Manuale d'interventi per la riduzione del danno alcol-correlato Rapporti ISTISAN 17/1 

Valutazione dell’Osservatorio Nazionale Alcol-CNESPS  sull’impatto del consumo di alcol ai fini dell’implementazione  delle attività del Piano Nazionale Alcol e Salute 

l consumo di alcol è un importante problema di salute pubblica, classificato in Europa come terzo fattore di rischio di malattia e morte prematura dopo il fumo e l’ipertensione arteriosa. In particolare, la classificazione statistica internazionale delle malattie (International Classification of Diseases 10th revision, ICD-10) indica oltre 200 condizioni per le quali il consumo di bevande alcoliche è un fattore di rischio evitabile inclusi numerosi disturbi neuropsichiatrici, le malattie croniche, i tumori, gli infortuni, situazioni che provocano ogni anno numerosi morti e feriti che sopravvivono con disabilità permanenti.  L’Europa è la regione leader mondiale in termini di consumo alcol pro-capite con 11,5 litri di alcol puro per adulto consumati ogni anno al 2014 e il primo produttore al mondo di bevande alcoliche. Anche se negli ultimi 25 anni il consumo di alcol all’interno della Regione europea della Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization, WHO) è nel complesso diminuito (di circa l’11%), la Regione Europea della WHO continua oggi a essere la regione della WHO con il più alto consumo di alcol pro-capite sebbene esista una grande variabilità sia tra i diversi Paesi, sia all’interno dei singoli Paesi nel corso degli anni. Nel complesso, tra il 1990 e il 2014 si è registrato in questa Regione una lieve diminuzione del livello di consumo medio pro-capite di alcol sebbene l’assunzione di bevande alcoliche continua a rappresentare uno dei principali rischi di mortalità. A livello europeo si è osservato infatti un leggero aumento (4%) dell’impatto globale della mortalità alcol-attribuibile, a cui contribuiscono principalmente i Paesi dell’Europa orientale (che registrano “trend” in significativa crescita). L’Italia, inizialmente collocata tra i Paesi con il consumo medio pro-capite più elevato, è stata tra i primi Paesi a ridurre significativamente i consumi, tanto che nel 2010 era il Paese con il valore più basso tra tutti i 28 Stati Membri dell’Unione Europea (UE) con 7,0 litri. Tuttavia, a partire dal 2010, il consumo di alcol in Italia è tornato a salire ed è nel 2014 pari a 7,6 litri. Tali informazioni sono rese disponibili grazie ai sistemi di rilevazione, analisi e disseminazione dei risultati che si sono resi sempre più importanti per garantire dati epidemiologici e di monitoraggio alcol-correlato indispensabili e insostituibili per la pianificazione di strategie di prevenzione, per la programmazione sociosanitaria e per azioni di contrasto al consumo rischioso e dannoso di alcol nella popolazione. Il monitoraggio alcolcorrelato in Italia consente, attraverso il progetto finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) del Ministero della Salute SISMA (SIStema di Monitoraggio Alcolcorrelato) caratterizzato da indicatori originali e specifici, costruiti e validati dall’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità (ONA-ISS) (sede del WHO Collaborative Centre - WHO CC - Research on Alcohol) e attraverso la rigorosa applicazione delle norme del Piano Statistico Nazionale, consente di andare oltre la mera registrazione del consumo medio pro-capite di alcol definito dalla WHO producendo flussi informativi di dettaglio nazionale e regionale che consentono di stimare entità e tendenza del consumo “rischioso” in cui si annida il bacino di utenza dei potenziali nuovi utenti in carico ai centri e servizi di alcologia.  

