Infortuni in cantiere fuori orario di lavoro.

Datore di lavoro responsabile degli infortuni dei dipendenti, anche fuori orario, se mancano i requisiti di sicurezza: sentenza Cassazione

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Le responsabilità dell’azienda nel caso di infortuni sul lavoro di un dipendente restano tali, sul fronte giuridico, anche se c’è stata negligenza da parte del lavoratore infortunato e anche se l’incidente avviene fuori orario di lavoro: lo stabilisce la Corte di Cassazione, in relazione al caso di un operaio edile caduto dall’impalcatura di un cantiere. L’impresa è stata ritenuta responsabile di lesioni personali colpose, anche se in effetti il dipendente aveva commesso una serie di irregolarità, presentandosi in cantiere fuori dall’orario di lavoro e non indossando l’imbracatura di sicurezza.

I giudici di Cassazione, con sentenza 37598 del 16 settembre 2015, sottolineano che le misure di sicurezza sul cantiere erano comunque insufficienti: mancavano reti di protezione e impalcature adeguate. Non aver indossato l’imbracatura di sicurezza fornita è certamente motivo di negligenza del lavoratore ma non esclude le responsabilità del datore di lavoro. Così come non è rilevante il fatto che l’incidente sia avvenuto al di fuori orario di lavoro: il dipendente stava comunque svolgendo le sue mansioni e di fatto è questo il dato determinante.

L’unico caso in cui il datore di lavoro non è responsabile, ricorda la Cassazione, è rappresentato da una causa del tutto estranea al processo produttivo e alle mansioni attribuite, con carattere di eccezionalità ed esorbitanza. Nel caso specifico, invece, mancavano questi elementi. Viceversa, è certo che erano assenti misure di sicurezza sul lavoro obbligatorie, come un’impalcatura a norma e una rete anticaduta, e il fatto che il lavoratore non indossasse gli indumenti di sicurezza è un’aggravante a carico dell’impresa, che non è riuscita a dare a quest’obbligo il carattere di assoluta prioritaria necessità.



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Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 settembre 2015, n. 37598

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Campobasso ha riformato quella emessa dal Tribunale di Larino, mandando assolti D.E. S.M. e R.S. dal reato di lesioni personali colpose commesse in danno del lavoratore I.A.; gli imputati erano stati condannati dal primo giudice alla pena ritenuta equa e al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile.

2. La Corte di Appello é pervenuta al giudizio assolutorio ritenendo che la prova a carico costituita dalle dichiarazioni dell’ | non fosse sufficiente a sostenere un giudizio di condanna, in considerazione della acquisizione di una dichiarazione con essa infliggente, quella di altro lavoratore a nome O. e di alcuni documenti la cui esistenza era stata negata dalla persona offesa.

In sintesi: il primo giudice aveva ritenuto che il D., quale amministratore della società D. & Figli s.n.c., committente i lavori edili, il R., quale titolare della ditta P.L. s.n.c., esecutrice dei lavori ed il S., quale responsabile per la sicurezza, responsabile di cantiere e coordinatore per l’esecuzione, avessero cooperato nel cagionare al lavoratore le lesioni riportate a seguito di una caduta dal tetto sul quale si trovava ad operare, omettendo di realizzare opere atte ad evitare la caduta dei lavoratori dall'alto, omettendo di addestrare il lavoratore nell'uso della imbracatura di sicurezza e di assicurarsi dell'effettivo utilizzo della medesima, ed infine omettendo di coordinare le procedure di sicurezza delle diverse imprese.

La Corte di Appello, per contro, ha ritenuto che il contrastato quadro probatorio non consentisse di escludere con certezza che il sinistro fosse accaduto per opera di un cd. "fatto anomalo" del lavoratore, risultando dalla testimonianza di altro lavoratore che egli si era recato in cantiere in un giorno in cui i lavori erano fermi, che aveva operato nonostante il divieto del datore di lavoro, che aveva omesso di indossare l'imbracatura fissa fornitagli, unica misura adottabile nel frangente.

3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione la parte civile a mezzo del difensore di fiducia, avv. A. De M..

3.1. Con unitario motivo deduce vizio motivazionale, per aver la Corte di Appello mandato assolti gli imputati pur riconoscendo l'incompletezza delle impalcature e quindi la loro non conformità; non considerato che gli obblighi prevenzionistici sono posti anche a vantaggio di persone estranee all'ambiente di lavoro che in esso vengano a trovarsi nonché del lavoratore pur avente un comportamento negligente. In concreto, la Corte di Appello non avrebbe dovuto ignorare che l’I. era un dipendente dell'azienda che, quand'anche entrato in cantiere fuori dal normale orario di lavoro, contro le prescrizioni del datore di lavoro, senza indossare le pur fornite dotazioni di protezione individuali, stava comunque operando in un cantiere privo della prescritte opere provvisionali contro il pericolo di caduta dall'alto ed era precipitato proprio per tale ragione.

4. Con memoria depositata il 25.5.2015 R.S. ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile o comunque rigettato, rappresentando che all'udienza del 9.10.2014 il difensore della parte civile aveva dichiarato di revocare la costituzione di parte civile nei confronti del R. e che, ciò nonostante, pur ormai privo di legittimazione ad impugnare, l’I. ha proposto ricorso anche avverso la assoluzione del R.

