perseguire l’adozione ed efficace attuazione delle “ migliori soluzioni tecniche e organizzative disponibili” e presenta l’attività di supporto e sostegno garantita dai medici del lavoro o da altri professionisti esperti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, chiamati a verificare l’avvenuto adempimento in azienda degli obblighi in materia di salute e sicurezza rilasciando una apposita “certificazione” avente valore legale di presunzione rispetto agli obblighi di legge (comma 3, articolo 7). E al fine di consentire la necessaria selezione dei certificatori, la legge prevede la necessità di iscrizione ad un elenco presso il Ministero del lavoro, previa verifica del possesso di determinati requisiti professionali e di esperienza. Secondo i proponenti tale meccanismo di affidamento a soggetto terzo della certificazione “permetterà una notevolissima riduzione della documentazione di riferimento per la dimostrazione dell’avvenuto adempimento degli obblighi da parte del datore di lavoro favorendo una visione sostanziale e non burocratica della materia e riducendo sensibilmente i costi di gestione degli adempimenti meramente documentali”.
In definitiva quella del nuovo disegno di legge è sicuramente una visione in materia di sicurezza e salute sicuramente molto diversa da quella sottesa non solo dal Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, ma più in generale da tutta l’attuale normativa in materia di SSL.
È evidente che stiamo parlando di una proposta. Una proposta che attende l’esame da parte della Commissione e che potrebbe o non potrebbe mai giungere al voto, almeno in questa forma e senza modifiche.
Rimandando a futuri approfondimenti sul tema, riprendiamo brevemente una breve notache esprime l’opinione sul DDL da parte di Sebastiano Calleri, Responsabile nazionale salute e sicurezza nei luoghi di lavoro Cgil.
Secondo Calleri quella del disegno di legge è una “riproposizione di posizioni già note e diffuse in passato, molte di stampo ideologico ed alcune di segno contrario perfino a riforme già in atto, come quelle dell'articolo 117 della Costituzione”.
Secondo il dirigente Cgil tale proposta “dispone innanzitutto l'abrogazione del TU 81, per sostituirlo con testo che propone modifiche pericolosissime non solo in merito alle responsabilità oggettive dei Datori di Lavoro (introducendo anche la ‘responsabilità’ in qualche modo esimente di lavoratori e preposti), ma attraverso un sistema del tutto diverso basato sul principio della certificazione della corretta applicazione delle norme da parte di professionisti presunti ‘terzi’ ma retribuiti dai datori di lavoro stessi”.
Inoltre resta non conosciuto, all'interno dell'articolato del DDL - continua Calleri - “il ruolo assegnato ad esempio all'Inail e al nuovo ispettorato unico all'interno del sistema prevenzionistico”.
È probabile che questa proposta sarà seguita nei prossimi mesi da vari commenti di tecnici, politici e parti sociali, commenti che speriamo di poter pubblicare per offrire un ventaglio il più possibile allargato delle opinioni e delle soluzioni proponibili in materia di sicurezza.
Speriamo che il DDL e il dibattito che potrebbe sollevare saranno comunque una buona occasione per riflettere seriamente su come migliorare la sicurezza in Italia, su come adattarla al complesso e variegato mondo lavorativo e su come realizzare norme che siano prima di tutto efficaci nel tutelare la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
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