Il sistema di monitoraggio alcol-correlato è tra le attività acquisite come best practice a livello europeo e internazionale e di interesse specifico della Joint Action on Reducing Alcohol Related Harm (Joint Action RARHA, finanziata nell’ambito del Secondo Programma di Azione Comunitaria in materia di Salute della Commissione Europea, promossa su iniziativa dei rappresentanti degli Stati Membri coinvolti nel Committee on National Alcohol Policy and Action (CNAPA), l’organismo formale stabilito in Commissione Europea per supportare 
l’implementazione della Strategia Europea sull’alcol), conclusa lo scorso dicembre 2016 per la quale l’ONA-ISS su nomina governativa e mandato del Ministero della Salute ha rappresentato l’Italia.  Il secondo filone di attività fortemente supportato dagli Stati Membri della Joint Action RARHA, ha riguardato le linee guida del consumo di alcol a basso rischio come misura di salute pubblica, attività co-coordinate dall’Istituto Nazionale Finlandese per la salute e il welfare (Finnish National Institute for Health and Welfare, THL) e dall’ONA-ISS con la partecipazione attiva di 26 organizzazioni di 20 Paesi europei, numerose attività rivolte all’identificazione di principi di buona pratica per la formulazione e la comunicazione di linee guida sul consumo a basso rischio. Tra i Paesi europei esistono variazioni considerevoli nelle linee guida per quanto riguarda la quantità di alcol consumato considerato a basso rischio. Dal momento che le informazioni sui livelli di rischio rispetto al consumo di alcol sono sempre più accessibili oltre i confini nazionali e linguistici, le discrepanze a tale riguardo possono portare a messaggi equivoci dei risultati delle ricerche e delle avvertenze di salute.  Un rapporto dell’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) del 2015 sugli aspetti economici dei danni alcol-correlati e sulle politiche di contrasto “Tackling harmful alcohol use: economics and public health policy” ha evidenziato che per effettuare scelte razionali ed efficienti i consumatori devono essere informati sulle caratteristiche di ciò che consumano, sui benefici reali e sui rischi e costi a cui sono esposti come conseguenza del consumo. Il rapporto indica che, oltre alla generica percezione che consumare grandi quantità di alcol è dannoso, i consumatori hanno conoscenze vaghe del perché l’alcol è dannoso per la salute. Il rapporto considera questo aspetto un market failure, “fallimento del mercato”; la quasi totale assenza di informazioni riguardanti la salute sulle etichette delle bevande alcoliche è un esempio calzante. Alla base di tali iniziative di promozione di salute c’è la considerazione che le persone hanno il diritto di essere informate sui rischi legati al consumo di alcol, e che sia un compito dei Governi e della comunità di salute pubblica affrontare le lacune di conoscenza per contribuire ad evitare scelte sbagliate e concentrarsi sui rischi evitabili. Le misure per migliorare il potenziale delle linee guida sul consumo, oltre ad informare e sensibilizzare i consumatori rispetto all’alcol e alle problematiche alcol-correlate per una scelta consapevole rispetto al consumo stesso, secondo la maggioranza degli esperti consultati nell’ambito della Joint Action RARHA, sono le seguenti: ‒ applicare e far rispettare il limite di 18 anni di età per la vendita e la somministrazione di qualsiasi bevanda alcolica; ‒ supportare in particolare i servizi sanitari di base, nell’identificazione dei consumatori a rischio e offrire loro interventi finalizzati alla riduzione del consumo a rischio come parte della pratica clinica;  ‒ fornire la formazione professionale specifica richiesta;  ‒ fornire informazioni utili per la salute sulle etichette delle bevande alcoliche, in particolare il loro contenuto calorico, i grammi di alcol puro contenuti in una bottiglia o altra confezione; ‒ richiedere che le bevande alcoliche e la pubblicità di alcolici contengano informazioni sui rischi per la salute associati al consumo di alcol. Ovviamente sarebbe opportuno che le misure identificate come prioritarie possano vedere realizzazione e attivazione anche avvantaggiandosi dei risultati derivabili dalle attività concluse di recente nella Joint Action RARHA mirate allo sviluppo di un “tool-kit”, un pacchetto di buone pratiche basate sulle evidenze per prevenire i danni causati dall’alcol focalizzando l’attenzione su priorità quali l’identificazione precoce e l’intervento breve, gli interventi nelle scuole e le attività di sensibilizzazione della popolazione. Le buone pratiche incluse nel tool-kit sono esempi di iniziative di successo in Europa selezionati sulla base di una serie di criteri di 
rispondenza in termini di valutazione della qualità degli interventi. A questo riguardo, con nostro orgoglio due principali attività svolte da decenni in Italia dall’ISS sono state identificate come buone pratiche e in particolare l’Alcohol Prevention Day per le attività di sensibilizzazione della popolazione e, per gli interventi brevi, i corsi dell’ONA-ISS di formazione per formatori degli operatori sanitari sull’Identificazione Precoce e intervento Breve (IPIB) sul consumo rischioso e dannoso di alcol. La sfida dei prossimi anni è di riuscire a garantire le risorse per il mantenimento e la messa a regime dell’esperienza acquisita a livello nazionale che, ancora oggi, necessita di una formalizzazione più incisiva e finanziamenti adeguati e costanti volti a consentire l’aggiornamento periodico degli indicatori e la loro integrazione con quelli relativi alla valutazione d’implementazione delle politiche che possano con le loro azioni, guidate dalle analisi dei dati forniti dall’ONA, contribuire da una lato a valutare l’impatto dell’alcol e dei modelli del bere sui circa 8 milioni di individui con consumo rischioso e dannoso di alcol rendendo possibile l’individuazione della platea di esposti al rischio suscettibile di programmi di identificazione precoce e intervento breve e dall’altro di cogliere l’obiettivo di “catturare”, a partire da tale ampio bacino di individui a rischio, la significativa quota di alcol-dipendenti che oggi non è intercettata dai servizi specializzati o comunque non si rivolge alle professionalità mediche anche in funzione di una modificata disponibilità economica che è dimostrato limitare l’accesso o comunque incidere sulla disponibilità ed erogazione di trattamenti medici, farmacologici, psicoterapeutici di cui è necessaria adeguata programmazione rispetto alle erogazioni regionali. Oltre il novanta per cento degli alcol-dipendenti stimati in Italia, non fruisce di un trattamento richiesto o dalla persona o attraverso l’invio da parte di un professionista della salute che non identifica, come invece necessario, l’individuo a rischio; un divario da colmare che è reso noto dall’analisi che i dati riportati annualmente dall’ONA consentono di poter valutare nella loro rilevanza di salute pubblica e che vengono posti nelle disponibilità dei decisori politici e di quanti programmano interventi di prevenzione e di tutela della salute affinché possano contribuire a garantire accessibilità ed equità nelle cure attraverso l’approccio di solidarietà sanitaria e sociale per il quale l’Italia deve poter continuare a connotarsi nel panorama europeo e internazionale come pratica di eccellenza clinica e sociale. 

Fonte:Istituto Superiore Sanità

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