L'inammissibilità del ricorso viene affermata anche In ragione della aspecificità dei motivi e si richiede la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

 

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Considerato in diritto

5. Va innanzitutto dichiarata la inammissibilità del ricorso nei confronti di R.S., per essere stata revocata nel corso del giudizio di secondo grado la costituzione di parte civile nei riguardi del medesimo. La revoca della costituzione di parte civile determina l’estinzione del rapporto processuale civile nel processo penale (cfr. Sez. 4, n. 31320 del 15/04/2004 - dep. 16/07/2004, Di Tria e altro, Rv. 228839).

6. Il ricorso, limitatamente alla pronuncia nei confronti del S. e del D., é fondato.

In primo grado si é affermato che l'infortunio si era verificato mentre l’I. stava operando su un tetto, la cui struttura al momento si stava ultimando ed essendo quindi presenti capriate aperte, che andavano via via coperte. Nel corso di tali lavori, condotti alla presenza del R., l’I. era caduto all'interno dell'area del tetto e non al suo esterno, per la mancanza di reti di protezione e la presenza di una impalcatura solo parziale, mentre trascinava all'indietro un pannello OSB da collocare.

La Corte di Appello, dal canto suo, non ricostruisce in termini differenti il sinistro, ancorché sembri optare per una caduta - all'esterno del tetto - da impalcatura.

Si può essere negletti rispetto a tale discrasia, poiché il dato centrale é che la Corte territoriale qualifica la condotta dell'infortunato come anomala, facendo perno sulla descrizione dei fatti operata dall'O. (peraltro, ciò nonostante conclude per l'incertezza del quadro probatorio).

Ebbene, proprio sulla scorta delle dichiarazioni del teste privilegiato dalla Corte di Appello risulta accertato che: a) benché chiuso, nel cantiere erano presenti sia l'infortunato che l’O. (le espressioni utilizzate dalla Corte distrettuale sono equivoche quanto alla contestuale presenza dello stesso R., evenienza che sarebbe invero risolutiva in senso sfavorevole alla decisione qui impugnata); b) l’I. stava svolgendo l'attività che gli era stata assegnata, ancorché in orario di chiusura del cantiere; c) egli aveva omesso di utilizzare l'imbragatura fissa, pur avuta in dotazione e nonostante le disposizioni del datore di lavoro; d) egli era stato già richiamato per tale inosservanza; e) la postazione di lavoro non era adeguatamente protetta dalla caduta dall'alto per la mancanza di una rete anticaduta e l'incompletezza dell'impalcatura (a tacere della assenza dal filo salva-vita, dalla Corte distrettuale ritenuto inutile per l'impossibilità di fare ricorso a imbragatura mobile).

Tenuto conto di tali premesse in fatto, va rammentato che secondo la giurisprudenza richiamata dalia Corte di Appello il fattore in grado di assurgere a causa sopravvenuta da sola sufficiente a causare l'evento, secondo la previsione dell'art. 41 cpv. cod. pen., é "il processo estraneo al processo produttivo e alle mansioni attribuite", avente carattere di eccezionalità ed esorbitanza dalle mansioni medesime; il fattore assolutamente anomalo ed eccezionale, che si verifica in modo del tutto imprevedibile. Ne consegue che già alla luce delle massime assunte dalla Corte distrettuale non vi é una coerente applicazione dei principi, posto che l'infortunato stava svolgendo proprio le mansioni assegnategli, ancorché con elevata negligenza ed imprudenza; e che anche tale profilo era tutt'altro che imprevedibile, alla luce dei precedenti esibiti dalla documentazione cui fa riferimento la sentenza. In definitiva, il solo dato che ha connotato in modo peculiare il comportamento dell'I. é l'aver operato fuori dall'orario di lavoro; ma si tratta di un dato la cui concreta incidenza sulla dinamica del sinistro non é stata resa esplicita dalla Corte territoriale. Per contro, é certo che erano assenti alcune provvidenze obbligatorie (impalcatura conforme a norma e reti anticaduta), che a fronte della inclinazione dell' I a non utilizzare l'imbragatura fissa, dovevano essere considerate dal debitore di sicurezza di assoluta prioritaria necessità.

Va anche rilevato, che la Corte distrettuale incorre in errore nella formulazione del giudizio controfattuale, perché lo imposta sulla condotta del lavoratore e non su quella del datore di lavoro, la cui condotta é all'esame. Afferma, infatti, che se il lavoratore avesse utilizzato l'imbracatura fissa non sarebbe caduto nonostante l'inadeguatezza dell'impalcatura; laddove il giudizio controfattuale andava formulato nel modo che segue: se l'impalcatura fosse stata completa (anche di rete anticaduta) il lavoratore sarebbe caduto nonostante la mancata imbracatura? Ove la risposta al quesito fosse negativa la trasgressione del lavoratore, quand'anche assumente valore sul piano concausale, non sarebbe idonea a sottrarre a responsabilità gli obbligati, per loro proprie e diverse violazioni prevenzionistiche, peraltro puntualmente contestate con l'imputazione.

7. Deve quindi addivenirsi all'annullamento ai fini civili della sentenza impugnata, nei confronti del S. e del D., con rinvio alla Corte di appello civile competente per valore per l'ulteriore corso. Al giudice civile deve essere demandato anche il regolamento tra le parti delle spese del presente giudizio.

 
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti di R.S. Annulla la Impugnata sentenza nella prospettiva delle statuizioni civili per S. e D. con rinvio alla Corte di appello civile competente per valore per l'ulteriore corso.


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